Ma che MOO!
Il titolo probabilmente potrebbe
rappresentare qualcosa solo per coloro che hanno anche solo vaghi ricordi delle
hit di Raffaella Carrà dei primi anni ’70. Ma da domenica scorsa, il titolo è
sicuramente comprensibile a tutti coloro che hanno preso parte al MOO Challenge
di Milano, competizione di ori-boh? Troppo particolare per entrare nei vari
calendari federali, con orchestra diretta dal maestro Remo Madella. Di che cosa
si tratta, si chiederanno tutti i lettori, visto che non ce ne è traccia nei
sito Fiso? (ma, essendo questo un blog orientistico, ci sono forti probabilità
che si tratti di qualcosa legato all’orienteering..). Gli ingredienti sono
molto semplici. Si prendono un sacco di cartine (alla fine saranno ben 9!). Si
prendono squadre di orientisti, di semi-orientisti (cioè squadre composte da un
orientista e da una vittima sacrificale), di podisti con particolare
predisposizione alla “voglio essere figo come Indiana Jones!”, poi famiglie con
bambini, bambini senza famiglie e chi più ne ha più ne metta. Poi li si manda
in giro per Milano a caccia di punti di controllo. Per rendere la cosa ancora
più memorabile, i punti di controllo si possono raggiungere anche con l’ausilio
dei mezzi pubblici ATM (ma alla fine la mia squadra metterà nelle gambe
parecchi chilometri più di 20!) e non sono le classiche lanterne bianche ed
arancioni, bensì quesiti a livello di Street-O-View, o NASA o GCHQ (Her Majesty's Government's Signal
Intelligence)…
Per spiegarlo in altre parole, ad uso
di coloro che si fossero messi in visione ed all’ascolto su questo gnocco
minerale chiamato Pianeta Terra proprio adesso ma avessero vissuto la Milano di
fine anni’80, diciamo che si torna a livello dei mitici “Border Trophy”
organizzati da Radio Popolare, che solo chi ha passato un’ora della notte a
contare le traversine del tram attorno al cimitero di Musocco può capirne il
fascino: il Border Trophy era infatti una caccia al tesoro (ho usato le parole
“caccia al tesoro”? su un blog orientistico???) radio-comandata in una epoca
nella quale non c’era internet e gli smartphone, durante la quale se volevi trovare
una informazione dovevi coinvolgere quanti più amici possibili disposti ad
essere svegliati nel cuore della notte (dalla cabina telefonica) per trovare le
risposte a qualche quesito o per trasportare un televisore in qualche via
remota della città… e occorre considerare che i miei amici erano tutti della
mia età, poco più che diciottenni! Quindi vivevano ancora con i genitori i
quali, al trillo del telefono di casa alle due di notte, prima rispondevano
incaxxati come bestie e poi passavano direttamente agli insulti pesanti (verso
il chiamante e verso il figlio degenere).
Comunque quel genio in azione di Remo
Madella ha congegnato un MOO Challenge che lo mette immediatamente in prima
posizione nella classifica delle “gare TOP” del 2016 (con forte possibilità di
mantenere primato o almeno podio fino al 31 dicembre) e dei desideri
orientistici 2017. Nonostante infatti in gara io mi sia sciroppato (non da
solo, come si leggerà…) parecchi chilometri - più di 20 - nelle gambe,
nonostante io abbia preso in zucca il diluvio per più di 5 ore (grazie meteo di
Milano grazie), nonostante il mio cervello - a furia di risolvere quesiti e
pensieri laterali - non riuscisse più a pensare a qualcosa di lineare… devo
ammettere che il momento più difficile della giornata è stato quello appena
prima di uscire di casa, quando ho dovuto scegliere l’abbigliamento più adatto
per affrontare il Challenge: jeans da passeggiata all’aperto o abbigliamento
tecnico da maratoneta? Il problema è nato nel momento in cui, dopo essermi
iscritto al Challenge con PLab (il che avrebbe assicurato alla squadra un
cervello di primissimo ordine – il suo - nel risolvere qualunque tipo di
quesito, anche di tipo tecnologico visto che una certa manualità nell’uso dello
smartphone era necessaria, mentre io “I’m from the past”), sono migrato
nottetempo nella squadra mista italo-slovena con Rusky che, ricordo a tutti,
prima di attraversare il confine di Fernetti si era preso il lusso di vincere
due campionati italiani a staffetta. E quindi sarebbe stato lui a dettare il
ritmo gara e le redini della parte orientistica.
Già… ma come avrebbe affrontato il
Challenge l’amico Rusky? In modalità tranquilla da “passiamo una giornata in
giro per Milano e vediamo che succede” o in modalità competitiva stile
“coltello tra i denti, e chi si para tra noi e la soluzione di un quesito viene
piallato all’istante”? Per non saper né leggere né scrivere, a costo di fare
una figura di tolla al ritrovo, mi sono messo in modalità maratoneta. Ho
sorriso, avvicinandomi al ritrovo, nel vedere che anche Rusky si era messo i
suoi pantaloni tecnici da corsa… ho sorriso meno nel vedere che al posto di
scarpe ultraleggere da corsa indossava un paio di scarponcini che a me, al solo
indossarli, avrebbero fatto venire le vesciche! Breve scambio di contumelie tra
noi, una occhiata al diluvio che non smette ed al fondo del terreno che in
alcune zone minaccia fango… e alla fine Rusky cede e indossa le scarpe da
corsa, seppure mantenendo il suo atteggiamento da “si parte piano, che la
giornata è lunga”. Ed io a queste parole immediatamente ritorno alla memoria
alla primissima O-Marathon degli Altipiani, quella rimasta famosa di Passo Coe,
quella nella quale Rusky ed io eravamo partiti nelle retrovie al grido di
“partiamo piano, e poi insultiamo tutti quelli che raccoglieremo lungo il
percorso” (Rusky raccattò me, sfinito, a due terzi di gara, e lì si che
volarono insulti… ed è stato anche grazie a quelli che poi sono arrivato al
traguardo).
Per mia fortuna, abitando nello stesso
quartiere di Remo che ha avuto il buon naso di posizionare partenza ed arrivo
molto vicini a casa sua, non devo sbattermi molto per arrivare al ritrovo. Ma a
conti fatti il chilometro fatto per arrivare al ritrovo, alla Chiesa Rossa,
sarà l’unico passaggio noioso del MOO Challenge. Dopo un briefing efficace e
significativo, siamo pronti per partire! Via!!!
(parco della Chiesa Rossa)
Da lì’ ci si sposta nel fango del
Parco del Ticinello…
(parco del Ticinello – primi quintali di
fango che si attaccano alle scarpe)
… ed è il momento di affrontare il
primo trasferimento sulla linea Verde della metropolitana.
(carta ATM – appositamente realizzata
per il MOO)
La sorpresa di trovare sullo stesso
vagone i grandi favoriti Viola e Alessio, e poi la nostra scelta è quella di affrontare la
messe di punti della zona di Piazza Gae Aulenti e Stazione Garibaldi.
Attorno alla Stazione Garibaldi, piccolo shock: stiamo correndo come bestie ma siamo sempre alle calcagna di PLab e Bibi, che forse non corrono molto ma risultano evidentemente molto efficaci nella parte “quesiti”. Da Garibaldi, ci buttiamo a nord sulla linea Lilla: Bicocca e quartiere Greco sono praticamente deserti alle 11 del mattino di una domenica di diluvio, e sembra di correre in una ghost town postnucleare mentre attacchiamo scalinate, parchetti, la malefica Collina dei Ciliegi (che mi dovrò sorbire in salita per due volte), i passaggi sopra la ferrovia ed i pertugi dove i writers ed i graffitari hanno lasciato tracce del loro passaggio che dobbiamo scoprire nei quesiti posti dal regista di tutto il MOO.
Affrontiamo Greco in corsa, al massimo
delle nostre possibilità, perché non vogliamo mancare il punto bonus a Porta
Romana dove arriveremo con 25 minuti di anticipo rispetto alla chiusura del
cancello orario e con pochi minuti di vantaggio sui diretti inseguitori – la
squadra di Giorgio e Chiara Gatti. Nuovo trasferimento verso il centro di
Milano in metropolitana, dove saliamo grondanti pioggia, sudore, fatica e un
certo afrore dato da una competizione che supera ormai le tre ore di corsa, cosa
che provoca il pubblico disprezzo di alcuni passeggeri (quelli italiani
fighetti che vanno in centro a fare colazione tardi) ma anche i commenti
sorridenti di qualche turista straniero che si trova improvvisamente coinvolto
in una cosa che non ha sicuramente trovato sulle guide turistiche.
Zona Duomo ci vede partire in caccia
come degli Stukas, nonostante i tentativi di fermarci sia da parte di qualche
intervistatore improvvisato (sotto i portici di Piazza del Duomo) che di una
macchina della Polizia Locale che improvvisamente vede sfrecciare davanti a sé
in Piazza Dante sotto la pioggia incessante due ossessi con gli zaini (la
macchina ci seguirà fino all’ingresso di Foro Bonaparte, dove si corre… e si
corre… e si corre ancora!). Ogni tanto percepiamo la presenza di qualche altro
concorrente, anche se siamo ormai sparsi per tutta la città; l’ultima voce che
ricordo sono i complimenti e gli incitamenti di due squadre che, in pieno Foro
Bonaparte, vedono il mio foglio delle risposte ai quesiti praticamente pieno,
oltre alla mia tenuta da naufrago (da tanto che sono fradicio) mentre loro
girano con gli ombrelli…
L’ultimo assalto è quello in zona
Darsena: scelta di percorso per risalire verso la darsena da Viale Gorizia e
non da Via Vigevano, e poi alla grande sugli ultimi quesiti fino ad arrivare in
Piazza XXIV Maggio, dove vorremmo prendere il tram numero "3” per riportarci in zona arrivo.
E qui succede la cosa che, a conti
fatti, renderà ancora più memorabile il Challenge: il “3” è bloccato! (lo so
ben io che lo prendo tutti i giorni per andare in ufficio). Dopo un attimo di
scoramento, visto che siamo in gara da 4 ore e 20 minuti e siamo stanchissimi,
Rusky prende la decisione che ci regalerà alla fine una incredibile quinta
posizione in classifica generale: se il tram è bloccato, possiamo correre gli
ultimi chilometri verso il ritrovo cercando di rimanere DAVANTI al tram sul
quale sono presumibilmente bloccate altre squadre (la previsione si rivelerà
azzeccata). Quindi via di corsa: alla pensilina di Via Lagrange, il nostro
vantaggio sul tram è di 9 minuti, che restano 9 alla prima pensilina di Via
Meda, che poi diventano 8 e poi 7 all’attraversamento della circonvallazione.
Il tram guadagna terreno, lo zaino di Rusky decide che ne ha abbastanza e si
apre in due costringendoci a correre con parte dell’attrezzatura in mano… alla
pensilina di Via Bonghi abbiamo ancora 6 minuti di vantaggio sul tram, che
restano 6 all’attraversamento dell’ultima circonvallazione. Da lì in poi è
l’ultima fatica e le ultime staffilate nei muscoli, dovute anche alla mia
pessima scelta nell’ingresso in zona arrivo (ormai con il cervello cotto): mi
butto prima a sinistra, seguito fiducioso da Rusky, e poi dopo un centinaio di
metri inversione a U e ci precipitiamo sul lato opposto. Alla fine il responso
sarà una quinta posizione in 4 ore 3 36 minuti di pazza competizione!
Che dire alla fine di questa
avventura? Complimenti a Remo! Complimenti e un “a ritrovarci” ad una prossima
edizione. Complimenti anche a Rusky che mi ha trascinato attraverso tutta
Milano, io in stile peso morto o quasi, per un tempo nel quale avrebbe potuto
tranquillamente finire una maratona. Complimenti a Rusky e grazie per il
divertimento, la compagnia e le emozioni! E complimenti anche a tutti quanti
gli altri partecipanti di questa edizione del MOO Challenge. Ci vediamo alla
prossima edizione.
6 Comments:
in questo genere di cose Remo è insuperabile...chapeau
Domanda: ma la Collina dei Ciliegi è quella di Rapetti Mogol - Battisti ?
Non so se la Collina dei ciliegi l'abbiano chiamata così per motivi artistici... ma so che adesso risuona delle mie imprecazioni! L'ho fatta tutta fino in cima due volte: la prima per controllare una risposta (e per far vedere a Marco che le ripetute in salita le ho fatte davvero quest'inverno!); la seconda per scelta tecnica di Marco: è vero che siamo piombati al volo sul punto, ma che fatica!!!
E' quasi sempre dietro la Collina il sole ...
Il sole l'ho visto solo il giorno dopo... solo acqua durante il MOO :-)
Quindi sei pronto per la Corsa dei Cinghiail, cui questa della mucca è chiaramente ispirata...
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