Stegal67 Blog

Wednesday, March 25, 2015

Yes! I'm a World Record Holder in orienteering!

Thierry Gueorgiou, Simone Luder, E poi Stegal.

Quando il ciclo di vita della Terra sarà vicino al suo compimento, ed i pro-pro-…-pronipoti degli orientisti che hanno calcato i campi di gara nel 21° secolo sussurreranno le imprese di coloro che hanno impresso a forza il loro nome tra le stelle del firmamento, questi tre nomi saranno i protagonisti dei racconti

Thierry: 12 volte campione del mondo, ed il tassametro corre ancora!
Simone: 20 volte campionessa del mondo, ed il tassametro POTREBBE correre ancora se solo lo volesse; c’è forse qualcuno che pensa che non avrebbe potuto facilmente vincere il Mondiale Long a Lavarone?

Ma, sopra ogni altro primato, si staglia il record mondiale, quello unico ed imbattibile, di Stegal: una prodezza inimitabile, scolpita a chiare lettere nel diamante, e questo grazie al progresso della tecnica.
Perché, a dire il vero, forse non è ancora nato colui, o colei, che in un futuro lontano potrebbero battere i record di vittorie di Thierry e di Simone; ma potrebbe! Soprattutto se l’IOF comincerà ad assegnare medaglie mondiali ad minchiam per ogni tipo di competizione: attendo con poca ansia il mondiale in notturna, la middle a coppie con due piedi legati tra loro, la sprint bendati, la beer-relay…

Invece il progredire della tecnica ha reso il primato di Stegal ormai irraggiungibile. Il progresso, quello si, ed anche la statistica!

Stegal. Ma voi che lo conoscete, lo avreste mai detto? Stegal. Il detentore di un record del mondo assoluto nel mondo dell'orienteering! Dario P. può risparmiare le facili ironie: non è il record del mondo, che sarebbe pur sempre di Stegal, per la scelta di percorso più allucinante e assurda, o per l’impresa di aver impiegato (sempre Stegal) in una singola tratta del percorso un tempo maggiore di quello del vincitore dell’intera gara.

No. Si tratta di un record ancora più incredibile. Ancora più sensazionale. Ancora più inimitabile. Mi chiedo ogni mattina, al risveglio, come mai non sia stato io ad andare a SuperQuark da Piero Angela, o al giochino pre-serale “Indovina la faccia” (o come diavolo si chiamava).

Altro che i campioni del mondo!

Io sono l'unico, l’unico al mondo, ad aver ricevuto per CINQUE volte l’unica cartina, l’UNICA sottolineo, sbagliata in una competizione orientistica. Attenzione al lessico: l'unica carta tra tutte quelle preparate dall’organizzazione! L’unica mappa errata presente in una qualunque cassetta posta dopo la partenza.

Non la mappa di una zona mal cartografata nella quale un sasso non è riportato correttamente... quello capita a tutti i concorrenti che passano da quella zona o hanno quel tal percorso. Non un percorso con un punto posato male… perché l’inconveniente sarebbe comune a tutti i partecipanti del percorso.

No, parlo proprio dell’UNICA carta di gara tra TUTTE quelle che sono state impiegate da TUTTI i concorrenti in gara. A quanti di voi è mai capitato? Una volta, passi. Magari tanti di voi conoscono qualcuno a cui, una volta, può essere capitato. Magari a Tenani, che ha fatto mille e passa gare, sarà capitato due volte.

Ma CINQUE VOLTE?

Ecco. Voi che mi conoscete, potete andare fieri e raccontarlo agli amici ed essere invidiati e invitati alle feste per raccontarlo: avete un solo grado di separazione da uno a cui è capitato CINQUE VOLTE.

Non una.
Non due.
Non tre.
Non quattro.

CINQUE.

L’ispirazione mi è venuta da due distinti input. In questo periodo, causa infortunio, poca voglia, impegni di tipo diverso, non ho altre gare da raccontare (farò tra un po’ un breve resoconto del mio mese di marzo… so che in tanti lo stanno aspettando – come no?). Inoltre sul forum britannico “Nopesport” ho letto la disavventura, raccontata da quella che mi sono figurato come una arzilla signora, di una concorrente che lamentava di aver ricevuto una mappa sbagliata con le conseguenze del caso: gara gettata al vento, critiche verso gli organizzatori, organizzatori che dicono di aver fatto tutto il possibile per evitare gli inconvenienti, regolamenti che indicano il responsabile dell’errore, persone che dichiarano di dover ricoprire quel tal ruolo in futuro e che se ne guarderanno bene dal controllare una ad una 3000 cartine…

Non sanno, tutti costoro, che ognuna delle mie CINQUE gare è scolpita nitidamente nella mia mente, e che ricordo ognuna di queste con un sorriso: si, io per cinque volte ho avuto in regalo qualcosa di veramente UNICO.

Pronti ad aprire con me il libro dei (miei) ricordi? No? E a me che cosa me ne frega?

*** ***

Numero UNO: Monte Tablat.

Ah! Il Monte Tablat. Che posto incredibile per fare orienteering! Ricordo la mia prima volta, nel 1996: una sensazione quasi unica (ma non rara, purtroppo) di non essere davvero all’altezza di quel terreno; incomprensione della cartina e del percorso quasi totali, dalla partenza all’arrivo; la perplessità ad ogni scelta, ad ogni errore, quasi ad ogni passo. Arrivare al traguardo con lo sguardo smarrito della lepre davanti agli abbaglianti dell’auto in corsa. Una sensazione, peraltro, ampiamente condivisa da chi, come me, era salito al Tablat dalla pianura lombarda con una esperienza limitata ai parchi milanesi ed alle cartine vallonate della Brianza.

Nel 1997 il gemellaggio Trentino-Salisburgo si svolge a Lavarone. Sarà ricordato come il “gemellaggio nella neve”. E’ prevista una gara long sul Monte Tablat, e nevica da far paura. Sul terreno c’è mezzo metro di neve; Silvia Cavini rientra dalla posa pronunciando le immortali parole “là fuori c’è una bufera da lupi!”. Ma siamo in ballo, balliamo e si va fuori lo stesso. Quel giorno sul Tablat faccio una delle gare migliori della mia vita, con dei tempi su alcune singole tratte da fare meraviglia a qualche Elite. Ricordo nitidamente un ragazzino, tale Lorenzo Vivian, che davanti a me attacca una delle ultime lanterne per la direttissima, senza curarsi dei sentieri ancora appena visibili. E ricordo ancora più nitidamente lo sguardo allucinato del tizio che guidava lo spazzaneve, sulla curva di Bertoldi, nel vedersi sbucare in faccia a pochi metri il sottoscritto in maglia da orienteering e calzoncini, nella bufera di neve (uno sguardo che rivedrò a tanti anni di distanza nel tunnel di Brescia, negli occhi dei guidatori dei pullman). Quel giorno “domai” il Tablat!

Così, nel 1998, si torna sul Tablat per il Campionato Trentino Long. Sono forte. Sono in forma. Non ho paura di niente. Il Tablat però è sempre il Tablat e, nelle prime due lanterne, non mi perdona la mia indecisione il mio rispetto per la carta, così alla terza lanterna vengo raggiunto da Martin Murer. Chi si ricorda Martin? Due gambe da paura, il prototipo dell’orientista del XXI° secolo. Me lo vedo schizzare via alla terza lanterna e mi accodo. Andiamo avanti insieme, talvolta in parallelo, e la velocità cresce… raggiungiamo e stacchiamo parecchi concorrenti, ed io non ho nemmeno l’atteggiamento passivo di quello che sta sempre a ruota. Alla ottava lanterna, Martin è in testa alla gara ed io con il mio distacco sono in quarta o quinta posizione, milanese al Campionato Trentino. Attraversiamo le piste e ci buttiamo verso la 9. Io identifico un muretto che sembra fare la mirino per la nona lanterna, anche più facile delle altre, e dal sentiero piego decisamente verso destra, mentre Martin sembra procedere ancora lungo il sentiero. Guardo alla mia sinistra e dico “depressione 1!” e corro verso la “depressione 2” dove dovrebbe essere il mio punto… ma non vedo nulla. Nella mia testa le voci cominciano a sovrapporsi ed una dice “quella di prima non contava! Questa è la depressione1! Continua a correre!”, ma finisco in una zona di bosco bianco, mentre la depressione doveva essere a bordo prato. Rallento e cerco Martin con lo sguardo: nessuna traccia, e comincio a capire di averla fatta grossa.

Torno indietro e guardo bene: nessun punto di controllo, e nessuno nei paraggi! Martin probabilmente lo ha trovato e sta correndo al decimo punto. Io comincio a muovermi in cerchi concentrici, ma senza risultato: sembra che quel punto si sia volatilizzato. Le voci nella testa cominciano ad urlare “stai rovinando tutto, idiota! Guardati in giro! Torna al muretto! Rifai il punto con la bussola!”. Non è facile, con tutto quel casino. Decido di tornare sul sentiero e rifare il punto: depressione1, depressione2… torno sempre lì. E il punto non c’è. E non c’è nessuno nel raggio di almeno 100 metri di terreno aperto!!! Quindi non posso che essere nel posto sbagliato. Dove sarà quella depressione? Avvilito, le voci ricominciano a parlare “altro che HA… altro che HB… nemmeno l’HC! Esordiente dovresti tornare ad essere! Anzi… te lo dicevamo dall’inizio: questo sport non fa per te!”.

Rimango in zona almeno 20 minuti, senza sapere cosa fare. Vedo in lontananza alcuni concorrenti sui sentieri: possibile che nessuno passi da qui? E tutti quelli che ho superato? Dopo 20 minuti (almeno) di commiserazione, una lampadina sopra la mia testa, come Archimede Pitagorico. E se…? E se ci fosse da queste parti UN’ALTRA depressione? Non quella al centro del mio cerchietto: un’altra, da qualche parte qui in giro? Mi siedo e la cerco in mappa. Ce n’è una a distanza di 150 metri, oltre un sentiero che, nel mio peregrinare, consideravo sempre come linea di arresto. Mi incammino, supero il sentiero, scendo verso un prato e da lontano vedo due cose: Zanetello che sta punzonando ed una lanterna. Mi avvicino e metto a ridere sempre più forte, in modo sempre più sgangherato… la mia lanterna è quella. Punzono il testimone, sempre ridendo e suscitando l’indignazione di qualcuno che sta arrivando in quel momento. Da lì al traguardo ci arrivo camminando, sono praticamente in una specie di mondo a parte.


Dopo il traguardo dico al Maestro Alfredo Sartori che qualcosa non va nella mia carta, ma è il campionato trentino e lui ha parecchio da fare. Quando riesce a trovare il tempo di darmi retta, prima accoglie con scetticismo le mie parole sulla cartina di gara, poi la controlla ed esclama “ma questo percorso è sbagliato! … puoi fare reclamo, e potremmo essere costretti ad annullare la categoria”. Ringrazio e dico che non importa: non potevo competere per il campionato regionale e non sono certo venuto da Milano per lasciare un “buco” nell’albo d’oro  della mia regione di origine.

Il finale è comunque lieto. La giornata è bella e calda e ci fermiamo alle premiazioni. Sono seduto con i miei amici dietro ad Ivana Zotta e Cristina Chiettini. Quando iniziano le premiazioni, l’amico Ezio Fasani si scusa perché ci sono state iscrizioni ricevute fino al giorno prima della gara, il che aveva costretto alcuni organizzatori a stare in piedi fino a notte fonda del sabato a disegnare cartine: una di quelle era stata disegnata male (… brusii in sala… a chi sarà mai capitata questa sfiga?) ma il concorrente non aveva sporto reclamo. Poi Alfredo Sartori dice che per questo, vuole regalare una delle giacche della Tre giorni d’Italia, e chiama “Stefano Galletti, Unione Lombarda”. I miei amici, Ivana e Cristina si voltano verso di me! Tra tutti… io ero il tale a cui era capitata quella disavventura, di cui mi rimane l’amicizia con Alfredo e la famiglia Fasani, ed una giacca della Tre giorni.

A proposito: che fine ha fatto il regalo di Alfredo Sartori?

Eccolo!


(WRE a Barricata – 2014. Io sono riconoscibile, l’altro con i colori del Milan non lo so…)


Numero DUE: Sesto San Giovanni (1).

La gara di Sesto San Giovanni mi ha quasi sempre visto tra i partecipanti: 20 minuti di auto da casa, si torna a casa in ampio anticipo per il pranzo, una sgambata in mezzo ai palazzi giusto per “guadagnarsi” la domenica a tavola. Nel 1999 si corre su una carta decisamente datata, con formula score: 25 punti sparsi in giro, ed auguri a quelli come me che il “giro giusto” non l’hanno mai saputo trovare! Io faccio la mia gara e, come in ogni sequenza libera che si rispetti, quando mancano pochi punti mi fermo a fare il recap, a controllare che i punti davanti a me corrispondano ai quadratini liberi sul testimone cartaceo.

Qualcosa non quadra: non ho timbrato il punto 10! Cazzarola… dove sarà? Qui non c’è, qui nemmeno, da là dove sono già passato neppure… tra il grappolo di punti ancora da fare, neanche! Calma. Riflettiamo. Inutile far ballare l’occhio a caso sulla mappa. Divido mentalmente la mappa in quadrati più piccoli e comincio a cercare: qui no, qui nemmeno, lì neppure, là neanche… Eppure la 10 mi manca. Continuo a cercare, anche negli angoli e sui bordi. Niente! Quando mi sono già innervosito per la mia incapacità, vedo passare Michela Titoli che sta controllando le lanterne; Michela non mi ha mai lasciato passare una svista, fin dai tempi di una famosa volta a Monza nel 1994, quando venni squalificato e pensai di mollare l’orienteering. Infatti anche stavolta non risponde subito alla mia richiesta “Michela, dove si trova la 10?” (il silenzio di Michela chiaro: è orienteering, se voglio trovarla me la cerco da solo). Ma insisto e lei si ferma. Prende la carta e dice “La 10 è qua… eh!... ma tu non hai il cerchietto sulla carta!”.


Ovviamente la 10 è da tutt’altra parte rispetto a dove sono arrivato. Poco male: cerco di memorizzare il punto esatto e torno sui miei passi; punzono la 10 (segnata oggi in mappa con il cerchietto e la croce… a penna nel dopo gara) e poi termino l’ultimo grappolo, ovviamente in ampio ritardo rispetto al resto dei concorrenti; d’altra parte non è che mi importi molto: io volevo solo fare una corsetta con la cartina.

Amelio Titoli nel dopo gara si scuserà, mi dirà che l’unica carta sbagliata era la mia, e pronuncerà le immortali parole “Meno male che è successo a te che non ti lamenti, e non a…”. Puntini puntini al posto del nomi citati da Amelio: verranno con me nella tomba prima che io li sveli!


Numero TRE: Sesto San Giovanni (2).

Ancora Sesto San Giovanni? Ancora Sesto San Giovanni!

Quando torno a gareggiare a Sesto, con le medesime motivazioni ovvero che è vicino a casa e che torno in tempo per il pranzo e la partenza del motomondiale delle 500, la cartina è stata revisionata e la sequenza di gara è quella classica. Al decimo punto viaggio in coppia con l’amico Max Garavaglia (più probabile che mi abbia raggiunto lui che viceversa, ma non potrei garantirlo). Al punto 10 punzono il cartellino ed inizio a studiare il modo di superare ferrovia e cavalcavia; non mi accorgo che Max non è più accanto a me, ma la mia scelta non mi pare così sbagliata e proseguo la mia corsetta.

Supero la ferrovia, scendo lungo il vialone e raggiungo il punto; ma mentre punzono mi cade l’occhio su una cosa: il quadrato “11” è vuoto! Ho dimenticato un punto? Controllo la mappa: 12. Risalgo la linea rossa con lo sguardo: 10. La ridiscendo: 12… dove sta il punto 11??? Eh… non era mica distante dal 10, ed infatti era proprio lì che la corsa di Max si era diretta. Ma questo lo scopro solo DOPO che Max mi raggiunge alla 12, mentre sono ancora immerso nelle mie elucubrazioni… la 11, segnata a penna nel dopo gara, è AL DI LA’ della ferrovia.


Mi faccio dire da Max la posizione, lo lascio lì un po' perplesso e torno indietro: supero la ferrovia una seconda volta, poi la supero per la terza volta (onestamente non ricordo se sono tornato alla 12 o se ho punzonato ugualmente e poi sono andato alla 13…). Anche in questo caso, la mia classifica non se ne giova, ma non ero mica lì per portare a casa il salame o la bottiglia di vino.

Quello che porto a casa è la faccia del buon Amelio Titoli quando mi accoglie al traguardo: gli era stato detto qualcosa circa un concorrente che stava correndo con la carta sbagliata e aveva detto qualcosa tipo “ancora? L’anno scorso era successo a Galletti…” “Si, è lui anche quest’anno”.


Numero QUATTRO: Monte Generoso (Svizzera).

Come sarebbe a dire “Svizzera”? Ebbene si: il quarto episodio mi succede in Svizzera, ad un TMO nel quale correvo, ancora, in HB. Ed è tra l’altro un ricordo strano perché io, quella gara, l’HO VINTA! Ma andiamo con ordine.

In Ticino le carte di gara sono spesso offerte al concorrente su uno stenditoio, al momento della partenza: un filo viene teso sopra le teste dei concorrenti ed ognuno si posiziona davanti alla sua carta di gara, ben indicata da un adesivo che riporta nome, cognome, categoria ed orario di partenza.
Non ho la carta di gara originale, che alla fine restò in partenza ed allo SCOM, ma fidatevi. Il problema della mia carta era che la stampa era sfasata di un paio di centimetri rispetto al dovuto, verso destra. Ma poiché il sentiero di partenza era una linea dritta “sinistra-destra”, io non me ne sono accorto minimamente! Così io sono andato a cercare la mia prima lanterna “canaletta” a 200 metri di distanza… è vero: non mi tornava un beneamato NULLA! Prima ho cercato nella fossa profonda poco a sud della vera 2… poi mi sono spostato sul sentiero. Le curve di livello non sembravano essere come avrebbero dovuto essere, ma che diamine! Ero in Svizzera! Sicuramente la mia conoscenza orientistica non era sufficiente a domare una gara svizzera! Così sono andato avanti e ho preso il sentiero che risaliva verso nord-est, che avrebbe dovuto portarmi vicino alla 1… e dopo un po’ che andavo senza capire nulla mi sono trovato al recinto ed al prato; della 1 nessuna traccia, ma appena a sud del sentiero (considerate lo “sfasamento” del percorso magenta) doveva esserci la mia 2… magari se l’avessi trovata, mi sarei raccapezzato. Così sono andato a sud, e dopo aver passato qualche minuto a battere tutta la costa, mi sono trovato davanti una lanterna dove però io non avevo il centro del cerchietto. Ho guardato istintivamente il codice, ed era la mia 3!


A quel punto ho messo insieme le cose e, lemme lemme, sono tornato in partenza. Ho aspettato che ci fosse un attimo di calma e, da italiano incapace che osa a dire agli svizzeri che il meccanismo si è un po’ inceppato, ho fatto vedere la carta di gara. Credo che ci fosse Filippo Pezzati in partenza… ricordo le sue scuse, la sua offerta di prendere fiato, di riposarmi un po’ e poi di riprendere il via con un nuovo orario di partenza. Cosa che ho accettato di buon grado.

Quando sono ripartito, credo di aver fatto il miglior tempo di gara sulle prime tre lanterne. Il bosco delle prime 5 lanterne praticamente lo avevo già vivisezionato, e tanto è bastato per vincere la gara. Per fortuna era l’HB, che in Ticino è praticamente il livello di ingresso dopo gli Esordienti, quindi non è che la mia vittoria ottenuta in modo decisamente strano abbia sottratto un premio imponente a qualcun altro… comunque credo sia stata la mia penultima gara in HB in Svizzera!


Numero Cinque: Lamon.

L’ultimo episodio, che mi consegna direttamente nell’Olimpo, è quello di Lamon. O, se non vado errato, di Cavalea: Campionato Veneto-Trentino a staffetta a tre frazionisti, con il GOK (Roberta-Piero-io) iscritto in Open. Qualcuno potrebbe ricordarsi di quella gara che, se non vado errato, non fu mai omologata. Io la ricordo per via dell’amico Andrea Rinaldi, ovvero il mio maestro (inteso come speaker, visto che la tecnica orientistica lui non è mai riuscito ad insegnarmela… troppo scarso io come allievo).

La partenza della staffetta era, come dire, su per un pendio da affrontare a 4 zampe da tanto che era ripido. Presentazione di Andrea al microfono: “Il triangolo di partenza è poco oltre questo lieve falsopiano…” (brusii dei primi frazionisti ai piedi del Golgota,,, un fott…issimo FALSOPIANO!  del tipo "10 curve di livello sulla linea di massima pendenza").


Il cambio della staffetta viene da sempre presentato con la collaborazione di qualcuno dell’organizzazione che si presta alla pantomima. Presentazione di Andrea al microfono: “Per il cambio… beh! Guardate cosa fanno le Fiamme Gialle che passeranno per prime, e fate come loro!”.

Successe, per come lo ricordo io (non vorrei rinfocolare polemiche) che in alcune categorie mancavano le cartine del terzo frazionista ed Andrea, che era delegato tecnico o tracciatore o comunque conosceva i percorsi, si era piazzato su un sasso all’altezza della svedese, con le cartine in bianco; approfittando del “falsopiano” e del fatto che conosceva tutti, era in grado di vedere con ampio anticipo chi stava arrivando in terza frazione e di disegnare la cartina SUL MOMENTO, con cerchietti, codici, descrizione punto simbolica e tutto quanto… 

Solo che, arrivato il mio turno, lui doveva essere comprensibilmente “bollito” di stanchezza; la cartina che mi consegnò aveva i due cerchietti più lontani, quelli che rappresentano l'angolo nel quale il percorso svoltava e tornava verso la zona del punto spettacolo, centrati su oggetti identici (alberi isolati in un prato) ma posizionati almeno 150-200 metri prima del punto reale. Così, mentre io cercavo i punti dove pensavo che fossero, pensando come quella volta sul Tablat che “altro che Open! Nemmeno Esordienti dovrebbero farmi fare!”, gli altri concorrenti delle squadre che Roberta e Piero avevano staccato in prima e seconda frazione mi superavano come se niente fosse. Alla fine credo di essermi “attaccato” ad una staffetta del Laboratorio Trentino e di essermi lasciato trascinare verso una zona più lontana rispetto a quella nella quale stavo cercando.

Quando, dietro un dosso, ho visto un boschetto ed un albero isolato con una evidente lanterna, mi sono messo a ridere forte… stavano ridendo meno Piero e Roberta, che mi aspettavano per il passaggio al punto spettacolo: lo scambio di battute tra me e Piero quando sono arrivato al punto spettacolo non è riferibile e non è stato edificante. Ancora oggi, però, di quella gara ricordo soprattutto le battute di Andrea al microfono.


Questo, per il momento e più probabilmente per sempre, è tutto. Gli amici trentini in occasione di una promozionale a Bedolpian prepararono per me, e solo per me, una cartina tutta sfasata rispetto al mio vero percorso, e riuscirono ad intrufolarla nella mia posizione in griglia nella cassetta della partenza nonostante il responsabile delle partenze (Cristellon?) fosse perplesso per quella strana manovra di cui non era a conoscenza.

Thierry. Simone. Stegal.

A resistere nel firmamento dei primatisti mondiali, in campo orientistico, ne resterà solo uno. Non sono sicuro se sarà Thierry o se sarà Simone, ma potrei benissimo essere io!