Viaggio
Alcuni giorni fa, per la precisione domenica 28 agosto, mi sono ritrovato per una serie di strane e complesse circostanze al via della O-Marathon degli Altipiani in categoria Elite. La stranezza non sta ovviamente nella partecipazione a quella specifica gara che il team Gronlait ha mantenuto in calendario in nome ed in ricordo di Roberto Sartori, deceduto l’anno scorso pochi giorni dopo l’edizione 2021, bensì nel fatto che mi sono ritrovato a distanza di vari anni ancora una volta in prima fila nella partenza di massa, nella fila dei partecipanti alla categoria Elite.
A coloro che mi chiedevano gli obiettivi della mia
partecipazione, ho risposto che da sempre considero la O-Marathon come un
viaggio più che come una gara. Un viaggio nel bosco alla ricerca delle
lanterne, ma anche un viaggio alla ricerca di me stesso, dei miei limiti e
delle mie sensazioni personali. I viaggi possono portarci in posti che non ci
saremmo mai aspettati di vedere, farci vivere esperienze inattese, darci
delusioni e gioie. Sono quei viaggi nei quali si mette un piede davanti all’altro
e si parte. Non avrei scommesso sulla mia possibilità di arrivare al traguardo
della O-Marathon 2022 in Elite. Invece sono arrivato al traguardo, entro le 5
ore: 4 ore e 59 minuti esatti, e quando qualcuno mi ha detto “praticamente 5
ore” ho risposto “eh no! 4 ore e 59 minuti! Il primo numero che segna le ore è
un quattro!”.
Ma il vero viaggio, in realtà, è cominciato molto tempo prima. Oggi, il 30 agosto, però questa volta parlo del 1992, mi sono presentato al via della mia prima gara di orienteering a Ronzone, in compagnia degli amici Barbara e Giovanni. Si tratta di quella gara che è stata riportata in almeno un paio di riviste orientistiche, ci ho dedicato un intero racconto del podcast, l’ho raccontata innumerevoli volte durante le serate tra orientisti. E’ una storia autoconclusiva che non si è arricchita di alcun particolare nel corso degli anni, perché i dettagli erano tutti sul tavolo fin da quel 30 agosto 1992 a Ronzone.
Anche questo è stato un viaggio, durato 30 anni. Ho visto tanti
luoghi che mai avrei immaginato di visitare, e senz’altro non ho avuto la
possibilità ed il tempo di visitarne altri nel caso in cui la mia vita avesse
assunto connotati un po’ più tradizionali. L’orienteering mi ha fatto
incontrare innumerevoli persone, ma altre le ho perse proprio a causa di questa
passione sportiva. Nutro ancora oggi una fede incrollabile nel genere umano (nonostante
quello che ci propinano TG e mass media e social network) perché le persone di
cui ho incrociato la strada mi sono sembrate tutte quante, nessuna esclusa, assolutamente
degne di far parte del genere umano. Dietro il sottile velo di Trimtex che
separa la nostra pelle dal verde due più ostico ci sono sicuramente affanni e
lacune personali, storie che nessuno conosce, momenti lieti e vicende negative,
perché “life is a metaphor for orienteering, baby!”. Tuttavia, non rimpiango un
solo momento vissuto a contatto con chi pratica l’orienteering. Non posso dire
la stessa cosa di altri ambienti che ho avuto (oppure ho ancora) la possibilità
di frequentare.
Grazie quindi a tutti coloro che mi hanno dedicato qualche minuto del loro tempo, fosse anche solo per leggere queste parole. Da 30 anni attingo al tempo delle persone che mi circondano, che è la risorsa più preziosa che abbiamo. Ho visto arrivare e crescere tante ragazze ed tanti ragazzi che non erano ancora al mondo quel 30 agosto 1992, ed alcune persone ci hanno lasciato: sarebbe ingiusto per alcuni e purtroppo troppo lungo fare qui un elenco di nomi di persone che ho incontrato e che mi hanno onorato per il tempo trascorso insieme.
La foto che ho usato sopra, al finish della O-Marathon 2022, sembra alludere al fatto che il
viaggio stia per concludersi. Invece sono passati solo i primi 30 anni.
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