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Thursday, December 23, 2021

Calendario dell'Avvento - giorno 23 - Relay of the Dolomites - Collepietra Steinegg

Non apprezzo a priori tutto ciò che scrivo. Mi può piacere o meno il risultato finale quando rileggo il mio blog. Sono contento se ho scritto in modo fluido e quasi “da flusso di coscienza”. Resto deluso quando devo pensare “prima” a ciò che scriverò “dopo”. Soprattutto, però, non mi viene naturale scrivere che lì sono stato bravo, che là sono andato forte. 

So di non essere né bravo né forte. Se lo fossi, forse non mi cimenterei più in Elite bensì nella mia categoria master, cercando di strappare qualche posizione di rincalzo dietro ai soliti noti: i vari Giovannini, Gobber, Hueller, Grilli, Dalla Santa, Magenes, Corona… o Stefano Maddalena e Tiziano Boiani quando scendono a sud di Brogeda.

L’anno prossimo potrei addirittura approdare in M55 (aaaaaarrrrrgggh al solo pensiero!) con i vari Beltramba, Anuchkin, Pradel… sarei le new entry del quinquennio M55 e chissà, forse Dario, Oleg e Roberto stanno già avendo brividi lungo la schiena al pensiero di quel tale Stefano che entrerà in categoria a partire dal 2022, a sconvolgere le classifiche e mettere in pericolo leadership da tempo consolidate.

Alludo, ovviamente, al mio coetaneo, collega di università e di lavoro Stefano Brambilla.

Però ogni tanto mi scappa di scrivere che sono stato bravo e forte. Poi mi rammarico da solo. Penso a chi legge il blog pensando “ma questo chi si crede di essere? Ogni volta che lo incrocio è fermo, o perso, o tutte e due le cose!”. Quelli bravi e forti sono altri, lo so benissimo, ed io non gareggio neppure nel loro stesso universo: non vedo le stesse cose che loro vedono nel bosco. Non mi accorgo della possibilità di fare le loro stesse scelte di percorso. 

D’altra parte, la stessa lanterna e la stessa tratta di percorso sono diverse se le cerchi passeggiando come un cercatore di funghi o correndo a tre e mezzo al chilometro, magari mentre ti stai anche giocando una medaglia ai Campionati Italiani o un posto in nazionale, o durante una staffetta quando senti il peso dei compagni di squadra sulle spalle. 

Già, il peso. Per questo io non corro più le staffette. Sono sicuro di aver fatto vincere due medaglie d’oro alla mia società Unione Lombarda semplicemente rinunciando a gareggiare in terza frazione, che era già attribuita a me, sia a Passo Coe (dove ha corso Andrea Battelli) che a Passo Radici (dove lo sprint è stato vinto da Oscar Galimberti). Quindi non chiedetevi cosa ho pensato quando ho visto il mio nome in quinta frazione nella staffetta composta da Lukas Patscheider, Sonia Rampado, Edoardo Tona e Chiara Sanzovo. 

Ogni volta che vi capiterà di leggere quanto sono stato bravo, o che attacco i punti come Thierry Gueorgiou, preparate la tara e mettetela sul piatto della bilancia. Una grossa tara. 

Pronti? 

Relay of the Dolomites 2022. Metro per metro, pound for pound, una gara perfetta. 

Avete messo la tara? Brave. Bravi. Bella pesante spero. Adesso che mi avete confermato la vostra scarsa fiducia nel sottoscritto, devo rivelarvi un piccolo segreto: io ad Archeton, poche settimane prima, avevo bevuto la pozione magica. 

Una strana pozione, che non mi ha dato più forza, che non mi ha fatto correre più veloce, ma che ha alzato l’asticella della mia attenzione orientistica a livelli che non vedevo da anni. 

Quella domenica, sul percorso della quinta frazione della Relay non ho mancato un dettaglio, una piccola forma del terreno, un avvallamento, una roccetta. Il bosco di Steinegg ha avuto un modo tutto loro di far sembrare facili le tratte difficili, e di far sembrare ancora più facili quelli che facili lo erano davvero. Ancora oggi, non riesco a guardare alla mappa senza provare un senso di autocompiacimento.

Le paludine e le canalette bagnate sono diventate oceani e fiumi, attraversabili e impossibili da mancare. Gli avvallamenti minuscoli sono diventate voragini visibilissime e prive di curve di livello, che scorgevo anche al di là dei dossi come se la mia vista fosse a raggi X. Le roccette sono cresciute a dimensioni condominiali, visibili da lontano e scalabili come se io fossi King Kong. 

E le lanterne… beh, le lanterne posate sul terreno erano del tipo “enormi e luminose”, degli elettromagneti che mi hanno attirato lungo la linea diretta senza che io potessi fare alcuna opposizione. Ho avuto un unico momento di difficoltà, alla 5, e se penso alla gara nel suo complesso non mi capacito di come io abbia potuto mancarla! In 29 anni di orienteering ho provato raramente la stessa sensazione di essere completamente a mio agio e sicuro che avrei trovato il punto proprio là dove mi stavo dirigendo. Non alla mia destra, non alla mia sinistra. Proprio davanti a me, dove avrei pensato di vederlo.

Se siete arrivati fino a qua, sopportando la mia mielosa e sbrodolante prosa autoincensante, meritate di sapere di quella telefonata durante la gara. Stavolta non mi ha chiamato Ercole Pin, stavolta non mi ha chiamato Kristian Bosisio. Stavo correndo nella parte finale della tratta 8-9, e improvvisamente mi è venuto in mente il tracciatore Misha Mamleev che mi aveva detto “Quinta frazione, la più lunga e la più difficile”.

Ho staccato il cellulare dalla spalla sinistra, ho composto un numero già pronto… Klingeling! Klingeling! 

“Hallo?”

“Misha? Sono Stefano! Ma non avevi mi detto che era difficile? Sono già arrivato alla 9 e sto andando come un treno!”

Misha ha riso.

Stavo ridendo anche io.

Relay of the Dolomites 2022. Quella volta che mi sono sembrato Gueorgiou









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