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Monday, December 20, 2021

Calendario dell'Avvento - giorno 20 - 5 Days of Italy - Andalo e Fai della Paganella

Come posso scrivere un mini-blog che includa 5 gare? Potrebbe essere più difficile che correre le stesse cinque gare in Elite una di seguito all’altra per un impiegato panzottello che si presenta al via della 5 giorni d’Italia (anche ribattezzata “Orienteering Fat Camp”) e vorrebbe anche fare lo speaker. Ci provo.

Giorno 0. 27 giugno, domenica. Al mattino, giusto per non farmi mancare niente, allenamento tostissimo sulla carta del Rifugio Meriz che, mi dicono i bene informati, potrebbe tornare buona in futuro per altre gare “da classifica”. Trattasi di bosco con pendenze da “tosto” a “tostissimo”, mille radure e cambi di vegetazione da bosco a semi-aperto, zone intricatissime (ho detto lanterne 37 e 42?) ed altre dove la curva di livello e l’arte di navigare in costa la fanno da padrone. Non faccio il giro completo di tutte le lanterne perché ho un altro appuntamento orientistico in giornata, ma faccio vedere che quando sono in vena le curve di livello non hanno molti segreti nascosti.

Sempre Giorno 0. Sempre 27 giugno. L’altro appuntamento orientistico è con la prima tappa della 5 giorni, a Fai della Paganella. Io avevo capito che era una sprint! Corro nel primo pomeriggio in un caldo afoso DA SVENIRE! Soprattutto nella tratta 6-7, quel bel rettilineo dritto di 800 metri che porta all’attraversamento della provinciale. Lì ho visto la Madonna sulla traversa della porta, come Fantozzi.

Inutile dire che, arrivato vivo all’attraversamento obbligato, il capire se fosse meglio arrivare alla 7 facendo il giro orario o antiorario era l’ultimo dei miei problemi. Da lì in poi cominciano una serie di piccole disavventure che mi costeranno (a me ma anche a Giacomo Pezzé, che mi accompagnerà per vedere con i suoi occhi e tornare a riferire...) un secondo giro:

·       punto 9: le due aree di verde privato a lato del punto sono non recintate, non segnalate, calpestabilissime a costo di mettere i piedi nell’orto di qualcuno, cosa probabile perché il passaggio è largo forse 1 metro

·       punto 10: a saperlo, forse era meglio tornare indietro e fare il giro in senso orario fino al lungo schuess finale sul pratone. Scelgo invece di scendere verso la provinciale e risalire il prato da un varco poco sopra la 18 (ci torno dopo): qui lo spazio tra il giallo e il verde privato è delimitato ancora una volta da una linea che va immaginata. E il prato ha erba alta oltre le (mie) ginocchia. Inutile dire che lo devasto per arrivare al punto, attirandomi le ire del proprietario al punto tale che rifaccio la stessa strada all’indietro per andare alla 11, evitando altre devastazioni. Alla 11 incontro gli amici Mario e Monika Ammann che mi vedono entrare ed uscire di corsa dal piccolo cortile e si fanno quattro risate

·       punto 13: è nel bel mezzo del giardino della casa appena ad est del cerchietto. Un bel giardino, con li vasi e e statuette dei nani, che aspetta solo di essere devastato. Per fortuna il proprietario (ignaro fino a quel momento) accetta di buon grado la cosa, anzi annuncia che si metterà a fare il tifo per i concorrenti!

·       punto 14: in fondo al cortile c’è un box, ed il tizio che ha la macchina lì non è molto felice di vedermi entrare, “bussare” sull’angolo ed uscire di corsa. Per fortuna che è la stessa persona che reggerà il gonfalone di Fai della Paganella durante la sfilata, quindi tutto si chiarisce in fretta quando spiego che sono l'apripista della gara del giorno dopo

·       tratta 17-18: ho già capito che qualcosa non va, e quindi decido di farla tornando indietro e facendo lo slalom tra i muri non attraversabili: così passo attraverso il portico, dove ci sono fuori tavolini e sedie, ed il sentiero ad S che mi riporta verso sud alla 18 è delimitato da aree private da individuare con l’immaginazione

·       punto 18: è al di là di una catena e di una auto parcheggiata proprio davanti. In effetti è un posto auto dove ne potremmo vedere delle belle (oltre che una richiesta di saldo del conto del carrozziere)

·       punto 19: è proprio in mezzo ai tavolini del bar (dove ritrovo Mario e Monika… che non hanno ancora finito di ridere)

Al netto di tutto questo, impiegare 47.42 è da fenomeni. Certo, Giacomo Guarda mi tira addosso 16 minuti di distacco, ma per la prima (e ultima) volta in vita mia: Dieter Wolf 48.41. Lui sarebbe anche l’argento mondiale a staffetta dell’edizione di Jicin… si, ma nel 1972. E tutti i miei complimenti al vecchio lupo, a Dieter Wolf, che continua imperterrito a gareggiare in Elite ad una età nella quale le categorie supermaster sono già tutte accessibili. E che mi porterà i cioccolatini alla postazione speaker per ringraziare del commento live.

Giorno 1. 28 giugno. Mentre tutti aspettano di correre la middle urban di Fai della Paganella nel fresco del pomeriggio inoltrato, io al mattino corro la long distance di Andalo, su una delle mie carte preferite

E’ una delle mie mappe preferite, dove anni fa avevo raccolto i complimenti di Andrea Rinaldi ad una Arge Alp (e portato punti alla mia regione!), io mi sento in gran forma ed il percorso mi esalta. 1-2-3 con i sentieri, traversata fino alla 4 su sentiero. Loop 4-7-8 in piena esuberanza, Alla 9 sembro già un cugino di Gueorgiou, alla 10 sono suo fratello, alla 11 sono Gueorgiou e basta. Ne ho abbastanza per oggi, e da quel punto in poi mi appoggerò a tutti i sentieri, facendo parecchio dislivello ed il giro della circonvallazione in senso orario dalla 17 alla 18. Alle ultime lanterne non ne ho veramente quasi più, ma riesco ancora a correre fino all’immaginario traguardo, sotto l’immaginario arco gonfiabile, ricevendo gli applaudi di un immaginario pubblico. Il pubblico invero c’è, sono tutte le famigliole in gita turistica ad Andalo, che mi guardano crollare su una panchina come se fossi matto. Due ore trentanove minuti e qualche secondo di puro divertimento.

Giorno 2. 29 giugno. Appena tutti hanno finito la gara di Andalo, subendo più i frizzi e lazzi dello speaker, per l’occasione coadiuvato da Eleonora e Jotis Raptopoulos ed Emma Ghiggia from Canton Ticino, salto nei vestiti da orientista e vado a fare la terza tappa a Cavedago, un’altra delle mie mappe preferite.

Sono in piena esuberanza anche oggi, e dopo qualche incertezza alla 1 riesco a non sbagliare più niente fino alla 16. Purtroppo la tratta 16-17 consuma tutte le residue riserve di energie (sono in ballo da ore come speaker), ed arrivo agli ultimi punti in debito di forze e lucidità. Così, dalla 19 alla 20, scendo sul bel sentierone vista prato, ma mal me ne incoglie perché la risalita verso la 20 è penosa su un terreno che si sfalda sotto il mio peso. Anche stavolta faccio la volata, l’arco ed il traguardo ci sono (come pubblico le solite famigliole ormai abituate ai miei arrivi) ma quell’ora e trentotto minuto poteva essere decisamente migliore

Giorno 3. 30 giugno. Mentre i partecipanti corrono a Cavedago, io… niente, faccio lo speaker a Cavedago e basta, perché il giorno dopo…

Giorno 4. 1 luglio. A Chalet Forst si sale con la cabinovia. Io salgo con la prima cabila della giornata. Lascio lo zaino in mezzo al piazzale di arrivo (lo so che la mia fiducia nel genere umano un giorno non sarà ripagata) e vado ad affrontare la carta con le sue settemila curve di livello.

La condizione non è più quella delle tappe 2 e 3, fa freddo all’alba e mi muovo con estrema lentezza. Tuttavia riesco a trovare i paletti delle prime lanterne fino alla 6 con una buona precisione. Solo che le pietre oggi non mi parlano. Ho detto lanterna 7? Ho detto lanterna 7. Quattordici minuti per trovarla, Quattordici. Nel giorno in cui avrei bisogno di essere preciso e risparmiare tempo di gara, quattordici minuti in zona punto. Marco Bezzi mi dirà che c’era il trucco: entri in zona, vai lì, trovi il punto ed esci di là… si, ma lui è Marco Bezzi, mentre io non sono nemmeno più il lontano parente di uno che una volta ha incrociato Gueorgiou in metropolitana.

Mentre vado alla 10 arriva, immancabile, la telefonata di Ercole Pin. Non sarà né la prima né l’ultima quest’anno. Cerco di darmi un tono al passaggio al punto spettacolo, ma poi mi schianto nella vegetazione attorno alla 12, che cerco a lungo, e concludo la gara quasi camminando, esausto soprattutto per arrivare alla 16 ed alla 17. Due ore zerozerominuti. Giacomo Guarda ci mette un’ora e zerozerominuti, vedi un po’ te la differenza tra uno bravo e me.

Giorno 5. 2 luglio, Si torna a Fai ed io corro all’alba per avere il tempo di commentare l’ultima tappa. Ma sono stanco e si vede. Mi incarto drammaticamente già alla 2 e da lì in poi ci sarà molta sofferenza, complici anche le combinazioni “dentro-fuori-dentro” 6-7-8 e 12-13-14.

Mi salvo un po’ nei punti di puro bosco: 5-6, il loop 8-12 e dalla 14 alla 17, ma sono lento e stanco. Per arrivare alla 20 impiego una vita: Cristellon, il posatore, mi incrocia in auto e mi offre un passaggio (che rifiuto). Prima della 20 un signore mi offre la canna dell’acqua per abbeverarmi, e la accetto memore della scena vista a Dossena. Dalla 20 alla 21 passo in mezzo all’arena delle premiazioni, dove gli amici pensano con sollievo “è ancora vivo!” e gli altri pensano con rammarico “è ancora vivo”, due toni di pensiero sono decisamente diversi.

5 giorni d’Italia. Un appuntamento immancabile. Un altro successo organizzativo per una crew collaudata e che mi sopporta da qualche anno. Come direbbe Castelli “ad un’altra, ancora più bella”.

1 Comments:

At 9:38 PM, Anonymous Anonymous said...

Quanti kg lasciati al Fat Camp
?

 

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