Come disse Murtaugh, sono troppo vecchio per queste "cose" – parte 1
Loco di Rovegno. Sabato 26 settembre, ore 5.30. Suona la mia
sveglia. Dall’altra parte della stanza dorme Gianluca Carbone, che deve essere
andato a letto all’una di notte dopo aver fatto la spunta di tutte le cartine
del Campionato Italiano Long distance. Gianluca pensa che io sia uscito dalla
stanza facendomi luce con la pila frontale… magari! Ho usato lo smartphone. Mi
vesto al buio, scendo le scale, esco dal “Palazzo” e sono sulla Statale. Apro
il baule dell’auto e, alla luce della lampadina interna, faccio colazione con
un brick di succo di mela Esselunga. Mi deve bastare per la mia gara Long… mi
deve bastare per tutta la mia gara Long Distance, categoria Elite, da solo nel
bosco. Prevedo oltre tre ore di gara: ma il brick deve bastare.
Perché lo faccio? Boh? Il fatto che quando una idea
germoglia nella testa, poi è difficile tirarla via. L’anno prossimo la mia età
sarà a quota “sette al quadrato”. Non ho più tante cartucce da sparare, e poi
quest’anno ho fatto la O-Marathon, e l’ho fatta solo usando la testa, non il
fisico. Posso reggere a lungo se vado piano. Ma posso provare il percorso Elite
dei Campionati Italiani a Lunga Distanza? Forse posso. Mi piacerebbe raccontare
agli atleti, una volta vestiti i panni dello speaker, i luoghi nei quali i big si giocheranno
la gara, dove potranno avere lo spazio per una ultima rimonta o dove dovranno
tenere le ultime energie per resistere al comando. Mi piacerebbe. Posso
farcela? Forse.
Però poi le cose prendono la piega sbagliata. Prima ci si mette il
tracciatore, Rudy De Ferrari, a disegnare il percorso Elite più duro degli
ultimi anni. Ci si mette … qualcuno? qualcosa?… ad anticipare di mezz’ora l’orario delle
prime partenze alle 10.00. Ci si mette… beh! Sull’orario in cui albeggia non
posso dare la colpa all’astronomia, però con un campionato italiano alla prima
settimana di settembre avrei avuto più margine per la mia corsa solitaria.
(notare l'orario di partenza - si vede meglio capovolgendo il video!)
Dopo il brick è ora di salire in macchina. Il parcheggio del
ritrovo è poco distante. Parcheggio la macchina tra i camper e indosso termica e
divisa. Un movimento da un camper: Gianni Biroli, che si è già svegliato e
forse sente la tensione pre-gara, che si aggira anche lui nel parcheggio. E’
ancora buio pesto (io lo riconosco dall’andatura, come sempre). Due saluti come sussurri ed
una stretta di mano tra atleti. Alle 6.20 lascio il parcheggio e risalgo
lungo la strada, con qualche fioca luce ai bordi a mostrarmi la prossima
fettuccia che mi porta in partenza. Alle 6.40 sono a bordo strada, in attesa di
un po’ di luce per entrare nel bosco, per percorrere le ultime centinaia di
metri che mi portano al triangolo di partenza. Veder arrivare da est le prime
luci dell’alba è come vedere il mondo che rinasce: è ancora buio ma posso
entrare nel cunicolo stretto che va verso la partenza. Alle 6.45 c’è un
chiarore sufficiente per farmi vedere i macrodettagli della carta e capire dove
è il triangolo di partenza. Alle 6.50 parto.
Percorso Elite. Io sono solo un Impiegato Panzottello, non
un Elite. Sono l’abusivo, sono lo scarto, sono “indovina l’intruso”. Per questo
è meglio che io parta in un orario diverso dagli altri. La sera prima, parlando
con Rudy e Raus, avevamo stabilito la “tattica”: divincolarsi velocemente dalla
prima area di gara, fare una passata sulla zona con un sacco di punti di
controllo (dove di fatto sarebbero andati solo gli Elite), ritornare
velocemente e fare una seconda rapida passata nella zona impestata di rocce ed
ostacoli… Facile a dirsi. Se avessi 4 ore di tempo, potrei farcela. Anche 3 ore
e 45 minuti. Ma mezz’ora me la ha portata via il regolamento (partenza alle 10
anziché alle 10.30), mezz’ora me la porta via l’astronomia (gara il 26
settembre anziché il 5 settembre). Non posso fare tutto il percorso e dovrò
trovare qualche scorciatoia.
Questo toglie un po’ di “tensione agonistica”. Credo sia
arrivato il momento di spiegare ai miei
tre lettori (che lo sanno già, peraltro) alcun cosette. Perché lo faccio?
Primo: perché sono un orientista. Sono scarso, panzottello, impiegatizio, poco
allenato, tecnicamente impreparato, vecchio… ma sono un orientista; e
l’orientista va alle gare per andare nel bosco. Io sono uno di quelli che, più
ci sta, meglio è. Secondo: sono lo speaker di uno sport nel quale nessuno vede davvero come si svolge la gara; cosa
ne sa lo speaker se Mamleev ci mette 100 minuti anziché 90, a finire la sua gara,
perché il bosco è terrificante oppure perché sono diventati tutti scarsi e vanno piano?
Forse allo speaker non dovrebbe nemmeno interessare! Forse lo speaker dovrebbe
recitare con voce monocorde che “Mamleev passa al comando (… yahwwnnnn…) con un
tempo di tot ore tot minuti tot secondi e massì mettiamoci anche i decimi
(super-yahwwnnnn…)”. Bello? Quindi… terzo punto: io posso parlare al microfono per 5 ore di
una gara ma ogni tanto ci devo mettere dentro la monàta, lo scherzo; e gli
orientisti magari capiscono che mi permetto di scherzare perché la loro
fatica l’ho fatta anche io, e se dico che il percorso è duro, è perché l’ho
provato sulla mia pelle. Ok. Sono l’unico a pensarla così. Forsberg di sicuro
nel bosco non ci va, ma lui è Forsberg: guarda la cartina e capisce in un
nanosecondo dove si deciderà il campionato del mondo. Io sono io. Guardo la
cartina e dico “uuuhhh… che bello sarebbe andare a mettere un punto di
controllo proprio lì!”, ma poi vorrei anche avere la possibilità di andare a
cercarlo!
Sapere già dall'inizio che non concluderò la gara toglie
parecchia tensione agonistica. Quella che cerco quando dico agli organizzatori
che, alba o non alba, io vorrei fare una categoria agonistica e vorrei gareggiare per
essere in classifica, anche ultimo (quasi sempre ultimo). Altrimenti, ma non
sarebbe la stessa cosa, potrei cominciare a farmi dare una cartina “tutti i punti” e fare un
giro a caso dei paraggi. Oppure, meglio ancora, potrei farmi dare una cartina
senza alcun punto e fare un giro ancora più corto. Oppure, ancora, potrei farmi
dare una cartina degli Esordienti e farmi il giro sui sentieri: mi alzerei alle
8 del mattino e potrei fare le cose con calma. A questo punto potrei anche non
fare nulla e limitarmi al commento. Anzi, estremizzando, potrei anche stare a
casa e passare la mattinata all’Ikea. Ma io non voglio andare all’Ikea! Ed il
modo migliore per non andarci è quello di mettere l’asticella sempre in alto.
Anche se vuol dire incrociarsi con Gianni Biroli alle 6 del mattino nel buio di un parcheggio di Rovegno,
Liguria.
Nella penombra del bosco di Rovegno, il primo punto lo trovo
facile (c’è davanti la collina) anche se per uscire dal bosco fino al sentiero
servirebbero le gambe di Mats Haldin e per convincermi che sono arrivato davvero
a 3 metri dal punto, senza dover stare ogni volta a guardarmi intorno
pensieroso “dove sarò capitato?”, ci vorrebbe l’arroganza tecnica di Gustav
Bergman. Per la 2 e la 3 io e Teno (la cartina è ovviamente la sua) facciamo la
stessa scelta… a due velocità diverse direi così a prima vista! La 3 è
bellissima perché sbarco in piena carenza di idee su un pianetto e all’improvviso
dal bosco fitto e impestato mi trovo in una pineta di piccoli alberelli di
Natale che fanno tanto "bosco dell’Alto Adige", e per qualche secondo non so se è
meglio star lì a sentire il profumo o cercare il punto! La 4 è facile, ma io la
prendo dalla strada perché non sono Gustav Bergman, mentre sulla strada per la 5
succede qualcosa per la quale tutti gli Elite dovrebbero offrirmi da bere alla
prossima gara… ok! Ho capito che morirò disidratato.
Succede che al ristoro cerco senza successo l’acqua, ed un
tale mi si avvicina (stava lavorando con ruspa e benna per rimuovere dei
tronchi d’albero) per sapere se ho perso io le bottiglie. No, non le ho perse
io, ma le sto cercando… “ah! Devono essere cadute dal camion di qualcuno, e le
ho fatte portare via da uno dei miei uomini”. Ach! “Guardi, da qui ad un paio d’ore
deve passare una gara… non è che potrebbe farle riportare, che ne avrei bisogno
anche io?”. La persona è gentile e mi assicura che chiamerà per far riportare
il tutto. Intanto io spiego che ripasserò nel giro di una mezz’ora abbondante (si, come no... mezz'ora),
e che sarebbe un piacere potermi ristorare. A quel punto parte il mio
Campionato Italiano Long Elite a sequenza libera: 5 – 7 – 8 sfruttando il sentiero
(che bello il bosco attorno alla 8!) – 15 con problemi tecnici e almeno due
minuti persi sul pianetto – 14 con problemi fisici e parolacce al tracciatore e
alle sue prossime generazioni – 13 – 12 e le parolacce arrivano anche agli
antenati di Rudy – 11 – 10 e mi riconcilio almeno con gli antenati – infine la
6/9/16 fatta tutta in un colpo solo (che culo correre il campionato a sequenza
libera…).
A questo punto si passa alla cartina numero 2. Io la avevo
già in tasca bella piegata ma mi immaginavo che gli Elite, trovandola alla 16,
avrebbero tirato giù i santi del Paradiso dal 1° luglio al 31 dicembre (il
primo semestre lo avevo prenotato io). Arrivo alla 17 in piena carenza di forze
fisiche e guadagno faticosamente la strada per tornare al ristoro, dove trovo
bottiglie ed il tizio sorridente che mi passa persino un biglietto da visita
dicendo “per qualunque problema, chiamami a questo numero!”. Biglietto che sarà
passato a Carbone a fine percorso… Quindi, cari Elite che avete trovato il
ristoro, mi dovete una bevuta!!!
Forte della mia bottiglietta in mano, faccio la 18 in piena
arroganza tecnica svedese. Sono ancora arrogante alla 19 (ma ci arrivo dal
bivio di tracce di sentiero), mentre per la 20 resto lì a contarmela su per un po’ senza
vedere altra soluzione che fare il “giro del fullo” (Larry cit.): sentiero
verso sud-ovest, sentiero verso nord-ovest, giro del collinone verso nord-est
e, quando il bosco diventa bello bianco e quasi piatto a digrarare in basso (e cerco
di immaginarmi la velocità di uno Scalet…), torno arrogante e arrivo alla 20
senza sbagliare di un metro.
A questo punto ricomincio il mio Campionato a Sequenza
Libera: scelta à-la-Tenani fino alla 25, scelta à-la-Stegal (cioè a caso) per
la 26. Ancora più penosa è la mia scelta per andare alla 27, nella quale prendo
la pietraia di petto o per meglio dire sotto la pianta dei piedi! Rimbalzo due
volte verso l’alto perché non c’è verso di attraversare quell’inferno, e meno
male che al terzo tentativo trovo il punto perché veramente non sapevo più che
pesci pigliare… Trovo il punto ma perdo più o meno definitivamente l’uso della
gamba sinistra, la cui reattività rimane tra le rocce attorno alla 27. Usando
la sinistra più o meno come una stampella di carne ed ossa, trovo facile la 28 e la 24
(che, o cara grazia!, posizionata alle colonne d’Ercole dell’inferno e quindi la scelta di
percorso è “appena comincio a non stare più in piedi, capisco di essere andato
lungo”).
Seduto per terra di fianco alla 24, con l'aria di uno che è fuggito da un carcere di massima sicurezza nelle paludi della Louisiana e sente il latrare dei bloodhound appena dietro le spalle, e con ancora un quarto di
bottiglietta in mano, prendo fiato per capire cosa mi aspetta ancora: la 23 è l’ultima
vera insidia. La 23 è il punto nel quale di solito torno ad avere un Padreterno
e cominciano le litanìe del tipo “Good Lord… fammi trovare questo punto che poi
agli altri ci penso io! E potrei persino diventare più buono, ma tu intanto fammi
trovare questo…”. Non so se è il Good Lord o il mio Angelo Custode che ogni
tanto assume le fattezze di Gueorgiou, ma casco più o meno addosso alla 23: la
vedo perché davvero ci sbatto addosso… in questi casi di solito controllo tutto
il controllabile a destra e a sinistra e la lanterna mi compare davanti come se
niente fosse, ma a 15 minuti al chilometro credo che potrei trovare anche
lanterne invisibili. Mi tiro fuori a fatica dalla 23 verso la 22 (“Caxxo! Non
era l’ultima insidia… ehhmmm… caro Signore… non
che potresti cortesemente concedermi l’utilizzo della gamba sinistra
ancora per qualche minuto? Poi prometto che sarò buono e dirò meno parolacce…
ah! Avevo detto anche prima che sarei stato più buono? E invece continuo a dire
parolacce?? Ma non vedi anche tu dove ci sta mandando quel *%&$£* di Rudy???”.
Risalita al sentiero. Nuovo giro del fullo sul sentiero (con
la tentazione di raccogliere un po’ di mazze di tamburo sparse qua e là) e
attacco la discesa per la 29 un po’ più in là rispetto al giro che fa Tenani,
ma almeno riesco a tenere insieme i pezzi della gamba ancora per un po’. La 30
è facile, la 31 è ovvia (dalla strada). L’unico problema per la 32 consiste nel passare
attraverso le ortiche appena sotto la strada. La 33 è facile ma… porca
miseria!... proprio a bordo statale così mi tocca sentire le auto che passano e
rifarmi le curve di livello in salita??? Sbaglio anche la 34, e da orientista tecnicamente
depresso quale sono, mi immagino persino che qualche Elite potrebbe giocarsi le
posizioni arrivando sull’avvallamento (con lanterna) vicino al sasso… insomma
che faccia lo stesso errore che faccio io! Probabilmente gli Elite veri
hanno messo via la cartina 10 minuti fa e stanno finendo il percorso a memory!
Per non farmi mancare niente riesco anche a lambire la strada asfaltata prima
di scendere precipitare sulla 35, laddove “precipitare” significa che mi
faccio agganciare il piede da un rovo e faccio un volo a planare verso la
lanterna proprio nei primi 3 secondi nei quali arrivo a vista dei ragazzi che
stanno salendo verso la partenza, giusto perché di figure di "emme"… non ne faccio abbastanza quando il mio nome compare nelle classifiche finali! La gamba
tiene ancora per abbozzare un tentativo di volata, nella quale rischio di “abbattere”
qualche concorrente che staziona o passeggia lungo il per-nulla-rettilineo finale.
Quando sbuco sull’ultima curva, alle 9.52, vedo la lanterna del finish e la
prima tentazione è di raggiungerla senza dover correre gli ultimi metri… già,
ma con che cosa potrei raggiungerla? Beh… con la bottiglietta del famoso
ristoro nel quale è rimasto un ultimo goccio di acqua per le emergenze, no?
Tiro
la bottiglia contro il cartello “finish”, lo centro con un gran botto e, mentre
gli addetti dell’arrivo si guardano sbigottiti al pensiero di “ma che matto è
mai questo?”, mentre il mio orologio si ferma a TRE ORE DUE MINUTI E 42 SECONDI
DI GARA, mentre la mia gamba sinistra entra in sciopero sostenuta dai
picchettaggi di entrambi i piedi, mentre una vocina del mio cervello dice che
ce l’ho fatta!, che ho trovato tutti i punti!, che potrei persino essere il
nuovo “Campione Italiano Long Distance a Sequenza Libera”! (la mente, sotto
sforzo, vaneggia)… mentre un'altra vocina si complimenta per aver fatto tutto questo con un brick di succo di mela e mezza bottiglietta d'acqua nella pancia, mentre l’unica vocina intelligente del cervello si chiede con quali
energie riuscirò a fare lo speaker per le successive 5 ore… mentre mentre mentre... la realtà alla fine dice solo
una cosa, unica e inequivocabile:
sono diventato troppo vecchio per queste cose!
(... continua...)
2 Comments:
Il giro del fullo è una strategia di gara codificata.
Io ti farei organizzare la "5 giorni del Fullo"...
Post a Comment
<< Home