Stegal67 Blog

Wednesday, May 27, 2009

11 aprile 1999

Una data da ricordare? Forse... a causa di qualche piccolo fotogramma che oggi affiora nella mia testa bacata e in pieno intontimento da antidolorifici.
Innanzitutto per coloro che si fossero messi in ascolto ed in visione in questo momento: 11 aprile 1999 è la data in cui a Golasecca si corre la gara di Coppa Italia organizzata da Unione Lombarda e quella che oggi si chiama FitMonza. Si vede che sto invecchiando perchè non mi ricordo più il nome della vecchia società degli (allora) fratellini Grassi.

La classifica della HE vede la vittoria di Pradel su Sacchet (due giovani!) e Zanetello (tre giovani!). Al 13° posto in Elite conclude un giovane di belle speranze che qualche soddisfazione negli anni successivi ce ne darà: di nome fa Cristian e oggi corre per l’Erebus :-)
Tra le DB vince Cristina Cairoli, una collega di lavoro che se avesse voluto continuare con l’orienteering avrebbe brasato presto tante ma tante donne Elite.
E per restare nella categoria B maschile, finisce sul podio un tale Andrea Cipriani (secondo) e 22esimo termina un certo Marco Giovannini; non si sa ambedue che fine abbiano fatto: io continuo a cercarli nelle classifiche della categoria B ma non li trovo più... eppure, soprattutto il secondo, non mi sembravano tipi da podio ai campionati italiani. Se qualcuno ne avesse notizie è pregato di fornircele.
La classifica H35 vede la vittoria di Di Stefano su Marcello Pradel, Biella, Arduini, Etter, Bozzola, Pilat, Pruss e Casagrande. Tutti costoro sono ancora lì oggi a rompere i maroni.... ehmmm... volevo dire a gareggiare bravamente! nella stessa categoria, alla quale è approdato anche lo scrivente.
Nelle categorie giovanili non si distinguono particolarmente, finendo nascosti nel gruppone a centro classifica, un tale Klaus Schqualcosa e una tale Michela Guizqualcosaltro.

L’operazione di posa lanterne viene equamente divisa tra le due società organizzatrici: in pratica alle 5 del mattino Simone Grassi “sbranda” (in realtà l’ho sentito arrivare da lontano sulla ghiaia del camping) uno Stegal frastornato dal compito che lo aspetta, ed un tale Remo Madella da poco arrivato nell’ambiente... La posa lanterne comincia con la suddivisione delle aree da battere: Simone e Paolino conoscono bene i nostri limiti, e quindi si prendono cura delle zone più lontane lasciando a noi la posa delle zone vicine al traguardo. La partenza dal camping in piena notte vede Stegal partire in maglietta, magliettone pesante, felpa, tuta e giacca a vento: man mano che il sole si alza e l’umidità del bosco raggiunge il 125 per cento, i vari indumenti finiranno tutti allacciati in vita, rendendo il sottoscritto simile ad una specie di salsiccione spartitraffico... i litri di sudore persi nell’impresa non si contano.

La posa punti eseguita dai due Uellini procede tra il serio (poco) ed il faceto (parecchio). Passi per il punto “albero isolato” in mezzo ad un prato sul quale perdiamo solo 5 minuti tentando di capire da dove arriveranno gli atleti (volevamo metterlo sulla parte nascosta, ma in assenza di riferimenti ad un certo punto decidiamo di metterlo dove capita capita...). Il meglio del repertorio sul punto “avvallamento parte alta” sul quale rimaniamo almeno 10 minuti netti per cercare di interpretare al meglio il significato di quel “parte alta”: la lanterna viene posata e spostata almeno 10 volte, lasciando il terreno ghiacciato crivellato come un gruviera; viene anche simulato l’arrivo del concorrente dal sentiero per capire se la lanterna fa capolino dall’avvallamento oppure no. Alla fine credo che quella lanterna sia stata posata quasi sul sentiero! Indubbiamente è una prova di abilità che immediatamente NON ci qualifica come atti a sostenere una tenzone nella nascente disciplina del trail-orienteering (di cui Stegal millanta conoscenze a profusione in quanto una volta, in quel di Trento, il trail-O era stato presentato come “gara di orienteering su percorso privo di barriere architettoniche”).

Lo speaker che si esibisce quel giorno al traguardo è Matteo Merati, l’unico di tutta l’UL avvezzo ad usare il microfono e con una certa competenza mediatica. Già allora Stegal si distingue per il fatto che, frequentando più i campi di gara trentini che quelli lombardi, conosceva vita e miracoli degli atleti trentini; i suoi suggerimenti, tuttavia, risultano fastidiosi per lo speaker con il quale finisce col litigare all’arrivo di Paolo Dorigati (vincitore in M12); in questa occasione lo speaker si esibisce in un “qualcuno che dovrebbe stare zitto mi dice che si tratta di un atleta trentino del quale non ho capito il nome...”. Da quel momento lo speaker, che peraltro parla a praticamente nessuno perchè l’arrivo è in mezzo ad un campo che dista 200 metri dalla statale (il ritrovo è ancora più in là), viene emarginato dalla crew dell’arrivo :-)

L’arrivo più scandaloso è quello di un certo Andrea Rinaldi che corre inopinatamente in HC, chiede partenza presto perchè forse gli hanno chiesto di dare una mano all’arrivo (come co-speaker?), copre la gara in pochi minuti ed al traguardo si esibisce nella celebre frase “tutto bene... ho corso praticamente sempre sopra la linea rossa”. Dal momento che Stegal è l’unico in zona arrivo (a parte speaker e co-speaker, ma loro sono stati emarginati dal resto del gruppo) che abbia corso almeno qualche volta una gara seria, alcune persone si affollano attorno a lui chiedendo una traduzione in italiano dal klingonian-rinaldese... Ma poiché Stegal nell’anno di grazia 1999 non capisce ancora un fico secco (non è che adesso...), per non fare brutta figura ripesca qualche reminiscenza sportiva ed afferma solennemente “la linea rossa è quella della soglia aerobica... quindi lui dice di aver corso sempre al di sopra dei suoi limiti!”.
L’assurdità di questa risposta si rivelerà al primo gemellaggio quando Baccega dirà la stessa cosa in modo molto meno criptico... seguiranno occhiate perplesse nei miei confronti che durano ancora oggi.

Ma tutto questo svanisce di fronte a ciò che resta negli annali dello sport mondiale per l’unicità della trovata, degna di un McGyver qualunque: poiché l’arrivo è posto in mezzo ad un campo nel quale non c’è NULLA per indicare l’arrivo, giusto per dare una parvenza di serietà alla gara bisogna cercare di issare (o almeno di mostrare.... si sa mai cha passi di lì qualcuno per caso) uno striscione “Arrivo”. L’unica cosa che si eleva al di sopra delle stoppe circostanti, a parte la crew dell’arrivo (che si rifiuta categoricamente di reggere lo striscione per 4 ore) ed i due speaker (che avremmo più volentieri legati ed imbavagliati... ma che questo non dia spunti per future azioni punitive!) è “el coche fantastico” di Stegal che aveva portato fin lì il materiale.

A questo punto scatta il piano: il portellone del bagagliaio della Fiat TIPO 1400 viene spalancato e su di esso viene collocato lo striscione; sembra una sagra di paese male organizzata ed invece è una gara di Coppa Italia nell’anno di grazia 1999 (altro che salsiccione tubolare dell’arrivo, mega-gazebi e cotillon... tutto essenziale e spartano). Alcuni concorrenti buontemponi arrivano sull’ultima stazione del finish e anziché proseguire fingono di volersi buttare nel bagagliaio della mia auto! Anche in quell’occasione, come si ripeterà tragicamente nel corso degli anni, una quadratura tra gli iscritti e gli effettivi partenti non si riuscirà ad avere se non a premiazioni abbondantemente terminate... anzi devo dire che “non si riuscirà ad avere, punto!”, il che costringe qualcuno (di solito Stegal) a rimanere come ufficiale di picchetto al traguardo sia mai che arrivi ancora qualche esordiente non registrato.

Tutto questo per ricordare, soprattutto, la mia vecchia Tipo 1400 che mi ha accompagnato sui campi di gara di mezza Europa ed ha trasportato orientisti e materiale orientistico per ogni dove. Quel coche, compiuto il 15 anno di vita e raggiunti i 216.000 km, è stato alla fine sostituito da un nuovo autoveicolo sul quale è immediatamente trasmigrata l’anima della vecchia vettura (quindi niente lacrime, l’essenza dell’auto è ancora viva e lotta insieme a noi).

Da ieri, quindi, niente più vecchia Tipo sui campi di gara a mostrare orgogliosamente l’adesivo del parcheggio VIP dell’O-Ringen. Ma il nuovo carro mostra giù i segni dell’indole del proprietario, visto che il concessionario stesso mi ha visto allacciare allo specchietto retrovisore un nuovo lanternino bianco ed arancione!

Sunday, May 24, 2009

Premessa.
Sono anche io un po’ vanitoso. Insomma... va bene il low profile da impiegato panzottello, però se di tanto in tanto qualcuno mi fa dei complimenti mi metto anche io a scodinzolare felice come un bracchetto!
Così stasera.
Mando le iscrizioni per il Trofeo delle Regioni. Iscritto in M35, come “il Bellini”, Rusky e Atty. Il primo che rinsavisce è Atty: “Ma quanto è lunga ‘sta M35?”. Rapida ricerca... Stica! 12 chilometri sforzo... maaaaaaa, ma com’è che l’occhio mi cade sulla scritta “M40”?
Accidenti! Ormai corro praticamente solo in Trentino o agli Highlands Open, e lì mica c’è la M40... si passa dalla M35 alla M45.
In pratica, è successo che “il Bellini” si è inserito scientemente in M35 e gli siamo andati tutti dietro.
Panico!
Parte la richiesta di rettifica con spiegazione del perchè e del percome io ormai mi sono bevuto il cervello e non ho controllato le categorie (io che dico sempre agli Uellini di farlo!), e tra una mail ed un sms ed una telefonata arriva un messaggio.

Testo del messaggio.
“Visti i risultati di oggi, secondo me non sfigureresti mica nell’M35. L’ombra magari puoi lasciarla in M40...”

Bene. Dato che so chi mi ha scritto quel messaggio (e non è mica uno qualunque!), annuncio al popolo orientista che in questo momento sono alto 3 metri e 80, cammino a 50 centimetri da terra e Brad Pitt mi fa un baffo! E sto scodinzolando come un bracchetto!

Innanzitutto diciamo che questa faccenda dell’ “ombra” sta prendendo piede. Io ho fatto outing ma oggi almeno cinque amici al Rifugio Maranza mi parlavano della loro ombra... e anche questo mi rende felice perchè in fondo vuol dire che non sono l’unico a pensare che tra tutti gli avversari in classifica, a tanti piace di più lasciare indietro i nostri limiti e le nostre titubanze. Anche Walter Peraro oggi è arrivato al traguardo sorridente e mi ha detto “Oggi abbiamo sconfitto il bosco!”.

Il bosco di Maranza, appunto. Ovvero: dove non avrei dovuto andare. Perchè tra campionati italiani, altoatesini, HOP, coppe Italia, due giorni di qua e di là e poi JTT il calendario del “vorrei ma non posso” stava per creare una settimana di pausa proprio in corrispondenza della gara a Maranza. Che non è la Maranza dell’Alto Adige (Meransen), e quindi nel gruppo GOK-the-originals si pensava già ad un fine settimana di lavaggio panni e pulizia della vituperata casetta.

Poi tra le previsioni del caldo torrido di Milano e il “in fondo perchè non fare un’altra trasferta” visto che il posto è bello, l’unica remora era rimasta il fatto che la trasferta fosse per una gara sola. Detto = fatto: gara al sabato pomeriggio al Passo del Cimirlo e les jeux sont faits!

Inciso sulla gara al Cimirlo.
C’erano una volta le gare del CSI con 30 partecipanti e percorsi tranquilli da scampagnata orientistica... c’erano, appunto! Oggi le (belle!) gare del CSI si accompagnano a percorsi temibili, ed hanno persino guadagnato nella partecipazione: se da un lato si sfiorano i partecipanti di un Trofeo Interregionale Nord-Ovest, dall’altra non saprei dire se è stato più duro il “Trofeo della Grotta” nel pomeriggio della staffetta italiana di Jenesien, la gara alle Pozze di Sant’Osvaldo nell’agosto 2008 o quella di ieri al Cimirlo. Così a naso direi quella alle Pozze tracciata da Federico Sbetta... te possino! :-) ma le altre due di Augusto Cavazzani si piazzano a breve distanza. In ogni caso una bella sabato-pomeriggio per assaggiare le salite della zona e per vedere un bosco del tutto nuovo a pochissimi passi da Trento (e poi non venitemi a dire “eh! sai... Trento non è mica bello come il Primiero...” ... ma venite a Milano a giudicare, poi vediamo!!!).

Sana mangiata serale e poi compattamento domenicale del gruppo GOK al Rifugio Maranza (dove in totale buona fede ho potuto usufruire del parcheggio VIP, essendo tallonato dal Maresciallo in persona lungo la salita). Il tutto in tempo per vedere l’arrivo in scioltezza su una erta da paura del campione del mondo di corsa in montagna Molinari e di tanti altri appassionati del genere (tra cui anche alcuni attempati e anche mica tanto snelli signori, il che consente a Bibi di apostrofarmi con un “tra qualche anno potrai sempre provare con la corsa in montagna...”).

La gara.
La gara è stata veramente bella, tecnicamente prima ancora che fisicamente. Direi proprio “challenging”.
Vorrei lanciare un parametro di confronto per le gare orientistiche.
Se gli impiegati panzottelli che non corrono molto riescono a fare, per almeno metà gara, una prestazione parallela a quella dei migliori (escluso il Maresciallo hors-categorie), allora la gara è inequivocabilmente di O-R-I-E-N-T-E-E-R-I-N-G.
Io mi offro come cavia per la categoria “impiegati panzottelli”.

Partenza non facile, a valicare subito delle belle collinozze con discese da affrontare con il rallentatore di velocità, ma il radar da zona punto deve entrare in funzione immediatamente. Cosa che con il punto 2 non mi riesce bene, infatti da dietro arriva bello come il sole Andrea Cip con un passo da giornata delle grandi prestazioni. Alla 3 raccatto ma vengo prestissimo staccato dall’amico Enrico Isma, un altro che “se riuscissi a correre come lui” mentre Cip se ne va indisturbato oltre l’orizzonte. Alla 4 sono da solo. Alla 5 arrivo al punto e... da 3 punti diversi sbucano Cip, Enrico e la new entry Marco Giovannini! In zona anche Ennio V. altra tuta dei pandughi.

Punto 6 nuovamente da solo, ma alla 7 mi accorgo che il punto sta a sinistra e non a destra della lingua di terra... mi lascio crollare di schiena sullo scosceso pendio terroso mentre con i piedi remo per non perdere velocità di caduta (si Paolo! Quello che hai sentito ero io...) e di nuovo nel piccolo orizzonte della lanterna ci sono Enrico, Marco ed Ennio.
Per il punto 8 ritorno da solo, ma nell’attaccare il punto entrano in scena da destra ancora Enrico e Marco. Prendo la direzione del punto 9 e sento una voce... il Cip!... che mi supera da dietro lungo la salita.

Direi che ce n’è di basto ed avanzo per considerare il “parametro” di cui sopra!
A questo punto la stanchezza prende un po’ il sopravvento. Davanti non vedo più nessuno fino ad una difficile buca sul costone sulla quale mi fanno da riferimento ancora Ennio ed Andrea Segatta. Poi Andrea volerà via con i piedi alati, mentre io ed Ennio arriveremo insieme (su scelte sempre moooolto personali e, le mie, discutibili... se non altro quelle che mi vedono ancora crollare sulla schiena per affrontare a mo’ di toboga i pendii terrosi!) fino al traguardo.
In classifica mi troverò battuto di poco da Enrico I. che non ha mollato la presa sui primi, mentre nel carniere addirittura infilo per la prima volta (statisticamente prima o poi doveva capitare) lo scalpo di Rudi Mair!

Che dire... a posteriori, questa trasferta sulla Marzola mi ha a dir poco esaltato. I boschi sono veramente tecnici, la visita al rifugio è paesaggisticamente attraente, l’accoglienza è sempre ottima ed è stato veramente a malincuore che abbiamo ripreso la strada di casa. Credo che questa carta meriterebbe un appuntamento ancora più importante, purtroppo c’è il limite di una situazione logistica veramente estrema per portare i concorrenti al ritrovo. Forse una piccola aggiustata alle curve di livello in qualche punto non guasterebbe (per quanto può capirne l’impiegato panzottello).

Ma per quanto riguarda quest’ultimo punto non è che me ne importi tanto in questo momento sono alto 3 metri e 80, e cammino a 50 centimetri da terra. E sono un orientista: quel mollaccione di Brad Pitt lo lascio ad Angelina Jolie!

Ps: se qualcuno avesse una cartina M35 di avanzo... la mia si è disintegrata durante l’ultima “tobogata” sulla discesa verso la 100!

Friday, May 22, 2009

B: Che titolo diamo a questo pezzo?
S: Direi ... Togliete la tastiera a questo folle! Oppure... Gli Highlands Open guardano al futuro
B: Allora facciamo la seconda che è meglio!

Eppure...? una volta o l'altra lancio un poll!
Licenze poetiche? Field of dreams, Shoeless "I'm afraid so, boy" Jackson, Chicago White Sox a manetta... ma anche un milanesissimo Marco Giovannini.
Per il resto ci si doveva essere per capire. E anche per vedere a 10 mesi di distanza la volata di Brozkova sulla piazza...

http://www.fiso.it/04_notizie/dettaglio.asp?id=3414

“If you build it, they will come” (“Se lo costruisci, loro arriveranno”)
– Field of dreams (L’uomo dei sogni) - 1989

Nel film di Phil Robinson, la voce che si rivolge a Kevin Costner lo convince a seguire un istinto che lo porta a costruire un campo da baseball proprio dietro casa: se lo costruisce, se lo manterrà vivo, i campioni sarebbero tornati.
Chissà se questa bella trama si può applicare anche ad Asiago, in special modo alla piazza principale che nel 2008 ha ospitato una autentica folla (si, anche l’orienteering italiano ha avuto i suoi bagni di folla...) sul rettilineo d’arrivo della gara sprint, con la campionessa del mondo Dana Brozkova a piombare vincitrice sul traguardo.
Sono convinto che quando gli orientisti che hanno vissuto quella giornata passano da Asiago, possono sentire ancora riecheggiare i passi e gli applausi di quel giorno.
Forse è questa una delle chiavi di lettura degli Highlands Open 2009, manifestazione internazionale di orienteering che ancora una volta torna a nutrirsi della sacralità dell’Altopiano dei Sette Comuni.

Si, se lo costruisci torneranno... se la tradizione di questa gara verrà costruita e mantenuta in vita anno dopo anno, i campioni torneranno. Magari per un Trofeo delle Regioni, magari per qualcosa di ancora più importante. Magari, chissà, per l’Evento Più Importante Di Tutti.

ecc.ecc.ecc.ecc...............

Tuesday, May 19, 2009

Sono rimasto parecchio indietro con le mie avventure orientistiche (ori-deliri, li ha definiti qualcuno). Ed il motivo potrebbe essere questo: quando le gare sono un intermezzo tra una settimana ed un’altra di sfuriate lavorative, anche il blog diventa un modo per allungare il tempo trascorso nel bosco.
Se invece gli ultimi 10 giorni sono trascorsi tra trasferte (... sembra l’incipit di “certe carte carsiche”...) di lavoro piacevoli con gente che finalmente apprezza i tuoi sforzi senza trattarti come una pezza da piedi, e poi con qualche giornata a crogiolarsi tra le montagne del’Austria, ecco che la sera il richiamo della tastiera non è poi così forte.

Appunto. Basta tornare in ufficio... et voilà! Ecco che si apre il blog :-)
Comincerò allora dall’ultimo episodio: HOP 2009 ad Asiago. Poi recupererò Giubiasco e Sesto San Giovanni, e dedicherò un pensiero ad una fedele (insomma....) compagna di viaggio che dopo 15 anni di onorato servizio, anche di onorato servizio dell’orienteering, sta per passare le consegne.

Asiago è sempre Asiago. L’Altopiano è sempre l’Altopiano. Voglio tornarci, e tornarci ancora, e tornarci ancora. E’ come una droga sottile che ti prende quando scollini da Tresche ed improvvisamente appaiono i pratoni ed i boschi sullo sfondo ed i campi pieni di tarassaco giallo. Potrebbe essere una gara regionale, o promozionale, o il Campionato del Mondo ed il fascino sarebbe sempre lo stesso.
Il gruppo GOK raggiunge il campo gara alla spicciolata: “The Originals” in tempo per godersi una mezza giornata nel bosco del Laghetto Spillek, che sarà anche “la peggio carta dell’Altopiano”... ma insomma ragazzi! dovreste vedere certi posti dove corriamo noi per capire che Spillek è già la porta del Paradiso per quelli come noi che “guarda bene come ci ha \ conciati \ la metropoli”.

Il lungo fine settimana di Asiago inizia però con la Coppa Italia di Trail-O sulla carta di Cesuna. La descrizione del percorso, delle difficoltà e delle sensazioni ripercorrerebbe in gran parte il blog di Marco Giovannini, ma lui è arrivato per primo a scrivere il blog e quindi non sto a ripetere descrizioni ridondanti del percorso. Direi che, rispetto all’anno scorso, me la sono cavata meglio nel bosco di Asiago ma continuo ad essere più in difficoltà rispetto ai percorsi più antropizzati. Sono partito abbastanza bene sui punti a tempo e me ne sono andato sui primi punti, come a Loco, con la convinzione di essere ancora a quota zero. Il risultato è che ho preso una cantonata totale al punto 2, sul quale la risposta unica B (unica plausibile) è stata sostituita all’ultimo decimo di secondo da una Z senza senso, il che ha costituito per me il motivo di sconforto del dopo gara: come diavolo faccio ad avere dei simili cali di concentrazione? Una posizione finale attorno a metà classifica che se non altro contribuisce ad abbassare il tasso di pressione dopo la seconda posizione di Loco! I bagni di umiltà sono sempre ben accetti... e questo non sarà l’ultimo del week-end.

Considerazioni sul percorso: non ci sono più punti banali! Il livello tecnico delle gare si sta alzando e non è più sufficiente essere “intuitivi” per ben figurare. Bisogna studiare, applicarsi, ricordarsi degli errori fatti nel passato e delle esperienze pregresse, e sperare magari anche in un solo errore in meno per affrancarsi dal gruppone ed emergere nelle prime posizioni. Bravo Remo!, ormai una sicurezza in campo nazionale, ma anche i responsabili della gara Roberta F., Giuliano M. e Roberto M. Soprattutto i primi due tra tracciamenti e direzioni gara non compaiono quasi mai nelle classifiche, ma è anche grazie a loro se le gare stanno raggiungendo un buon standard rispetto ad alcune kermesse poco edificanti viste nel passato.
E visto che si sta parlando di poco edificante... beh! Vorrei lasciar perdere del tutto ma non ci riesco. Il messaggio che vorrei lanciare da questo blog è il seguente: se io dovessi indicare un orientista che incarna in tutto e per tutto il significato di sportività, nel senso più pieno e disinvolto della parola, farei il nome di Marco Giovannini. Lo farei anche a confronto con tanti amici dell’Unione Lombarda e del GOK stesso, lo farei certamente anche a confronto del sottoscritto. Il solo fatto che qualcuno abbia potuto pensare ad un suo coinvolgimento in trovate poco edificanti durante la gara è... come dire... diciamo che, per contrappasso, le ore successive hanno dato una conferma alle mie parole e questo mi basta.

Ma adesso si arriva alla GARA. Agli Highlands Open. Eccoci.... eccoci sull’Altopiano con la A maiuscola! I boschi da mille ed una notte e le aree con i labirinti rocciosi, il verde bellissimo ed i passaggi più tecnici tutti in una volta. Ed io sono ancora qui, non importa se quest’anno è solo una gara regionale (con un livello organizzativo da Campionato Italiano, però!). Voglio far bene, perchè questa è la gara che mi piace e perchè questi percorsi meritano da me e da chiunque altro il massimo dell’impegno.
La mia “ombra” gira intorno preoccupata... Tanabek e Langabisa non sono proprio i suoi terreni preferiti. Qui sono IO quello che può dare il meglio.

Parto. Prime lanterne fatte bene anche se non benissimo, ma non importa. So che per dare il meglio e per poter partire “a caccia” la domenica è sufficiente non fare il vaccatone siderale. Raggiungo e supero “il Bellini” e mi lancio sul sentiero verso il primo loop di lanterne lontane. Sulla 5 vengo raggiunto da Renato Bettin che mi parte due minuti dietro, ma non è un problema e fino alla 8 sono praticamente nei suoi paraggi. Il fatto è che andando verso la 9 comincio a perdere contatto con la carta: sento (a posteriori me ne accorgo in modo chiarissimo) che la tattica comincia a diventare “vado in quella zona lì e poi vedo cosa fare per trovare il punto”. Che può andar bene al Parco delle Cascine... ma non a Tanabek! Purtroppo\perfortuna questa tattica, che può solo portare al suddetto “vaccatone”, si rivela positiva almeno per 3\4 punti. Magari perdo 1 minuto o poco più ad ogni lanterna rispetto al meglio che potrei fare, ma mi accorgo che ogni volta c’è qualche oggetto o una forma del terreno che in zona punto mi butta sulla lanterna, anche ripercorrendo all’indietro qualche decina di metri. Mi sento bravo a giocare al “ricollocamento in zona”! A 3 punti dalla fine sono in corsa per un tempo inferiore all’ora e 10; a 2 punti dalla fine raccatto un master che mi chiede dove sia la 84 ed io rispondo “la sto cercando... ma ti ci porto solo se stai zitto e mi lasci concentrare... ed incrocia le dita anche tu, c$£&o!”. Trovata al primo colpo.

Ecco. La gara è finita. Il penultimo punto è una buca vicina al traguardo... guarda, c’è persino un bel bivio di sentieri a 50 metri dal punto. Da lì in costa fino alla buca. Ci sono anche altre due buche vicine, se proprio dovessi sbagliare. L’ombra rimasta è lontana, indietro. Non ci penso nemmeno più. Sono al bivio... entro nel bosco... resto in costa... vedo una buca lontana... vuota!

... VRUUUUMMMM primo passaggio

Vabbé. Questa è una buca. Dunque... è quella a est o a sud del punto? E’ quella a sud! Vado a nord e....

... VRUUUUMMMM secondo passaggio

Niente. Allora doveva essere quella ad est. Torno indietro qualche metro per riattaccare il punto e... non trovo nemmeno la buca da cui sono partito! Ma se era qui... a 20 metri!

... VRUUUUMMMM terzo passaggio

Ok. Calma. Vedo lontana l’ombra che si avvicina. Mi sta riprendendo mannaggia! Calma. Devo ritrovare un punto d’attacco. Vado al sentiero che si affaccia sul traguardo e dal bivio rientro nel bosco. Ecco che ci sono, ecco che rientro nella zona rocciosa...

... VRUUUUMMMM quinto passaggio

Candid Camera. Sono su Candid Camera! Oppure sono finito in un’altra dimensione... ma sarò finito in un’altra zona di bosco? Le sto battendo palmo a palmo queste buche! Vedo una tuta della Catalunya... una WA. Ma da come corre ha già trovato il punto... allora è qui in giro! Risalgo la linea immaginaria pian piano...

... VRUUUUMMMM ennesimo passaggio!

Niente. Passa Jessica Orler. Passa Nicole Scalet. Passa un’altra tuta della Catalunya. PASSA ANCHE LA MIA OMBRA, e ride quella bastarda!!! Ha trovato il punto anche lei ed io sono ancora qui nel bosco!
Improvvisamente, a 20 metri da me attraverso un corridoio di alberi, vedo una buca larga quanto le fondamenta di una casa... con la lanterna. Come ho fatto a non vederla finora? Arrivo alla lanterna e intravedo due figure: Martina Corona ribaltata in due dal ridere e Cosimo Guasina con in mano una macchina fotografica.
Il mio aplomb è proverbiale.
“Fancu*o! Fancu*o a me!! Fancu*o alla lanterna!!!”
E mentre esco dal punto sento Cosimo che ride come un matto:
“Sei rovinato...” e continua a ridere.
E il mio pensiero è “Avrà scattato solo una foto... vero?”

La mia calma olimpica si manifesta anche dopo il traguardo. Sono troppo arrabbiato con me stesso e comincio a lanciare in giro split times, bussola, sicard, bandana fradicia... Prendo u il mio zaino e me ne vado di volata! Tanto in giro (posso vederla solo io ma c’è) c’è la mia ombra che ride e mi prende in giro e parla con le ombre degli altri amici e tutte quante mi ridono addosso.
Cosa le faccio a fare queste gare se poi mi perdo in un bicchiere d’acqua??? La delusione è enorme.

Poi arriva domenica mattina.
Le cose che sono successe in mezzo sono: buona cena, arrabbiatura sbollita, bella compagnia con il GOK in gran forma, quattro chiacchere con Lorena Frigo che gestisce il Rifugio Verena a rimembrare gare della Coppa del Mondo e telecronisti del passato...
Sole. Testa a posto. Parto per la caccia perchè ho un distacco di 18 minuti da Rusky. La faccia è quella giusta. La musica che esce dagli altoparlanti è quella giusta. Il bosco è quello giusto.
Ho Davide avanti 90 secondi, poi Oscar a 6 minuti, Marcello B. (Agorosso) a 8 minuti, gli altri più lontani.
Raggiungo Davide alla 1. Mi stacca alla 2. Lo supero alla 4.
Visto che ci siamo, ci tiriamo vicendevolmente il ritmo sulla tratta lunghissima verso la 5. Loop. Avanti io di 30 secondi, avanti lui di 20 secondi... e vai così.
Seconda tratta lunghissima. Ancora ci tiriamo a vicenda per la terna 11, 12 e 13 incrociando Alessio che tira ad una velocità assurda ed Emiliano dietro 50 metri che sembra sul punto di mollare ma non molla. Terza tratta lunghissima. Avanti io dei soliti 30 secondi ma Davide torna sotto alla 15.
Prendo il volo verso il punto spettacolo e compaio nello spiazzo dell’arrivo; sento lo speaker che mi sta annunciando e decido che devo sparire di volata!!! Non importa in quale direzione ma devo sparire! Prendo una collinetta e mi ci butto dietro di corsa... corro in mezzo ai sassi senza nemmeno guardare troppo la carta perchè devo vedere dove metto i piedi. In fondo al mio tunnel di corsa pazza lontano dagli occhi dello speaker.... una lanterna: è la mia! (il signur-di-ciuk degli orientisti talvolta guarda verso di me...).
Ma non sono solo. Davide è sempre dietro 50 metri e sulla penultima lanterna, che questa volta affronto con una certa circospezione, è giunta ora di dichiarare chiusa la tenzone: stretta di mano e arrivo in comune, ma con un amico come Davide e non con la mia ombra (che forse avrà fatto gara parallela con l’ombra di Davide, ma tanti minuti indietro!).

Poi sotto il sole di Langabisa arriva il momento dei commiati e dei saluti.
Non so ancora se il filmato di Cosimo girerà su internet, ma l’ho visto e mi sono fatto quattro risate (per molti quel filmato sarà incomprensibile, ma come diceva Neil Armstrong “Io c’ero e so quel che dico”).
Mi dicono che l’anno prossimo per l’Altopiano sarà il momento del Trofeo delle Regioni, poi forse di qualcosa di più, poi forse verrà il turno di qualcosa di “molto di più”. Qualunque evento il futuro abbia in serbo per questa zona, mi auguro che ogni volta ci saranno sempre più orientisti impegnati a dare il 110 per cento di se stessi su uno dei terreni che in Italia e nel mondo portano scritto “orienteering” in ogni appezzamento di bosco.
Io quest’anno ci ho provato; non mi sarà andata bene ad ogni lanterna ma almeno posso dire di essermi divertito molto, di aver rispettato la sacralità dell’Altopiano e l’impegno di chi ogni anno fa in modo che io ci possa tornare.

Grazie Erebus!

Ps: anche per questo
www.youtube.com/watch?v=zcPod_xIwp0

Saturday, May 02, 2009

Prima legge di Rudi Mair: “Prima vedere oggetto, poi vedere lanterna!”
Corollario di Galletti: “Se Rudi traccia a Deutschnofen, iscriviti!”

Se il teorema non si discute, il corollario quest’anno stava per saltare per aria. Visto il calendario delle gare, nella sede itinerante del GOK a cominciato a serpeggiare un vago sapore di wurstel e birra bavarese... Due gli appuntamenti candidati a raccogliere la fame... pardon! la fame di lanterne, ovviamente!... dei GOK-kini: Deggendorf a Pasqua e Regensburg ad inizio maggio.
Messa da parte Deggendorf per concomitanze varie e collocazione tra altre trasferte, si è deciso di puntare su Regensburg per il Ratisbona Open, coinvolgendo nell’operazione Marco G. che quando si tratta di andare a scoprire cartine nuove in bei posti si offre sempre disponibile.

Poi altre concomitanze, altri impegni... tira questo, molla quello, si parte da qui e si finisce là e di passaggio magari ci si ferma... no, si devia... eppure Monaco non stava tra Milano e Venezia basta una piccola deviazione??? Insomma alla fine abbiamo dovuto rinunciare anche a Regensburg. Praticamente a mezz’ora dall’iscrizione. Praticamente con Marco G. già iscritto (e poi convocato per la selezione regionale, ma è un’altra storia).
Cosa si può fare allora nella giornata del 1° maggio? Deutschnofen, no??? Era tanto semplice!

Ora, io non vorrei che si pensasse che per me ci sono tanti Paradisi; per me a Deutschnofen potrebbero anche non tracciare mai più una gara che io in un bosco del genere ci andrei lo stesso. Non so dove l’ho già scritto in passato, ma i boschi dove il TOL è uso tracciare il campionato sudtirolese a lunga distanza sono “i miei” boschi, quelli dove potrei sdraiarmi sotto un albero a riflettere e filosofeggiare per una giornata intera, quelli dove passeggiare senza meta con il muschio sotto i piedi che ti da la spintarella giusta, quelli con i prati verde smeraldo ed i boschi sullo sfondo nei quali la visibilità arriva fin dove consente la mia miopia, quelli dove non si trova un rovo che sia uno (ed i verdini 1 della carta sono solo zone con i rametti un po’ più fitti...).

Insomma. Anche quest’anno si è ripetuto l’appuntamento con il 1° maggio in SudTirolo. Peccato che quest’anno le cose non siano andate del tutto nel verso giusto.
Già la collocazione della zimmer nella quale abbiamo alloggiato: una deliziosa casetta in mezzo a prati e boschi addirittura a ben 200 metri dal ritrovo, e a 200 dalla partenza che era in direzione opposta! E la fatica, le sveglie all’alba, i faticosi trasferimenti verso il ritrovo dove li mettiamo? :-)
No, stavo scherzando: anche quest’anno tutto è andato per il meglio che “più meglio” non si può!

Ecco quindi che alle 7.45 Stegal, già sveglio ma in pigiama, va a disturbare gli organizzatori già in avanzato stato di completamento dell’area arrivo... accompagnato da uno stuolo di coniglietti marroncini con la punta delle orecchie ed il codino bianco, che erano lì a far la pappa nel prato davanti alla camera. Non posso mica fare una gara “cattiva” in queste condizioni...! :-) Vabbé, almeno non ci sono i caprioli... si, ci sono anche loro (4), dall’altra parte del prato che brucano in santa pace. Li incontrerò anche durante la gara.

Sta di fatto che sono partito, ho preso la mia bella M35 long tracciata da Rudi “no limits” e sono andato al mio primo punto proprio sotto la linea rossa. Poi il secondo... sotto la linea rossa, poi il terzo... sotto la linea rossa. Poi il quarto, il quinto...
Lento? Ok, lento... sono sempre l’impiegato panzottello, no? Ma che bell’orienteering che si riesce a fare in questi boschi e su un tracciato simile! E sempre, dico sempre, “prima trovare oggetto, poi trovare lanterna”. Ci stavo riflettendo al quarto punto: una lanterna in mezzo alla palude: PRIMA ho visto la paludina, POI ho visto che in mezzo ci stava la lanterna. Bellissimo. L’ho già scritto? Lo ripeto!

Probabilmente la gara avrebbe potuto andare avanti così per un bel pezzo, se non fosse che è successa nella lunga tratta 6-7 di trasferimento una cosa poco bella: una fitta terribile ed improvvisa al costato che mi ha tagliato gambe respiro e soprattutto mi ha fatto un po’ spaventare. Lato destro, tra le costole. Gambe tagliate, fisico piegato in due a cercare di assorbire il dolore, e purtroppo testa che si chiede se non sia il caso di mollare tutto e tornare al ritrovo (visto che mi stavo dirigendo verso la parte opposta della carta). Francesca “Pelli” sbuca da un sentiero a destra e penso che mi abbia visto con una faccia che la diceva tutta...
Ho trovato la forza e lo stimolo per proseguire al passo (non oso pensare al tempo di tratta) ed alla fine sono arrivato tutto solo al settimo punto, in un bosco ancora più bello e silenzioso e da pace interiore di quelli attraversati prima. Lì mi sono ripreso, e da lì ho continuato con la stessa identica tattica: linea rossa, linea rossa, linea rossa con qualche deviazione un paio di millimetri a destra o a sinistra.

Domanda: ma sono io che ho cominciato a capire i tracciati di Mair? O sono questi boschi che mi rendono un orientista migliore? Mi rifiuto di credere che fosse un tracciato facile. Forse a Deutschnofen tutto mi riesce facile perchè so sempre dove sono e so sempre dove devo andare; guardo la cartina ed è immediato pensare che il prossimo punto lo troverò anche se è nel pieno del bosco bianco, che quello dopo lo troverò con la scelta così e cosà, che quello dopo ancora posso andare su per la paludina e poi uscire nel semiaperto, e poi e poi e poi si arriva al traguardo. Anche se mancano ancora 10 punti! Non importa. E’ il MIO elemento e questo bosco è il MIO amico.

Non ho più sentito quel dolore, non ho avuto più difficoltà (se non la fatica dopo il 13esimo punto detto “scalata al Golgota”) e sono arrivato felice al traguardo. Divertendomi nel vedere un gran duello tra i grandi Gino Vivian, Renzo De Paoli e Giancarlo Dell’Eva che mi correvano intorno (probabilmente anche disturbandosi l’un l’altro...); divertendomi nel sapere che la mia scelta 14-15 è stata molto apprezzata da Nicolò Corradini, il quale mi dice “Lì hai guadagnato qualcosa su di me” ed io vorrei poter rispondere “Nicolò! Vuol dire che lì avrò perso un paio di minuti di meno...!”.

Insomma, ancora una volta al traguardo con la sensazione che se solo le gambe ne avessero avuto la forza mi sarebbe piaciuto tornarci subito in quel bosco.
Ed è stato esattamente quello che abbiamo fatto Bibi ed io nel pomeriggio: cartina M35 e W35 in mano e via di nuovo alla partenza e a fare tutti i punti tecnici dei nostri percorsi, nello stesso senso ed in senso contrario e mescolati e shakerati!
Ok, la cartina di Deutschnofen probabilmente dovrebbe essere rivista in qualche punto. Ma io l’ho chiesto ufficialmente ad Ernesto Rampado: quando ci torniamo a fare un Campionato Italiano Long? Ne sarei veramente felice, spero un giorno di essere accontentato.

Ps: esisterebbe anche una classifica finale, ma non ci ho badato molto. Credo di essere arrivato settimo, davanti a me Massimo Lazzeri ed Enrico Isma prendono la rivincita dopo Civezzano. Ma, davvero, ci ho solo dato una occhiata di sfuggita: era la cosa meno importante di tutte, ieri 1° maggio.

(scritto il 2 maggio, sul treno che da Verona mi porterà infine a Giubiasco – 4° prova TMO ticinese)