Top avanti tutta: ascensori sulla mia strada
Con l’avvicinarsi del nuovo anno, fioccano i premi assegnati
per il migliore e la migliore orientista, i premi Oscar, la “course of the
year” (fondamentale la “o” in “course”), l’orienteering mistake dell’anno, vengono assegnate le
stelle di vari metalli e altri ricchi premi e cotillon.
Mancherebbe una categoria, ma quella manca da tempo. Parlo del premio per la tratta di percorso più imprevedibile, più anticlimatica, meno pronosticabile dal tracciatore. Quella a cui nessuno in gara mai avrebbe neppure pensato. Ma il motivo è chiaro: non ha senso assegnare un premio quando si sa fin dall'inizio che il vincitore, da parecchi anni e negli anni futuri, sarà sempre l’Impiegato Panzottello a nome Stegal.
Attenzione: non sto parlando di scelte di percorso dettate da quegli errori grossolani o dalle strambate
cui seguono ovvie correzioni di rotta che portano oltre i confini della nazione
(a me è successo) o a correre lungo la tangenziale o in buie gallerie (a me è ovviamente
successo, come ben noto a tutti). Parlo invece di quelle scelte di percorso che denotano una sagacia,
un savoir faire, uno sprezzo della dignità orientistica che non verrebbe
mai in mente al tracciatore o alla tracciatrice di una gara Elite di alto
livello (i quali ovviamente sono spesso Elite a loro volta). E che, ovviamente, nessuno
iscritto in Elite per merito personale e non per follia farebbe mai. Tranne
Stegal.
Perché sono capaci tutti in Elite di percorrere la tratta
migliore correndo sul limite di vegetazione appena accennato, prendendo poi la curva di
livello ausiliaria, l’avvallamento poco profondo, il bordo della palude e la
sesta roccia a destra per giungere senza indugio alla lanterna. Tutti tranne
Stegal. Il quale deve ovviamente appoggiarsi a soluzioni che non verrebbero mai
in mente agli altri. Ad esempio, ripassare dalla partenza (talvolta anche dai
vari cancelletti della partenza) perché rappresenta un punto ben preciso ed
identificabile in mappa. Fatto? Più volte, anche in questo anno di grazia 2022.
Oppure dall’arrivo, se non addirittura dal parcheggio, per raggiungere un’altra
zona della mappa. Fatto? Si, anche in questo 2022.
Ma a nessuno è mai capitato di pensare, davanti a certe
pendenze che sembrano messe lì apposta da Michele Caraglio “qui mi servirebbe
proprio un ascensore!”. Ho detto proprio ascensore?
Ancona. Che bella gara! Pound for pound, una bellissima urban
race che ha unito tante diverse caratteristiche di una gara di orienteering. Va dato merito agli organizzatori (ed al tracciatore Emiliano
Corona) di aver realizzato una gara urbana più lunga dei soliti canonici 12
minuti che talvolta obbligano i tracciatori, soprattutto per alcune categorie master,
a rimandare atlete ed atleti al traguardo lungo la linea più diretta, poco
importa se in pratica le\li si manda a correre su vialoni dritti o in mezzo
alla zona industriale.
Ad Ancona il vincitore della gara Elite (quella degli atleti
che non si sono qualificati il giorno prima a Recanati per i quarti di finale
del campionato italiano knock-out) impiega 19 minuti e mezzo, ma si tratta di Giacomo Zagonel che quando corre sembra Speedy Gonzales. ed io ci metto pochissimo meno di 39 minuti (quindi poco meno del doppio, obiettivo raggiunto!), di conseguenza il tracciatore può permettersi di farci partire dalla
Cattedrale di San Ciriaco con il suo bel dedalo di scalette, ci fa passare dal faro di
Ancona e quasi a picco sul mare (un gran premio della montagna di prima categoria), ci fa scendere
verso i quartieri residenziali con delle scelte di percorso per nulla banali.
Viene poi il turno dei condomini della zona del Tribunale, dove non si può fare
altro che perdere la testa e qualche diottria e infine, prima di precipitarsi verso il
traguardo posizionato in Piazza Roma, occorre domare il quartiere multilevel con
le mura greche, con altre centomila scalette da fare in salita ed in discesa.
Quando arrivo al punto 12, sono ancora leggermente shockato dalle difficoltà incontrate al punto 11, sto cercando di fare del mio meglio per tenere il mio tempo di gara nei limiti della decenza ma al tempo stesso mi sto divertendo davvero tanto. Ma so che davanti a me c'è quella zona dei punti 13 e 14 e 15 rischia di mandarmi in crisi. Di cercare di “anticipare” le scelte ormai non se ne parla, quindi mi accontento di passare dal punto 12, e poi si vedrà.
Al punto 12 avviene uno dei dialoghi più surreali della mia
carriera di orientista-apripista: una signora sta pascolando il cane proprio in
prossimità del punto, io arrivo in discesa correndo, il cane si spaventa e la
signora si lamenta con me. Giusto per tenere buono il vicinato, mi scuso e
faccio presente che di lì a poco da quello stesso punto passerà una gara di
corsa “lo vede il punto di passaggio?”, ma la signora mi risponde con fare
perentorio che è impossibile, che proprio non se ne parla, che niet! Vietato!
Verboten! A me non mi sembra che quell’area incolta sia un giardino provato e lo faccio notare, ma la
signora è categorica: “non potete passare da qui! Qui è dove viene a giocare il
mio cane!”.
Ho ancora in mente la scena del cane quando arrivo al livello inferiore, sulla strada, e nel tentativo di capire dove devo andare per
arrivare al punto 13 entro in uno stretto portico. Stretto e profondo un paio
di metri.
Solo che non è un portico. E’ un ascensore. Impiego davvero
poche frazioni di secondo per prendere la mi decisione: se è il destino che mi ha portato qui dentro, chi sono io per andargli contro? E schiaccio il tasto “T”. Pianterreno.
Non so dove sto andando, non so cosa mi troverò di fronte all’uscita, ma
l’occasione è troppo ghiotta. L’ascensore passa dapprima da un livello “biblioteca”, poi
al livello di un “drink bar” e, quando le porte di aprono, sono in fondo alla
zona multilivello: esco da un altro piccolo portico, svolto a destra, e in fondo al
sottopasso vedo la lanterna del punto 13.
Se non si tratta della scelta di percorso più brillante del
2022, non so quale altra potrebbe esserlo. Una scelta in perfetto stile MOO, tra l'altro. Trovo la cosa così assurdamente
incredibile che, per andare al punto 14… riprendo l’ascensore (questa volta
sono in compagnia di un paio di turisti) per andare a prendere il punto 14
dall’alto.
Da quel momento in poi, il percorso continua a rimanere
piacevole e a farmi passare da altre zone pittoresche di Ancona, fino al
traguardo dove continuerò a ridere per un po’ e a raccontare agli amici di una mia scelta di percorso “particolare” (senza scendere nei dettagli). So per certo
che almeno un paio di persone hanno visto quell’ascensore, ed hanno pure
pensato di servirsene!
Nelle ore successive arriveranno altre immagini a sovrapporsi
a quelle della mia gara urbana di Ancona: la finale della knock-out maschile
con l’incredibile e paradossale risultato finale, le prestazioni maiuscole di
Silvia Di Stefano e Paride Gaio nei quarti di finale. Soprattutto, il mio urlo
“NON CI CREDO!” nel veder arrivare dal
fondo di Corso Garibaldi la più impronosticabile delle finaliste, Stella
Cignini, che si qualificherà con una prestazione superlativa e che farà
scattare sulle sedie tutti i ragazzi del Friuli Venezia Giulia presenti. So di
aver alzato “leggermente” il volume della voce quando ho pronunciato quel “non
ci credo!”, e di questo ne ha fatto le spese un malcapitato, seduto al tavolino
del bar a fianco, che per lo spavento ha lanciato in aria il bicchiere pieno di
birra e si è fatto una doccia da capo a piedi.
Come direbbe qualcuno: “E’ anche per cose come queste che faccio lo speaker”
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