Calendario dell'Avvento - giorno 24 - Alpe Adria e Coppa Italia - Bellamonte
Aspettavo questo momento da alcuni anni: il ritorno sulla carta di Bellamonte. Che per alcuni è storica perché a Bellamonte è stato disputato il primo ecc.ecc., o perché Bellamonte è stata la sede della prima riunione del neo-nato ecc.ecc. Tutto bello, tutto giusto. Solo che a me Bellamonte dice ben altro.
Quando ero un nemmeno-tanto-giovane virgulgo dell’orienteering,
mi abbeveravo alle parole del maestro Andrea Rinaldi. Non è che adesso non mi
ci abbevero più, ma sono diventato una quasi-vecchia erba infestante. Comunque.
Andrea mi diceva che per diventare orientisti bisognava aver gareggiato almeno
una volta in TRE posti. Numero 1: la foresta del Cansiglio. Numero 2: la
faggeta di Monte Livata. Numero 3: Bellamonte.
Non sto a dilungarmi su cosa raccontava Andrea il merito ai
punti 1 e 2. Sul punto 3, Andrea ci intratteneva parlando di allenamenti con la
squadra nazionale durante i quali i più blasonati Elite si perdevano. Una carta
contenente tutto, ma tutto, proprio tutto! Sassi, rocce, paludi, movimenti del
terreno, mille avvallamenti, cambi di vegetazione, radure, semiaperti…
Io credo nel potere della visualizzazione. Scrivo e dico parole, ma vedo immagini. Ascoltando Andrea, mi immaginavo una carta di gara grande più
o meno come una Gazzetta dello Sport ancora non in formato tabloid. Finché il
giorno arrivò. Volantino cartaceo nel librone della società: c'è una gara a Bellamonte.
Si va. Si va a vedere in cosa consiste questa specie di terzo segreto di
Fatima. Ci si va a perdere insieme a quelli della nazionale. Come si maneggerà
una carta grande quanto un lenzuolo?
Scoprirò di riuscire a maneggiarla molto bene. Anche perché
trattasi di un foglio formato A4 dove rimane un sacco di spazio per la
descrizione punto (che veniva ancora spillata “carta su carta” alla mappa), gli
sponsor, i nomi dei cartografi e tante altre cose ancora. Ma c’è tutto, su
quella mappa! Tutto tutto tutto tutto tutto! Sassi, rocce, paludi, movimenti del
terreno, mille avvallamenti, cambi di vegetazione, radure, semiaperti…
Tra me e Bellamonte è stato un colpo di fulmine. Ho una
vasta collezione di mappe, perché ci ho corso ogni volta che ho potuto. Gare
promozionali, gare regionali, semplici allenamenti (era uno degli allenamenti
proposti per i JWOC 2009). Ci ho fatto un terzo posto al Trofeo Fiamme Gialle
dietro a Gabriele Bettega ed Emiliano Corona, e ci ho vinto pure ex aequo una
gara del Circuito Trentino in Notturna. C’è feeling, insomma.
A due terzi del mese di maggio, l’Alpe Adria 2021 è andata in
scena proprio a Bellamonte. Una volta tanto, mi sono preparato per bene: sono
andato a riprendere le vecchie mappe, ho studiato le scelte di percorso fatte
anni addietro, ho fatto persino un po’ di simulazioni a secco “se dovessi andare da qui a là… avvallamento,
sasso, gruppo di sassi, radura, palude… lanterna!”. Nelle mie simulazioni, ogni
volta raggiungevo il punto di controllo.
Arrivo a Bellamonte in autostop, saluto la crew del GS
Pavione, mi cambio e non vedo l’ora di andare alla partenza che sta in un posto
di una bellezza stordente. Un minuto e 45 secondi dopo, sto già toccando il
secondo punto. Niente di eccezionale: sono già in 34esima posizione, ma sono
pervaso dalla sensazione di rinnovato feeling con quel terreno di gara. Per 74
minuti di gara non avrà più un solo cattivo pensiero, un solo momento di
nervosismo. Arrivo al traguardo palleggiando con una sfera di plastica modello
“SuperTele” da calcio che ho trovato nel bosco!
Il giorno dopo va in scena la gara di Castellir, una long d’altri tempi con tanto dislivello. Io ricevo la mappa di gara solo poco prima delle 8 del mattino. Annuncio al pubblico di segnarmi già come ritirato o missing punch. Dalla partenza scendo dritto verso il punto 7, attorno al quale pascolo per qualche minuto (ho chiesto a Robert Merl di spiegarmi come avesse fatto a trovare il punto: la sua spiegazione mi è ancora oggi incomprensibile, gli Elite fanno davvero uno sport diverso dal mio)
I punti dalla 8 alla 15 sono solo la punizione per non aver provato a fare la gara intera, la tratta 13-14 e poi la 14-15 sono mostruosamente dure per me che non digerisco le pietraie. Dalla 15 risalgo alla 25 e poi comincio a correre sulla strada. Incrocio un sacco di auto di orientisti che mi fanno i fari, mi salutano, sanno che sto andando ad aprire il percorso.
Sto correndo incontro alla carta che adoro. Dalla stradina a
nord-est della 16 entro nel bosco e raggiungo l’inghiottitoio tra le rocce al
primo colpo. Passo dalla fontana dove i ragazzi del Pavione stanno facendo rifornimento
d’acqua per il ristoro ed attacco la 17 senza un solo pensiero negativo. Così
la 18, in un pezzo di bosco da favola e poi le altre lanterne del loop. Persino
la tratta lunga (siamo al 15.000, è lunga davvero!) sembra essermi amica…
fossero così tutte le tratte lunghe!
Il rammarico arriva solo alla 23, quando devo perdere quota ed il bosco di Bellamonte lascia gradualmente spazio ad un terreno più ostico e pendente. Torno sulla strada provinciale, arrivo tornante, scendo alla 25 e da lì è solo fatica. Ma una fatica pulita. Fa freddo, piove e dovrei essere esausto. Invece sono felice, sorridente ed esausto. Sappiamo tutti, che ci sono motivi diversi per ritrovarsi esausti alla fine di una gara. La mia domenica a Bellamonte è stata un motivo giusto.
E a proposito: se volete diventare veri orientisti, dovete gareggiare almeno una volta alla Foresta del Cansiglio, a Monte Livata ed a Bellamonte. Quanta invidia per chi ha cominciato quest'anno ed è già a due terzi del percorso!
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