Stegal67 Blog

Saturday, May 14, 2016

Tutti gli altri riassunti... da Revine al letto di dolore


“Cade! Urla la folla. No, non cade”. Quando bastano poche parole per raccontare una storia, vuol dire che quella storia è degna di essere raccontata; o che il narratore è riuscito nel suo compito: le sette parole con le quali Georges Magnane introduce il dramma vissuto da Etienne Gailly alle Olimpiadi di Londra 1948. Avevo nove anni, nel 1976 Google e Youtube non erano ancora nemmeno nella mente dei loro inventori, e passavo parte del mio tempo a cercare in giro ritagli e racconti di sport nei giornali che trovavo in cantina o nelle raccolte di carta fatte per la scuola. Etienne. Gailly. Un nome ed un cognome che mi colpirono subito. Mia madre mi aveva spiegato che “Etienne” era la traduzione in francese del mio nome (Guetsch Patti sarebbe arrivata molto dopo…). “Gailly” era un cognome abbastanza simile al mio. Quella di Georges Magnane era la storia del paracadutista belga entrato primo, ma sull’orlo della morte per sfinimento, nello Stadio Olimpico di Londra e poi giunto terzo al traguardo. Non l’ho mai dimenticata.

Mi fa ridere che, oggi, sulla copertina di GQ ci sia la brutta faccia di Vincent Cassel che recita “Noi cinquantenni facciamo paura per quanto ci regge il fisico”. Se GQ fosse un giornalino per adolescenti, probabilmente in copertina ci sarebbe Justin Bieber a raccontare la stessa frase con qualche anno di meno nella citazione… ma credo che in fondo il target di vendita di GQ sia abbastanza diverso da quello adolescenziale, e quindi ognuno mette in copertina le cose che fanno tiratura per il proprio pubblico. Certo che vorrei vedere Vincent Cassel alle prese con una maratona olimpica, ma forse… chissà… se la caverebbe molto meglio di me: nonostante la brutta faccia da “maldit”, credo che Cassel abbia goduto di più agi in vita sua di quanti potrebbe averne avuti in una vita il povero Gailly, che si fece pure la guerra di Corea ed ebbe una gamba amputata.

Io, che cinquantenne non sono ancora anche se manca proprio poco, non faccio di certo paura per il mio fisico. Se è vero che all’età di nove anni ero rimasto colpito dal racconto di Gailly, quella storia ha lasciato dentro di me è un senso dello “scorrere delle cose” che mi accompagna ancora oggi: Gailly continuava a mettere un piede davanti all’altro sapendo che, presto o tardi, la meta sarebbe arrivata. Il significato dello spazio e del tempo forse sono nati in me leggendo quel pezzo di Georges Magnane. Per contrappasso, a distanza di quasi 40 anni, da speaker avrei finito per dire frasi come “l’orienteering è l’unico sport nel quale ogni metro che si percorre non è detto che ti porti più vicino al traguardo”, e non è che me le invento dall’oggi al domani (d’altra parte Per Forsberg è diventato famoso per “OhiOhiOhiOhiOhi!!!”…). Lo spazio si percorre, talvolta a prezzo di sforzi indicibili; il tempo scorre in modo ineluttabile. E se alla fine ho scelto di praticare uno sport nel quale lo spazio di aggroviglia su se stesso peggio che il cavo di un auricolare, il tempo rappresentano una meta o un traguardo che nel corso degli ultimi anni ho imparato a valutare in termini di “distanza dall’obiettivo”. Questo succedeva alcuni anni fa quando, lavorativamente parlando, mi trovavo a far fronte ad impegni che prevedevano 3 o 4 week-end consecutivi di lavoro: sapevo che il primo momento di pausa sarebbe arrivato a distanza magari di un mese o più, ma sapevo che ogni secondo trascorso mi avrebbe avvicinato a quella meta. Questo succede oggi, quando il calendario degli impegni agonistici si affastella di appuntamenti irrinunciabili che, necessariamente, finiscono per diventare molto demanding sul mio fisico che non ha di certo la resistenza di quello di Vincent Cassel.

Ecco perché oggi sono qui a scrivere nel pieno delirio della febbre… Le ultime 4 settimane sono state tra le più intense della mia vita recente, in senso orientistico si intende. Non so quanti chilometri ho percorso tra viaggi di lavoro e trasferte sportive; non so quante ore ho trascorso parlando a potenziali clienti o agli orientisti che ancora mi sopportano. Ignoro quante maledizioni mi ha tirato il mio povero fisico, malridotto da sveglie all’alba, viaggi aerei in sedili sui quali starebbe stretto un brevilineo, ricerche di passaggi anche in autostop per arrivare per primo al campo di gara. Revine, poi Magreglio, poi Vedàno e Merate, infine Caoria e Calaita sono state le tappe che mi hanno portato in lungo ed in largo per il nord Italia a spendere tutte le energie che avevo, spesso a spenderle in modo decisamente spregiudicato (almeno a leggere i risultati più recenti). Ma non mi lamento: anche se ho ceduto proprio in vista del traguardo, mentre si avvicinava il week-end del 14 maggio che avevo messo nel mirino come “primo momento di stacco” (nonostante la concomitanza con la Due giorni del Ticino), devo ammettere con il senno di poi che non avrei rinunciato per nulla al mondo alle gare che ho elencato sopra. E se alla fine il fisico ha reclamato il conto… pazienza!

Poiché il post definitivo, definitivissimo, su TUTTE le gare di orienteering lo ha scritto dopolavori per celebrare (o solo raccontare?) la sua medaglia d’argento ai Campionati Italiani Sprint a Caorìa, questa modesta pagina vergata da me diventa il semplice diario delle mie fatiche, un diario che consulto sempre più spesso quando gli amici mi chiedono “ma dove eravamo il giorno X del tal mese del tal anno?”. Aprire il blog, controllare le date e trovare la risposta è diventato un gioco da ragazzi, con il quale riannodare anche tanti fili della memoria emozionanti e sorprendenti. Certo… non vincerò mai il premio Pulitzer come ori-scrittore, ma se un giorno dovessi comparire davanti al giudice e sentirmi rivolgere la domanda “Imputato! Dove era il giorno X alle ore Y?”, potrei sempre rispondere “controllate il blog, Vostro Onore”.

Avevo lasciato il racconto alle pendici del bosco di Vallorch, Pian del Cansiglio, in un venerdì di           metà aprile, e mi ritrovo a casa messo a letto dalla febbre il giorno 10 maggio. In mezzo ci sono state:

  • una gara sprint a Revine, che era l’antipasto di Vallorch… ma in realtà per me è stata il dessert;
  • le tre-gare-tre del “Rocks around the CLOC” (come avevo deciso di chiamarlo prima che qualcuno sul sito FISO parlasse di “Worl Cup”…) nelle quali il Nirvana Verde mi ha messo al tappeto non una, non due ma tre volte;
  • il week-end sprint lombardo di Vedano al Lambro e di Merate, nel quale direi che Merate ha rappresentato il top della mia prestazione agonistica del mese;
  • il week-end di Campionati Italiani, quello sprint a Caoria e quello middle al Lago di Calaita, nel quale ho letteralmente “agonizzato” sotto gli occhi esterrefatti del pubblico.

Arrivato a casa, il fisico ha ceduto; febbre, faringite, infezione alla gola, ancora febbre. Nel delirio degli incubi che mi colgono quando ho la febbre, compaiono fugaci immagini di gare passate o di gare future alle quali non ho ancora preso parte, o semplicemente immagini di orienteering che semplicemente non possono esistere nella realtà. Ma in fondo chi può dire quanta parte delle mie recenti gare sia stata reale e quanta parte io l’abbia vissuta quasi da spettatore esterno, che si chiede ad ogni passo faticoso chi glielo faccia fare, a quel panzone lì, di provare ancora a mettersi la bussola sul pollice sinistro e la si-card sul medio destro e cercare di far quadrare la fatica quotidiana con le salite, i terreni impervi, il sole che picchia ed il sadismo di qualche tracciatore?

REVINE – Sprint Race Tour – 16 aprile

Sono reduce dalla gara Long di Vallorch, e le mie gambe si fanno sentire eccome nonostante una notte di sonno meraviglioso a casa della mamma di Roland Pin a Sotto Croda. Revine mi appare subito come appare un paese dalle pendenze significative, d’altra parte lo diceva pure wikipedia (e tutto ciò costituirà l’inizio della cronaca diretta), che è meglio percorrere sull’apecar anziché con le scarpette da corsa; ma tutto posso pensare tranne che quel diavolo di Roland ci manderà a fare la spesa (di lanterne) fino al santuario in cima al monte, dal quale si tiene a bada tutto il paese…  Che faticaccia! Comprovata dalla pozza di sudore lasciata pochi metri dopo il traguardo mentre, affannatissimo, raccontavo le mie scelte di percorso al tracciatore. Un’altra bella sprint in Elite, dopo quella di Pieve di Soligo, decisamente azzeccata in previsione dei Campionati Italiani di Caorìa.


(preparazione della partenza, con Carlo Pilat)
(ma chissà che cosa gli stavo raccontando… si nota il mio fisico “a pera”?)

(pochi istanti prima della partenza: esiste anche un filmato della partenza – made by Ercole Pin – che riprende nell’ordine: Carlo che quasi si ammazza nello scendere dal gradino, io e Carlo che giochiamo all’autoscontro alla prima curva perché le nostre tracce si incrociavano, io che sbanfando in salita come un asino cerco di allontanarmi il più velocemente possibile dalla zona delle operazioni per paura che Ercole stia correndo dietro a me e riprendendo la mia gara… invece per fortuna era andato dietro a Carlo)

(il punto santuario… e gli “accidenti” che non sono volati!!!)

(primo giro Elite maschile)

(secondo giro Elite maschile, dal punto 19 ho goduto della compagnia di Carlo, che la sua gara l’aveva già finita da un pezzo, ma spero di avergli fatto vedere che corro ancora con una certa baldanza… in discesa!)
(postazione speaker approntata da Edoardo Tona, da cui si evince che non è necessario che lo speaker conosca a memoria tempi e nomi di tutti coloro che arrivano sul traguardo…)
(qui sembro quasi bello!)

(in intervista volante con un Alessandro De Noni finalmente sorridente per la sua gara)

(si… alla fine sull’apecar di papà Bernardi ci sono salito davvero! Ed è stato più emozionante del Tuono Blu a Gardaland)
Se qualcuno dovesse ripassare da Revine, sappiate che OFFRO DA BERE a chiunque mi porti la foto di QUEL CARTELLO (!) che dice “pendenza 3%”, laddove in realtà c’era una strada sconnessa in salita con pendenza “30%” da sbucciarsi il naso. Altro che Koppemberg! Lì si che ho pensato di avere le allucinazioni! Il mio naso era così vicino all’asfalto che ho pensato che se la salita era davvero al tre per cento, allora stavo strisciando!!!

Altre due birre daranno pagate a chiunque mi porti due motivazioni valide delle due citazioni nascoste nell’ultima frase: “QUEL CARTELLO (!)” e “da sbucciarsi il naso”.

“Rocks around the CLOC” – Magreglio – 23 + 23 e poi anche 24 aprile

Diciamo subito che il nome alla tre giorni gliel’ho dato io (perché siamo sempre allo “scusate se Shakespeare mi fa una pippa”) e sia finita lì. CLOC, per tutti coloro che non sono avvezzi con la morfologia lombarda, credo stia per “Como Lake Orienteering Championship” ovvero il nome che il Nirvana Verde ha dato alla DUE giorni di TRE gare di Magreglio. Io gliene do un altro, quello nel titolo appunto, ma avrei anche potuto scrivere “The Como Lake Massacre”. D’altra parte le premesse c’erano tutte. Innanzitutto io arrivo da… boh?!?... chi si ricorda da quale viaggio ero reduce?... e quindi c’è la concreta possibilità che io arrivi a Magreglio direttamente da Linate o Malpensa, con trolley al seguito (cosa che si verificherà puntualmente la settimana successiva, e poi quella dopo ancora). In secondo luogo dovevo sapere che ci sono tre condizioni ben precise per optare per una scelta di categoria “conservativa” (nel senso di conservare pelle e dignità), ovvero di SCENDERE REPENTINAMENTE DI CATEGORIA: quando il tracciatore è Marco Bezzi, quando il tracciatore è Andrea Rinaldi e la gara è in notturna, oppure per tutto ciò che riguarda il Nirvana Verde.

Non è colpa loro, ovviamente, ma mia. Però è da tempi non sospetti, da quando commentavo le gare dei Piani Resinelli o di Carvico, che mi sono convinto che i ragazzi del Nirvana verde (tutti, nessuno escluso) siano i più tosti, duri, coriacei e temibili tracciatori del circondario. Sapevo quindi che il CLOC sarebbe stato uno scoglio molto duro da superare, sommandosi anche la difficoltà logistica. Tra le possibilità, c’era quella di rinunciare del tutto alle gare, ma in una consultazione del fine settimana precedente si era stabilito che a Piero sarebbe piaciuto salire a Magreglio il sabato per la middle distance, anche per la coincidenza con una successiva “city race” serale a Magreglio, e che a Roberta e Attilio sarebbe piaciuto salire la domenica per la long distance. Quando c’è da prendere decisioni avventate, non sono secondo a nessuno: sarei salito a Magreglio sia il sabato che la domenica.

Sabato la media distanza è davvero tosta per le mie energie residue, e la mia posizione in griglia come ultimo partente (questo era un aiuto arrivato dagli organizzatori in previsione del mio arrivo da oltre confine) mi vede nella condizione di non poter approfittare di alcun “traino” nel bosco. Il percorso è tosto, ma ancora non mi capacito degli errori continui di orientamento che faccio durante tutta la gara! Fatta eccezione per la prima lanterna, dove bastava seguire in discesa le tracce di chi era passato prima di me, per il resto metto assieme solo orrori e scempi. Più volte passo a pochi metri dalla lanterna senza vederla, convinto peraltro che il mio punto sia più avanti, o più a destra, o più a sinistra ma sempre e comunque in un posto diverso. Di sicuro faccio una bella gara di “ricollocamento”, visto che ogni volta devo capire dove sono finito e come ritornare sulla retta via, ma tutto posso dire tranne che aver reso omaggio allo sport dell’orienteering.

Riesco persino a sbagliare il percorso fettucciato (20 metri!) tra la lanterna 100 e l’arrivo…

Come ultimo a partire nella middle distance pomeridiana, sono probabilmente l’ultimo sul traguardo e quindi non c’è molto tempo prima della partenza della city race serale ed i muscoli (seppure di piombo) non si raffreddano molto. Una “city race” sembra il classico appuntamento di puro divertimento per poter dire agli amici di aver fatto una gara in più e tornare a casa con una cartina che gli altri non hanno. Mi aspetto una cosa semplice, tanto il paese di Magreglio è lì che sembra fatto apposta per una corsetta di 15 minuti (per i più forti).

Avevo dimenticato il “fattore Nirvana Verde” (e no, Mario! E’ inutile che mi racconti che la gara non l’ha tracciata uno del Nirvana… gli possino!!! Si vede che basta solo la vostra vicinanza per alzare il livello di puro sadismo dei tracciatori).

Punto 36, poi punto 50 e soprattutto punto 34! Altro che il punto alla base del Santuario di Revine! La partenza è in massa con tutti i ragazzi più forti schierati nelle prime file. Io mi metto in fondo per evitare di essere calpestato dal branco di scalmanati, ed al primo bivio vedo distintamente il gruppone andare a destra ed il solo Marco Seppi andare a sinistra; il mio cervello in un nanosecondo fa l’operazione “Marco Seppi + finali ai Campionati mondiali sprint = si va a sinistra!”. Ovviamente Marco si dilegua a tutta velocità nei successivi 4 nanosecondi. Alla lanterna 46 io entro nel parchetto che lui sta uscendo, alla 44 io entro nella via verso est che lui sta tornando indietro verso ovest, per la 32 decido di girare in senso antiorario attraverso i boschetti grezzi (molto più percorribili di come diceva la carta) ma Marco è già sparito. Il cancello che dovrebbe portare fuori dal parchetto della 60 è sprangato: mentre scavalco l’inferriata sento la voce di una vecchietta a pochi metri che racconta al cellulare “… mi hanno rubato anche il… quello che mi avevano rubato anche la volta scorsa e che avevano poi ritrovato…”. Ho come la sensazione che i presenti, sentendo le parole della vecchietta e vedendo me che vestito in modo improbabile sto scavalcando una recinzione, stiano per tirare fuori la spingarda caricata a sale grosso!

Poiché sono da solo e sto girando in senso opposto rispetto a tutti gli altri, penso “sarà molto bello incrociare il gruppetto dei primi e vedere che si stanno dando battaglia”. Errore. Vedo passare Emiliano. Da solo. Dopo qualche minuto Sanuele. Da solo. Poi Luigi. Sempre da solo. Il percorso è talmente duro che anche i migliori si sono dispersi con distacchi che si misurano con il campanile di Magreglio. L’uscita dalla 36 verso nord-ovest è penosa; per la risalita verso la 34 (e così a prima vista credo che manchino delle curve di livello tra il bordo del recinto e la roccia) vorrei avere in sottofondo l’accompagnamento delle litanìe di Luca Mapelli. Andando verso la 50 incrocio Farah e Roberta che stanno spingendo i passeggini (ma pure il percorso “mamme con il passeggino” è così tosto???) e dico loro di recapitare al traguardo i miei accidenti perché ormai dubito di sopravvivere al massacro. L’ultima parte si corre nel borgo, davvero carino, di Magreglio e mi vede alle prese con qualche passaggio in carta che non corrisponde alla realtà, cosicché mi sorbisco altro dislivello ed altra strada inutile. Al traguardo, completamente “terminato”, ho due sole parole per il tracciatore: “Ma vaff…ulo!!!”. E chiedo di poter cambiare categoria per il giorno successivo.

Dopo una notte di sonno tormentata, risalgo domenica mattina a Magreglio pensando di gareggiare in over-45 (non che sia meno tosta, ma almeno è meno lunga). Lì comincia una specie di fiera degli equivoci… Nelle griglie esposte sono ancora in MA: ok, metto in conto che mi ritirerò a metà percorso e comincio a prepararmi. Poi incrocio Marco Colombo che mi dice che mi ha spostato in M45 (grazie Marco!). Però poi mi dice che il mio orario di partenza è già passato… Alla fine, spiegati gli equivoci alla partenza, partirò per ultimo anche nella Long.


Che è una bella long distance! Solo che allo scoccare dell’ora di gara finisco davvero la benzina residua e, per arrivare alla 14, impiego un tempo da vergognarsi… Comunque tutto è bene quel che finisce bene, ma la prossima volta che il Nirvana Verde ed io incrociamo i nostri passi devo stare molto e bene attento a mettere in chiaro subito le cose al momento di fare l’iscrizione. E di “city race” ne riparliamo… J

Lombardia sprint week-end – 30 aprile e 1° maggio

Si arriva da un altro viaggio, direttamente con il trolley fin sul campo di gara. Il sabato si gareggia a Vedano al Lambro, il meteo dice che dal cielo verrà giù di tutto e quindi sul campo di gara si appoggia una cappa di umidità che mi prosciuga. Come sprint del sabato non è affatto male… davanti a me parte Christopher Gallo che ha appena fatto il record sulla 50 km Lecco-Trezzo, e quindi posso pensare di prenderlo solo se gli tiro addosso un missile Cruise alla partenza.


Dietro di me parte Antonio Cancelli, e devo soprattutto a lui (che i raggiunge e quindi mi tira) il fatto di essere uscito indenne dalle due tirate 7-8 e 9-10… Cerco di conservare quel minimo di dignità nelle prime tratte del Parco di Monda a bordo parabolica, visto che il parco è pieno di famigliole in gita, mi difendo con un po’ di grinta nell’incrocio 10-11-12-13 in mezzo alla piantagione di erba cipollina (le mie scarpe non perderanno mai quell’odore di cipolla!!!), ma la risalita alla 14 sulla collinetta di Vedano è pietosa. Ancora più pietosa la successiva sequenza tra le vie del paese: mi rendo conto di essere davvero lento, ma poi riesco a sbagliare in pieno la 23 e soprattutto la 25 (mi infilo in un cortile privato senza nemmeno essermi accorto di aver superato la stradina dove dovevo svoltare) e sono ad un passo dal mandare a pallino tutte le mie velleità orientistiche maturate in 20 anni di onorata carriera.

La foto simbolo del pomeriggio dovrebbe essere quella di me che, dopo la gara, stanco ed abbattuto, mi allontano verso la statale trascinandomi appresso il trolley. Almeno, così si ricorda di avermi visto Giorgio Gatti… per fortuna quella foto non c’è! E per fortuna che poi la notte tra sabato e domenica si dorme, così il diluvio che alla fine arriva nottetempo rinfresca le idee ed il giorno dopo c’è la bella sprint di Merate.

Sarò sempre legato a Merate, perché lì è dove mi sono laureato all’Osservatorio Astronomico; durante alcune giornate passate a scrivere la tesi, ogni tanto facevo tappa in centro per incontrare qualche essere umano (non che in Osservatorio non ce ne fossero, ma erano tutti così intenti a studiare!) ma non avevo mai osservato così approfonditamente le vie del centro. Irene e Mery tirano fuori da Merate un bel percorso labirintico, ed il mio tempo finale di gara non si avvicina nemmeno un po’ al doppio del tempo di un finalista ai Mondiali come Andrea Seppi che, mi dicono, ha provato il percorso in allenamento durante la settimana per suggerire gli ultimi ritocchi.

Ci sarebbe quindi da pensare di andare a Caorìa e Calaita per i Campionati Italiani Sprint e Middle con un minimo di ambizioni di fare sempre qualcosa di meglio del doppio del tempo del vincitore in Elite…

Campionati Italiani Sprint e Middle – 7 e 8 maggio

… se non fosse che ci arrivo dall’ennesimo viaggio, e l’ago della benzina è in zona rossa, rossa, rossa che più rossa di così c’è solo il bordeaux. Intendiamoci, con tanta o poca benzina salire alla Valle del Vanoi per dei Campionati Italiani vale sempre il prezzo del viaggio e della distanza, soprattutto quando si può contare su uno spettacolo come queste montagne (in caso di maltempo, sarebbe stato da “si salvi chi può!”…).


Anche il paesino di Caorìa si dimostra una bella location per un campionato italiano: un paesino striminzito, una carta lunga molto più che larga (e meno male, perché “largo” avrebbe significato “alto”, ovvero tante curve di livello da attraversare visto che la montagna è a strapiombo sul paese), poche strade ma tanti passaggi tra le case disposte in modo irregolare tra il torrente e la montagna; la location dell’arena di gara è davvero carina anche se molto piccola, con la caratteristica che i percorsi più lunghi (Elite, under-20, over-35) hanno un cambio carta al punto spettacolo, lo stesso punto che per tutte le altre categoria era la “lanterna 100”, ovvero l’ultimo punto di controllo prima del 30 metri finali in curva e in salita. Ne sono venute fuori delle belle scenette… perché non tutti gli atleti hanno letto il comunicato gara o hanno capito se dovevano entrare subito nel curvilineo di arrivo (andando a destra dopo la 100) o proseguire per il secondo loop dopo il cambio carta (andando a sinistra). Si sono visti atleti anche forti, anche fortissimi, anche con esperienza ai Mondiali (Assoluti!) andare verso l’arrivo per poi tornare indietro, o prendere a sinistra anche dopo il secondo giro per poi arrivare a punzonare il finish da direzioni assurde; tutto questo a causa della solita mania di seguire l’atleta che sta davanti!

Alcuni atleti non si sono resi conto che “cambio carta” non significa trovare un’altra serie di cassette da dove raccogliere la seconda mappa, ma semplicemente “girare la carta imbustata dall’altra parte”, dove c’era la seconda mappa con il secondo percorso… il grido “Ma dove è il cambio carta???” seguito dal grido “Gira il foglio, cretino!!!” credo che risuoni ancora nella valle.

Io affronto la partenza, fin troppo in salita, sotto la caldazza delle ore 14 di un assolato pomeriggio nel quale le frequenti fontane diventano una attrazione quasi irresistibile. Se devo dare retta al memorabile resoconto di Dopolavori cui ho messo il link, le mie gambe hanno gareggiato a Caorìa portandosi appresso non solo il ciuchino, ma anche tutti i trolley e tutte le masserizie che ho scarrozzato avanti e indietro per aeroporti in queste ultime settimane. Per fortuna che il passaggio al punto spettacolo – che sarebbe anche la lanterna 100 – è in discesa e mi consente, per l’ultima volta, di fare un po’ bella figura davanti al pubblico…

Nonostante io ce la metta tutta, questa volta il miraggio di fare meno del doppio del tempo del vincitore rimane, appunto, un miraggio. Non mi aiuta di certo il fatto che nel corso del primo giro tra il punto 13 ed il punto 14 provo l’irresistibile desiderio di rotolarmi tra le ortiche, passando per primo nel punto più scosceso del percorso e, di fatto, tracciando il sentiero per tutti gli altri. Per fortuna non ci sono immagini del sottoscritto che si rotola lungo il pendio, ma ce ne sono in abbondanza di un arrivo nel quale la sofferenza incisa sul mio volto racconta più di mille parole… ed era solo una gara sprint!

Sarebbe bello dire che tengo le ultime energie per onorare la gara di domenica al Lago di Calaita, sotto le Pale di San Martino, ma la verità è che di energie non ne ho più. Se ne accorge subito Fabio Dalla Riva che, alle 8 del mattino di un FREDDO mattino di montagna, mi vede arrivare alla partenza dalla parte sbagliata, mi vede partire nella direzione sbagliata e, dopo avermi fermato e spiegato dove mi trovo, esclama con tutto l’amore che ha per il sottoscritto (siamo vecchi amici): “Ma ti sei svegliato stamattina o stai ancora dormendo???”.
Le gambe non ne hanno più. Cerco almeno di limitare i danni facendo almeno un buon orientamento, ma anche quello rimane abbastanza fuori dalla mia portata. Il finale di gara, sotto gli occhi abbastanza attoniti di tutta l’arena di gara che si gode lo spettacolo dell’area nella quale sono posate le ultime lanterne, è a metà strada tra l’increscioso, il “da vergognarsi” e il “ma dove crede di andare quello lì?”. Non credo neppure di aver conservato molta dignità, ma non avevo più nemmeno una goccia di carburante da spendere.



Il fisico, fin da domenica sera al rientro a Milano, ha presentato il conto… E adesso? Adesso si pensa già alle prossime uscite, no? Forse Cunardo (se mi sarò ripreso) e poi il gran week-end della Relay of the Dolomites prima dell’ultimo fine settimana di Coppa Italia pre-ferie estive. Perché sono stanco, sono distrutto, sono demolito… ma sono prima di tutto un orientista: io guardo sempre dove sta la prossima lanterna. Nella speranza di trovarla con un po’ più di vigore, di ardimento, di energia rispetto a come sono andato loro incontro nelle ultime uscite!