Stegal67 Blog

Monday, October 21, 2024

Valmalenco, ricordi e incidenti vari

La Valmalenco. E Caspoggio. E la Valtellina per continuità geografica e necessità di percorrenza stradale. Quanti ricordi. Quante emozioni, Quante botte. Quante monetine in campo. Le fughe negli spogliatoi. I Carabinieri che venivano a tirarci fuori e ci scortavano in stazione per prendere l’ultimo treno per Milano. Aaaaahhh… gli anni ’80 della Milano da bere. Quanto ricordi.

La mia banda, che non suonava il rock ma le suonava spesso e volentieri in giro per i campi da basket della penisola, si segnava con il pennarello la data delle trasferte in Valtellina ed in Valmalenco. Non finiva mai come doveva finire. Talvolta non finiva affatto. Le partite erano sempre tiratissime, contro squadre fatte da ragazzi fisicatissimi e orgogliosi e che si sarebbero tagliati una falange per battere i cittadini milanesi.

Tirano 198…1. Finale di partita punto a punto decisa da una invenzione di Francesco P. sul suono della sirena (io ero in panchina per falli). Segue lancio di monetine dagli spalti, fuga nello spogliatoio, panchine usate per blindare la porta degli stessi, Carabinieri e fuga nella notte sotto scorta.

Chiesa in Valmalenco 198…3. Sono in campo più che altro per fare numero. La partita non finisce, causa invasione di campo dei tifosi locali con la loro squadra irrimediabilmente sotto a due minuti dalla fine. Una invasione più per fare festa e piantarla lì che per altro. Ma altra fuga.

Caspoggio 198…4. Qui finiamo in cronaca (quasi) nera. Dominazione della squadra locale nel primo tempo. Nel secondo tempo non so cosa mi prende e impazzisco: segno 17 punti in 12 minuti, di cui due con una specie di reverse layup (visto fare da Dr J.) che ancora oggi mi chiedo come sia entrato a canestro, in difesa non facciamo passare niente, giochiamo come dei folli e andiamo sopra di 10 a cinque minuti dalla fine. Lancio di monetine verso la panchina, una centra un mio compagno di squadra. Mentre dalla nostra panchina parte un contro-lancio di monetine verso gli spalti, noi che siamo in campo identifichiamo il gruppo dei tifosi responsabili, saltiamo la balaustra e ci arrampichiamo sui gradoni. Contatto. Collisione. Rissa gigante non sedata nemmeno da arbitri e accompagnatori che si conclude solo quando dobbiamo battere in ritirata per manifesta inferiorità numerica. Spogliatoi chiusi da dentro. Partita sospesa. Intervento della forza pubblica. Arriva persino il cronista locale. Rientro a Milano nella notte ed epico shampoo da parte dei nostri dirigenti al primo allenamento. Poi arriva Dan Peterson a chiudere la questione a modo suo.

Ah! La Valtellina e la Valmalenco. Quanti ricordi. Il che spiega perché, approcciandomi alle autorità locali durante le premiazioni dei Campionati Italiani Sprint e Sprint Relay 2024, ho sempre chiesto l’anno di nascita di sindaci ed assessori. Sia mai che scoppia una di quelle carrambate…!

In questo 2024 orientistico che si va a concludere non ho fatto mancare la mia presenza ma, a 40 anni di distanza, il mio ardore e le mie energie sono decisamente diverse ed al lumicino dopo una ennesima stagione di gare e commenti vissuta intensamente.

Premessa doverosa: due giorni di case bellissime, di percorsi intrigantissimi, di labirinti dentro e fuori vicoletti portici angoli mai banali, un diluvio di gradini e scalette e anfratti e la sensazione continua di aver mancato la svolta giusta e che mi stavo infilando nel tinello di qualche pacifico abitante del luogo.

Lanzada prima parte l’ho vissuta così, con una carta la cui sovrastampa era a tratti evanescente (vedi alla voce punto 3 e punto 9) e con una “piega” bastardissima che ha reso invisibile capire se c’era un ingresso da nord al punto 12 (doppia piega!) e se il cancello a nord della 14 avrebbe dovuto essere aperto o chiuso. Seconda parte di gara a “tirare le ultime” e fare i conti con quello che in alcune categorie è stato il punto cruciale e decisivo del percorso, ovvero la 100! Capitemi: Maurizio Todeschini si fa un mazzo così per rilevare la carta di gara e mettere giù un percorso bellissimo e selettivo e da non lasciare per un solo microsecondo la concentrazione, e poi va a finire che parecchie persone si giocano la gara alla 100! 

Nella fredda (4 gradi) domenica del mattino della Sprint Relay, Caspoggio non si piega all’influenza che mi sta lentamente aggrovigliando. Non rinuncio a fare il giro pre-speaker, ma è un giro poco velleitario e quasi turistico. Lo faccio perché voglio provare ancora una volta la sensazione di perdermi nei vicoletti, perché voglio vedere come riesco a venire a capo del punto 1 affrontato da ovest ad est lungo tutto quello zig zag di svolte e perché l’ultima curva che da nord porta al punto 9 col cavolo che è così larga! Basta una taglia in più dei pantaloni o una quinta di reggiseno per incastrarsi nella curva e voglio vedere poi quelli che sono già arrivati al punto come fanno a risalire verso la 10.

L'arena di gara è spettacolare, ma che cosa scrivo a fare dell'arena? Provate a seguire il percorso disegnato da Mario Ruggiero ed immaginate di correrlo alla velocità di Francesco Mariani, se ne siete capaci! Non so come Francesco sia riuscito a fare il numero che ha fatto, ma è evidente il feeling con un bravissimo tracciatore (Mario... Mariani... no, questa Zelig non me la compera)

Peccato che la Valmalenco non sia proprio a portatissima di mano, e che per arrivarci bisogna farsi il sangue amaro con i guidatori locali che ti sorpassano a velocità warp sui due rettilinei lungo l’Adda (dove ci sarebbe il limite a 50 kmh) e poi ti inchiodano davanti per farti capire chi comanda. Ma le usanze locali in termini di guida non sono in fondo un mio problema e sono molto più interessato a capire quando Agorosso e Nirvana Verde ci riporteranno da quelle parti




Tuesday, October 15, 2024

La risposta giusta è… Ringo!

La consecutio del blog dovrebbe mostrare il racconto dei miei ricordi delle gare di Lanzada e Caspoggio. Ci arriverò. Ma la fredda cronaca e le sensazioni più vicine sono quelle della Milano nei Parchi di sabato 12 ottobre al Porto di Mare. Per chi si fosse messo in visione e all’ascolto solo in questo momento, Porto di Mare sarebbe sempre il posto dove a marzo 2024 abbiamo organizzato quella specie di Ori-Barcolana che per amor del cielo è andato tutto bene e si sono divertiti tutti…



(e poi dicono che chi viene alla MiPa non diventerà mai Campione Italiano…)

Chiaramente aficionados della Mipa avrebbero voluto tornare al parco ed affrontare la stessa zona, magari con un po’ meno di acqua. La mia intenzione era quella di proporre un passaggio nella stessa zona, con la stessa cartina tutta blu per evidenziare i laghetti e le paludi di marzo scorso, che ovviamente nel frattempo si sono sicuramente asciugati.… CREDICI !!!

(quante sono le paperelle ? e questa è una "MOOcit.")

I sopralluoghi hanno evidenziato tre cose: 1. L’acqua non si era ritirata, anzi… là dove c’era l’acqua ora c’è un mare di fango e sabbie mobili 2. L’acqua caduta ad ottobre ha allagato anche le zone limitrofe di prato 3. Nella parte di parco meno frequentata la vegetazione è esplosa, allargandosi ad inglobare aree di prato grezzo.

Che fare? Praticamente niente, salvo eliminare i punti nella palude e sperare che coloro che si sarebbero lanciati sul percorso Lungo ed Agonisti avrebbero navigato sui sentieri anziché tagliare in mezzo alla giungla. RI-CREDICI !!!

Mentre la natura riprende i suoi spazi come nei film post-apocalittici di serie B, la coincidenza con una serata teorica ad argomento Trail-O che ho tenuto presso la sede dell’Orma mi porta a pensare che magari si potrebbe mettere giù un percorso di Trail-O per neofiti.

Oh! Intanto una precisazione per tenere alla larga Giustizia Sportiva, Minamor e PsicoPolizia. Io non ho titoli per tenere corsi. Non ho qualifiche. Non ho diplomi. Non sono nessuno. Quindi non tengo corsi. Non può definirsi “corso” una cosa durante la quale, per spiegare come si danno i nomi alle lanterne, si usa la seguente slide:

(però ci siamo divertiti un sacco!)

(chi volesse altri esempi di "slide" non ha che da chiedere)

Di conseguenza, oltre ai classici percorsi nel parco, abbiamo provato a dare spazio anche al Trail-O: 10 punti di controllo senza punto a tempo (troppo difficile per il momento per i neofiti e troppo human resources absorbing) ma con ampio utilizzo della lanterna “Z”, ovvero “Nessuna delle lanterne si trova al centro del cerchietto in mappa”. E’ mio (personale) parere che fin dalle scuole elementari si impara a capire quando la risposta ad una domanda è “nessuno di questi” o “nessuna di quelle”. Di conseguenza la lettera “Z” come risposta è una naturale applicazione dei processi mentali che si fanno normalmente fin da piccol*. Fine del pipp0ne.

Clamoroso successo!!!

Abbiamo avuto chi ha partecipato al percorso di C.O. e poi è venuto al Trail-O, che ha fatto il viceversa, chi ha fatto due giri di C.O. Il tutto in una giornata di sole del tutto inattesa, che faceva brillare il verde del parco e ancora di più le lanterne.

Sul sito Fiso è persino disponibile una “spiegazione delle soluzioni che ovviamente parte con tutti i possibili caveat ma anche con il racconto della mia particolare visione del mondo:

"Partecipare ad un percorso di Trail-O vuol dire anche tentare, dopo che le soluzioni sono state svelate, di capire i motivi degli errori commessi. Anche per imparare qualche nuovo trucco, qualche diversa modalità di arrivare ad una soluzione corretta. Vuol dire dotare la propria personale “cassetta degli attrezzi” di qualche nuovo strumento che potrebbe esserci utile la prossima volta.

Ciò che segue non ha la pretesa di fungere da libro di testo per chi vorrà cimentarsi in un’altra occasione, ma solo di dare una possibile spiegazione di come arrivare alla soluzione giusta. UNA possibile spiegazione, perché ognuno può applicare la propria che potrebbe anche essere diversa da quella di chi ha tracciato il percorso"

Se fosse andata in modo diverso, forse ci saremmo potuti fermare qui. E invece ci riproveremo, magari già a partire dalla prossima Milano nei Parchi del 23 novembre al Parco Forlanini. Sempre per Beginners, magari con un pizzico di pepe in più. Provare per credere! 



Wednesday, September 25, 2024

La storia è Celeste

Che posso dire sui Campionati Italiani a Lunga Distanza e a Staffetta appena disputati? Come atleta, avevo provato a fare leva sul mio orgoglio, ne avevo pure scritto qui perché sapevo che sarebbe stata una gara molto dura, sapevo che molto probabilmente sarebbe stata oltre le mie possibilità, ma non è servito a nulla. Respinto con perdite, con il morale sotto i tacchi, con una acquisita consapevolezza che forse sono troppo vecchio.

(foto by Fabiano Bettega)

Salito venerdì al Passo San Pellegrino (quota 1900) dalla bassezza (non solo morale) della città, salito alla partenza oltre quota 2200, l'altitudine mi ha colpito duramente. L'aria rarefatta sotto un cielo colore celeste come poche volte l'ho visto si è dimostrata un bene-rifugio più prezioso dell'oro, ma a tratti assente. La sassaia strategicamente posizionata appena oltre il dosso è stato uno shock: primo punto "roccia"? Really??? Il terreno tra le rocce, e poi sotto le rocce, fatto di mugo, mirtillo, tanti mughi, rododendro, ginepro, ho già detto troppi mughi? si è rivelato per me lentissimo e faticosissimo. Stavolta per trovare i punti ho dovuto basarmi sull'erba pestata: se arrivo dove penso che potrebbe essere il punto, e trovo l'erba pestata dai posatori che sono andati a mettere la fettuccia (mangiata via dalla nevicata del sabato precedente), allora mi do un "ok" e riparto per il punto successivo. Ma il percorso predisposto da Emiliano Corona (sempre grazie Emiliano per quello che dai all'orienteering e per il tuo approccio sempre positivo!) è stato troppo duro per me.

Quando sono arrivato al philoop, ad un mal di testa da spaccarmi in due si è unito il mal di denti, dovuto alla tensione che aveva preso tutto il corpo per cercare di stare in piedi. Ho impiegato la bellezza di 45 minuti per venire a capo del philoop e, con l'approssimarsi delle tenebre, ho deciso di mollare. Persino scendere alla strada e percorrerla fino al passo è diventato difficile. Mi sono dato il ritmo con "Zombie" dei Cranberries, ma all'ingresso allo chalet Isabella ero diventato uno zombie io stesso, facendo preoccupare tutti coloro che erano lì a gustarsi il pomeriggio.

Sabato, giorno della staffetta, la situazione mi è sembrata migliore. Ma solo fino ad un certo punto. Con l'arena di gara per buona parte a vista della postazione speaker, con la prova audio che ha dimostrato che concorrenti mi avrebbero sentito a grande distanza (ma sarebbero stato in grado di staccare la concentrazione dalla mappa per capire le mie parole? E a quale prezzo?), ho affrontato il percorso predisposto da Aaron Gaio con una certa supponenza... poteva andarmi peggio rispetto al giorno prima?

"Ecco... no... ma quasi": questo ho pensato quando, ad ovest del laghetto che avevo appena aggirato, sono precipitato improvvisamente in una buca fino alle ascelle. E l'ho ripensato quando ho incrociato Walter "Stegal! Non si sta in piedi per un caxxo qui!" Bettega. E poi ancora quando ho incrociato Damiano "Non si sta in piedi qui!!!" Bettega. E tutte le volte (soprattutto nella tratta 10-11-12) che sono finito per terra anche io. Ma Aaron è troppo una brava persona, e se per caso vi siete divertit* ascoltando domenica la cronaca di ciò che stava succedendo nel bosco durante la staffetta Elite, lo dovete principalmente ad Aaron che ha fatto da co-speaker seguendo passo passo le tracce GPS che andavano da tutte le parti (tutte tranne quelle di Mattia Debertolis... sono solo io a pensare che sarebbe stata una bella sfida con Riccardo Scalet?).

Ma la storia è celeste. Anzi. La storia è Celeste. Ci sono poche cose che agitano e commuovono lo speaker. Tra queste, da sabato pomeriggio, ci sarà la storia di una ragazza di 16 anni che è già passata attraverso troppi infortuni, che è partita in testa all'ultima frazione della staffetta Elite femminile perché c'era un buco da chiudere, e che ha fatto una gara per me eccezionale. Sono passati 18 anni e qualche giorno da quando in occasione del Campionato Italiano disputato a Jenesien (speaker Giuliano Rampado) scrissi "Il margine di vantaggio dell’US Primiero vale il podio, ma nessuno adesso vorrebbe essere nei panni di Marina Simion in terza frazione a difendere qualche decina di secondi di vantaggio su due mastini come Laura Scaravonati e Heike Torggler; nessuno... tranne forse Marina stessa". Ci ho ripensato sabato: forse nessuno avrebbe voluto essere nei panni di Celeste, tranne Celeste stessa. Nemmeno nei sogni delle sue compagne di squadra, Celeste avrebbe potuto resistere alla caccia di Anna Pradel, sempre fortissima sui terreni dei passi dolomitici, ma che Celeste potesse arrivare al traguardo in seconda posizione... ecco, se ci sono motivi per i quali mi piace fare lo speaker, la gara di Celeste Pretto è uno di quelli.

Una pagina della storia, adesso, è Celeste. E non per via del colore della mia felpa

Thursday, September 19, 2024

Passo San Pellegrino - una specie di haiku

(...)

"Quelli come me si va finché ce n'è

Ma è come non venisse mai il momento

Con quei progetti lì e quei difetti lì

Che ci fanno stare più contenti

Avrai ragione te a fare come fai

A startene da furbo nel mondo dei più furbi

Sta a vedere che sappiamo già com'è

Non ci teniamo a togliere il disturbo"

(...)

Ligabue - Tutti vogliono viaggiare in prima

 

***

 

Finché ce n'è.

Cosa spinge a fare tutta questa fatica?

Prendere ferie, macinare chilometri, spendere soldi

E poi consumare energie, salire in partenza alle ore più assurde

Percorrere da solo il bosco,

alla ricerca di una fettuccia o di un paletto piccolino.

Cosa succede se non trovo il punto? Niente.

Oppure è proprio quello il momento in cui può succedere tutto?

Forse nel momento in cui mi accontenterò,

forse nel momento in cui guarderò il pendio

e sceglierò di restare in basso per risparmiare energie,

tanto non sono in classifica,

tanto non devo vincere il salame o la bottiglia di vino.

Oppure nel momento in cui, dopo aver girato in tondo per 20 minuti,

deciderò di mollare e passare al punto successivo.

E' in quel momento che io sarò il giudice di me stesso.

(anche il ragazzo con la maglia numero 91 diceva che,

quando ti sembra figo aver fatto una partita da 13 rimbalzi,

sei sulla buona strada per farti andare bene quelle da 9 o 10 rimbalzi

e a quel punto diventi proprio uguale a tutti quanti gli altri).

Spero che in quel momento il giudice batterà il martelletto

e parlandomi nel profondo della mente mi dirà

che il motivo che mi spinge e che muove i miei passi

è che voglio consumare energie, che voglio sentirmi stanco,

che è bello salire in partenza alle ore più assurde,

che è fighissimo percorrere da solo il silenzio del bosco,

che ci sono poche cose così entusiasmanti

come il trovare quella fettuccia o quel paletto.

E godere da solo del risultato delle mie fatiche

Fare tutto ciò non mi darà alcun diritto

di considerarmi migliore di chiunque altro sulla faccia della terra

ma sicuramente renderà me migliore di quello che ero il giorno prima.

Finché ce n'è.


Tuesday, September 03, 2024

My memories of... Trofeo delle Regioni 2024

Mister Nessuno è tornato sui terreni di gara del Trofeo delle Regioni. No, non come convocato, perché da qualche anno il Trofeo è dedicato alle categorie giovanili, e poi chi mi avrebbe mai convocato???... bensì come speaker. E per me è la prima volta al Trofeo disputato in questo formato. E’ stato un lungo fine settimana fatto di momenti gioiosi, di sorrisi e di impressioni che mi piacerebbe poter imbottigliare da qualche parte per stappare “una di quella buona” durante l’inverno. 

Ci sono molti modi diversi per passare i 5 minuti che ho trascorso chiuso nell’ascensore del palazzo dove lavoro, tra il secondo ed il terzo piano, in attesa che qualcuno azionasse la discesa al piano. Il mio “modo diverso” è stato pensare alle 10 bottiglie che avrei voluto raccogliere, e quindi ecco in un ordine più o meno sparso le mie sensazioni indimenticabili.

10. Tutti. Tutti i volti che ho visto al Trofeo delle Regioni. Volti sorridenti, volti preoccupati, volti tesi, volti affaticati, volti concentrati. Tutti. E’ una gara. C’è una classifica. C’è chi vince e chi non vince, come sempre. Ma se volete passare tre giorni a godervi una gara nella atmosfera più gioiosa possibile, più amichevole, più cordiale, più simpatica e meno stressante, allora il Trofeo delle Regioni è quello che fa per voi. O che farebbe per voi, se voi non foste spesso così litigios*, attaccabrighe e puntiglios* al limite del “puntacaxxismo”: se lo siete, avete molte altre gare alle quali partecipare ma il Trofeo delle Regioni non fa per voi, lasciatelo a chi a 20 anni o meno perché sapranno trarne gioia e giovamento.



9. Gronlait. Ho la felpa del Gronlait (anzi LE felpe del Gronlait), la fascia per il sudore del Gronlait, i calzini del Gronlait, la maglietta da riposo del Gronlait. Ho guidato il furgoncino del Gronlait, quello col motore pompatissimo e la serigrafia più fighissima che ci sia. Chi fa parte del Gronlait sa che puntualmente dovrà pagare una tassa, fatta da una posa punti, un tracciato, un passaggio in cucina, una segreteria gara, un allestimento di premiazioni, un trasporto indumenti… Dopo l’ennesima gara nazionale che è venuta dopo una O-Marathon che seguiva una Coppa del Mondo che era stata preceduta da un’altra gara nazionale eccetera eccetera le ragazze ed i ragazzi del Gronlait si aspettassero un minimo di riposo. Invece pare che Fabrizio Boneccher stia pensando di rilanciare! Lunga vita al Gronlait!

8. Dopo una estate passata a guardare meme su Yusuf Dikec, il tiratore turco delle Olimpiadi, adesso ho trovato il mio personale “tiratore toscano”: venerdì pomeriggio, punto a tempo della gara a staffetta di Trail-O di Cappelle. Entra in scena Marco Nocentini. Non porta con sé nemmeno la bussola, ha la faccia di uno che preferirebbe mille volte di più andare a correre verso le lanterne e non capisce perché loro stanno là mentre lui deve fermarsi qui. Si siede con la stessa voglia che ho io di mettermi a guardare in televisione il Grande Fratello VIP… e in 20 secondi spara uno strike 5-su-5 da paura! Avesse tenuto la mano in tasca, sarebbe stato davvero Yusuf Dikec. Non mi credete? Abbiamo il filmato!

7. Le bandiere. Per chi non se ne fosse ancora accorto, a me piacciono le premiazioni con le bandiere. E anche quelle con i peluche. Se poi ci sono le bandiere E i peluche, mi piacciono ancora di più. Durante le premiazioni di domenica, le ragazze ed i ragazzi si sono passati di mano le bandiere con una classe ed un meccanismo ad orologeria che le Farfalle Olimpiche lévati. Se qualcuno mi dice ancora che le bandiere “fanno campanilismo”, risponderò ancora una volta che non ha capito niente.

6. Sicilia. Bisogna fare tanta strada per arrivare dalla Sicilia (ma anche dalla Puglia) a Folgaria per gareggiare nel Trofeo delle Regioni. Bisogna avere anche tanto coraggio, perché l’esperienza sul campo gara non è la stessa di quella delle altre squadre. Ma il coraggio non è mancato alle ragazze ed ai ragazzi siciliani: è stato sufficiente vedere la partenza della staffetta Young con Renata Amarù in prima frazione, scattata al via in salita come il tappo di una bottiglia di spumante. Arrivederci alla prossima occasione!

5. Venti anni. Alcune ragazze ed alcuni ragazzi hanno completato domenica a Folgaria il loro percorso nel Trofeo delle Regioni. Sono diventat* grandi e dall’anno prossimo se vorranno partecipare di nuovo al Trofeo dovranno farlo da accompagnatori, allenatrici, semplici concorrenti. Sono convinto che lo faranno con un pizzico di rimpianto e forse con qualche lacrima, perché in fondo vorremmo sempre restare come Peter Pan. Auguri a loro che approderanno, spero, nelle categorie Elite.

4. Troppo giovani. La ruota gira, e per qualcun* che esce dal Trofeo delle Regioni c’è chi gareggia pensando che l’anno prossimo toccherà a lui o a lei. E’ vero che abbiamo gareggiato in Trentino, e quindi viene facile pensare ai nomi di Ettore, di Kilian, di Kathrin e di Elisabeth (ed il coach Aaron Gaio non può che sorridere pensando ai nomi di chi entrerà in squadra l’anno prossimo) ma a me viene in mente soprattutto il nome di Agata Bonato. Papà Luca dovrà rassegnarsi: i piatti dovrà continuare a lavarli lui!

3. Iris Pecorari è patrimonio nazionale. Questa atleta è la più forte del mondo nel suo sport e nella sua categoria: il che vuol dire che lei sta in cima e tutte quante le altre atlete la guardano dal basso verso l’alto.  Questo vuol dire portare sulle spalle un bersaglio: se vinci “eh ma sei la più forte”, se non vinci “eh però oggi avresti dovuto vincere”. Essere campionesse, o campioni, vuol dire portare sulle spalle tutto il peso di quel bersaglio, quello che ogni altra persona inserita nella griglia di partenza vorrebbe colpire almeno una volta nella vita. E’ un bersaglio che pesa, si chiama fardello. Per questo dovremmo essere ancora più contenti nel sapere che Iris difende i colori della nazionale italiana. Iris è patrimonio nazionale. Per conoscere il nome del prossimo atleta che porterà il fardello del bersaglio sulle spalle, aprite il libro alla voce “Rado Kalc”.

2. Il tifo. Nella curva di Piazza Marconi a Folgaria mancavano soltanto i fumogeni e i pyros. Il resto c’era tutto, perché è stato un tifo trasversale e globale. Non capita tutti i giorni di sentire un tifo così forte, ma al Trofeo delle Regioni è stato una componente fondamentale dell’atmosfera vissuta in arena gara. Sono contento che la mia postazione speaker fosse proprio in mezzo al pubblico.

1.


Il Trofeo poteva finire solo così. Ed è stato un finale bellissimo. Per fortuna ho capito in tempo quello che stava succedendo, e sono riuscito a mettere in salvo il cellulare e l’attrezzatura!


(foto by Debora Dalfollo su https://photos.app.goo.gl/g3Sau78GWRkykBe86 )

Saturday, August 03, 2024

Addio Pasi

E' venuto a mancare un amico. Un mito, l'uomo che correva senza bussola, citato in innumerevoli commenti da parte dello speaker. E un essere umano come tutti noi, purtroppo inseguito da tanti demoni dai quali sembrava essersi liberato per sempre, con una figlia piccola di tre anni. Grazie ad Alessio Tenani e Minna Kauppi ho potuto allenarmi con lui, abbiamo qualche volta affrontato lo stesso percorso nella stessa categoria. Mi chiedeva le mie scelte e sebbene fosse campione del mondo non evitava a dire se la sua era stata peggiore. 

La sua seconda frazione a staffetta ai mondiali in Italia è leggenda nel mondo dell'orienteering: sento ancora il boato dell'arena al suo arrivo al traguardo quando, correndo da solo, portò la Finandia dai bassifondi fino a contatto con il terzetto di testa. Era una brava persona, gli volevano bene tutti. 

L'anno scorso gareggiava ancora alla Viestiliga, sempre nella sua seconda frazione, per una squadra minore e aspettavo di vederlo passare agli intermedi per sentire i commenti deferenti dei telecronisti

Pasi Ikonen: 1980-2024

Monday, July 22, 2024

Tre più sei meno (quasi) due: i miei COM e 5 days

Non tutti i bravi orientisti sono anche bravi matematici. E non tutti gli orientisti devono fare somme e sottrazioni come quella del titolo, per dimostrare di essere bravi. Io non sono stato bravo: ho scritto l’equazione, ma non ho saputo risolverla. L’equazione originale diceva 3 (tappe del Cansiglio Orienteering Meeting) + 1 (prologo della Five Days ad Andalo) + 5 (tappe della Five Days alla Paganella). Il totale fa nove. Sono arrivato a sette tappe, più due parziali, perché le forze sono quelle che sono ed i percorsi Elite non li fanno più corti perché lo speaker si ostina a partire all’alba. Ma è stata ancora una volta una avventura completa, piena di episodi strani, bizzarri, divertenti, al limite della fantascienza o del fantaorienteering.

Si comincia al Cansiglio, prima tappa della prima edizione del Cansiglio Orienteering Meeting, ed il percorso è sul terreno “bianco che più bianco non si può” di Vallorch. Non mi è servito andare a rileggere le pagine del blog per ricordarmi di quella volta che a Vallorch avevo corso bene, mi ero sentito in forma, avevo trovato i punti in bello stile. Peccato, forse avrei dovuto rileggere bene. La mia gara al Vallorch è andata bene per 4 punti, poi è cominciata la sofferenza. Mi sono ripreso un po’ a tratti, e ho pagato con un errore di 45 (quarantacinque!!!) minuti alla 13, che non era affatto difficile ma probabilmente ci sono andato con troppa sicurezza e alla fine ho vagato per tutto i costone senza sapermi raccapezzare

Resterebbe da raccontare il fatto che alla fine sono riuscito a tornare su un sentiero, che mi ha riportato sulla strada, dove ho trovato il passaggio di una auto del Tarzo che mi ha riportato alla zona del ristoro, e che sono ripartito da lì. Ho ovviamente trovato subito la 13 e poi mi sono detto “da qui, tutta discesa!”. Per fortuna Roland Pin mi aveva elargito della mappa della zona delle rocce in scala 1:4000, che così è quasi una banalità (se avevo ancora il 15000, stavo ancora lì a cercare i punti). E per fortuna che avevo ancora un carbogel, perché il “tutta discesa” si è rivelato essere una serie di passaggi nei quali spesso dovevo affrontare nuovamente salite per uscire dai valloni. Non c’è di che, punto 18. Forse aveva ragione Tobia, che la 18 era meglio prenderla dal basso.

Finite le fatiche di Vallorch, è già tempo di pensare ad Archeton. Il nome della carta è sempre diverso (quest’anno “Bus de la Lum” e “Col Brobon”) ma il terreno è sempre quello, amato ed odiato, o meglio dovrei dire noto, rispettato e temuto, che in orienteering non c’è spazio per la parola “odio”. Io temo molto Archeton, ma senz’altro non lo rispetto abbastanza. Non so spiegarmi altrimenti come sia possibile che per la seconda volta affronto una gara con partenza dalla zona del Bus de la Lum, salita a sinistra, bivio, tengo il Bus di fianco, lo aggiro, entro nella zona delle prime depressioni andando verso est… e mi perdo! Mi perdo drammaticamente, mi perdo senza sapere dove sono finito! Stessa cosa era successa ai campionati italiani qualche anno fa: Stefano Raus mi partiva dietro e non capiva perché non mi avesse visto lungo tutta la gara: semplicemente mi aveva superato e staccato già per andare al primo punto.

Vabbé. Tanto prima o poi capirò, giusto? No, sbagliato. Ad Archeton se non capisci "nel durante" non puoi sperare di capire quando ti fermi a guardarti intorno spaesato. Al secondo punto incrocio Enrico De Noni (posatore) che mi dice “bravo! Sei arrivato in zona punto! La lanterna si vede da qui”. Il fatto è che non ho idea di dove sono e non ho idea di dove sia la lanterna. Mi metto al suo fianco, gli dico di guardare sempre nella stessa direzione, e a quel punto vedo anche io il telo a pochi metri da me. Bene ma non benissimo (cit.). E via discorrendo. Trovo il punto 6 ma sto ancora cercando il punto 5, poi affronto la salita durissima (per me) e la tratta lunga… la faccio tutta sul sentierino che passa nella parte sud della carta. Archeton (o Bus de la Lum): respinto con perdite, peggio che all’esame di Analisi 1 quando andavo senza nemmeno aver aperto il libro e facendo scena muta.

Però il terzo giorno c’è Archeton 2, la vendetta, che quest’anno si chiama “Col Brobon” ma è la zona della gara middle alle finali di Coppa del Mondo 2021 dove avevo fatto (diciamo così) da apripista. La faccio breve: vengo respinto anche la seconda volta. Non si può che spiegare così un’altra middle che finisce dopo più di due ore. Sbaglio di 90 gradi la tratta lunga, e mi ritrovo in zona arrivo, così che per andare alla 17 percorro tutto il sentiero a bordo recinto (dove l’organizzazione sta posando le fettucce che indicheranno agli MW12 la direzione per la partenza) e rientro nel bosco da nord, sotto lo sguardo esterrefatto di Erik Nielsen che mi chiede che cosa diavolo ci in quella zona.


Non faccio in tempo ad uscire mentalmente dall’incubo di Archeton che mi calo nel prologo della 5 Days ad Andalo. Il percorso prevede una tratta speciale per l’assegnazione del premio “king and Queen of the Stairs”: dalla partenza al punto 1, ci sono 187 gradini da fare tutti di un fiato per vincere il premio. Oppure da fare tutti di un fiato per vomitare la colazione ed il pranzo dietro al cespuglio vicino al punto 1. Io sono per la seconda opzione (scena brutta, ma brutta davvero). Il percorso del prologo non deve rispettare strani algoritmi del tipo “è sprint, quindi deve essere lungo al massimo tot minuti, ma se non può essere più lungo di tot minuti a te che sei lento posso far fare solo il giro del primo capannone e quindi non ti accorgerai mai quanti passaggi belli, insidiosi, divertenti, incasinati ci sono e tornerai a casa con l’idea che sei venuto a spendere soldi per girare attorno al primo capannone” (si, io sono per le middle urbane) e quindi Jessica Lucchetta mi fa girare avanti e indietro come una trottola per ogni possibile insidia del percorso.



Scena madre del mio giro da apripista: la signora che alla 17 impugna saldamente il cavalletto con due mani e urla al figlio per sapere perché gli ha messo davanti a casa quel coso. Io arrivo in quel momento ed alzo lo spiegometro al livello “parola per parola”. Poi pronuncio la parola magica “RAI”… c’è la RAI che fa le riprese della trasmissione (non c’è). Scusa Pietro ma la parola RAI apre tutte le porte… la signora appoggia il trespolo, allude al fatto che aveva visto “persone che facevano foto in giro”, manca solo che corra in casa a farsi la messa in piega in vista di una possibile comparsata.

Giorno 1 della 5 Days ed io approfitto della partenza pomeridiana per portarmi avanti con il lavoro e farmi in sequenza, proprio una dietro l’altra, le tappe 1 e 2 che hanno l’arrivo nello stesso posto. Partenza verso ovest, loop della tappa 1 (quella lunga), ritorno al traguardo, passaggio dalla macchina per ritirare la mappa 2 e farmi una pera di carbogel, ripartenza verso est e ulteriore ritorno ad Andalo Life dove praticamente svengo e ci metto un’ora a riprendermi.


Considerazioni varie. La vegetazione del primo loop 1-4 della prima tappa… boh?!? Tornava, non tornava? Il mio fuori-carta per andare alla 5: ma chi me lo ha fatto fare di puntare dritto al termine sud-ovest del sentiero forestale? Le aree vietate\impraticabili sul costone… c’erano davvero o non ci sono passato nemmeno vicino? Il costone per andare alla 10: c’era un masso grosso quanto una Smart (l'automobile!) che non è segnato in mappa, una mega-radice con annesso mucchio di sassi non segnata in mappa.

Avendo fatto lo sforzo il giorno prima, nel secondo giorno della 5 Days posso limitarmi a fare l’apripista della quinta tappa che si svolge in ambiente urbano soprattutto nella zona nuova di Fai della Paganella. Credo che sia stata una buona scelta, perché nei fatti passerò la serata a mandare foto di punti dove la mappa non torna più con la realtà delle cose. Il “credito” guadagnato a Pieve di Cadore 2023 mi consente di chiedere l’intervento di Tait padre e figlio con decespugliatore, ed il loro intervento consentirà a tutti di avere un ottimo riscontro mappa-terreno evitando di scartavetrarsi nelle ortiche o contro i boschi che all’improvviso sono cresciuti cresciuti fitti. Memorabile l’incontro con un gruppo di master da oltreoceano che passeggiano nella zona del sentiero panoramico, che mi vedono correre (… correre…) con la mappa e mi chiedono cosa sto facendo lì, finché tra un Pant! Puff! e l’altro uno degli stranieri esclama “ma lui è lo speaker! Ha intervistato mia figlia qualche anno fa!”. E’ il padre di Samantha Saeger, intervistata in effetti all’arrivo della prima tappa della Primiero o-Week di qualche anno fa, quando lo speaker chiese come mai una atleta di livello assoluto faceva la open corto e lei era visibilmente incinta.

Ma le energie si spengono qui. La terza tappa al Fausior è in un posto fisicamente challenging, che non ho mai “domato” quando ero un atleta, figuriamoci adesso. Dopo il primo loop, e dopo aver scalato la parete della montagna di fianco alle rocce per andare alla 4 (mi vengono incontro in discesa caprioli e quadrupedi di ogni tipo, ma sono io che sto facendo la cosa sbagliata),  decido di affrontare qualche lanterna in modalità sequenza libera e di provare almeno a riprendermi sul loop finale. Lo faccio anche benino, ma solo perché è in discesa in una parte di bosco tutto sommato normale

La quarta tappa, ultima fatica per me, è sulla carta di “Prati di Gaggia” (ma non era “Chalet Forst” una volta?), su una carta che digerisco proprio poco. La vegetazione è a tratti opprimente, i verdini barrati sono una autentica sfida per il primo (o i primi?) che ci passa, il francobollo tutto puntinato di rocce sono anni che dico che sarebbe meglio “esploderlo” su un quadrato di mappa 1:2500 perché altrimenti per molti è una zona bingo. Nel finale, il ritorno dalla 18 prevedrebbe secondo me il passaggio dall’arena di gara in mezzo alle tende dei partecipanti, l’attraversamento dell’area piatta all’arrivo della ovovia (che però è recintato perché lo stanno seminando) ed il passaggio a fianco della piccola collina che porta al punto (dove però è in piena azione una ruspa che ha già sbancato mezza collina). Le mie forze… semplicemente non ci sono più, e mi accontento di fare ancora qualche punto random per portare a casa un’altra PM.

Forse sono più bravo come speaker? Forse, almeno a giudicare dal numero di bambini che mi verranno a trovare. Il vero kindergarden della gara sono stato io!!! Per l’anno prossimo… vediamo cosa succederà e come andrà