“Se sarò ancora in piedi…” – parte 7 con il cane Joe
Cronache di una stagione che riparte daccapo
Ebbene si. Arrivo alla fine della 3+0(+1) e sono ancora in
piedi. Esausto, sfinito, stravolto ma in piedi. La cosa triste non è mai la stanchezza,
ma il fatto che davanti a me non vedo in calendario altre gare a cui
posso partecipare a luglio, niente ad agosto, nulla fino a metà settembre.
Riesco per motivi cabalistici e misteriosi ad infilarmi nella
gara di Scurelle (Valsugana) attorno a Ferragosto, sotto una caldazza disumana
con 34 gradi umidi alle 3 del pomeriggio. L’appuntamento successivo mi porta in
Toscana, a Carrara, per il Campionato Italiano Sprint e la Coppa Italia Middle
e siamo a metà settembre… la mia stagione orientistica è fatta così: niente per
due mesi e poi…!!!
A Carrara e Campo Cecina non performo particolarmente bene. Della
gara sprint ricordo il gran caldo umido di una giornata che se avesse visto la
pioggia (a quel punto sarebbe stato un diluvio monsonico) avrebbe visto i
risultati ampiamente condizionati dal fondo del terreno scivoloso come nel calcio saponato. Partenza nel parco proprio
sotto all’ultimo livello delle cave di marmo, gran tirata in discesa lunga
almeno un terzo del percorso per arrivare al centro storico e poi zig zag nelle
stradine del centro con passaggio davanti al Duomo dopo aver “schivato” una
serie di barriere artificiali messe lì per nulla a casaccio da Emiliano Corona.
Devo ammettere di essere ancora molto convinto del mio primo parere post gara, ovvero che Emiliano ci abbia fatto un “clinic” sull’uso delle barriere artificiali. Nei miei ricordi, ma io sono davvero scarso e quindi potrei essere stato l’unico ad incontrare le difficoltà che sto per raccontare, le scelte in centro sono del tipo “penso di andare di qui… poi di lì… poi di là… ah no c’è la barriera!!!... aspetta, la aggiro da questa parte girando più largo… un’altra barriera!!!... allora giro ancora più largo… ANCORA UNA BARRIERA!!!”. E via dicendo, pensando che ancora un po’ che “giro largo” ed arrivo a Massa.
Il giorno dopo, nel buio delle 5 del mattino, salgo a Campo Cecina su una strada che a vederla alla luce del giorno mi sembrerà completamente diversa! E’ una storia che voglio raccontare e che dedico (anche se lui non lo saprà mai e, se lo saprà, potrebbe commentare “ma che ho fatto io di male a Stegal?!?”) ad Ilian Angeli, che seguo fin dal giorno in cui sbucò alla velocità di un proiettile sulla run-in di San Martino di Castrozza, in posizione di classifica rivedibile ma lasciandomi il chiaro segnale che appena avesse imparato come orientarsi, sarebbero stati “volatili per diabetici” per tutti, e non solo in Italia.
Dunque: svelo subito un segreto. Io a Campo Cecina ho fatto la gara con il cane Joe. Quello
che è successo e che sto per raccontare potrebbe sembrare assurdo, anzi è assurdo. Potrebbe sembrare una storia di pura fantasia, ma è verificabile e
confermabile direttamente interpellando il coach della squadra nazionale italiana.
Cominciamo. Vado in partenza appena c’è luce. Prendo il
sentiero in salita, sbuco nel pratone e punto la bussola verso la 1
Appena partito, dal rifugio alle mie spalle è sbucato un cane, un border collie, con una medaglietta al collo con scritto sopra “Joe”. Io so di non essere simpatico ai cani e all'inizio sono un po' circospetto, ma questo sembra avere solo voglia di sgranchire le zampe e farsi una pisciatina di tanto in tanto. Solo che non sta vagando qua e là senza una direzione precisa: attraversa il prato proprio nella direzione che ho identificato per la 1.
Vabbé… non è che lo sto seguendo, devo andare anche io da
quella parte. Nell’uscire dal prato, sono un po’ lento per via della
vegetazione in discesa, ma il roccione è poco più avanti, e lì mi trovo quasi “faccia
a muso” con Joe, che mi ha preceduto. Dopodiché Joe riparte. Dritto verso est.
Devo andare anche io in quella direzione, perché intendo passare sopra i
roccioni e prendere il sentierino che mi dovrebbe portare un po’ fuori dalla
zona impestata. Davanti a me, c’è sempre Joe. Che corre a quattro zampe e con
un motore senz’altro più efficace del mio e non si fa rallentare dai rami messi di traverso perché ci passa agevolmente sotto, ma non mi stacca mai, perché tende a
galoppare per qualche metro, poi si ferma, si gira a guardarmi e mi aspetta.
Io non sto seguendo Joe, sto solo andando nella stessa direzione. Mi affido alle carbonaie ed arrivo al punto 3. LO SO CHE E’ UNA
SCELTA PERDENTE! Ma io avevo identificato il punto 3 come punto di attacco
perfetto per arrivare alla 2. Carbonaia, collinetta, giro attorno al roccione e
punto. Dando una occhiata dietro di tanto in tanto per ricordarmi la via del ritorno, come
Pollicino. Al punto 3 ritrovo Joe. Che parte in discesa, attraverso una
bellissima zona di bosco. Il punto 4 è davvero in una zona deliziosa, forse la
apprezzerei meglio se ci fosse più luce… e in fondo dalla 5 alla 6 devo solo
tenere la curva di livello, anzi se scendo un po’ è pure meglio.
E’ la stessa scelta di Joe! E la fa pure meglio di me!!!
Infatti io sono un po’ titubante davanti alla prima fila di rocce… non vedo il
punto, non vedo neppure Joe e mi stupisco quando penso che “proprio adesso il
cane ha pensato bene di sparire???”. Ma ci metto poco a ritrovare me stesso in
carta, poi il punto di controllo… e Joe! Che mi sta aspettando seduto sulle zampe
posteriori e SONO SICURO CHE STA PENSANDO “Santo di tutti i Border Collie del
mondo! Ma perché mi è capitato uno così scarso?”.
Per la 6 scendo (scendiamo) verso il prato. Poi guardo
(guardiamo?) il prato e decido (decidiamo!) di girarci attorno e seguire i ruderi. E’ il momento della prima decisione ferale della giornata. Guardo la
mappa e per qualche istante mi verrebbe anche voglia di fare la vaccata, ovvero
affidarmi alla bussola e andare verso nord, ma poi penso che col cavolo che riuscirei a trovare il punto 7… e poi la salita la devo fare comunque, no?!?
E quindi su! Per la linea di massimissima pendenza. Son cento
metri, signora! Che faccio, lascio? E si… lascia, lascia pure. Joe… no, lui
evidentemente ha fatto un’altra scelta. L’ho visto un paio di volte galoppare davanti
a me, veloce come Andrea Seppi (ma perché mi vengono in mente queste cose???). Quando
arrivo al sentiero mi fermo un attimo, anche due, diciamo pure tre minuti buoni,
a rifiatare. E poi mi muovo verso nord, SUL SENTIERO PIU’ BELLO DI TUTTE LE
ALPI APUANE!
Ben prima di arrivare al bivio che mi porta nel loop 7-8-9,
ritrovo Joe che sta “marcando il territorio”. Ogni tanto ci perdiamo di vista,
ma io adesso tengo bene il segno sulla cartina, mi guardo in giro, tengo d’occhio
il sentiero che dall’alto ad un certo punto ricompare alla mia vista e vengo a
capo del loop. Poi rifaccio la scarpinata in salita per riprendere il sentiero,
per andare nella zona della 10. Ho una fugace ultima immagine di Joe che
galoppa verso casa (e stavolta nemmeno Andrea Seppi con la moto gli sarebbe
stato dietro) e lo ringrazio per avermi tenuto compagnia.
Oh! 10-11-12 è pura sofferenza (grazie Emiliano, te possino!) un po’ perché alla 11 pascolo
in zona, e un po’ perché la strategia mentale “cammina 50 passi e poi tira il
fiato” diventa presto “rantola 40 passi che sono poco meno di 50 e va bene lo stesso” e poi “striscia
30 passi, tanto a 40 è un attimo e non ti vede nessuno” e infine “se anche ti fermi ogni 10 passi, non è mica un dramma… basta
che non ti viene un infarto”.
Alla 13… altra pascolata! Ma la sofferenza almeno sta
finendo. Le mie energie… quelle sono finite da un pezzo. Una benedizione alla
radice che “spara” dritto verso la 14, una sciacquatina nel sacro potere delle
carbonaie per trovare la 15, un ringraziamento al sentiero sennò la 16 sono
ancora lì a cercarla e poi basta fare il giro del prato sopra l’arrivo per
arrivare al traguardo.
Una volta tagliata la linea del finish devo, DEVO assolutamente
raccontare a qualcuno la storia della gara con il cane Joe. Consapevole del
fatto che nessuno mi crederà mai. La prima persona che incontro (o, meglio, la
prima persona che mi sta a sentire) è Stefano Raus. Al quale racconto la
storia. E che mi risponde “ah si, quello è il cane Joe!”. E mi spiega che Joe
aveva probabilmente seguito e accompagnato ogni volta tracciatori, controllori
e apripista vari ed aveva imparato la sequenza! (e poi… con tutte quelle “marcature
di territorio”). Certo, non poteva sapere che la lanterna numero 33 era la mia
terza lanterna e non la seconda, ma era comunque il mio punto d’attacco… SI, LO
SO CHE E’ UNA SCELTA PERDENTE!
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