Calendario dell'Avvento - giorno 16 - Campionati Italiani Middle e Relay - Archeton
Archeton. Basta la parola
Potrei anche terminare qui.
Scherzo… purtroppo per i miei (due) lettori.
Archeton. Il terreno più tosto del Cansiglio, del Veneto, d’Italia,
del mondo, dell’intero universo. Là dove Catherine Taylor è uscita dal bosco in
lacrime, là dove Tove Alexandersson è arrivata al traguardo e non ne ha voluto
più sapere, là dove Minna Kauppi ha accartocciato la mappa e l’ha buttata via
dopo non averci capito nulla. Ma anche là dove Olli Markus Taivainen ha fatto
vedere a tutti di che cosa sarebbe stato capace se solo… se solo… (Olli rimane
uno dei più grandi “what if” che io abbia mai visto in azione).
Là dove lo speaker è stato in giro quasi tre ore per completare
una gara middle, Alpe Adria 2014 (vedi alla voce Catherine, Tove, Minna…).
Questa di oggi non è ancora la storia della Coppa del Mondo, questi sono “solo” (… solo…) i Campionati Italiani Middle e a staffetta. Archeton mi aspetta, a braccia aperte per accogliermi o a fauci spalancate per inghiottirmi. Nel prepararmi mentalmente per la gara, posso chiudere gli occhi e rivedere alcune scene della mia precedente esperienza ad Archeton, quella del 2014 appunti, incapace di trovare i punti, di ri-localizzarmi quando la lanterna non appare dove pensavo di trovarla, a tratti persino di stare in piedi.
Alla fine della giornata di sabato, alla fine della gara middle, sono sconvolto e convinto che con le mie in-capacità tecniche dovrei ricominciare dalla categoria HC. Invece, ma ancora non lo so e non lo posso capire, è come se il mio orienteering abbia girato sui cardini, come se io avessi inghiottito una pozione magica i cui effetti dureranno fino ad ottobre inoltrato.
Sabato, Campionato Italiano Middle. Vedi alla voce “perso”.
In partenza mi faccio il lavaggio del cervello, mi dico che per uscirne senza
le ossa rotte dovrò controllare ogni passo, ogni masso, ogni buca, ogni
depressione, ogni parete rocciosa. Almeno finché non avrò preso confidenza con
il terreno. Quando prendo la mappa e vedo dove si trova il primo punto,
percepisco solo le curve di livello, i dettagli, le difficoltà che dovrò
affrontare per arrivare a quella maledetta uno.
“Fai un punto, un punto solo fatto bene, il primo. E potrai
uscire da qui con la sensazione di aver fatto le cose per bene”
Tutto quello che so è che ad un certo momento mi sono detto
“il punto non può che essere là, una trentina di metri davanti a me”. In quel
preciso momento la mia gara è andata a ramengo. Ad Archeton non lo puoi fare
(o, meglio: non lo può fare uno come me). Ad Archeton devi trovare il punto,
devi vedere la lanterna, ci devi arrivare sopra, devi punzonare (se è la tua),
e SOLO A QUEL PUNTO la puoi dare per aggiudicata. Solo a quel punto. Trenta
metri prima, no! Nell’analisi post gara credo di essermi fermato addirittura
fuori da cerchietto, sotto la linea rossa ma fuori dal cerchietto, dove la
linea passa in mezzo a due pareti rocciose.
Diciassette minuti dopo, trovo il primo punto. Dopo aver
girovagato del tutto a caso come Phileas Fogg. Mi sono detto “vedrò una
lanterna prima o poi!”. Macché. Ho capito dove ero quando mi sono trovato sotto
le pareti rocciose a forma di PI Greco sul cerchietto della 7, poi ho trovato
la 7, e da lì camminando sono arrivato alla 1.
Sorvoliamo sul fatto che, fatta la 1, la 2 e la 3 sono andate
abbastanza bene. Sorvoliamo sulla mia tratta 3-4: sentiero verso sud fino al
bivio, poi TUUUUUTTO il sentiero verso ovest fino al arrivare in zona 6, infine
sentiero verso sud fino alla curva e da lì ogni circospezione possibile ed
antenne drizzate che quasi prendo Capodistria.
Dalla 7 alla 8 riprendo verso est il sentiero che prima o
fatto verso ovest, dal bivio affronto la salita verso est e sbarco al tornante
del sentiero e infine basta tenere la linea di livello per arrivare più o meno
indenne alla 8, novello Castaway. Infatti alla 9 esco di cartina. Come ho fatto
non lo so. So solo che ho battuto quel maledetto sentiero a nord della 9 avanti
e indietro tre o quattro volte finchè (non sono pazzo: è succeso davvero!) mi
sono messo a parlare con la base di un gosso tronco tagliato. Mi sono seduto
davanti al tronco e gli ho detto:
“se tu sei la x verde, allora la lanterna è lì dietro. Se la
lanterna non è lì dietro, torno qui, ti piscio addosso e mi ritiro”
La lanterna è lì dietro.
Da quel momento, è andato tutto abbastanza bene. Non
benissimo, perché non sono mica Gueorgiou Fosser), ma me la sono cavata.
I sentieri, provvidenziale quello che porta dalla 13 alla 14, quello che entra
fino alla 17 e quello che mi da la sicurezza per affrontare la 18, mi aiutano
ad uscire da Archeton senza le ossa del tutto spianate e ancora con la
consapevolezza che a distanza di 7 anni un terreno del genere è ancora in grado
di devastare tutte le mie certezze di saper fare un decente orienteering.
Forse però c’è una spiegazione diversa alla mia
apparentemente ritrovata abilità nelle ultime 10 lanterne. Forse quella radice
di albero è stata davvero una pozione magica per me.
Non sono in grado di rendermene conto subito, anche se la mia
terza frazione di staffetta corsa domenica all’alba sembra assumere una
solidità diversa rispetto al vagare senza testa del giorno prima. La salita per
il primo loop mi fa un baffo e sbarco dritto sulla 1. Primo loop tranquillo.
Per la 5 ripasso dalla 1, che saluto, ed utilizzo il sentiero fino alla 5. La 6
la trovo quasi involontariamente, convincendomi che l’avvallamento dove sono
entrato potrebbe anche essere quello giusto.
Tralascio la 8-9 fatta girando sui sentieri in senso orario, mentre la 10 è bellissima andando controluce (verso est) e vedendo davvero spuntare il sole tra i sassi e le collinette. Da lì è quasi una gara normale, ed anche il bellissimo Archeton non sembra un posto inaccessibile agli impiegati panzottelli dotati di tecnica impiegatizia (e panzottella anch’essa).
Forse Archeton, fatto due volte di fila, non sembra l’inferno
degli orientisti scarsi, e mi chiedo se le quasi 4 ore passate in due giorni su
questo terreno potranno aiutarmi quando dovrò affrontare gare più semplici.
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