“Se sarò ancora in piedi…” – parte 6 di Senza Fine
Cronache farlocche della seconda parte di "nove giorni da paura"
Fiames. Continuano le alzate all’alba. Continuano le notti
con poche ore di sonno. Però Fiames. Fa freddo al mattino, nonostante sia
luglio, quando mi cambio da solo nel parcheggio. Immagino le macchine
dell’organizzazione che arriveranno tra qualche decina di minuti e troveranno
già la mia Ford nel parcheggio… e spero sempre di non averla lasciata in
qualche posto dove non era previsto di avere ostacoli! Non c’è nessuno in tutta
l’arena di gara, sto per fare la mia quinta gara da solo.
Però Fiames. La partenza della gara è dove mi ero immaginato,
idem lo sviluppo dei primi punti. E poi, di fatto, avevo capito come sarebbe
stato lo sviluppo di tutta la gara. Non ci si può inventare molto, su quella
carta. Però è Fiames: uno dei miei posti preferiti per fare orienteering, e
meglio ancora se sono da solo nel bosco. Lo so che sono lento, lo so che
patisco la salita dalla 3 alla 4, ma in quella zona ho già sbagliato una volta
e non sbaglio più.
So che non mi devo scoraggiare quando sbaglio la 9, perché le energie non sono più quelle di tre giorni fa, e poi dopo la pioggia di Padola oggi c’è il sole. Un bel sole caldo, lucente, i funghi nella zona della 10 luccicano di brina. Scendo con calma dalla 10 alla 11, ed entro nel bosco buio sapendo che tra la 11 e la 13 devo fare attenzione perché ci sono molti più dettagli di quelli mostrati in carta. MI sento come a casa, quando è tutto talmente sotto controllo che ti accorgi di aver posato nel posto sbagliato un oggetto che ha la sua collocazione giusta altrove: questa è la lanterna 15, che non trovo, e mi dico che è impossibile, ed alla fine è stata posata ad una quindicina di metri di distanza da dove doveva essere.
Quando arrivo alla 19 sento qualche effetto dell’arena che si
sta riempiendo. Incontro Eddy che sta posando (o controllando) i suoi punti. Me
la prendo comoda perché vorrei restare ancora un po’ in quel bosco. Ma il
dovere chiama, e devo andare a dare il benvenuto ai concorrenti. Il mio tempo
di gara, quella gara che chiude la mia personale 5 Days of Italy, è sicuramente
rivedibile (o forse, meglio, da vergognarsi). Ma ho percorso avanti ed indietro
tutta la carta di gara e mi sono sentito leggero e in comunione con il bosco.
Dopo la gara, quando faccio qualche chiacchiera con alcuni concorrenti
stranieri che dopo 4 tappe hanno cominciato a conoscere quel matto dello
speaker che fa le gare all’alba, farò vedere il mio percorso, ed un master di
altissimo livello rimpiangerà di aver avuto un percorso troppo breve per
potersi andare a godere tutte le bellezze di quel posto chiamato Fiames, che io
ogni volta chiamo “favola”.
L’ultimo giorno della 5 giorni non ho molto da fare, se non
commentare la gara, aiutare con le premiazioni e salutare tutti…
… ed è già il momento in cui mi aspettano in Primiero, dove è cominciata da un paio di giorni la 3+2 Primiero O-Week. Prima tappa, dovuta per rispetto ma anche per recuperare le mappe di gara, alla “Mecca” ovvero alla sede dell’US Primiero dove ricevo le mappe per andare a correre la Tre giorni in bosco che dovrebbe cominciare l’indomani mattina a Col Margherita. Accade però che a causa di un allerta meteo terrificante, la gara di Col Margherita viene invertita nella sequenza con quella in Val Venegia, distante dalla cuccia ma meno dell’altra e senz’altro più abbordabile per chi come me si sparerà poche ore di sonno
Commetto però un ERRORE: mi viene suggerito di dare una occhiata alla carta di gara di Col Margherita e… ne esco con una serie di espressioni invero colorite, la più gentile delle quali è: “ma cosa ca**o è questa roba???”. Sebbene PierPaolo Corona sia una persona decisamente saggia e mi dia un sacco di spiegazioni su come potrei affrontare al mattino la carta di Col Margherita, devo pregare in sette lingue per poter avere una carta in scala 1:5.000, senza la quale la mia possibilità di trovare anche solo UNA lanterna è pari a quella di trovare un lingotto d’oro sul tram numero 15.
La mia Primiero O-Week in formato “3+0” parte il mattino
successivo, all’alba. Sono a corto di sonno, ma la sveglia biologica è
sintonizzata sulle 5 del mattino. Arrivo a Val Venegia già cambiato alle sei e quindici
e vado alla partenza, che dista 5 metri dal parcheggio. E comincio a divertirmi
come un matto!
Sebbene sia ormai alla terza o quarta esperienza di gara in
Val Venegia (ma non vedo l’ora che diventi la trentesima o la quarantesima), le
cose vanno sempre nello stesso modo:
- -
Il
sentiero tratteggiato che gira a nord della strada carrabile è sempre un ottimo
punto di appoggio
- - Il
Triangolo delle Bermude di Val Venegia, dove ci sono i punti 3 e 4, mi frega
anche questa volta e mi tocca entrare ed uscire dai punti almeno due o tre
volte, ed ogni volta prima o poi so che mi troverò a guardare la strada
sottostante chiedendomi “come ho fatto a mancare il punto?”
- -
La
zona a bordo fiume che stavolta affrontiamo verso sud (5-9) è sempre bellissima
e lì ho ben poche esitazioni
- -
l’andirivieni
nella zona delle canalette bagnate è sempre lì a ricordarmi che “le canalette
NON vanno contate” perché ce ne sono sempre di più o di meno. Le canalette
servono solo per caderci dentro e per fare fatica a risalire dall’altra parte
- -
il
fiume dopo la 15 stavolta NON mi inghiotte, e anche stavolta posso fare a meno
della corda e degli aiutanti per guadare le impetuose rapide
- - in tutto questo, sennò sembra che faccia solo complimenti, perché ci avete fatto salire fino alla 17??? Una zona impestata come poche, che davvero non rende merito alla bellissima carta della Val Venegia ☹
Arrivo al traguardo alle otto meno dieci del mattino. Il
parcheggio è ancora deserto! Mi cambio al volo, mi infilo ogni cosa pesante che
ho in borsa e posso rimettermi a dormire… è un record! E’ la prima volta che
riesco a farmi un pisolino tra la gara e lo speakeraggio!
Il secondo giorno della mia “3+0” prevede la prima tappa, a
Col Margherita. La carta del “ma cosa ca**o è questa roba?”. Non ho idea di
come abbiano fatto a cartografare questo terreno, non so niente, non sono
preparato, non sono abbastanza bravo, non so nemmeno se descriverlo come un
sogno o un incubo. So solo che si tratta del posto PIU’ INCREDIBILE dove io
abbia mai fatto orienteering negli ultimi 30 anni!
La mia sequenza di lanterne (solo per lasciare traccia su internet nei secoli dei secoli): 1 – 8 – 2 – 3 – 7 – 6 – 5 – 4 - 9 – 16 – 15 – 12 – 13 – 14 – 11 – 10 – 17 – 18 – 28 – 29 – 30. L’aria è rarefatta, siamo saliti con la prima funivia delle 8.30 e quindi non c’è tempo per completare l’intero percorso nemmeno facendo le lanterne a sequenza libera. Sul bagnato, i primi passi sono una avventura, il panorama è unico e impressionante e indimenticabile e irripetibile.
In un paio di momenti devo proprio fermarmi a mandare un
messaggio, a condividere con il mondo quello che io sto facendo per primo, e
per vedere le reazioni.
E le reazioni non si fanno attendere: ogni volta che lo smartphone becca una bava di campo, piovono messaggi di ogni tipo “dove sei? Sei matto? E’ incredibile! Se lo avessi saputo! Voglio provare anche io! Quando la rifanno?”.
La reazione più imprevedibile è quella di un ragazzo
neozelandese presente alla gara, che termina il suo percorso in M20, arriva al
traguardo, corre alla postazione speaker e dice “ti ho visto su Instagram
stamattina quando mi sono svegliato! Volevo passare anche io da lì! Ho
riconosciuto il posto!!!” e mi dice che era già tutto felice della gara che
avrebbe affrontato quel mattino dopo aver visto la foto che avevo postato.
E’, o doveva essere, la penultima fatica della “”5+(3+0)” di
inizio luglio. L’ultima gara è quella a Passo Rolle, la terza tappa. Passo
Rolle… però la parte di Col Bricon, quella dove non riesco mai a stare in
piedi, quella dove non riesco a trovare i punti nemmeno se con me viene
Maurizio Ongania, quella della finale long ai JWOC 2009 sotto la tempesta. Io
sono in condizioni fisiche ormai rivedibili: più che altro mi trascino nel
bosco. Riesco a fare una degna figura fino al settimo o ottavo punto di
controllo…
… ma poi le energie finiscono nel punto più bastardo, nella zona più impestata ed infognata. Incrocio un paio di volte il tracciatore Manuel Negrello (che rispetto a me vola), mi infogno nelle paludi e scalo pareti di curve di livello messe lì come se non ci fosse un domani. Ma sono davvero al lumicino. Manuel mi dirà poi “non ti ho mica visto bene quando ci siamo incrociati la seconda volta”. E capirai! Dico solo che ci ho messo pochi secondi meno di due ore ad arrivare al traguardo. Filippo Pezzati mi scatta una foto e mi dice che praticamente mi hanno messo in croce
Di questa gara non ho (ancora ricevuto) la mappa, perché la mia la passerà a Giacomo Zagonel quando in partenza si accorgono di aver terminato le mappe Elite. Come (magra) consolazione, so che la mia mappa finisce nelle mani di Anton Forsberg, che vincerà la classifica con un tempo inferiore (di pochi secondi) ai 40 minuti. Gliepossino!!! Chissà se prima o poi l’US Primiero mi porterà una carta della terza tappa di Col Bricon…
E quindi è finita? No, finisce solo quando lo diciamo noi
(cit.). Perché ci sarebbe ancora una carta (bella!) da fare, quella dell’Alpe
Tognola…
… da dove si possono scattare foto al panorama tipo questa…
… e dove si trovano ancora decine e decine di orientisti ed orientiste impegnati nella cosa che sanno fare meglio…
… ovvero sorridere quando troviamo un punto di controllo!
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