Il mio Tuscania Five Days - seconda e ultima parte
(… riprende …)
Superata quindi con agilità la prima tappa ed il successivo
impatto con l’esercito di norvegesi calati dai fiordi, il giorno successivo è
già ora di calarsi nel primo dei due “back-to-back” previsti dal Tuscania Five
Days: al mattino tappa a Lucca, centro storico, ed al pomeriggio rientro a
Cecina per un’altra full immersion nelle pinete a bordo Tirreno.
Non conosco bene Lucca. Quel poco che ricordavo, da una
fugace visita nel sabato pomeriggio che precedeva una Coppa Italia disputata sotto il diluvio torrenziale all’Altopiano
delle Pizzorne, erano la Piazza ovale (che una breve ricerca su Google mi
consente ora di identificare come “Piazza dell’Anfiteatro”) e le mura
perimetrali, concetto che mi riporta subito alla mente la gara di Palmanova
disputata agli European Master Games. Ahimé! Né la piazza né le mura vengono
visitate dai percorsi…
… se nel primo caso posso pensare ad una scelta legata alla
difficoltà di far transitare i concorrenti dal salotto più frequentato della
città (seppure in un martedì mattina di fine settembre), nel secondo caso
propendo per il fatto che le mura vengono “sacrificate” sull’altare di una
partenza ed arrivo dislocate in un luogo coperto e suggestivo ma un po’
periferico rispetto al centro. Prime (ed ultime) tratte di gara, quindi,
abbastanza lunghe e adatte alle gambe
fotoniche di un Nick Barrable, ed una lanterna 7 veramente bastarda alla
quale mi avvicino in debito di ossigeno
(io… ma anche parecchi altri) e cerco di raggiungerla da nord senza accorgermi
che c’è un bel muro spesso che fa capolino dal cerchietto color magenta, e che
il giro del fullo è l’unica opzione
possibile per arrivare alla lanterna. La gara è sufficientemente breve per
consentire a tutti di cambiarsi e fare un secondo giro turistico, che ci porta
alla Piazza ovale e sulle mura, prima di riprendere la strada costiera e
dirigerci verso la terza tappa.
La terza tappa si svolge alla Pineta di Cecina, in un caldo
pomeriggio di fine settembre che fa venire voglia di fare un bagno in mare. Tra
le due tappe “boschive”, si rivelerà quella
più divertente: il percorso è molto più articolato, le parti di pineta con
visibilità ampia sono molto mosse con tanti dettagli nei quali è facile perdere
manciate di secondi, e la rete di piccoli sentieri (che bisogna sfruttare onde
evitare di massacrarsi le gambe tra i rovi) è davvero fitta e quindi bisogna
fare molta attenzione a leggere tutti i bivi di sentiero come se ci si trovasse
tra le calli di Venezia.
Proprio su questa carta si era disputata una delle tappe del
Mediterranean Open Championship 2014, quella che avevo commentato per la RAI
dopo la tappa di Clusone, ed il ricordo
di Daniel Hubmann che spinge come un forsennato lungo il bagnasciuga per
raggiungere il traguardo (messo strategicamente nella stessa posizione) mi farà
optare per una scelta di percorso quasi acquatica dall’ultimo punto all’arrivo,
per sfruttare al massimo la parte di spiaggia più compatta (visti alcuni
concorrenti affondare miseramente in una spanna di sabbia…). Molto belli anche
i due loop 2-6 e 9-12-16 nei quali ci si continua ad incrociare con gli altri
concorrenti della M21 ed M40; io commetto un unico errore andando dalla 24 alla
21, incurante del sentiero che attraverso e della casetta che trovo davanti a
me, e forse più attento a controllare la
coda di capelli di Sarah Jane Gaffney…
Dopo il giorno di riposo, giovedì è il momento del secondo
back-to-back che ci porta dritti dritti (?) verso le centomila curve dell’entroterra toscano. Siamo nel cuore della
Maremma livornese, in un centro storico che è veramente tale, con il castello,
le piazzette di forma irregolare, le mura a strapiombo sulla pianura
sottostante e la rocca. Siamo inoltre (ma non potevamo aspettarcelo), in una
sorta di prodromo dell’inverno: la temperatura rispetto al giorno prima è
calata di 12-15 gradi e fa un freddo assurdo con folate di vento artico, per la felicità dei norvegesi che si
mettono in canottiera e calzoncini corti e sembra loro di essere a casa! Per
quanto mi riguarda, preferirei davvero il caldo del giorno prima, ma non posso
imputare al freddo che mi penetra nelle ossa la serie di notevoli “sfondoni”
che commetto durante il percorso…
… comincio già andando alla 1. Per raggiungere la lanterna
sembrano esserci due strade che corrono parallele da ovest a est. Sembrano,
perché quella più a nord, oltre ad avere una chicane in più, è chiusa a metà da
quella che sembra una autentica trappola per orientisti. Io fin qui me la cavo,
prendendo la strada più a sud, ma poco prima di svoltare a sinistra incrocio un
pertugio nel quale mi infilo a testa bassa! Sono finito (e non sarà né la prima
né l’ultima volta nel 2015…) in un portone privato, peraltro in ottima
compagnia di altri orientisti.
Risolto l’arcano e raggiunta la 1, compio una seconda
prodezza per andare alla 2: a secco e dal divano di casa, nonostante
l’attitudine all’essere impiegato panzottello e scarsamente a mio agio con i
labirinti, le due alternative sono quelle di scendere lungo la strada e girofullare in senso orario (cosa che mi
avrebbe giovato per i motivi che scriverò sotto) o ritornare verso il centro
storico, magari passando davanti alla 17. Opto per la seconda ipotesi, che il
realtà è l’unica strada che vedo, ma per qualche motivo anziché girare a destra
dopo essermi incuneato tra i due recinti privati, vedo un cancelletto aperto e mi ci butto a capofitto, preceduto da
un master norvegese e seguito da una junior parimenti nordica. Nei 30 secondi
successivi, prima che mi accorga di essermi
infilato in una area privata, è un susseguirsi di orticelli 3 metri x 3
metri, piccole recinzioni, una cantina con gli attrezzi, un bagno ricavato in
un seminterrato, due persone che mi guardano passare all’interno di casa loro!
Riesco in qualche modo a sbucare sulla strada, in corrispondenza della scritta
“14”!!!
Dopo aver raggiunto la 2, mentre Brian Porteous straccia piangendo tutti i regolamenti e Vladimir Pacl torna da San Pietro a
chiedere se può ritornare “di qua”, per andare alla 3 riesco… a infilarmi
nuovamente in un’altra area privata! (quella a nord della 2) Sicuramente, dopo
l’esperienza in una casa privata di Castagneto Carducci, la mia testa non è
proprio al suo posto: dopo essermi infilato di nuovo e senza accorgermene in
una zona inaccessibile e non aver capito come raccapezzarmi, decido che la
scelta più sicura per andare alla 3 è quella di ripercorrere tutto il centro storico fin quasi alla partenza ed
arrivare al punto da sud-est!
Dopo queste prodezze nelle prime 3-lanterne-3 del percorso,
prodezze che bastano per un anno intero di un “Bozzola”, un lustro intero di un “Pedrotti” ed una intera carriera di un “Tenani” (tre ori-blogger a caso), riesco ad uscire di cartina tra
la 7 e la 8 sotto lo sguardo perplesso e preoccupato di Checo Guglielmetti che mi vede infilare la strada sbagliata
che porta verso la sottostante pianura. Da lì in poi corro (… corro…) più di
rabbia che di fisico, controllando tutte le svolte e maledicendomi anche ad
alta voce per la dabbenaggine e per aver ancora una volta dimostrato la mia
inconsistenza tecnica quando il gioco diventa davvero divertente.
Il morale di conseguenza è abbastanza basso quando, a un triliardo di curve di distanza, è
il momento di affrontare la gara di Volterra. Tre concetti rapidi ed
essenziali: 1. Volterra è bellissima:
collocare partenza ed arrivo nella Piazza dei Priori (che finora avevo ammirato
visto solo sui libri del Touring Club Italiano) e premiazioni nella Sala del
Consiglio del Palazzo dei Priori è un colpo di classe mica da ridere! 2. Fa un freddo assurdo, amplificato nel
suo “effetto blizzard” quando si entra nei porticati o ci si passa davanti. 3.
Il percorso è disegnato da un tracciatore
sadico ma in gambissima…
3 chilometri in linea d’aria: ecco, diciamo che basterebbero
le tratte partenza-1, la 2-3 e la 5-6 per capire che quei tre chilometri ho dovuto
(io come tutti) sudarmeli proprio tanto. Se poi qualcuno mi dice che alla
Suunto Cup di Schio ha fatto la scelta
da un milione di gradini anziché quella larga in curva di livello… ecco: io
il milione di gradini me lo ero sciroppato già a Volterra tra la 5 e la 6,
tratta nella quale mi supera il solito Kjetil Bjorlo che i gradini li fa a 3
alla volta, ed io non posso che sputare un altro pezzo di polmone per mandarlo
affanc… a fronte di tale protervia atletica. La lezione di Castagneto Carducci
mi è bastata, ed il freddo che aumenta contribuisce a tenere ben desta la mente
per evitare ulteriori sfondoni orientistici (devo aver esaurito in mattinata la
razione settimanale) fino all’arrivo sotto una pioggerella gelata in Piazza dei
Priori.
A questo punto il programma del Tuscania Five Days sarebbe
anche finito. Chi doveva vincere, ha vinto anche questa volta… chi doveva
arrivare ben adéso a fondo classifica
lo ha fatto anche questa volta. Il venerdì il tempo si rimette a posto quel
tanto che basta per consentire un altro giro turistico della zona e… e invece
succede che il programma non è finito per niente! C’è il colpo di coda, quello
che lascia in bocca il sapore del buon
ricordo. Del fatto che Jorgen Martensson se ne stesse andando in giro per
il complesso dove alloggiamo con l’aria troppo furtiva e troppe lanterne sotto
il braccio, ce ne eravamo già accorti tutti; quello che non pensavamo è che gli
organizzatori avessero pensato di organizzare un’ultima gara proprio all’interno
del complesso della Buca del Gatto, scala 1:1.000 ed un numero di recinti, siepi
non attraversabili, vialetti con angoli irregolari e un numero di trappole
orientistiche che, se il tracciatore è bravo, diventa una sfida decisamente
impronosticabile.
E il tracciatore è DAVVERO bravo…
Come sanno gli affezionati lettori, il GOK per anni ha
approfittato di queste trovate per rendere ancora più memorabili le trasferte
nella non vicinissima Ungheria: il
Mobile-O e le Mikrosprint sono due format che ho cercato anche
personalmente di esportare alle nostre latitudini, proponendo addirittura un “Campionato
Regionale di Mobile-O” sulla carta del Monte Stella (proposta che venne
bocciata tra frizzi e lazzi in sede istituzionale… eppure con tutte le opzioni
flat e you-and-me che ci sono oggi…). Una garetta su una carta 1:1.000, tutta
nel complesso dove alloggiamo, con Jorgen Martensson come giudice di partenza,
fa proprio al caso nostro! Tanto… quanti norvegesi si presenteranno al via di
una ori-minkiata del genere? Ecco… TUTTI!!! Venerdì pomeriggio, dato che
non c’è la griglia di partenza predefinita, l’atmosfera al ritrovo (la piscina)
racconta di una tensione agonistica come nemmeno alla partenza del Mondiale
Sprint Relay di Trento; si lanciano sfide incrociate ed infuocate a colpi di “chi vince questa vince tutto!”, di “ti faccio vedere io le medaglie mondiali!”
ed altre amenità del genere.
Nel frattempo, la mano che ha raccolto 9 medaglie mondiali
in 17 anni di campionati del mondo appoggia lì, con fare casuale, due lanterne
a bordo piscina… Ovviamente è un divertissement per tutti, dal più forte al più
baléngo, e alcune tratte del percorso (provare la tratta 3-4) vanno studiate
con discreto anticipo al fine di evitare di perdersi sotto il balcone della propria
stanza da letto! Con il terreno bagnato dal meteo del giorno precedente, è una
buona cosa che non si assista ad incidenti lungo il percorso, ma quello che
succede a me e ad un ragazzotto norvegese ha
quasi del miracoloso: io (pallino rosso) sto andando dalla 8 alla 9 in un
percorso tortuoso, lui (linea blu) sta venendo giù “a bomba” lungo il sentiero
verso la 10. La siepe ed il recinto ci rendono invisibili l’uno con l’altro
fino all’intersezione delle due tracce…
(BUUUUUMMMM!)
L’impatto andrebbe bene per una dimostrazione in stile “Stupidi al quadrato – la conservazione della
quantità di moto”: io, dotato di massa più grande, vedo diminuire la mia velocità
da X già bassa a zero e mi fermo sul posto; lui, dotato di massa molto più piccola,
DECOLLA sopra la siepe con uno stile
che sarebbe invidiato da Dick Fosbury! In un decimo di secondo mi passa per la
testa la notizia sul Dagbladet “Impiegato
panzottello uccide promessa dell’orienteering norvegese”… quando dall’altra
parte della siepe si sente partire una
risata grassa ed il ragazzotto ricompare in piedi, integro, più scattante
di prima e mi batte un “cinque” prima ancora che io faccia in tempo a chiedere
quante ossa si è rotto! Lo ritroverò al traguardo che sta ridendo ancora e mi
dice che il volo sopra la siepe è stato la parte più bella del percorso.
Ah si. Il traguardo. Ecco le due lanterne appoggiate lì come
per caso:
Gabriele Viale ne ha fatto un reportage con
sequenza completa dell’attraversamento in uno stile che non ricorda per nulla
quello dell’Elite nato a Betlemme un
paio di millenni or sono, ed ora i norvegesi che leggono il periodico
pubblicato dalla PWT non possono fare a meno di chiedersi se quel panzone che
sta attraversando la piscina sia lo stesso che aveva portato le cartine del
Campionato Italiano Elite a cena il primo giorno! (anche Wolfgang Poetsch mi ha
detto che la mia scelta di percorso dalla 18 alla 19 è passibile di squalifica, per via della cartografia ISSOM…).
Giusto per la cronaca, il successo è stato tale che la
mattina successiva Martensson riproporrà lo stesso percorso “per i pochi che non l’avevano fatto il
giorno prima”…
si ripresenteranno in 100!!!
3 Comments:
non è "passabile" di squalifica, e neanche "passibile" di squalifica, come la grammatica italiana vorrebbe.
è proprio DA squalifica...
MMmmmm ... il simbolo IOF 305.1 non è invalicabile, quindi bene ha fatto il prode Stegal ad accorciare, si fa per dire, la lunga tratta tra il 18 e il 19. Casomai da squalifica sarebbe il ragazzotto che valica impunemente il siepone verde 4 agevolato nella circostanza dal menzionato prode Stegal ...
Lo dicevo io! Lo dicevo io!
Sulle tratte "lunghe" sono irresistibile!
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