Più bello del MOO, c’è solo il prossimo MOO!
Gennaio 2020. Per chi, come me, da tempo non si allena
nemmeno in previsione delle multidays estive, magari da affrontare
sfrontatamente in una velleitaria categoria Elite, il periodo invernale
dovrebbe essere sinonimo di grandi poltrite sotto il piumone, ad attendere le
luci del giorno che bucano la cortina di smog solo verso le 9 del mattino della
domenica.
Non quest’anno. Da quando il Comitato Regionale Lombardo ha
cominciato a spalmare gare regionali già a febbraio e marzo, al “Genio di Via
Neera” non è rimasto che piazzare l’evento dell’anno nel gelido mese di
gennaio. Perché è di questo che sto parlando: l’evento dell’anno. A mani
bassissime, direi, il MOO si merita questa definizione.
E’ una gara, perché c’è una classifica, perché c’è
competizione, perché ci si svena e si soffrono sette fatiche e c’è tensione e
c’è adrenalina e ci sono rimorsi e rimpianti a classifiche pubblicate. Perché
ci sono i crampi alle gambe o anche solo una piccola contrattura. Perché ci si
marca a uomo, o talvolta a donna, o a vista. E ci si studia in gara, ci si
maledice, ci si saluta e ci si scambia un high five su una banchina della
metropolitana. Ma che il MOO lo si affronti in tuta termica e scarpette da
corsa oppure in giubbotto\giaccone da vasca in centro domenicale, basta vedere
qualcuno aggirarsi in strada con un foglio di carta in mano, pensoso o pensosa,
con la concentrazione a mille, e scatta un senso di fratellanza che non si vede
tanto spesso nelle nostre gare di orienteering.
E’ il MOO. Noi siamo quelli del MOO, siamo quelli che sono
partiti da qualche parte di Milano una, due, tre magari quattro ore prima e ci
siamo sparpagliati per tutta la metropoli per ritrovarci a 5 ore di distanza,
con il cervello bollito a fuoco lento nei quesiti, con le gambe a pezzi dopo
chilometri di asfalto d gradini a centinaia, ma con il sorriso stampato a 64
denti. Noi siamo quelli del MOO, e Remo è il nostro vate. Punto. Più bello del
MOO appena passato, ci sarà solo il prossimo MOO. Perché sono sicuro che Remo ci sta già pensando…
Anche questa volta avremmo dovuto registrare gli ultimi 10
minuti prima della partenza. Da qualche parte nella spiegazione introduttiva,
Remo ha parlato se non sbaglio di “deriva psicogeografica”, di una città in
evoluzione che è continua ma spesso non si sviluppa con una linea retta dalla
situazione A alla situazione B, bensì attraverso un disegno che si accartoccia,
diventa un arabesco, torna sui suoi passi a metà di un percorso ancora non del
tutto compiuto… ehi! Ma sto descrivendo la traccia di un mio classico percorso
di orienteering.
Non sono sicuro di aver capito proprio tutto quello che Remo
stava raccontando, e non posso nemmeno chiederlo al mio compagno di squadra
perché si era allontanato all’improvviso per correre in bagno. Quello che so è
che il mio primo pensiero, sentendo Remo, è stato “quest’anno sarà una
autentica mazzata!”. Da lì al pensiero dei (pochi) chilometri macinati in
allenamento, alle volte in cui avrei fatto meglio ad uscire prima dall’ufficio
per allenarmi in fascia serale anziché stare lì seduto alla scrivania, il passo
è stato breve.
D’altra parte il mio compagno di squadra sostiene che il MOO
mi fa rendere al meglio delle mie possibilità, persino oltre le mie
possibilità, prima di cominciare a dire che sono sicuramente dopàto (non lo
sono!). In ogni caso in questi anni ho dimostrato che in un modo o nell’altro
riuscirò a tenere il suo passo e contemporaneamente a tenere acceso il cervello
(perché il MOO solo con le gambe o solo con il cervello non lo si dòma), e a
pochi minuti dalla partenza mi sono detto che anche quest’anno ci sarei
riuscito.
Ma questo importa fino ad un certo punto: alle 10 (quasi) in
punto, non importa che tu sia tutatermicato o giubbottato o giacconato, perché Remo
pronuncia “habemus papam”… anzi no! “Le carte sono là dietro” e il MOO 2020 ha
inizio!
***
Il prologo si svolge nel quartiere Primaticcio attorno al
centro sportivo Tuberose, tra Via Primaticcio, viale Legioni Romane e Viale San
Gimignano. La carta di gara è una nuova genialata di Remo: si tratta infatti di
un estratto di un vecchio Tuttocittà, con i pallini magenta a rappresentare la
posizione dei quesiti. La fredda cronaca di una gara direbbe che al primo punto
di controllo siamo in testa, perché Marco è stato rapidissimo ad impadronirsi
della carta di gara e a lanciarsi verso il primo punto. Siamo secondi
all’uscita dal centro sportivo Tuberose, e poi cala un po’ la nebbia perché tra
i vari compiti nei quali ci dobbiamo disimpegnare c’è:
- la ricostruzione di un QR code di cui ci è stata data una parte prima del via, con la parte rimanente attaccata ad un muro però in una scala diversa (quindi sono obbligato a ricostruire il QR code e decodificarlo con il cellulare tenendo il foglio di carta in mano ad una certa distanza dal muro e lavorando “di prospettiva”…)
- l’identificazione di due punti di controllo attraverso le vecchie pubblicità che comparivano a lato delle mappe, sul bordo pagina: non essendo indicate dai buoni vecchi cerchietti color magenta di stampo orientistico, ce ne “dimentichiamo” e siamo costretti a recuperare i punti facendo un giro supplementare
Mentre succede tutto questo, la gente del quartiere si
accorge che sta succedendo qualcosa, perché c’è gente di ogni tipo (=vestita in
ogni modo) che corre avanti e indietro per le strade. I più sorpresi immagino
che siano stati i due ragazzi in divisa mimetica appartenenti allo schieramento
“strade sicure” che magari al passaggio dei primi hanno puntato i mitra e poi
dopo averci visto fare avanti e indietro più volte si sono messi a ridere pure
loro.
Alla fine del primo giro, si recuperano finalmente le mappe
dell’intero MOO e si può dare una occhiata allo sviluppo del percorso:
La nostra prima strategia prevede di affrontare il percorso
in senso orario, il che vuol dire correre nella zona del Portello, a nord di
Piazzale Lotto. Il modo più veloce per arrivare a Lotto sarebbe prendere la
linea rossa da Primaticcio, cambiare a Pagano e ritornare verso la periferia
fino a Lotto appunto. Ma bisogna trovare due treni e alle 10.30 del mattino il
rischio di attendere minuti e minuti in banchina non è bassissimo. Marco quindi
opta per il piano B: correre lungo viale delle Legioni Romane fino a Piazzale
Bande Nere e vedere se riusciamo a prendere una 98 al volo; è la prima
“rasoiata” nelle gambe perché a tutti gli effetti stiamo correndo lungo la
linea della metropolitana. Il fatto che non siamo stati tra i primi ad uscire
dal prologo è testimoniato dal fatto che attorno a noi si muovono, già con
tutte le mappe a disposizione, alcuni team in giaccone e giubbotto…
Marco avrebbe anche un piano C: se l’autobus 98 non fosse
disponibile, si potrebbe correre fino alla prima cerchia della circonvallazione
per prendere un filobus della linea 90… ma le mie gambe si rifiutano subito di
prendere in considerazione una possibilità del genere. Per fortuna da Piazzale
Bande Nere vediamo spuntare in lontananza la sagoma del bus 98 ed io posso
tirare un sospiro di sollievo. Il bus è abbastanza pieno, ma possiamo sederci
per cominciare a mettere meglio a punto la nostra strategia e per provare a
decifrare, miopi e 53enni come siamo, la mappa recuperata dal QR code che ha
sfondo nero, rete stradale in grigio evanescente e approssimazione della
presunta posizione del cerchietto pari ad un intero isolato. Il bus 98 è anche
un’altra cosa: è lento! Becchiamo pure il cambio turno dell’autista e,
all’arrivo in Piazzale Lotto, ci vediamo passare davanti il filobus che ci
avrebbe risparmiato qualche centinaio di metri a piedi.
Poco male (per Marco, ma meno per me): si corre! All’altezza
di Piazza Stuparich veniamo superati dal terzetto dei favoriti
Donadini-Grilli-Mattiroli (in rigoroso ordine alfabetico). La mappa del Portello
è lì che ci aspetta, e con essa i primi quesiti e le prime squadre che
incrociamo lungo la rete di punti:
Tra i quesiti, rimarchevole quello sul costo annuale della
sottoscrizione a qualcosa del Milan: il cartello che dobbiamo leggere riporta
infatti il costo quadriennale! Il cervello tiene botta per capire che dobbiamo
fare un rapido calcolo, ma si tratta di quel genere di quesiti che affrontati
dopo 4 ore di gara mandano in pappa i neuroni. Tra i commenti sentiti in zona,
notevole quello di “Whites” Bianchi che riprende il leitmotiv di Marco
confermando il mio status di dopàto… il tutto solo perché sto correndo al
massimo della velocità consentita dalle mie gambe!
Dalla zona del Portello si corre fino alla omonima fermata
della metropolitana linea lilla: seconda rasoiata alle gambe con annessi
sorpassi ad alcuni podisti della domenica, in un perfetto remake de MOO 2019.
Con la lilla raggiungiamo un classico del MOO di questi anni (anche in
notturna): stazione Garibaldi ed il centro commerciale sotto a piazza Gae
Aulenti.
Dopo aver scalato i gradini che portano in superficie (altra
rasoiata nelle gambe! 5 piani!!!) cercando di tenere il passo dell’Elite Cesare
Mattiroli, approdiamo al labirinto dove Marco si disimpegna da par suo, mentre
io cerco di tenere il passo cimentandomi sui quesiti. Poi via di corsa nel
sottopassaggio che congiunge Garibaldi a Gioia (oh che gioia per i polmoni
correre nei duecento metri più inquinati di tutta Milano…). Dopo esserci
disimpegnati con un quesito intrigante sugli orari di passaggio delle
metropolitane per Abbiategrasso, balziamo sul vagone della linea verde diretti
a Piola per affrontare la metà mappa “Gabrios” (un collage delle piazze
intestate a “Gabrio Piola” e “Gabrio Rosa”, con quest’ultima però che si trova
a chilometri di distanza) e da lì la mappa “Città Studi” che ci porterebbe fino
a Porta Venezia, da dove potremmo prendere la linea rossa per andare a fare i
punti in centro e poi ancora a linea gialla per andare nella zona sud-est e poi…
Questo diceva la nostra strategia. Ma arrivati a Stazione Centrale…
STOOOOOPPP!!!
“Plin plon! Avvisiamo i
passeggeri che i treni della linea verde sono momentaneamente bloccati per
soccorrere un passeggero colto da un malore. La circolazione dei treni
riprenderà appena possibile”.
Pensieri sparsi:
- Ma porc…!!! (un pensierio non del tutto da buon samaritano nei confronti del poveretto \ della poveretta che sta male, faccio outing qui: me ne pento e me ne dolgo)
- “Adesso mando un messaggio a Remo per dirgli che NON SONO IO quello che sta male”
- E ora che si fa?
I messaggi via altoparlante che confermano lo stop della
linea si susseguono. Sullo stesso vagone c’è un’altra squadra che non sa
chiaramente che pesci pigliare, e guarda noi. Noi guardiamo loro. Cominciamo a
pensare ad un piano B che ci farebbe perdere comunque parecchio tempo: saltare
giù dalla linea verde, correre a prendere la metropolitana sulla linea gialla e
spostarci verso la zona sud-est di Milano per fare le mappe di Symbiosis e
Gabrio Rosa, infine cercare un modo per ritornare verso nord a Città Studi.
Potrebbe essere un uovo di Colombo ma potrebbe anche essere
una rovina, se la linea verde ripartisse proprio mentre stiamo correndo verso
la linea gialla. Quando ogni secondo di attesa si trasforma in un nuovo
pensiero “… e intanto gli altri chissà dove stanno correndo…”, quando ogni
annuncio dell’altoparlante conferma che la linea è ancora ferma, la decisione
diventa facile:
SI VA!
E via che si parte di corsa verso la linea gialla, con un
occhio buttato dietro per vedere se il treno della linea verde parte proprio
sotto i nostri occhi. Altre scale, altro labirinto sotterraneo e approdiamo
sulla banchina della linea gialla, dove leggiamo che il primo treno verso sud è
atteso in sette minuti.
E ci accorgiamo che
abbiamo perso due mappe di gara!
E’ un momento dramMOOtico! Il primo pensiero è che le abbiamo
lasciate sui seggiolini del treno della linea verde. Marco riparte come nemmeno
Bolt ai blocchi di partenza, ed io gli corro dietro. Se sono davvero rimaste
sui seggiolini e qualcuno le ha raccolte o il treno è partito, siamo fatti. Se
sono cadute a terra e sono state raccolte o non le ritroviamo, siamo fatti lo
stesso. Cerchiamo nel labirinto tra le stazioni di correre con un occhio a
terra ed uno a rifare la strada dell’andata, e finalmente ritroviamo le mappe.
E ritorniamo in banchina in tempo per veder arrivare il treno della linea
gialla! Tempo perso zero, ma che spavento!
Sulla linea gialla abbiamo il tempo di sviluppare il piano B:
approderemo a Lodi TIBB, da lì di corsa lungo lo Scalo Romana fino a Fondazione
Prada, di parchetto in parchetto sulla mappa “Symbiosis” fino a Via Quaranta.
Se siamo fortunati, troveremo la 95 che ci porterà in Piazza Gabrio Rosa,
altrimenti si corre.
A parte la conta degli alberelli che compongono un semiaperto
“conta questi scarta quelli” che dobbiamo rifare sette volte, i parchetti vanno
via uno dopo l’altro, della 95 in Via Quaranta nemmeno l’ombra e quindi si
corre fino a Gabrio Rosa dove domiamo i punti in pochi minuti.
Ora si tratta di completare il giro tornando a nord, ma come?
Il timing del passaggio del bus della linea 93 incida 13 minuti, ma andarci ad
incasinare con altre strategie e mezzi alternativi non sembra la soluzione
migliore, anche perché a me è appena partita una contrattura al quadricipite e ho
bisogno di sciogliermi con un po’ di stretching.
La 93 è strapiena, ed è anch’essa abbastanza lenta. Quando
scendiamo in via Bassini per andare a prendere uno dei punti della mappa sul QR
code, vediamo con la coda dell’occhio le ragazze del team “Le sovversive” che
si allontanano verso Gabrio Piola. Pit stop fisiologico a bordo corsia del tram,
poi di corsa lungo via Bassini e la facoltà di Architettura.
Marco gestisce ancora in bello stile e punti del piazzale,
limiamo qualche metro alle Sovversive e poi è ora di correre verso Porta Venezia
lungo la mappa Città Studi.
Le ragazze del team davanti a noi danno il ritmo, spariscono
dietro gli angoli delle vie, ricompaiono poco dopo e cerchiamo di limare qualche
secondo “in zona punto” rispondendo il più velocemente possibile ai quesiti.
Arrivati in Piazza Otto Novembre, riusciamo ad agganciarle e ci lanciamo nella
stazione di Porta Venezia per tornare in centro e fare ancora un paio di punti
della insidiosa mappa “Weak City” che continuo a tenere sullo smartphone.
Siamo ormai quasi a 4 ore di MOO, e mentre le gambe di Marco
viaggiano che è un piacere, le mie cominciano a mostrare segni di decadimento
fisico. Un primo punto dietro zona Cordusio va via facile, il secondo in Via
San Maurilio correndo nella zona di Piazza Affari è pura fatica per me. Cerchiamo
di tornare verso Largo Cairoli per vedere se per pura fortuna riusciamo a fare
anche il punto fotografico con il tram “Atmosphere” (che però si deve essere
dileguato almeno un’ora prima) e decidiamo che è tempo di tornare alla base, prendendo
la linea rossa che ci riporta a Primaticcio
Gli ultimi 500 metri che ci riportano al Tuberose da Piazza
Bande Nere non li sento nemmeno nelle gambe. Con noi sul treno c’era un’altra
squadra, ma più tranquilla (con giubbotti e giacconi) e quindi quest’anno non è
necessario fare uno sprint. Mentre corriamo lungo Viale San Gimignano, Marco ed
io ci scambiamo una stretta di mano e ci ripromettiamo di essere di nuovo alla
partenza e in forma per il prossimo MOO. Ci assolviamo l’un l’altro per l’episodio
delle mappe perse e ritrovate, per non aver dato la caccia al momento giusto al
tram ed ai riders con i quali dovevamo fare i selfie: abbiamo preferito giocare
sulle mappe, al meglio delle nostre possibilità, e ci siamo divertiti tanto ma
tanto tanto tanto.
E così sia.
Un ringraziamento finale da parte mia a:
- A Remo: parafrasando Andrea Castelli “a un altro MOO, ancora più bello”
- A chi è arrivato a leggere fino a qui: complimenti per la tenuta (nient’altro da fare in un giorno di ferie?)
- A Marco che avrebbe senz’altro tenuto il passo del team vincitore, ma a cui va bene portare un giro un vecchietto come me
- Al team “Le sovversive” (Federica e Laura) che hanno davvero dato il ritmo in quel momento, tra le 3 ore e 45 minuti e le 4 ore, durante il quale le gambe volevano proprio dare forfait
Ci vediamo al prossimo
MOO!
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