S.U.P.er MOO 2021
Mi rendo conto di essere diventato ripetitivo. Sarà l’età. Sarà che in qualche modo uno deve pur cominciare a scrivere due righe. Sarà che, purtroppo, da 12 mesi a questa parte le notizie che si rincorrono sono sempre le stesse: siamo rossi, arancioni, gialli, i numeri, i vaccini, gli scandali o le ruberie, chi nega, chi afferma, chi ormai passa da un salotto all’altro e non si capisce quando trova il tempo di lavorare (ho già detto “Otto e mezzo”?), con una spruzzata di Biden ed un'altra di Draghi a dare l’idea che il mondo va avanti lo stesso.
Questo incipit ha un unico scopo: allungare il brodo quel poco che basta per dire una verità incontrovertibile e stabilita da commissioni specchiate ed unanimemente riconosciute, che il CTS fa loro una pippa. La verità è: che grande che è stato il MOO 2021!!! Fantastico. Memorabile. Super! Anzi: S.U.P.er. Mi spiace tanto per il grande Dario P. che non ha potuto viaggiare verso Milano per via della situazione. Ma sono sicuro, lo spero, che avrà modo di rifarsi nei prossimi anni. E lo dico perché: “se lui avrai modo di rifarsi, vuol dire che allora io avrà la possibilità di fare degli altri MOO”.
Ci vuole del genio a mettere insieme un MOO che fino all’ultimo
minuto non sai se potrà andare in porto oppure no. Genio o follia. Allora
diciamo: genio E follia. Lo stesso genio e la stessa follia che fanno
cartografare a Remo “Remmaps” una serie di posti di Milano sempre nuovi, alcuni
dei quali non ho mai visto in vita mia! E chiaramente non si tratta sempre di
sole mappe orientistiche, bensì mappe minimaliste, mappe storiche, mappe che “boh?!?”…
e una serie di quesiti che… quante volte Marco ed io siamo venuti via da un
punto chiedendoci “e questa come diavolo se la è inventata?”
Già che ci siamo, introduciamo a furore di popolo il
protagonista del S.u.p.er MOO 2021 in salsa “quelli del ‘67”: Marco G. al
secolo anche “Rusky” in una delle sue variegate e StanislaoMoulinskyane
interpretazioni. Anche quest’anno Marco ha immolato una delle domeniche più
belle del reame per portarsi in giro quella zavorra del sottoscritto. “Portarsi
in giro” che si traduce così.
Prima ora: le energie ci sono ancora ma, se si parte troppo
forte, a quel cretino dello scrivente vanno su le pulsazioni da 0 a 250 in trenta
metri netti e non ce la faremo nemmeno a finire la prima mappa.
Seconda ora: il riscaldamento è stato fatto. Chiaro che Marco
finora ha passeggiato (ed è riuscito a staccare lo stesso il barilotto…). La
velocità sale di uno zinzinello, da bradipo lesso a lumaca ubriaca, così almeno
riesco a non farmi superare dalle vecchiette che trascinano il carrello della spesa.
Terza ora: da lumaca ubriaca passiamo a tartaruga che ha voglia
di fare un po’ di movimento. Chiaramente la terza ora la velocità sale perché
strategicamente Marco porta il team in zona centro di Milano, dove il barilotto
cerca di darsi un contegno mentre dribbla Ferrari di dubbio color pisello
parcheggiate in Via MonteNapoleone, vichinghe del tappeto rosso (cit. Leo
Ortolani) che al primo accenno di sole sfoderano
minigonne o pantaloni attillatissimi per sfilare in Via della Spiga, o anche
solamente gente vestita nei modi più improbabili che ha scelto di venire la
domenica mattina a farsi un aperitivo al quadrilatero della moda dove il costo
della consumazione da asporto è pari al prodotto interno lordo di un paese
della zona sub-Sahariana.
Tutto questo però lo si paga nella fatidica quarta ora: le
vichinghe sono scomparse, la periferia la fa da padrona e le energie, anche
quelle che vengono cercate nel terzo e nel quarto carbogel di giornata, non
bastano più a muovere muscoli stanchi e doloranti, la cui elasticità ormai
rivaleggia con i tombini della Breda.
La quinta ora è puro calvario. Marco passeggia e si deve
fermare ogni 50 metri a guardare indietro dove è rimasto il socio. Cerca di
scuoterlo a buone parole, a male parole, a facce da antologia, mentre il
display che ha sulla fronte fa scorrere frasi come “ma il prossimo anno lo
faccio con Pedrotti… con Grilli… con Segatta… con Galbusera… con i nipoti del
Labanti…”. La quinta ora è anche quella che mette la parola fine alle
sofferenze muscolari… del giorno. Perché il giorno dopo più che scendere si
precipita dal letto, e per andare in ufficio ci si mette in giacca e cravatta
ma le scarpe sono le Nike blu tanto comode perché i piedi piangono, e il peggio
deve venire il martedì, quando tutto fa male. Come sempre.
E, come sempre, c’è un sorriso stampato sul viso. Dal primo
all’ultimo minuto del MOO e anche dopo. Perché questo è stato un SuperMOO. Ma
anche un S.U.P.er MOO.
Dove S.U.P. ha un solo significato: “Sono Una Pippa”. E quella
che segue è la spiegazione (pensavate di cavarvela con così poco? Ma vabbé,
adesso arrivano anche le foto e le mappe)
***
Orario di partenza di “quelli del ‘67”: ore 10.00 che più
orienteering di così non si può. Pettorale numero 1 del seeding conquistato schierando
ogni conoscenza blasonata possibile e pagando fior di bustarelle. Nella griglia,
giacché quest’anno non abbiamo la partenza di massa per evitare assembramenti, siamo
collocati strategicamente tra le Brambilla sisters e le “scombussolate 2.0”.
Ovvero una gran bella collocazione. Infatti non le vedremo MAI!
Alle 10 in punto Remo ci consegna le mappe dopo averci
attivato l’app per dare le risposte e da il via al nostro MOO. Ovvero ci dice
di sparire perché di fare chiacchiere non c’è tempo. La Milano che ci si
presenta davanti agli occhi è la seguente:
(sempre la stessa eppure sempre così diversa)
Marco guida il team attraverso Piazza Gae Aulenti e comincia
a pianificare la rotta. So che il mio compito sarà quello di zavorrarlo il minimo
indispensabile, di dare una mano sui quesiti più cervellotici restando lucido
il più a lungo possibile prima dell’invasione delle tossine.
Prima scelta: si fa alla Stazione Garibaldi: se un treno della
suburbana passasse a breve, potremmo portarci subito nella parte nord di Milano
a fare quella cartina della Bovisa che sembra tagliata fuori da ogni
percorrenza. Ma la suburbana è appena passata, e quindi una fermata di metropolitana
Lilla ci porta in zona Monumentale, dove ha inizio la caccia al punto.
E già al primo punto, la coppia scoppia peggio di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Accade infatti che il primo quesito prevede di identificare una “targa mancante” sulla destra dell’ingresso di un palazzo, e di contare quanti mattoncini toccava la lastra rimossa. Solo che Marco arriva sul posto e pensa “a destra, uscendo dal palazzo”. Io penso “a destra, guardando il palazzo”. La discussione va avanti per un bel po’, finché io guardandomi in giro mi accorgo di una lastra mancante a destra dell’ingresso. Solo che io Sono Una Pippa. Guardo a destra, ma troppo a destra.
Così “salto” la lastra giusta e rivolgo la mia attenzione al punto sbagliato. Risultato: primo punto, primo errore (ancora non lo sappiamo), siamo appena partiti e siamo già ultimi e io (anche se ancora non lo so) Sono Una Pippa.
Tra un quesito ed un altro, un selfie ed un altro, torniamo
alla metro lilla. Si va a Lotto, si salta sulla linea rossa e si va verso
Bonola, dove affrontiamo un autentico capolavoro del MOO madelliano:
In MonteNapo la situazione si fa abbastanza caotica. C’è parecchia gente in giro, c’è l’onnipresente Ferrari color verde pisello parcheggiata all’inizio della via e spesso anche rombante a 3000 giri del motore in una stradina stretta ed angusta per il solo piacere di vedere l’effetto che fa sui comuni mortali.
La mappa... e chi non la conosce? Oppure: e chi la conosce? Trattasi infatti di una mappa storica del centro di Milano, non sono indicati i cerchietti delle "lanterne" ma dobbiamo trovare con la lente di ingrandimento i punti corrispondenti ad alcuni numeri civici della Milano storica ancora incisi sui frontoni dei porticati. Durante questa tappa io probabilmente ho già l’ago della benzina sulla riserva, e mentre andiamo verso il “punto selfie” passo davanti ad un mendicante seduto sul marciapiede e sento distintamente la sua voce che dice “all’angolo, vai a sinistra”. Dopo il punto selfie, passaggio davanti al mio ufficio, poi davanti alla sede del mio vecchio ufficio dove c’è proprio un punto, poi davanti alla mensa aziendale… insomma, sembra quasi una normale giornata di lavoro. Con la differenza che io questa volta sorrido (o, per lo sforzo, “tengo la vita con i denti”) invece di smadonnare dietro a colleghi consulenti fornitori e affini.
Da MonteNapo si scende in linea gialla verso sud-est: "Rogoredo,
stazione di Rogoredo". Uno dei punti è proprio sul binario del treno che va a Parma.
Io cerco di tenere il passo di Marco, anche se rimango staccato più spesso di
quanto vorrei, ma mi dico che devo cercare di fare la differenza sui quesiti e sui punti-selfie.
Solo che purtroppo io Sono Una Pippa.
Il selfie del murales posto fuori da Rogoredo lo faccio
direttamente via whattsapp per evitare la trafila malefica scatta – esci – apriwhattsapp -
schiaccia”Remo” -schiaccia”allega” – trovalafoto – allegalafoto – invia. Ma non sono Pippa mica per niente: mi dimentico l’ultimo passaggio, quello che prevede l'invio della foto. Una cosa dovevo fare. Una! Manco quella. E ce ne accorgeremo ovviamente solo alla fine.
La mappa successiva nel quartiere Merezzate è puro
divertimento e gioia. Un quartiere modellino, tutto nuovo, tutto pulito e lindo, sembra
quasi di sentire gli uccellini sugli alberi. Ci sono i giardinieri che mettono
a posto le aiuole (di domenica) e ci sono un po’ di abitanti curiosi che ci
guardano e che sorridono nel vedere le nostre peripezie.
Due in particolare, dal balcone di casa si godono la gag che mettiamo in scena al quesito numero 68: in una “corte” del quartiere abbiamo un grosso tavolo ed una grossa panca in stile “va bene il picnic, ma con un arredo di gusto ed di design da personcine giuste ed a modìno”. Dovremmo semplicemente identificare il nome della ditta costruttrice, che dovrebbe essere riportato su una qualche targhetta dell'arredo. Solo che Marco sta studiando la strada per il punto successivo. La targhetta la devo cercare io, ed io Sono Una Pippa. Cecàto come in occasione del primo quesito (targa... targhetta... targalcaxx!!!), non mi accorgo del nome impresso (in maniera invero quasi impalpabile) in un angolo e quindi comincio ad esaminare il legno ed il tavolo e la panca ogni lucido acro per lucido acro, fino a quella che mi appare come una rivelazione in stile John Belushi davanti a James Brown: la targhetta con il nome sarà sicuramente sotto la panca (dove la capra campa, ma i miei muscoli no) o sotto il tavolo! Segue quindi nell'ordine: svestizione, appoggia tutto quello che hai in mano sulla panca (zaino mappe occhiali bussola), sdràiati per terra, striscia per metri sotto a tutto quel po’ po’ di opera d’arte picnicària e non si trova un bel nulla. I due sul balcone non hanno mai riso così tanto (anche la pischella che ad un certo momento sembrava essere rientrata per chiamare la polizia…). Stiamo lì a cercare la targhetta sotto la panca per un’era geologica, finché finalmente Marco (mica la Pippa…) si accorge del rilievo con il nome tanto agognato, riportato in bella mostra sulla superficie del tavolo!
Ci sarebbe bastato stare lì due minuti in meno e saremmo
riusciti, Marco correndo ed io rantolando al limite dell’infarto, a prendere la
suburbana per attraversare la città fino alla Bovisa per l’ultima mappa. Ma la
S13 ci parte proprio sotto il naso.
A questo punto la Pippa ha l’IDEA! Anziché aspettare 28
minuti il prossimo treno, perché non prendiamo la linea gialla, attraversiamo
la città in metropolitana, scendiamo a Dergano e ci facciamo di corsa da
Dergano a Bovisa? Marco mi guarda come se fossi matto: già non mi reggo in
piedi così come sono, figuriamoci se provo a correre altri 2 km tutti dritti… ma piuttosto che stare lì a fare nulla ci avventuriamo
sulla metro gialla. Io vorrei tanto smentire le sue catastrofiche previsioni sulla
mia velocità di percorrenza Dergano-Bovisa, ma a conti fatti ha avuto ragione
lui.
Dalla Bovisa si continua a correre verso la zona dell'ultima carta, mentre il tempo avvicina
le 5 ore di gara: il parco delle Sculture si rivela un posto incredibile, con queste
vere e proprie sculture di arte moderna messe in mezzo ai rovi di un bosco
orientisticamente molto verde. Un posto che non avrei mai mai MAI sospettato di trovare a Milano (ogni tanto mi chiedo: ma Remo come li va a scovare questi posti? Ci sono delle newsletter "Milano underground"? Dei gruppi di studio che si avventurano nelle periferie a trovare posti dove manco Livingstone e Stanley hanno mai messo piede?)
Dopo aver evitato l'ultimo rovo, è ora di tornare alla cosiddetta “civiltà” dell’asfalto. Finalmente riusciamo a prendere una suburbana (la seconda della mia vita, dopo la celeberrima Porta Romana - Romolo e ritorno di un altro MOO) che ci riporta in zona Garibaldi, e da lì ultima salita sul cavalcavia Bussa per fermare all'arrivo il tempo di gara. L’ultimo colpo al morale della Pippa arriva proprio sul rettilineo del cavalcavia: davanti a noi, a poche decine di metri, stanno arrivando al traguardo altre due squadre. Marco ce la farebbe a raggiungerle e superarle allo sprint, ma io no.
Mi consolo pensando che sicuramente NOI abbiamo fatto tutto
giusto e LORO no… e invece allo scarico della sicard delle risposte il fattore Pippa emerge in tutto il suo fulgore. Quando scopro che nemmeno l’invio
delle foto aveva funzionato a dovere, capisco che è giunto il momento di
lasciare il palcoscenico alle squadre più forti (alla fine saremo decimi in
classifica finale, come nel 2020) e prendiamo mestamente la strada di casa.
Marco sulla suburbana e io sulla linea verde, a pensare ai quesiti, agli errori, agli incontri fortuiti di questa edizione del MOO, alle vichinghe del centro che abbiamo snobbato per cercare la marca di un faretto davanti al Palazzo degli Omenoni. Marco resta uno degli atleti più
forti del lotto, io resto una Pippa e posso solo andare a cercare una caverna
per nascondermi.
2 Comments:
...sigh...
😇
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