Top ancora di fine 2022: poteva mancare il MOO ?
“Uno di Lugano si è buttato nella Martesana!!!”. Eppure di cose assurde ne ho dette tante quest’anno al microfono. L’apice credo di averlo toccato durante l’ultimo giro della Relay of The Dolomites (e ne riparlerò tra qualche giorno), ma anche ai WMOC non ho scherzato per niente. Che dire poi del commento alla 5 Days of Italy?
Ma la frase che mi risuona nella testa, ancora adesso a
distanza di quasi un anno, non l’ho detta io. Io l’ho solo sentita, urlata al
cellulare in un pesante accento napoletano da un tizio che si è trovato suo
malgrado a passare lungo la ciclabile che corre a fianco della Martesana. 6
febbraio 2022, una fredda ma asciutta metà giornata milanese di quasi fine inverno.
E
quel “Uno di Lugano” sono io, solo io, niente altro che io. Il momento è quello
più “cool” del MOO 2022: il momento nel quale dovevamo (“dovevamo”, plurale!)
entrare a fare un selfie nelle acque limpide, cristalline, praticamente
potabili, del naviglio Martesana, poggiando i piedi su un fondale lastricato di
marmo e praticamente cesellato da maestri fiorentini del rinascimento. “Cool”
nel senso di fresco, anzi proprio di freddo, anche se ormai persino Google dice
che “Cool: nel linguaggio
giovanile, che riscuote approvazione o suscita meraviglia, alla moda,
fantastico”. Ecco: non so bene quanti giovani ci fossero in giro in quel
momento, quindi non credo di aver riscosso tanta ammirazione, e di sicuro non
ero alla moda sebbene bardato nel mio trimtex dell’AGET Lugano che mi
accompagna ad ogni edizione del MOO. Un po’ di meraviglia ci deve essere stata,
vista la reazione del tizio al telefono. Perché le acque del naviglio Martesana sono né limpide, né cristalline, né tantomeno potabili a meno di essere un
papero, ed sul fondale avremmo potuto trovare qualunque cosa: da due spanne di
fango a sassi, rottami, carcasse di pesci morti e via discorrendo.
Il risultato finale è stato coerente con il leitmotiv del MOO 2022 corso\pedalato dal team “Quelli del ‘67”, consolidato durante gli anni nella formazione con Marco Giovannini e me medesimo, consolidato anche per quanto riguarda il nome di battaglia, ma di fatto disputato per parecchi tratti in totale solitudine dal team che si è riunito solo al momento di correre sulle mappe predisposte dal genio di Remo Madella
Quindi quest’anno niente aggettivi, niente termini entusiastici, niente di niente. Solo un “state leggendo questo blog – e magari avete già letto quelli degli anni scorsi - e non vi è ancora venuta voglia di provare???”.
Il mio\nostro MOO 2022 si chiude con una sonante vittoria. Primo posto in classifica! Chi l’avrebbe mai detto che quell’impiegato panzottello avrebbe vinto il MOO davanti a fior di atleti del calibro di Lambertini e Curzio e tanti altri? Chi l’avrebbe detto? Ma io mica l’ho detto. Se dico “prima posizione” intendo “a latere”, in un’altra categoria. Mi ci vedete forse a correre veloce come i suddetti? “Ahhhh” diranno gli esperti “Avrai vinto nella nuova categoria dei ciclisti!”.
In realtà no, nemmeno in quella. La categoria ce la siamo inventata rco ed io nei giorni immediatamente antecedenti la gara, quando Marco ha deciso che avrebbe provato a fare il MOO in bici (lui che di “MOObike” è esperto), mentre io ho visto nel mio futuro prossimo una serie interminabile di cadute, investimenti (da parte di ogni genere di altro veicolo), investimenti (da parte mia verso ogni genere di possibile pedone), scontri con cartelli stradali, panettoni in cemento, dissuasori della sosta, gradini dei marciapiedi…
E fu così che, in prossimità del MOO, abbiamo fatto a Remo una proposta che lui poteva benissimo rifiutare: una squadra mista. Un ciclista, un podista. Remo, che ha ricevuto il regolamento del MOO direttamente dalle mani di Mosé appena sceso dal Monte Sinai (Mosé, non Remo) ci ha guardato con uno sguardo tra il compatimento e l’impietosito, e con dolore ha acconsentito ad inserire nel regolamento una postilla che ci avrebbe consentito di separarci durante i lunghi spostamenti tra una mappa e l’altra.
Spostamenti che Marco avrebbe affrontato in bici ed io con i mezzi pubblici, dopo averci fatto giurare che ogni quesito ci avrebbe visto insieme al centro del cerchietto. E così è stato. E, solo per non farci mancare nulla, dopo aver apostrofato tutti i partecipanti a non tirarci addosso delle lattine vuote qualora qualcuno avesse visto me o Marco da soli tra una mappa e l’altra, perché chiaramente avremmo dovuto scegliere due strade diverse
Prologo all’Ecomostro di Viale Famagosta:
qui ho qualche vantaggio nei confronti di Marco, visto che gli spostamenti sono
molto limitati, ci sono parecchi ostacoli e c’è un gran viavai di partecipanti
Prima tirata in zona Bocconi: Marco ci arriva in due pedalate, io mi devo sciroppare 3 km a piedi di corsa per non lasciarlo a gelare davanti al “Pane quotidiano”
Successiva tirata fino in Duomo ed oltre sulla prima mappa GENIALE nella quale sono identificati solo il fondo in pavé o in sanpietrino. Sono due km a piedi per arrivarci, più tutta la tirata sulla mappa che ha uno sviluppo chilometrico importante. Ce la faccio perché sono ancora abbastanza fresco e perché Marco deve disimpegnarsi in bici tra i tram, i pedoni e i marciapiedi (credo che conteremo una sola caduta)Dal centro ci si sposta nella zona nord est di Milano. Stavolta arrivo prima io perché devo viaggiare sulla linea rossa della metropolitana, Marco arriva poco dopo. A Gorla incrocio alcuni partecipanti che mi guardano e si chiedono come faccio a non essere ancora stramazzato… qualcuno allude al doping.
La mappa di Gorla, con le sue vie larghe e lunghissime e diritte è favorevole al ciclista, cui bastano due pedalate robuste per allontanarsi, mentre io comincio a rantolare. I rari incroci con gli altri team mi motivano a continuare a correre, motivazione che ovviamente raggiunge l’apice quando “gli altri team” sono partecipanti da cui mi voglio far vedere pimpante ed atletico (un sentito ringraziamento alla famiglia norvegese Bjugan, a chi va a Cracovia, a chi dichiara la sua passione per il gin...): Marco quindi mi vede alternare partenze a razzo e tratte da bradipo imbalsamato.
Purtroppo ci mettiamo del nostro perché non capiamo che le due mappe di Gorla sono in realtà sovrapposte, e quindi facciamo due giri anziché uno solo.
Con le energie al lumicino, spostamento
a piedi alla mappa “Bing”, dove le tossine cominciano a penalizzare anche le
scelte cerebrali, e dove la nostra età anagrafica di 110 anni in due fa a pugni
con gli skill tecnologici che bisogna avere per scaricare una determinata app,
accedere alla voce giusta del menu, ascoltare una tiritera e stabilire dove
andare per rispondere ad una domanda. Durante la fase di scaricamento dell’app,
Marco accede ad almeno due servizi a pagamento di giochi on line, uno di escort
(sempre a pagamento), uno di suonerie caucasiche e ad una chat sul dark web
dove è in corso una trattativa di scambio di organi ed armi. E’ anche in questa
mappa che avviene il fattaccio della Martesana…
Il MOO sta diventando epocale, e tutto succede con il trasferimento da nord est a nord ovest. Marco si arma della cartina di Milano ed identifica la strada più breve che lo porterà in bicicletta dall’altra parte di Milano, mentre io resto lì come “quello della mascherpa”, senza forze e senza una fermata della metropolitana a portata di mano. Ma con la coda dell’occhio vedo arrivare un autobus: è la 87, e sulla testa c’è scritto chiaramente “Centrale”. Rincorro l’autobus e lo prendo al volo, e mi accascio. Non so bene dove sta andando e che giro farà, ma in qualche modo mi porterà alla Stazione Centrale, da dove potrei prendere l’unica linea della metropolitana che va verso la Bovisa, e poi lì si vedrà. Quando scendo alla fermata di Dergano, ho già chiaro che c’è un bus (la 82) che mi può portare proprio all’incrocio dove ci siamo dati appuntamento.
Ed in effetti arriviamo quasi insieme. Il premio per il miglior trasporto intermodale del MOO 2022 mi verrà recapitato a casa direttamente dal signor ATM.
Dalla Bovisa, un ultimo sforzo per
andare alla Stazione Garibaldi per affrontare la mappa di “Isola”, altra
geniale intuizione di Remo con una cartina nella quale ci si sposta
identificando i dehors di tutti i localini. Ormai la tratta Bovisa-Garibaldi la
conosco per via dei vari MOO. Sul treno, devo puzzare da far schifo perché
attorno a me si crea il vuoto, ma mi prendo la rivincita su due ragazzi infighettatissimi
quando passa il controllore ad appioppare sanzioni come se piovesse.
Da Isola ultimissimo sforzo per tornare a Famagosta, in zona partenza. Sul vagone della metropolitana c’è la squadra Bananamix (31 e lode a loro sul libretto, per il nome) composta da Rocco, fratello di Lucilla e figlio di Marta e Beniamino, e la sua fidanzata Bianca, che all’uscita della metropolitana recuperano i pochi metri che avevo guadagnato nell’imboccare subito la salita giusta e vanno via di corsa come due olimpionici.
Al traguardo siamo dodicesimi, inopinatamente secondi nella
categoria “bici” ma primi primissimi nella categoria “mixed”. Quest’anno, ed è
credo la prima volta, facciamo segnare un esaltante 63 su 63 nei quesiti come
soltanto i primi della classifica generale sanno fare.
Giusto per non farmi mancare niente, alcuni mesi dopo in un’altra
località, in un’altra regione, sempre al cospetto di Remo e di tanti
partecipanti esaltati, un concorrente non identificato racconterà agli amici
radunati attorno a lui di quella volta che a Milano aveva visto partecipare al
MOO “uno che andava in bici ed un cog..one in squadra con lui che gli correva
dietro a piedi… ma si può essere così cog…oni?!?!”.
Come direbbe solo il grande Enzo Jannacci “Quel pistola seri mi”
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