Stegal67 Blog

Wednesday, June 15, 2016

Rallies e Relay...


C’è sempre un senso di sollievo nel tornare a casa dopo una lunga serie di trasferte, che siano per lavoro o per diletto, e nello scoprire di essere ancora in piedi, di avere ancora tanta voglia di vedere qual è il prossimo appuntamento ma, soprattutto, di avere almeno un paio di mutande pulite che avanzano per andare in ufficio il giorno successivo! Le mie doti di resistenza, messe alla prova in varie edizioni della O-Marathon, alle O-Ringen o persino ai raduni trentini, ormai, si misurano in una unità di misura che sarà presto ufficializzata a Parigi (alle sfilate di Parigi, intendo): le mutande pulite.

Si comincia con il primo fine settimana di gare, e nelle borse che fanno la loro apparizione in corridoio, cominciano ad essere infilate: una mutanda per la gara, una per il dopo gara, una per riserva… ma subito dopo arriva la trasferta all’estero: questo significa 4 mutande per precauzione dato che il viaggio è di tre giorni! Però poi al rientro in aeroporto ci si mette subito in moto per andare al fine settimana di gare successivo: due gare = tre mutande… ah no! C’è anche l’allenamento del venerdì! Il cassetto delle mutande si svuota progressivamente mentre si accumulano in corridoio le borse, le valigie, i post-it appoggiati ad ogni valigia con l’elenco delle cose che vanno prelevate da una borsa e messe in quella immediatamente successiva (il promemoria contiene, per ogni oggetto, il posto da cui proviene e la valigia in cui deve andare senza rischiare di finire in giro per la vituperata casetta).

Il loop gare-trasferte di lavoro prosegue per qualche settimana, dopodiché comincio ad accorgermi che il numero delle valigie in corridoio diminuisce, e che contemporaneamente il cassetto delle mutande agonizza; ma i calcoli fatti – che quelli di Los Alamos erano dilettanti! - per mantenere quella mutanda di margine si confermano esatti: le trasferte finiscono, la mutanda sopravvissuta è quella che mi consente di andare in ufficio lunedì senza puzzare di bosco, e intanto la lavatrice comincia a tremare! Cunardo, Relay of the Dolomites e le gare di Coppa Italia in Valsugana e Tesino. Questo è stato il menu proposto nelle ultime tre settimane di gare. Un menu che, dal punto di vista dell’atleta impiegato panzottello che ogni tanto mette in mostra una leggera punta di orgoglio, posso dire di aver gestito meglio rispetto a quello dei Campionati Italiani alla Valle del Vanoi.

Primo episodio: Cunardo

L’antipasto di questa serie di gare è costituito da una gara di Trofeo Lombardia su una carta appena a sud del confine di Ponte Tresa a circa 80 minuti di macchina da casa. A Cunardo ho corso sia per il TMO svizzero che per la seconda tappa di ExpOri nel 2015, ed onestamente ho dei ricordi migliori della gara svizzera rispetto a quella lombarda! L’anno scorso, infatti, la gara di Cunardo fu di una durezza spaventosa, resa ancora più assurda dalla terribile caldazza che si era abbattuta sul nord Italia in quel periodo (e di cui avemmo ulteriore prova due giorni dopo durante la gara di Milano, con coccoloni, svenimenti e crolli vari); una gara che, modestamente, ho vinto ma se avete davvero voglia di andare a guardare il link siete “bastardi inside”: diciamo che per il sito Fiso sono stato l’unico italiano ad arrivare al traguardo, con un tempo inguardabile e da fuori tempo massimo (dal divano di casa, sempre dal divano di casa) conquistato a prezzo di terribili sofferenze, ansie, botte di caldo, passaggi ripetuti e molteplici dai ristori per bere qualunque cosa fosse rimasta…

Quando avevo trovato il volantino della gara 2016, ed il nome del tracciatore “Laura Piatti”, avevo detto a me stesso “quest’anno anche no, grazie”. Però il volantino riporta la parolina magica “media distanza”… e allora, memore del bosco davvero carino che avevo trovato nel finale di gara e dei cespugli di fiori azzurri bellissimi che mi ero ben guardato dall’avvicinare, mi sono detto “vabbé… andiamo a mettere il culo sulla pedata anche questa volta”. A conti fatti (e a gara finita) mai perplessità fu più immeritata: la gara 2016 non solo mi è piaciuta, ma è riuscita anche a farmi riconciliare con l’orienteering dopo le sofferenze (solo fisiche) e le scene di panico nei boschi di Lago di Calaita, quando non solo non riuscivo a raccapezzarmi per nulla con la testa, ma il fisico mandava segnali tra il preoccupante e l’inquietante.
La gara mi è piaciuta assai, con una fase iniziale in salita a guadagnare dislivello ed una prima lanterna trovata leggendo benissimo (piano ma benissimo) il verdino appena accennato ad ovest del punto. Dalla 1 alla 6 viaggio praticamente sotto la linea magenta, mentre per andare alla 7 mi concedo una digressione per andare a vedere con i miei occhi la 10. Dalla 7 alla 11 sono sempre sotto la linea magenta e mi fido persino ad indicare a Bibi di stare con me un paio di lanterne “che ce la porto io al punto” (ma era in grado di arrivarci tranquillamente da sola!); un unico errore di giornata di una ventina di secondi alla 12: mi basta vedere Luca Battistoni, che corre lungo il sentierino con la faccia di Mel Gibson che sta rincorrendo il cattivo in Arma Letale, per capire che ha già trovato la lanterna e se ne sta allontanando… Il finale di gara è decisamente carino (sto sempre andando “piano ma benissimo”) e alle lanterne 17 e 19, seppur buttate là in mezzo ai sassi come se non ci fosse un motivo, ci arrivo dritto e per la via più breve e senza esitazioni. Mi godo anche il mio “Maurizio Grassi moment” di giornata alla lanterna 13 quando, superato di gran carriera sulla tratta 12-13 da un trenino di tre campioni, li vedo pascolare indecisi sul cocuzzolo a bordo cerchietto finché uno esclama “là c’è Galletti che punzona!” e me li vedo tornare indietro un po’ meno baldanzosi.


Secondo episodio – Relay of the Dolomites


… per la serie: quando Misha Mamleev ti dice ad una gara “mi piacerebbe averti come speaker”, non ci sono santi! A quella gara uno ci deve andare! Che poi, a Castelrotto, io ci sarei andato anche se Misha non mi avesse chiesto di fare da speaker! “Relay of the Dolomites”: una idea del campione europeo e medaglia di bronzo mondiale che, nelle speranze mie ma non solo, dovrebbe\potrebbe diventare una sorta di Tiomila-de-noaltri, alla latitudine dell’Alto Adige per intenderci. A Castelrotto, sede dei mondiali juniores 1993, io non avevo mai corso prima e sentivo questa cosa come una grave lacuna nel mio palmares. Non mi avrebbe frenato il fatto che il format di gara prevedeva una staffetta a 5 frazionisti con almeno due under-16 o due over-55 per quadra: non li abbiamo, ma del resto non eravamo nemmeno in 5! Avremmo coperto i buchi lì per lì, ma a Castelrotto avremmo corso: questo era l’imperativo categorico del mese di maggio 2016. Consueto schieramento con Attilio in apertura, Bibi in seconda frazione, Piero in terza, Mister X in quarta ed io a chiudere nella “quinta, decisiva e temibile frazione” (parole dello speaker)… ah già, ma prima c’è da andare al Voelser Weiher per l’allenamento del venerdì!


Allenamento… che allenamento vuoi che sia se traccia Mamleev in persona (che poi personalmente ti da la carta di gara e due dritte sul tipo di bosco), ma soprattutto se nel parcheggio dei laghetti trovi gli amici bastardi che ti sfidano sul percorso Middle??? Considerato che siamo arrivati in zona Castelrotto da 10 minuti, che abbiamo solo fatto in tempo a farci tamponare da un avvocato tedesco al casello di Chiusa, e che c’è un caldo umido da far sudare una statua di marmo… le premesse non sono proprio cristalline. Invece tutto va per il verso giusto, il bosco dei Laghetti si conferma proprio adatto alle mie caratteristiche tecniche; quelle fisiche no, visto che nomino un notevole numero di santi nella tratta 12-13 ma soprattutto sulla terribile 6-7, lanterna trovata con una dose di cul… di fortuna! che mi sarebbe bastata per due o tre gare di Coppa Italia future. Bell’allenamento, decisamente bello!

Il tutto per prepararsi mentalmente alla quinta frazione della Relay of the Dolomites, gara internazionale che si sarebbe corsa domenica mattina sperando nel tempo meteorologico poco avverso. Io, invece, la mia quinta frazione l’avrei corsa il sabato mattina, in solitaria ma con un occhio al tempo di gara. Ecco… quando Misha mi allunga QUESTA COSA QUI e mi dice che in modalità gara lui è stato ben sotto i 50 minuti, io capisco che sto per trascorrere le due ore più esilaranti, faticose, incerte ed inebrianti del 2016!


27 punti di controllo, e confermo sulla testa di Sipe Santapukki che io ho trovato 26 fascette. L’unica che non ho trovato è quella cacchio di 11, ma sono sicuro di esserci arrivato perché l’avvallamento dietro alla collinetta era evidente, ma come faccio a sapere se la fascetta è a terra, appoggiata ad un rametto o chissà dove?!? Giusto per dire come ho passato 2 ore e 7 minuti della mia vita (“meno di 50 minuti”??? Ma mi faccia il piacere, signor Misha!)… 1: giù verso la strada, strada strada strada... sentierino e fascetta sotto il roccione. 2: facile, soprattutto se vado a prenderla dalla strada. 3: sarebbe il “King of the Hill” della gara, ma anche ”King of the Sick” quando arrivo in cima e mi metto a quattro zampe a vomitare la colazione. 4: semplicemente esaltante…


5: sentiero sentiero sentiero, fila di rocce, punto. 6: sotto la linea magenta. E così via fino alla 9: tutte scelte in modalità survivor, ma tranquillo che i punti mi vengono incontro ed io mi sento a mio agio come se fossi nel bosco di casa… dopo la 9 decido di andare fuori carta! Prendo il sentiero grosso, quello che sembra la statale del Brennero che va verso nord, e salto NON UNO MA DUE USCITE autostradali e imbocco la discesa! Per fortuna me ne accorgo presto, ma volano tante cattive parole (indirizzate a me medesimo) e la risalita penosa e pietosa sulla provinciale che porta al sentierino per la 10 è la giusta punizione per la mia protervia. 11 in scioltezza, 12 in sicurezza girando sul sentiero: mentre vado verso il punto tenendo la palude a destra e la collina a sinistra mi vengono in mente solo scene di O-Ringen svedesi (una prima tappa a caso dell’anno scorso…). Vado molto piano alla 13, perché ho dato una occhiata alla carta che mi aspetta e so che dopo quel punto mi posso appoggiare tanto ai sentieri: ad esempio per andare alla 15 non mi salta nemmeno in testa di salire in cima alla collina,  ma giro in senso orario e l’avvallamento si vede benissimo dal sentiero (e la fettuccia si vede da 20 metri, o forse sono io che sono entrato in modalità “radar”).

Al passaggio allo “spectator control” i ragazzi del TOL che stanno montando l’arrivo mi incitano (o forse è solo un respiro di sollievo, visto che sono sparito da almeno 90 minuti). Per la 19 e la 20 ci sono i sentieri, la 21 è una roccia a forma di palla che c’è da chiedersi solo come fa a stare ferma al suo posto. La 22 è l’emblema della mia gara: arrivo dritto dalla curva del sentiero e mi fermo in mezzo alle due macchioline evidenti di verde; di fettucce nemmeno l’ombra: ad ovest c’è il prato con il gabbiotto, lì c’è la macchiolina di verde, qui l’altra, io sto in mezzo su una specie di traccia fatta dai cercatori di funghi… guardo attorno a me: niente fettuccia! CI SONO APPOGGIATO CONTRO CON LA GAMBA!!! Per la 23 mi faccio tutta la serie di rocce: arrivato al quarto roccione, vedo che sotto non c’è niente, guardo in su e vedo la fettuccia 5 metri sopra di me attaccata al roccione che avevo ispezionato pochi secondi prima. E così via fino al traguardo. Ok. La Relay of the Dolomites 2016 avrà nominato il suo primo “vincitore del lancio” (Fabiano), i suoi primi “King and Queen of the Hill” (Lukas e Martina)… ma il primo speaker e il primo a finire un percorso sono stato io! Quando tra 50 anni festeggerete l’anniversario, ricordatevi di me!!!

Oh… Sipe Santapukki è questo signore qui. Guardate a destra… la parte a destra della foto…HO DETTO LA META’ DI DESTRA!!! E che cosa ci fa quella mano che sbuca dietro la schiena della mia amica Minna? TIRA VIA QUELLA MANO!!! (Minna l’avete riconosciuta tutti, vero?).


Ancora sudato dalle due ore meravigliose passate a Castelrotto, mi trasferisco a Laranza per il Campionato Regionale a Media Distanza. Per la cronaca (il particolare non poteva mancare, isn’t it?) ho indosso le stesse mutande indossate a Castelrotto, quindi “guadagno” una mutanda che potrebbe tornare utile nel computo finale… Il caldo è allucinante: si capisce lontano un miglio che è l’afa che precede la tempesta, ma intanto sul campo di calcio di Laranza picchia un sole cocente che mi asciuga. Enrico Isma, saputo che arrivo direttamente da Castelrotto, mi dice che sicuramente “sono già in carta” e che almeno oggi “vedrò le curve di livello in 3D”. Ne convengo, ed in effetti fino alla 5 sono lento ma tranquillamente aderente alla carta senza alcun problema.


Il problema è che dopo la 5 viene la 6. Il mio “piano”, che al confronto il varo della Regalskeppet Vasa è un successo, è di navigare tra le rocce e, quando non ne vedo più sotto a me, capire che sono arrivato al punto giusto… cito dal Vangelo secondo Dario Beltramba “eh si… di rocce ce ne sono ancora di sotto, ma non sono state disegnate in mappa”. SGRUNT! Perdo qualche minuto (di tempo) e molta benzina proprio prima di affrontare la salita alla 7, salita che mi manda definitivamente in tilt. Dal divano di casa, il piano dell’impiegato panzottello sarebbe quello di salire penosamente altre curve di livello, “appoggiarsi al sentiero” e poi una volta arrivato al cocuzzolo ci si butta ad ovest verso le rocce. Dal punto 7 dopo le due ore a Castelrotto, l’impiegato panzottello non vede il sentiero, e cerca di navigare in costa tra le rocce ad una andatura che farebbe schifo ad una lumaca morta… Rimango tra quelle rocce un tempo immemorabile, al punto che mi convinco di aver superato il sentierino, di essere sulla collina a sud, di essere finito fuori carta o in un’altra dimensione… dopo una sosta per raccattare i polmoni e le ginocchia, decido di prendere il coraggio a due mani e salire di quota per raccapezzarmi e poi… TOH! Due rocce parallele con una lanterna in mezzo: è la mia! Per la serie: non importa quanto bene si sa leggere una carta, ma quanto culo si ha nel trovare i punti!!!

Da lì non è difficile arrivare al traguardo, dato che il sentierone che parte dal campo di calcio e fa tutto il giro della collina è un ottimo punto di riferimento, dato che il punto 13 (che sembra volerci la mente di ingrandimento per capirci qualcosa) lo si attacca benissimo dal suddetto sentiero, e dato che dalla 13 al traguardo il bosco è una favola e non disdegnerei di fare qualche altro errore per poterci stare dentro più a lungo, prima di poter dichiarare chiuso anche il secondo week-end di gare e potermi dedicare al commento live della Relay of The Dolomites (nel quale esordirò parlando della prima edizione in questo anno di grazia 2015… ma diciamo che ero ancora sotto effetto delle tossine accumulate il sabato).

Terzo episodio: Borgo Valsugana e Coppa Italia

Il giro che ho fatto per arrivare preparato al meglio alle due gare di Coppa Italia di Borgo Valsugana e Val Malene (dove sarei stato anche speaker) è stato un po’ tortuoso: trasferta di lavoro, poi treno per Rimini, sosta e poi ripartenza per Trento dove sarei stato raccattato con Bibi dalla macchina in arrivo da Milano con Attilio e Piero. La sosta a Rimini era giustificata dal fatto che avrei preso parte alla gara di corsa chiamata “Skechers performance” (dove ho mancato l’obiettivo per soli 5 secondi!)…

… e nel frattempo visualizzato qualche nuova tendenza sportiva che va per la maggiore non solo alle nostre latitudini (ma dico subito che la musica che usano mi fa schifo, soprattutto la cover di “Sweet Dreams”)…


… e nel frattempo visualizzato anche chi visualizzava…


… e anche altre cose (queste si chiamano “foto attira click”, o giù di lì)

Giunto a Borgo Valsugana nella tarda serata di venerdì, arrivato a cuccia grazie ad una incomparabile gara di Mobile-O con Manuela Divina al telefono, sabato mattina ho messo le mie gambe in azione per la gara sprint di Borgo, con risultati devo dire tutto sommato lusinghieri:


Oh! Diciamo che non è l’O-Ringen e nemmeno Castelrotto, ma le gambe giravano ed il fatto di aver limitato il mio tempo al 60% in più di quello del vincitore Elite mi da una certa soddisfazione



(in ordine sparso: Corrado – che ha messo a disposizione un signor impianto audio -, lo speaker, due campionesse italiane ed un futuro campione italiano)

Nel corso del week-end di Borgo e Val Malene credo che la FISO si sia giocata tutte le carte che valgono “allontana la pioggia da qui”, perché nonostante gli annunci terrificanti sia del Meteo che degli anziani del posto, a Borgo pioverà proprio pochino e in Val Malene vedremo la pioggia solo due secondi dopo il termine delle più rapide premiazioni della storia (tutto questo grazie al Panda Valsugana, che le fa partire in anticipo, e ad Elisabetta Rosso che smazza via premi meglio di Tony Binarelli con le carte da gioco).

In Val Malene faccio la M45, perché è una gara sulla lunga distanza e non c’è il tempo materiale per provare l’Elite che mi sarebbe costata almeno tre ore di permanenza sul terreno… ma a giudicare dal radar che avevo anche domenica, credo che sarei riuscito a finirla! Il percorso M45 non è così ostico come me lo sono immaginato quando prendo il via (primo pensiero: non ce la farò mai a finirlo), anche se spesso si tratta di fare delle scelte in modalità “survivor” come per andare alla 2: su per il sentiero fino ad arrivare a nord del punto, e poi giù di testa fino alla roccia. Scopro procedendo punto dopo punto che il percorso non è così difficile: la 4 si vede benissimo dal bivio dei sentieri, che “infila” proprio la direzione nella quale si sviluppa la canaletta; la 5 è una carbonaia e io sono campione del mondo di navigazione tra le carbonaie.
La lanterna che volevo proprio trovare è la 6, visto che mi avevano parlato di paludi “finlandesi”… ed infatti ecco l’impiegato panzottello che affronta la 6 dalla strada (da dove parte il sentiero che va dall’altra parte); scendo con molta circospezione, immaginando di sprofondare ad ogni passo e di perdere la direzione giusta, ma impiego poco a capire che il fondo della palude è molto più solido di quanto immaginassi, e che davanti a me ci sono dei sassi e che quindi al punto ci sono arrivato benissimo! 7 e 8 inseguendo Milena Cipriani che sta posando i punti, la 9 non è sbagliabile nelle condizioni “radar” in cui gareggio oggi… e infatti sbaglio la 10! La sbaglio dopo esserci arrivato a 4 metri DRITTO SOTTO LA LINEA MAGENTA! Non vedo che la lanterna è infilata sotto le frasche dell’albero, in una piccola buchetta, e pensando di essere lungo torno verso sud-ovest fino ai due sassi… li riconosco… metto la bussola in direzione, ritorno sui miei passi fino allo stesso albero, mi fermo a 3 metri, vedo la lanterna e schiaccio “play” sulla traccia audio che snocciola i santi del Paradiso.

Da lì ricominciano le lanterne non-altrimenti-sbagliabili: la 11 è proprio sulla cresta, la 12 si vede dall’attraversamento del torrente, la 13 è una roccia grande come un condominio, per la 14 basta arrivare al rudere e la 15 E’ IL RUDERE! A quel punto c’è solo da smazzarsi il ritorno verso l’arena di gara. Mi dico che l’ultima penosa risalita dal sentiero è quella per la 16... la 17 si attacca dal sasso a bordo prato dove c’è un punto degli Esordienti,  e per la 18 l’unica difficoltà è che nel prato in mezzo alla tratta pascolano i cavalli e quindi lo devo aggirare stando nella rumenta ad est del prato (ecco che poi il Panda sarà costretto a mettere qualcuno in aiuto agli Esordienti che quel prato lo dovevano attraversare… ma i cavalli erano arrivati lì solo il pomeriggio del sabato!). Le energie a quel punto sono proprio al lumicino, infatti per la 19 non vedo il sentiero grosso come una strada statale che rimane in costa e infilo la strada asfaltata che sale qualche curva di troppo, e infine c’è solo da correre fino alla 20. Qui capisco che le spinte ai ciclisti sui tornanti alpini del Giro d’Italia sono davvero efficaci, visto che riesco nell’impresa di farmi spingere per una ventina di metri da Helmuth Murer sugli ultimi due metri di dislivello (sui quali stavo rantolando…) prima di arrivare al traguardo.
Quasi due ore di gara, ma se vado con il pensiero agli istanti prima della partenza quando mi sono detto “io questa gara non riesco a finirla”, mi scopro abbastanza orgoglioso del fatto mio. Questo prima di vedere il tempo dei migliori… Ma questo vuol dire anche un’altra cosa: lassù qualcuno ama vedermi faticare, o vuole solo sapere che anche questa volta ho riempito pagine di orienteering che nessuno leggerà mai perché nessuno ha ferie da buttare via per leggere il mio blog, o per qualche altra ragione vuole che io continui a fare questa cosa che gli altri chiamano orienteering e io chiamo “Maurizio Grassi moment” o in mille altri modi ancora. Perché se lassù qualcuno in questi tre fine settimana avesse fatto fare “punzonatura errata” a tutti quanti gli altri, io avrei vinto la Coppa Italia e avrei appeso le scarpe al chiodo, ritirandomi a fare lo speaker… e invece sabato e domenica prossima , il 25 e 26 giugno a Passo Coe in notturna e all’alba, sarò ancora lì a provarci un'altra volta.
Che io è da un po’ che dico: Passo Coe IN NOTTURNA?!?!?!? Io mi ci perdo anche di giorno sui sentieri e con le palìne che indicano la direzione!!! Mi chiedo fin d’ora se sarò capace di tornare indietro…