“Se sarò ancora in piedi…” - parte 1
Ovvero: cronache quasi surreali dell’anno 2023
Guardo ero bambino, un lontano conoscente della nostra
famiglia che di mestiere faceva l’elettricista si cimentava nelle gare di corsa
su strada, per il Gruppo Sportivo Zeloforamagno. Non so se ne abbia mai vinta
una, ma un giorno ci fece vedere un ritaglio di giornale nel quale il suo nome
veniva indicato come l’atleta che aveva percorso più chilometri durante tutta
l’annata sportiva. Come dire: ci sono classifiche e classifiche. La mia
società, l’Unione Lombarda Milano, ha la tradizione di redigere ogni anno la
classifica di chi ha fatto più gare di orienteering. E’ una classifica che non
premia chi ha vinto di più, chi ha raccolto più medaglie, il o la più veloce.
Dato che basta partecipare ad una gara, una qualunque non importa in quale
categoria, per avere un punto, io ho vinto abbastanza frequentemente questa
classifica. La chiamiamo “Premio Stakanov” e chi vince è lo o la Stakanov per
l’anno successivo. Sono stato Stakanov varie volte nel corso dei miei 32 anni
di orienteering.
Quest’anno credo che non vincerò la classifica (che non
assegna alcun premio effettivo) e non credo che sarò in lizza per le prime
posizioni. Il che è strano, dato che non ho mai passato così tanto tempo sui
campi di gara impegnato al 110% delle mie possibilità come è successo lungo
tutto il 2023. Mentre, un paio di giorni fa, in una cabila speaker descrivevo
con una certa enfasi (non paragonabile però a quella che riservo per le gare di
orienteering) le gare di Coppa del Mondo di Pattinaggio di Velocità, pensavo a
quanto sia stata surreale, interminabile, esilarante e particolare questa
annata sportiva. E, quindi, a come avrei potuto riversare nel baule dei ricordi
rappresentato da questo blog le mie emozioni e le mie impressioni. Lo farò a
puntate, sperando di finire prima di Natale!
Intanto una prima precisazione: se sono stato così a lungo
sui campi di gara, perché non credo di essere competitivo per il Premio
Stakanov? Per una cosa successa nel 2022 e passata per fortuna inosservata, e
tale deve restare, alla maggior parte di coloro che praticano orienteering: mi
sono trovato ancora una volta a dover giustificare la mia presenza in una
classifica (in ultima posizione, as it almost always does) ad una gara nella
quale sono partito all’alba in veste di pre-runner e pre-speaker. Ma ho perso
la voglia di consumare energie per spiegare le condizioni in cui gareggio io, e
far perdere tempo a chi si lamenta e a chi organizza. Così, fin dalla prima
gara nazionale 2023, ho deciso che avrei fatto le stesse cose che facevo fino
al 2022 salvo consegnare il mio orologio al traguardo per far registrare il mio
tempo. Visto che nessuno mi ha chiesto come mai non ero più in classifica,
deduco che questo abbia sistemato tutto.
***
Eppure l’anno è partito proprio in sordina, al punto tale che
al netto delle organizzazioni delle varie Milano nei Parchi e della
partecipazione al MOO (di cui dovrò riparlare), per la mia prima uscita
ufficiale il mondo ha dovuto attendere la gara bi-sprint di Parma valida per il
trofeo Emilia Romagna. Una gara bi-sprint disputata nello scenario del
bellissimo, suggestivo e costruito apposta per l’orienteering Quartiere
Montanara di Parma, praticamente a due passi da casa! Anche meno di due passi,
visto e considerato che il mattino della gara, mentre ero seduto sul… mentre
ero… diciamo che il mattino della gara a pochi metri da me Lorenzo Allodi stava
posando uno dei punti di controllo.
La gara è stata corsa sotto il diluvio ed un vento gelido che
passava da tutte le parti già durante la prima manche che vedeva parecchie
tratte di corsa e solo un assaggio delle difficoltà tecniche del quartiere. La
quarantena imposta dagli organizzatori chiedeva agli atleti di rimanere nella
struttura del Rugby Parma per quasi quattro ore tra una manche e l’altra, ma io
ne ho approfittato per uscire di un centinaio di metri… e andare a fare una
doccia calda! La seconda manche è stato divertimento allo stato puro (almeno
per me!) e devo ammettere di essere stato leggermente avvantaggiato dal
conoscere non dico tutti gli anfratti ma almeno la direzione da prendere per
uscire da alcune trappole multi-livello
Le successive settimane trascorrono con altre organizzazioni (MiPa ed una gara a Golasecca nella quale mi devo inventare una arena di arrivo con due corridoi – per esordienti ed agonisti - all’interno di un parcheggio di 10 metri per 20 metri), ed arriva il momento di andare a Rovereto, dove mi aspetta un ruolo da speaker perché sono in arrivo i Campionati Europei sprint e ci sono alcune nazionali, Finlandia in primis ma anche un po’ di Svezia, già in giro a testare luoghi, consuetudini, accoglienza nella zona dell’Alto Garda trentino.
La gara di Rovereto è divertente e ben tracciata da Stefano Raus, con il centro storico in pendenza che si presta bene a qualche scelta di percorso non banale. All’arrivo, purtroppo, succede “il fattaccio”: mentre attraverso il muretto lungo la linea 20-21 inciampo banalmente sul bordo del muretto e la prima cosa che atterra sul marciapiede senza che io possa in alcun modo ripararmi è la mia faccia, da una altezza approssimativa di oltre due metri. Nel breve volgere di poche frazioni di secondo immagino di esservi spaccato come minimo il naso e forse anche uno zigomo, di aver disintegrato gli occhiali, di essermi frantumato tutti i denti visto che sento subito parecchi granelli in bocca… per mia fortuna nulla di tutto ciò avviene! (il granelli sono soltanto il terriccio presente sul marciapiede). E non so ancora spiegarmi come sia stato possibile, ma non ho nessuna voglia di ripetere l’esperienza. Chiaramente percorro gli ultimi metri fino al traguardo già tumefatto in giro e grondante sangue, con il risultato che prima il team organizzatore del Trent-O, poi i soccorritori che vorrebbero spedirmi all’ospedale per vedere se ho fratture e per fare una tac, infine le nazionali straniere che arrivano sul posto verso le 9 del mattino cominciano a chiedersi in che razza di posto finirà la gara perché uno si riduca in quel modo. Dopodiché si chiederanno in che razza di persona sia in grado di ridursi in quello stato durante una gara in centro storico.
Le tumefazioni per fortuna passano nel giro di una settimana,
però è una settimana durante la quale non posso certo presentarmi in ufficio (e
fin qui…) e soprattutto sono invitato a fare una comparsata radiotelevisiva per
parlare di orienteering: le telecamere in studio mi inquadreranno rigorosamente
di profilo, e l’intervistatore appare chiaramente molto divertito quando mi
chiede se l’orienteering sia uno sport pericoloso per l’incolumità fisica dei
concorrenti, dato che lui sta di fronte a me e vede benissimo le croste di
sangue e le ecchimosi.
Quando arriva il giorno di fine marzo, è il momento di salire
sull’aereo che mi riporta in Puglia, a Vieste ed in Foresta Umbra dove va in
scena il primo atto della Coppa Italia 2023. Tornare sul luogo dei WMOC 2022 fa
sempre un certo effetto. Lì non era dove mi sono accapigliato con Janne Salmi
dopo che un concorrente finlandese mi aveva insultato in ogni modo possibile al
traguardo? E là non era dove le autorità dell’IOF mi avevano preso per “il
portatore del badge dello speaker” (perché chiaramente pensavano che fosse un
altro, ed io ero solo incaricato di portargli in giro il badge in stile
portaborse)?
Nel sabato di sole di Vieste il percorso è ancora una volta bello perché rimane tutto nella zona del centro storico, e le immagini riprese con la GoPro da Sebastian Inderst per la trasmissione RAI renderanno per una volta giustizia alle abilità atletiche degli orientisti, perché un conto è se in RAI si vedono ambulare qua e là i panzoni come me, un altro conto è Inderst che rimane incollato dietro a Damiano Bettega o a Francesco Mariani e li si vede viaggiare a velocità assurde e curvare andando in piega come il miglior Valentino Rossi.
Domenica si sale in Foresta Umbra, ed anche questo è un
ritorno sui luoghi di tante gare durante i WMOC che sono vecchi solo di qualche
mese. L’arena di gara è quasi la stessa: non siamo nel prato ma appena fuori. E’
in gara una buona parte della nazionale svedese, e quindi ci sarà da
divertirsi. Quando prendo in mano la carta, alle prime luci dell’alba, intuisco
che tutta la mia gara si giocherà nella tratta 2-3: se la prendessi bene,
potrei avere persino qualche possibilità di finire; se la prendo male, dovrò
capire come tornare al ritrovo il più presto possibile.
Per fortuna le lanterne sono già posate, e mica qualcuno crederà che sia arrivato alla 1 dritto sotto la linea rossa, vero? (primo ampio giro su sentiero) L’esperienza, tanta, accumulata ai WMOC mi fa trovare bene anche il secondo punto, perché riconosco parecchi dettagli affrontati nei percorsi di qualificazione middle, finale middle e finale long (corsa in due tappe) pochi mesi prima. E’ il momento di affrontare la tratta 2-3: taglione dritto verso la 16, sentierino piccolo piccolo che scende verso sud, tratta di sentiero forestale a prendere il vago sentiero che gira in senso orario ma mi porterà a 200 metri ad ovest del punto 3. Qui devo buttarmi dentro nell’ignoto, e per quanto io cerchi di andare pian piano tenendo il punto sulla mappa è chiaro che il punto 3 non lo troverò manco per sbaglio. Solo che, mentre aggiro a nord la grossa depressione e mi dico e mi ripeto che devo pensare a cosa farò quando non troverò il punto e sarò chissà dove, davanti a me compare Thierry Gueorgiou (che avevo salutato a Rovereto): lui sta davanti a me di una decina di metri, va avanti alla mia stessa velocità e ad un certo punto si volta e mi dice “prima di pensare a come farai a riposizionarti sulla carta, non vuoi almeno vedere se qui a 50 metri c’è il punto?”. Giuro che mi ha detto così! Giustamente lo seguo e faccio i 50 metri che mi separano dal punto. E ci sbatto addosso. Guardo attorno a me, e Gueorgiou non c’è più.
A questo punto che potevo fare? Andare alla 4, andare alla 5, andare (con moooolta cautela) alla 6, andare alla 7, sbagliare la 8 e riposizionarmi subito su un “gradino” del terreno (praticamente la curva di livello maestra)… diciamo che non ho più un solo cattivo pensiero e, consapevole del fatto che è meglio rimanere su qualunque sentiero o parvenza tale, inanello una lanterna dopo l’altra. Oppure Gueorgiou mi aveva versato del Prozac nel carbogel. Il finale è davvero bello, memorabile la tratta 17-18 dove giro sulla costa in senso orario (ed il sasso è talmente grande che dovrebbe pagare l’IMU) tenendomi sulle tracce di qualcuno che è già passato: “ehi Riccardo! Dalla 17 alla 18 sono passato dove siete passati voi posatori! C’era una bella traccia”. Risposta: “ma no, quella l’hanno fatta i cinghiali!”.
Poi si scatenerà il diluvio, a gara già conclusa, a suggellare il primo trimestre del 2023 di gare. Davvero poche, e davanti a me c’è una pausa di tre settimane e poi di altre tre settimane. Prima che si scateni l’inferno… “se sarò ancora in piedi!”
2 Comments:
welcome back :-)
Ma il tasto "mi piace" non c'è? :)
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