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Monday, December 13, 2021

Calendario dell'Avvento - giorno 13 - Corno alle Scale - Coppa Italia long

La gara più creepy dell’anno? Risposta facile, almeno per me: Corno alle Scale. Posso ripensare a quella gara e sentire di nuovo la pelle d’oca sulle braccia. Ma non per il freddo. NON – PER – IL – FREDDO. Come al termine delle puntate più riuscite della serie “Ai confini della realtà” che poi non mi facevano dormire la notte, come durante la scena finale di "High Plains Drifter" con la sagoma dello straniero Clint Eastwood che sparisce nel nulla. Almeno Clint spariva in una giornata di sole…

Antefatto. Il morale è quello che è. A Gaggio Montano il giorno prima non ho capito nulla. A Corno alle Scale so già da qualche settimana che non potrò completare il percorso. Troppo distante la partenza dal luogo dove dormo, troppo lunga la gara (un’altra long distance d'altri tempi in questo 2021), io troppo fuori forma per potermela cavare in un tempo anche di poco superiore alle tre ore.

Perché lo faccio allora? Perché credo nei miracoli e perché voglio sempre vedere con i miei occhi dove andranno gli Elite (anche se a conti fatti farò solo due terzi del percorso). Però di miracoli a Corno alle Scale non se ne verificano, e quanto a vedere con i miei occhi…

Questo è ciò che i miei occhi vedono alle 8.03 del mattino. Lì, proprio lì, a non più di 4 metri, c’è il paletto giallo che indica la posizione del punto 3. Io che sono lì lo vedo appena, dopo aver seguito in mezzo alle nuvole i sentieri, i cippi che indicano lo spartiacque tra Emilia e Toscana ed aver identificato lo sputo di collinetta che sta proprio sopra al punto.

Il momento creepy lo avevo già vissuto, ma quella sensazione di essere finito in un’altra dimensione mi avrebbe accompagnato per tutta la gara. Accade tutto nella lunghissima tratta tra la 2 e la 3, una tratta che ci vuole fede ed incoscienza solo per pensare di poterla fare, sulla scala 1:15.000. Sono uscito dal punto 2 andando verso ovest, su una pendenza assurda, con un solo obiettivo in mente: raggiungere il crinale. Il terreno compare e scompare a momento alterni a seconda se il vento gelido cresce o cala, nel qual caso mi ritrovo istantaneamente nelle nuvole basse.

Per arrivare la crinale impiego una vita, ma il mandato ricevuto da Alessio è forte e chiaro: “quando sarai su, prova a capire se possiamo mandare gli Elite a correre sul crinale, a te di sicuro il vento non ti porta via… ma gli altri potrebbero avere qualche problema”. Poco dopo la metà tratta, quando ormai il mio unico pensiero è “chi me l’ha fatto fare” passo di fianco al rifugio posto sopra il lago Scaffaiolo. Due gitanti che hanno evidentemente dormito lì stanno uscendo, coperti di indumenti tecnici come se stessero percorrendo la rotta di Amundsen al polo. Io viaggio con la mia termica, un berretto e i pantaloni lunghi. Praticamente mezzo nudo.

Supero il rifugio e mi porto proprio sul crinale, sulla cuspide della barriera montuosa, dove c'è un vento da regata Fastnet. Sento una voce che mi urla “fai attenzione! Il crinale è pericoloso, c’è un vento fortissimo”. Ed io rispondo “E’ proprio per questo che sono qui!” (una risposta, come dire, davvero intelligente, vero?). Poi sento nel vento qualche altra parola urlata verso di me, ma non distinguo le parole. Di quanto mi sarò allontanato nel frattempo? Quindici metri? Mi volto verso il rifugio.

Il rifugio non c’è più. E’ sparito nel nulla. Una casa, con i muri ed il tetto. Sparito. Nel. Nulla.

Una pelle d’oca così non credo di averla provata negli ultimi lustri. E NON ERA IL FREDDO! Panico totale e paura irrazionale. Mi rimetto insieme (a fatica) e per qualche metro provo ad accelerare, perché se sono finito in un’altra dimensione “ai confini della realtà” voglio togliermi di lì nel più breve tempo possibile. E così riesco ad arrivare alla 3, che mi riconcilia con il fatto che sono di nuovo tornato nella mia dimensione terrena e non ho superato uno Stargate.

La 4 la trovo ma non è merito mio. E’ una gran botta di c… che mi capita mentre viaggio in bussola con il solo obiettivo di rimanere in carta e non finire in Toscana (cosa che invece succederà ad un altro protagonista della gara), dopodiché fino alla 10 l’unico problema da risolvere è quello di non congelare e di cercare di dimenticare la scena del rifugio inghiottito dal varco dimensionale.

Alessio mi aveva chiesto di verificare lo stato della tratta 2-3, ma che dire della 10-11 ? Con la pioggia che comincia a cadere incessante, non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di tentare la via della costa in mezzo alle rocce. Sembra una parete di vetro. Scendo sul sentiero, passo vicino alla partenza dove, nel giro di qualche quarto d’ora, succederanno scene di puro stoicismo e resistenza di fronte all’imperversare degli elementi.

Da qui in poi io posso fare solo l’elenco dei punti che raggiungo prima di tornare alla base: 11 (risalita penosa e pietosa, e chi me lo ha fatto fare?), 12 (piazzola in piena zona di rocce, ma ho fiducia perché io ho il potere di trovare le carbonaie al primo colpo), 13 – 14 – 18 – 19 – 20 e finish. Il racconto vero della giornata lo ha scritto Andrea Migliore sul sito della besanese, e vi invito ad andare a leggerlo perché la sua è pura epica sportiva.

Io a Corno alle Scale ho vissuto parte della gara nella regione dell'immaginazione, una regione dove potrebbe succedere di tutto, anche che un rifugio sparisca nel nulla. Una zona che potrebbe trovarsi "Ai confini della realtà".

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