Rallies e Relay...
C’è sempre un senso di sollievo nel tornare a casa dopo una
lunga serie di trasferte, che siano per lavoro o per diletto, e nello scoprire
di essere ancora in piedi, di avere ancora tanta voglia di vedere qual è il
prossimo appuntamento ma, soprattutto, di avere almeno un paio di mutande
pulite che avanzano per andare in ufficio il giorno successivo! Le mie doti di
resistenza, messe alla prova in varie edizioni della O-Marathon, alle O-Ringen
o persino ai raduni trentini, ormai, si misurano in una unità di misura che
sarà presto ufficializzata a Parigi (alle sfilate di Parigi, intendo): le mutande pulite.
Si comincia con il primo fine settimana di gare, e nelle
borse che fanno la loro apparizione in corridoio, cominciano ad essere
infilate: una mutanda per la gara, una per il dopo gara, una per riserva… ma subito dopo arriva
la trasferta all’estero: questo significa 4
mutande per precauzione dato che il viaggio è di tre giorni! Però poi al
rientro in aeroporto ci si mette subito in moto per andare al fine settimana di
gare successivo: due gare = tre mutande…
ah no! C’è anche l’allenamento del venerdì! Il cassetto delle mutande si svuota
progressivamente mentre si accumulano in corridoio le borse, le valigie, i post-it
appoggiati ad ogni valigia con l’elenco delle cose che vanno prelevate da una borsa
e messe in quella immediatamente successiva (il promemoria contiene, per ogni
oggetto, il posto da cui proviene e la valigia in cui deve andare senza rischiare
di finire in giro per la vituperata casetta).
Il loop gare-trasferte di lavoro prosegue per qualche
settimana, dopodiché comincio ad accorgermi che il numero delle valigie in
corridoio diminuisce, e che contemporaneamente il cassetto delle mutande agonizza; ma i calcoli fatti – che quelli
di Los Alamos erano dilettanti! - per mantenere quella mutanda di margine si
confermano esatti: le trasferte finiscono, la
mutanda sopravvissuta è quella che mi consente di andare in ufficio lunedì
senza puzzare di bosco, e intanto la lavatrice comincia a tremare! Cunardo,
Relay of the Dolomites e le gare di Coppa Italia in Valsugana e Tesino. Questo
è stato il menu proposto nelle ultime tre settimane di gare. Un menu che, dal
punto di vista dell’atleta impiegato panzottello che ogni tanto mette in mostra
una leggera punta di orgoglio, posso dire di aver gestito meglio rispetto a
quello dei Campionati Italiani alla Valle del Vanoi.
Primo episodio: Cunardo
L’antipasto di questa serie di gare è costituito da una gara
di Trofeo Lombardia su una carta appena a sud del confine di Ponte Tresa a
circa 80 minuti di macchina da casa. A Cunardo ho corso sia per il TMO svizzero
che per la seconda tappa di ExpOri nel 2015, ed onestamente ho dei ricordi
migliori della gara svizzera rispetto a quella lombarda! L’anno scorso,
infatti, la gara di Cunardo fu di una durezza spaventosa, resa ancora più
assurda dalla terribile caldazza che si era abbattuta sul nord Italia in quel
periodo (e di cui avemmo ulteriore prova due giorni dopo durante la gara di Milano,
con coccoloni, svenimenti e crolli vari); una gara che, modestamente, ho vinto
ma se avete davvero voglia di andare a guardare il link siete “bastardi inside”:
diciamo che per il sito Fiso sono stato l’unico italiano ad arrivare al
traguardo, con un tempo inguardabile e da fuori tempo massimo (dal divano di
casa, sempre dal divano di casa) conquistato a prezzo di terribili sofferenze,
ansie, botte di caldo, passaggi ripetuti e molteplici dai ristori per bere
qualunque cosa fosse rimasta…
Quando avevo trovato il volantino della gara 2016, ed il nome
del tracciatore “Laura Piatti”, avevo detto a me stesso “quest’anno anche no,
grazie”. Però il volantino riporta la parolina magica “media distanza”… e
allora, memore del bosco davvero carino che avevo trovato nel finale di gara e
dei cespugli di fiori azzurri bellissimi che mi ero ben guardato dall’avvicinare,
mi sono detto “vabbé… andiamo a mettere
il culo sulla pedata anche questa volta”. A conti fatti (e a gara finita)
mai perplessità fu più immeritata: la gara 2016 non solo mi è piaciuta, ma è
riuscita anche a farmi riconciliare con l’orienteering dopo le sofferenze (solo
fisiche) e le scene di panico nei boschi di Lago di Calaita, quando non solo
non riuscivo a raccapezzarmi per nulla con la testa, ma il fisico mandava
segnali tra il preoccupante e l’inquietante.
La gara mi è piaciuta assai, con una fase iniziale in salita
a guadagnare dislivello ed una prima lanterna trovata leggendo benissimo (piano
ma benissimo) il verdino appena accennato ad ovest del punto. Dalla 1 alla 6
viaggio praticamente sotto la linea magenta, mentre per andare alla 7 mi
concedo una digressione per andare a vedere con i miei occhi la 10. Dalla 7
alla 11 sono sempre sotto la linea magenta e mi fido persino ad indicare a Bibi
di stare con me un paio di lanterne “che ce la porto io al punto” (ma era in
grado di arrivarci tranquillamente da sola!); un unico errore di giornata di
una ventina di secondi alla 12: mi basta vedere Luca Battistoni, che corre
lungo il sentierino con la faccia di Mel Gibson che sta rincorrendo il cattivo
in Arma Letale, per capire che ha già trovato la lanterna e se ne sta
allontanando… Il finale di gara è decisamente carino (sto sempre andando “piano ma benissimo”) e alle lanterne 17
e 19, seppur buttate là in mezzo ai sassi come se non ci fosse un motivo, ci
arrivo dritto e per la via più breve e senza esitazioni. Mi godo anche il mio “Maurizio Grassi moment” di giornata
alla lanterna 13 quando, superato di gran carriera sulla tratta 12-13 da un
trenino di tre campioni, li vedo pascolare indecisi sul cocuzzolo a bordo
cerchietto finché uno esclama “là c’è Galletti che punzona!” e me li vedo
tornare indietro un po’ meno baldanzosi. Secondo episodio – Relay of the Dolomites
… per la serie: quando Misha Mamleev ti dice ad una gara “mi piacerebbe averti come speaker”, non ci sono santi! A quella gara uno ci deve andare! Che poi, a Castelrotto, io ci sarei andato anche se Misha non mi avesse chiesto di fare da speaker! “Relay of the Dolomites”: una idea del campione europeo e medaglia di bronzo mondiale che, nelle speranze mie ma non solo, dovrebbe\potrebbe diventare una sorta di Tiomila-de-noaltri, alla latitudine dell’Alto Adige per intenderci. A Castelrotto, sede dei mondiali juniores 1993, io non avevo mai corso prima e sentivo questa cosa come una grave lacuna nel mio palmares. Non mi avrebbe frenato il fatto che il format di gara prevedeva una staffetta a 5 frazionisti con almeno due under-16 o due over-55 per quadra: non li abbiamo, ma del resto non eravamo nemmeno in 5! Avremmo coperto i buchi lì per lì, ma a Castelrotto avremmo corso: questo era l’imperativo categorico del mese di maggio 2016. Consueto schieramento con Attilio in apertura, Bibi in seconda frazione, Piero in terza, Mister X in quarta ed io a chiudere nella “quinta, decisiva e temibile frazione” (parole dello speaker)… ah già, ma prima c’è da andare al Voelser Weiher per l’allenamento del venerdì!
Allenamento… che allenamento vuoi che sia se traccia Mamleev
in persona (che poi personalmente ti da la carta di gara e due dritte sul tipo
di bosco), ma soprattutto se nel parcheggio dei laghetti trovi gli amici bastardi che ti sfidano sul percorso Middle??? Considerato
che siamo arrivati in zona Castelrotto da 10 minuti, che abbiamo solo fatto in
tempo a farci tamponare da un avvocato tedesco al casello di Chiusa, e che c’è
un caldo umido da far sudare una statua di marmo… le premesse non sono proprio
cristalline. Invece tutto va per il verso giusto, il bosco dei Laghetti si
conferma proprio adatto alle mie caratteristiche tecniche; quelle fisiche no,
visto che nomino un notevole numero di santi nella tratta 12-13 ma soprattutto
sulla terribile 6-7, lanterna trovata con una dose di cul… di fortuna! che mi
sarebbe bastata per due o tre gare di Coppa Italia future. Bell’allenamento,
decisamente bello!
Il tutto per prepararsi mentalmente alla quinta frazione
della Relay of the Dolomites, gara internazionale che si sarebbe corsa domenica
mattina sperando nel tempo meteorologico poco avverso. Io, invece, la mia
quinta frazione l’avrei corsa il sabato mattina, in solitaria ma con un occhio
al tempo di gara. Ecco… quando Misha mi
allunga QUESTA COSA QUI e mi dice che in modalità gara lui è stato ben
sotto i 50 minuti, io capisco che sto per trascorrere le due ore più
esilaranti, faticose, incerte ed inebrianti del 2016!
27 punti di controllo, e confermo sulla testa di Sipe
Santapukki che io ho trovato 26 fascette. L’unica che non ho trovato è quella
cacchio di 11, ma sono sicuro di esserci arrivato perché l’avvallamento dietro
alla collinetta era evidente, ma come faccio a sapere se la fascetta è a terra,
appoggiata ad un rametto o chissà dove?!? Giusto per dire come ho passato 2 ore
e 7 minuti della mia vita (“meno di 50 minuti”??? Ma mi faccia il piacere, signor
Misha!)… 1: giù verso la strada, strada strada strada... sentierino e fascetta
sotto il roccione. 2: facile, soprattutto se vado a prenderla dalla strada. 3:
sarebbe il “King of the Hill” della gara, ma anche ”King of the Sick” quando arrivo
in cima e mi metto a quattro zampe a vomitare la colazione. 4: semplicemente esaltante…
5: sentiero sentiero sentiero, fila di rocce, punto. 6: sotto
la linea magenta. E così via fino alla 9: tutte scelte in modalità survivor, ma tranquillo che i punti mi vengono
incontro ed io mi sento a mio agio come se fossi nel bosco di casa… dopo la 9
decido di andare fuori carta! Prendo il sentiero grosso, quello che sembra la
statale del Brennero che va verso nord, e salto
NON UNO MA DUE USCITE autostradali e imbocco la discesa! Per fortuna me ne
accorgo presto, ma volano tante cattive parole (indirizzate a me medesimo) e la
risalita penosa e pietosa sulla provinciale che porta al sentierino per la 10 è
la giusta punizione per la mia protervia. 11 in scioltezza, 12 in sicurezza
girando sul sentiero: mentre vado verso il punto tenendo la palude a destra e
la collina a sinistra mi vengono in mente solo scene di O-Ringen svedesi (una
prima tappa a caso dell’anno scorso…). Vado molto piano alla 13, perché ho dato
una occhiata alla carta che mi aspetta e so che dopo quel punto mi posso
appoggiare tanto ai sentieri: ad esempio per andare alla 15 non mi salta
nemmeno in testa di salire in cima alla collina, ma giro in senso orario e l’avvallamento si
vede benissimo dal sentiero (e la fettuccia si vede da 20 metri, o forse sono
io che sono entrato in modalità “radar”).
Al passaggio allo “spectator control” i ragazzi del TOL che
stanno montando l’arrivo mi incitano (o forse
è solo un respiro di sollievo, visto che sono sparito da almeno 90 minuti).
Per la 19 e la 20 ci sono i sentieri, la 21 è una roccia a forma di palla che c’è
da chiedersi solo come fa a stare ferma al suo posto. La 22 è l’emblema della
mia gara: arrivo dritto dalla curva del sentiero e mi fermo in mezzo alle due
macchioline evidenti di verde; di fettucce nemmeno l’ombra: ad ovest c’è il
prato con il gabbiotto, lì c’è la macchiolina di verde, qui l’altra, io sto in
mezzo su una specie di traccia fatta dai cercatori di funghi… guardo attorno a
me: niente fettuccia! CI SONO APPOGGIATO CONTRO CON LA GAMBA!!! Per la 23 mi
faccio tutta la serie di rocce: arrivato al quarto roccione, vedo che sotto non
c’è niente, guardo in su e vedo la fettuccia 5 metri sopra di me attaccata al
roccione che avevo ispezionato pochi secondi prima. E così via fino al
traguardo. Ok. La Relay of the Dolomites 2016 avrà nominato il suo primo “vincitore
del lancio” (Fabiano), i suoi primi “King and Queen of the Hill” (Lukas e
Martina)… ma il primo speaker e il primo a finire un percorso sono stato io!
Quando tra 50 anni festeggerete l’anniversario, ricordatevi di me!!!
Oh… Sipe Santapukki è questo signore qui. Guardate a destra…
la parte a destra della foto…HO DETTO LA META’ DI DESTRA!!! E che cosa ci fa
quella mano che sbuca dietro la schiena della mia amica Minna? TIRA VIA QUELLA MANO!!! (Minna l’avete
riconosciuta tutti, vero?).
Ancora sudato dalle due ore meravigliose passate a
Castelrotto, mi trasferisco a Laranza per il Campionato Regionale a Media
Distanza. Per la cronaca (il particolare non poteva mancare, isn’t it?) ho indosso
le stesse mutande indossate a Castelrotto, quindi “guadagno” una mutanda che
potrebbe tornare utile nel computo finale… Il caldo è allucinante: si capisce
lontano un miglio che è l’afa che precede la tempesta, ma intanto sul campo di
calcio di Laranza picchia un sole cocente che mi asciuga. Enrico Isma, saputo
che arrivo direttamente da Castelrotto, mi dice che sicuramente “sono già in carta” e che almeno oggi “vedrò le curve di livello in 3D”. Ne
convengo, ed in effetti fino alla 5 sono lento ma tranquillamente aderente alla
carta senza alcun problema.
Il problema è che dopo la 5 viene la 6. Il mio “piano”, che
al confronto il varo della Regalskeppet Vasa è un successo, è di navigare tra
le rocce e, quando non ne vedo più sotto a me, capire che sono arrivato al
punto giusto… cito dal Vangelo secondo Dario Beltramba “eh si… di rocce ce ne sono ancora di sotto, ma non sono state disegnate
in mappa”. SGRUNT! Perdo qualche minuto (di tempo) e molta benzina proprio
prima di affrontare la salita alla 7, salita che mi manda definitivamente in
tilt. Dal divano di casa, il piano dell’impiegato panzottello sarebbe quello di
salire penosamente altre curve di livello, “appoggiarsi al sentiero” e poi una
volta arrivato al cocuzzolo ci si butta ad ovest verso le rocce. Dal punto 7
dopo le due ore a Castelrotto, l’impiegato panzottello non vede il sentiero, e
cerca di navigare in costa tra le rocce ad una andatura che farebbe schifo ad una lumaca morta…
Rimango tra quelle rocce un tempo immemorabile, al punto che mi convinco di
aver superato il sentierino, di essere sulla collina a sud, di essere finito
fuori carta o in un’altra dimensione… dopo una sosta per raccattare i polmoni e
le ginocchia, decido di prendere il coraggio a due mani e salire di quota per
raccapezzarmi e poi… TOH! Due rocce parallele con una lanterna in mezzo: è la
mia! Per la serie: non importa quanto
bene si sa leggere una carta, ma quanto culo si ha nel trovare i punti!!!
Da lì non è difficile arrivare al traguardo, dato che il
sentierone che parte dal campo di calcio e fa tutto il giro della collina è un
ottimo punto di riferimento, dato che il punto 13 (che sembra volerci la mente
di ingrandimento per capirci qualcosa) lo si attacca benissimo dal suddetto
sentiero, e dato che dalla 13 al traguardo il bosco è una favola e non
disdegnerei di fare qualche altro errore per poterci stare dentro più a lungo,
prima di poter dichiarare chiuso anche il secondo week-end di gare e potermi
dedicare al commento live della Relay of The Dolomites (nel quale esordirò
parlando della prima edizione in questo
anno di grazia 2015… ma diciamo che ero ancora sotto effetto delle tossine
accumulate il sabato).
Terzo episodio: Borgo
Valsugana e Coppa Italia
Il giro che ho fatto per arrivare preparato al meglio alle
due gare di Coppa Italia di Borgo Valsugana e Val Malene (dove sarei stato
anche speaker) è stato un po’ tortuoso: trasferta di lavoro, poi treno per
Rimini, sosta e poi ripartenza per Trento dove sarei stato raccattato con Bibi
dalla macchina in arrivo da Milano con Attilio e Piero. La sosta a Rimini era
giustificata dal fatto che avrei preso parte alla gara di corsa chiamata “Skechers
performance” (dove ho mancato l’obiettivo per soli 5 secondi!)…
… e nel frattempo visualizzato qualche nuova tendenza
sportiva che va per la maggiore non solo alle nostre latitudini (ma dico subito
che la musica che usano mi fa schifo, soprattutto la cover di “Sweet Dreams”)…
… e nel frattempo visualizzato anche chi visualizzava…
… e anche altre cose (queste si chiamano “foto attira click”,
o giù di lì)
Giunto a Borgo Valsugana nella tarda serata di venerdì,
arrivato a cuccia grazie ad una
incomparabile gara di Mobile-O con Manuela Divina al telefono, sabato
mattina ho messo le mie gambe in azione per la gara sprint di Borgo, con
risultati devo dire tutto sommato lusinghieri:
Oh! Diciamo che non è l’O-Ringen e nemmeno Castelrotto, ma le
gambe giravano ed il fatto di aver limitato il mio tempo al 60% in più di
quello del vincitore Elite mi da una certa soddisfazione
(in ordine sparso: Corrado – che ha messo a disposizione un
signor impianto audio -, lo speaker, due campionesse italiane ed un futuro
campione italiano)
Nel corso del week-end di Borgo e Val Malene credo che la
FISO si sia giocata tutte le carte che valgono “allontana la pioggia da qui”, perché
nonostante gli annunci terrificanti sia del Meteo che degli anziani del posto,
a Borgo pioverà proprio pochino e in Val Malene vedremo la pioggia solo due
secondi dopo il termine delle più rapide premiazioni della storia (tutto questo
grazie al Panda Valsugana, che le fa partire in anticipo, e ad Elisabetta Rosso che smazza via premi
meglio di Tony Binarelli con le carte da gioco).
In Val Malene faccio la M45, perché è una gara sulla lunga
distanza e non c’è il tempo materiale per provare l’Elite che mi sarebbe
costata almeno tre ore di permanenza sul terreno… ma a giudicare dal radar che
avevo anche domenica, credo che sarei riuscito a finirla! Il percorso M45 non è
così ostico come me lo sono immaginato quando prendo il via (primo pensiero:
non ce la farò mai a finirlo), anche se spesso si tratta di fare delle scelte
in modalità “survivor” come per andare alla 2: su per il sentiero fino ad
arrivare a nord del punto, e poi giù di testa fino alla roccia. Scopro
procedendo punto dopo punto che il percorso non è così difficile: la 4 si vede
benissimo dal bivio dei sentieri, che “infila” proprio la direzione nella quale
si sviluppa la canaletta; la 5 è una carbonaia e io sono campione del mondo di
navigazione tra le carbonaie.
La lanterna che volevo proprio trovare è la 6, visto che mi
avevano parlato di paludi “finlandesi”… ed infatti ecco l’impiegato panzottello
che affronta la 6 dalla strada (da dove parte il sentiero che va dall’altra
parte); scendo con molta circospezione,
immaginando di sprofondare ad ogni passo e di perdere la direzione giusta, ma
impiego poco a capire che il fondo della palude è molto più solido di quanto
immaginassi, e che davanti a me ci sono dei sassi e che quindi al punto ci sono
arrivato benissimo! 7 e 8 inseguendo Milena Cipriani che sta posando i punti,
la 9 non è sbagliabile nelle condizioni “radar” in cui gareggio oggi… e infatti
sbaglio la 10! La sbaglio dopo esserci
arrivato a 4 metri DRITTO SOTTO LA LINEA MAGENTA! Non vedo che la lanterna
è infilata sotto le frasche dell’albero, in una piccola buchetta, e pensando di
essere lungo torno verso sud-ovest fino ai due sassi… li riconosco… metto la
bussola in direzione, ritorno sui miei passi fino allo stesso albero, mi fermo a 3 metri, vedo la lanterna e
schiaccio “play” sulla traccia audio che snocciola i santi del Paradiso.
Da lì ricominciano le lanterne non-altrimenti-sbagliabili: la
11 è proprio sulla cresta, la 12 si vede dall’attraversamento del torrente, la
13 è una roccia grande come un condominio, per la 14 basta arrivare al rudere e
la 15 E’ IL RUDERE! A quel punto c’è solo da smazzarsi il ritorno verso l’arena
di gara. Mi dico che l’ultima penosa risalita dal sentiero è quella per la 16...
la 17 si attacca dal sasso a bordo prato dove c’è un punto degli
Esordienti, e per la 18 l’unica
difficoltà è che nel prato in mezzo alla tratta pascolano i cavalli e quindi lo
devo aggirare stando nella rumenta ad est del prato (ecco che poi il Panda sarà
costretto a mettere qualcuno in aiuto agli Esordienti che quel prato lo
dovevano attraversare… ma i cavalli erano arrivati lì solo il pomeriggio del
sabato!). Le energie a quel punto sono proprio al lumicino, infatti per la 19
non vedo il sentiero grosso come una strada statale che rimane in costa e infilo
la strada asfaltata che sale qualche curva di troppo, e infine c’è solo da
correre fino alla 20. Qui capisco che le
spinte ai ciclisti sui tornanti alpini del Giro d’Italia sono davvero
efficaci, visto che riesco nell’impresa di farmi spingere per una ventina di
metri da Helmuth Murer sugli ultimi due metri di dislivello (sui quali stavo
rantolando…) prima di arrivare al traguardo.
Quasi due ore di gara, ma se vado con il pensiero agli
istanti prima della partenza quando mi sono detto “io questa gara non riesco a finirla”, mi scopro abbastanza
orgoglioso del fatto mio. Questo prima di vedere il tempo dei migliori… Ma
questo vuol dire anche un’altra cosa: lassù qualcuno ama vedermi faticare, o vuole solo sapere che anche questa volta ho riempito pagine di orienteering
che nessuno leggerà mai perché nessuno ha ferie da buttare via per leggere il
mio blog, o per qualche altra ragione vuole che io continui a fare questa cosa
che gli altri chiamano orienteering e io chiamo “Maurizio Grassi moment” o in
mille altri modi ancora. Perché se lassù qualcuno in questi tre fine settimana
avesse fatto fare “punzonatura errata” a tutti quanti gli altri, io avrei vinto
la Coppa Italia e avrei appeso le scarpe al chiodo, ritirandomi a fare lo
speaker… e invece sabato e domenica prossima , il 25 e 26 giugno a Passo Coe in
notturna e all’alba, sarò ancora lì a provarci un'altra volta.
Che io è da un po’ che dico: Passo Coe IN NOTTURNA?!?!?!? Io mi ci perdo anche di giorno sui sentieri
e con le palìne che indicano la direzione!!! Mi chiedo fin d’ora se sarò capace
di tornare indietro…
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