Un altro tassello della mia conoscenza orientistica va a posto.
Un’altra di quelle parole magiche che fanno la differenza tra la “conoscenza del mondo” e il “se non hai visto questo non hai visto niente” è stata smarcata.
La parola è “faggeta”. Posso chiudere gli occhi, ma anche no, e sentire e vedere Andrea the great Rinaldi che mi parla di questa specie di Shangri La, questa Foresta di Darkwood, questo Atlantide irraggiungibile che solo gli orientisti seri hanno avuto occasione di vedere... irraggiungibile lo è davvero, perbacco!!!!!
Andrea, ma anche Attilio il quale prima di diventare socio fondatore del GOK (... a proposito, se qualcuno avesse una idea sul significato della “G” di GOK potrebbe per favore informarci? Noi stiamo facendo le ipotesi più fantasiose ma non sappiamo nemmeno cosa rappresenti il nome del team...)... dicevo, prima di diventare un orientista serio (perchè il GOK è serio!) era stato capace di qualche scorribanda fuori porta che lo aveva portato fin nel Lazio. Ed anche lui, “ah beh! Ma poi c’è quella faggeta...” detto con la voce che racconta storie che si perdono nel tempo, con gli occhi socchiusi che scrutano lontano...
Lontano... Lontano... Lontano... Cavoli quanto è lontano!!! Lontano oltre posti che mai in vita mia avevo visto di persona, solo nomi nelle spettacolari cronache di IsoRadio quali “Assergi Colledara” o “Vicovaro Mandela”. Io conoscevo solo “Anticoli Corrado” dove hanno girato il bellissimo film “Il Segreto di Santa Vittoria”... Anthony Quinn che alla battuta “Siete sicuri di potervene privare?” (di una bottiglia di vino) risponde al tedesco “Ce n’abbiamo n’altro milione là dove l’abbiamo presa”.
Lontano. E ci si mette pure il nodo autostradale di Firenze a mettersi in mezzo ai piedi: due ore e passa di coda all’andata (e meno male che siamo orientisti e siamo usciti appena possibile, riguadagnando la testa del gruppo con le stradine poderali), e un’oretta al ritorno con taglio pr le vie del Chianti. Una colata di cemento su tutta l’area, no eh?!? Un enorme piazzale con le macchine che vanno in tutte le direzioni fino ad Arezzo, no eh?!? Una enorme faggeta, no eh?!? Li pòssino...
Comunque. Dopo nove ore nove di auto, a mezzanotte anche “lontano” diventa “vicino” e poi diventa “arrivati”. Diventa “letto”, diventa “sonno” finché dopo 5 ore la sveglia di Paco Valente e Nicolò Ippolito (i posatori) suona che fuori fa ancora: buio, freddo, piove, c’è nebbia, nuvole basse... 8 maggio (su coraggio!) e sembra di andare a correre nella tundra! Mondaccio cane! Si sveglia anche “z spìcher” pronto a prendere il via nella prima delle quattro tappe in programma: due con le Jalas ai piedi e due con il microfono in mano. Purtroppo per me, le tappe con le Jalas sono quelle che ultimamente mi riescono peggio!
E’ Maria Novella, ancora non infortunata, che mi accompagna in partenza e mi affida al bosco. E finalmente anche io posso adesso ufficialmente dire “Ah! La faggeta...”. Si, la faggeta è un posto ottimo per correre. Il bosco è quasi fatato, la carta è tutta bianca salvo qualche intermezzo giallo dei prati (la mente corre ai problemi che ho avuto in Lessinia), il terreno è un biliardo in pendenza ma quasi senza ostacoli se non contiamo le innumerevoli rocce e roccette. Le carbonaie ed i piccoli movimenti quali buche canalette ed avvalentini rompono la monotonia dei movimenti del terreno. Ed io sono lento, pensate, goffo e ingolfato. E cosa che più mi fa rabbia, sono in un periodo in involuzione tecnica totale!
La M35 è una di quelle categorie nelle quali i migliori, quelli che non posso battere se non in particolari e lontane giornate di grazia, ci sono davvero quasi tutti. Manca Hueller, manca Cipriani (non partito) quindi il numero di qualificati oscilla tra i 13 ed i 14. Saranno 13, e mi spiace davvero per l’amico Diego Milani che resta fuori con un tempo vicinissimo al gruppone di quelli forti... Alle 9.30 circa sono al via, alle 9.31 primo punto e primo errore: a faggeta è splendida ma forse io mi distraggo un po’ troppo nel bearmi di cotanto bosco, ed infatti resto corto di un dosso... in una zona peraltro ricche di lanterne (che mi batterò tutte nella speranza che una sia la mia!). Ripreso il ritmo giusto, nuovo errore alla 4 quando vado in costa tra le rocce tenendomi al centro di una zona pietrosa; quando scopro che il punto non è dritto davanti a me, non mi resta che decidere se spostarmi a sinistra o a destra. Lascio da parte ogni parvenza di considerazione politica, opto per uno dei due schieramenti e dopo vana ricerca non mi resta che ammettere che avrei dovuto “votare” per l’altra parte...
Quando il loop mi riporta verso la zona del traguardo per un primo passaggio, so già di non essere tra i qualificati a meno di una ecatombe di coetanei... affronto alcuni passaggi innevati e finalmente finisco il secondo loop dopo una lanterna 10 in costa che mi riappacifica con la tecnica orientistica. Infatti sbaglio di peso la 11 quasi a bordo strada! Altri minuti persi e, a quel punto, solo la consapevolezza di dover finire con calma per anticipare il minuto zero dei campionato “vero”. Alla 12 per un istante ho una visione del sottoscritto nel bosco sloveno: mi appoggio alle depressioni e mi ritroverò (penso per la prima volta in vita mia) a fare una lanterna meglio di super-Carlo-Rigoni. Da lì alle ultime lanterne e al traguardo è una corsetta in faggeta, cui seguirà una prima giornata di qualificazione come “z spìcher”, nel freddo e nel gelo, senza infamia e senza lode... perchè il calore bianco sarà l’indomani!
Un indomani che arriva domenica mattina dopo un numero di ore di sonno ancora più ridotto: Maria Novella infortunata e l’orario di partenza anticipato di un’ora costringono i miei compagni di camera posatori ad alzarsi all’alba. Ma è un’alba radiosa: nel cielo non c’è una nuvola. Alle 7 del mattino fa già quasi caldo ed i boschi attorno brillano!
Senza colazione, mi muovo verso la partenza e prendo il via attorno alle 8.35. Davanti a me una finale B molto sparuta (solo 7 partenti), leggermente più lunga del prevedibile: va bene che i conti della percorrenza sono stati fatti su Rigoni... ma secondo voi Rigoni entrava nella finale B? Infatti il migliore di noi, a conti fatti, sarà ancora una volta Milani con un tempo superiore ai 60 minuti. Questa volta entro nel bosco da solo con la sensazione di voler fare meglio rispetto a sabato; mi accorgo subito di una luuuuuuunga tratta a metà percorso che assomiglia più ad una tratta da long che da middle, ma per il momento ho ancora 8 lanterne prima di pensarci. Parto tranquillo e controllo le carbonaie: il primo punto mi salta letteralmente addosso, forse che la faggeta sta diventando mia amica? Secondo punto, tutto ok. Terzo punto, tutto ok (vabbé... è nel pratone).
Quarto punto, tutto... tutto sbagliato! Il rientro nel bosco per il quarto punto diventa una ricerca alla “valà Peppone” del centro del cerchietto. Per qualche minuto mi sposto esitante tra le carbonaie cercando un punto di attacco certo, finché da lontano scorgo un punto di controllo. Pregando che sia il mio, arrivo alla lanterna e mi accorgo che dovevo esserci passato poco prima a qualche metro di distanza, magari mentre guardavo dalla parte sbagliata. Quinto punto in discesa senza problemi, e poiché per il sesto punto mi sento decisamente in carreggiata comincio a dare un’occhiata cosa mi aspetta dopo l’ottavo punt... SBEMM!!! Non un albero questa volta. Solo un volo a planare senza nemmeno accorgermi di cosa mi ha fermato. Non riesco nemmeno a mettere le mani a terra, cosicché è la mia faccia quella che atterra tra le foglie: in una giornata nella quale alcuni correranno in calzoncini da tanto bello che è il bosco, io sarà l’unico ad arrivare al traguardo con la faccia spatassata e le stimmate sanguinanti che colano sul viso come un indiano con le pitture di guerra...
La tratta 8-9, quella interminabile, chiuderà di fatto le mie residue velleità (al punto 8 il mio tempo è di 30’01”, in terza posizione). La salita alla 9 mi toglie forze, voglia e consistenza. Trovo il punto 9 andandoci a sbattere direttamente contro e ringraziando la carta e la bussola, ma allo scollinamento per la 10 sono svuotato ed in crisi di fame. Pur potendomi appoggiare ad una bella area gialla che porta alla lanterna, impiegherò 14 minuti e mezzo (!) per trovare quel punto da tre minuti, appoggiandomi non tanto ai movimenti del terreno quanto ad un paio di sassi sui quali mi siedo a rifiatare e a far abbassare le pulsazioni. Per fortuna il giro finale torna ad essere molto “middle” con i continui rimbalzi tra le rocce da un punto all’altro e mi da la spinta per affrontare il rientro alla base durante il quale sento distintamente la voce di Giovanni Lollobrigida che annuncia il via alla gara.
90 minuti e 34 secondi per una gara middle... non male :-(
ma non mi sento di giustificarmi con l’impegno che ho preso per fare “z spìker”. Forse il percorso, per le mie caratteristiche, era troppo veloce e troppo fisico per me. Ma ho sbagliato nettamente anche sotto il profilo tecnico e questa è la cosa che più mi fa pensare e più mi da rabbia. In ogni caso, nel mio dopo gara ho raccolto alcune impressioni positive sulla cronaca della gara fatto al microfono. E, come dico sempre, non sarei in grado di farlo se non fossi stato già io nel bosco prima degli atleti. E sopra ogni altra cosa, se non l’avessi fatto “in condizioni da gara” non ci sarebbe stato nessuno a mettermi pressione per fare bene, per arrivare al traguardo col percorso completo, per cercare di fare meglio dei miei amici-avversari.
In fondo è solo per questo motivo che mi possono scappare, nella concitazione, quegli aggettivi che ormai sono presi un po’ in giro anche in radio... quegli “irreale” quando arrivano i vari Rigoni o Maddalena o Mamleev, quegli epiteti ed incitamenti e commenti che mi scappano all’indirizzo degli atleti che giungono al traguardo, atleti che sento molto più vicini a me di quanto dovrebbe sembrare ad uno speaker neutrale. Perchè, in fondo, io dalle loro difficoltà e dalle loro paure e tensioni ci sono appena passato.
Alla prossima!
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