Stegal67 Blog

Thursday, February 28, 2008

Sembra solo ieri che ho finito di scaricare un intero Gondrand di masserizie dalla mia auto (dopo la prima tappa della Milano nei Parchi al Forlanini) che ieri sera mentre arrivavo a casa mi ha colto un pensiero: “le matrici!!!”. Per matrici intendo i testimoni di riferimento per la seconda tappa della MIPA (come viene ormai comunemente definita nei giri di e-mail), quella al Parco delle Cave provata da Teno qualche giorno fa…

Già. Ma come vola il tempo… Insomma, mica tanto! In fondo il Forlanini è stato solo 10 giorni fa. In mezzo l’allenamento con Alessio alle Cave (quello che Alessio ha chiamato “il lento”, mentre io stavo quasi vomitando e avendo un infarto per stargli dietro), la giornata con i due campioni del mondo finlandesi che non ho mica finito di raccontare tutto quello che ci siamo detti e che mi hanno raccontato della loro vita, dell’Italia, dei loro propositi… oh no! Oh no, che non ho finito! (a ripensarci adesso mi viene ancora la pelle d’oca, è quella sensazione di “ma è successo a me? E’ successo proprio a me?” che ho provato alla fine degli 8 meravigliosi giorni passati agli Highlands Open e 5 Giorni dei Forti 2007).
Poi sabato sera monta in macchina di nuovo le masserizie per la gara FISO al Parco Lambro (come faccio a cambiare la macchina se ogni due settimane diventa una specie di furgone che trasporta tavoli, gazebo, pali e teli e terra dei parchi?) … e la sera ri-smonta tutto dalla macchina.
Poi ho dovuto prepararmi per la gara di scacchi di stasera alla Scacchistica Milanese, e domani sera sarà già venerdì e sarà di nuovo ora di ricaricare la macchina come un Gondrand per la seconda tappa della MIPA.

Ps: nel breve volgere di una mattina, questa, ho ricevuto le iscrizioni di 3 scuole! Ho già capito che domani sera la passo a scrivere nomi sui cartellini...

Così ieri sera sono rimasto giù nel box a cercare di dare una sistematina ai pali e ai teli, ai codici sempre più scritti a penna (se solo ci arrivasse un minimo di contributo dal Comune, chiesto ogni anno, potremmo anche rimodernarli questi pali e teli...), alle matrici dei 5 percorsi che avremo (chissà se qualche agonista si vorrà cimentare nel secondo giro… per il migliore c’è un premio bevereccio in palio offerto da me).
Tornato al calduccio della vituperata casetta, mi sono detto “Non hai ancora trascritto le classifiche del Parco Forlanini? Cosa aspetti?”. Il diavoletto tentatore si è fatto avanti dicendo “Aspetta, che fretta c’è… fallo un’altra volta…” ma stasera appunto c’è la gara di scacchi, domani le operazioni da facchino e sabato la sveglia all’alba! Uffa! Mettiamo giù anche le classifiche, questi 160 nominativi sui vari percorsi…

Per fortuna che passo 11 ore al giorno in ufficio a sfacchinare da mattina a sera (oggi il mio compito di “Sono Wolf, risolvo problemi” è consistito nell’organizzare il trasloco di 65 diconsi 65 persone che verranno rimescolate negli open space del piano come in un mazzo di carte… almeno mi ha fatto passare la mattinata con qualcosa di diverso), altrimenti i miei capi potrebbero anche dirmi che non faccio niente per guadagnarmi lo stipendio.

Da oggi si muove qualcosa per le gare in Puglia (sono già qui a stare all'occhio ed essere tempestivo con gli aggiornamenti del sito Fiso) dove ci sono Gueorgiou e le ragazze e i ragazzi della nazionale e tale Kvaal Osterbo “reduce dai brillanti risultati agli europei di sci-O” … così ho scoperto che l’ufficio stampa del MOC mi copia le battute che scrivo sul sito FISO! :-)

Per fortuna che con la seconda promozione di fila ho apparentemente conquistato il diritto ad un ufficio quasi tutto mio: dopo 14 anni di open space, da martedì dovrei avere un bell’ufficio spazioso. Ho già pensato al calendario che voglio appendere: uno orientistico non troppo grande, che se devo ricevere persone non voglio passare per matto prima di essermi esibito in qualche numero da palcoscenico... sarà quello che mi ha regalato Lidia.
E magari, visto che il mio predecessore romano aveva appeno una planimetria della città dei Sette Colli, io potrei replicare con un Monte Beigua come ci si gareggiava fino a qualche anno fa: una bella cartina grande più di un foglio A3 che mi faccia ricordare sempre, come diceva Rebelot in un suo bellissimo pezzo, che famiglia e bussola sono le priorità. Altro che il lavoro…

Thursday, February 21, 2008



Non sono abituato nemmeno a mettere foto. Eccezione...

Non sono abituato a mettere sul blog pezzi scritti e presenti sul sito Fiso. Eccezione per questo.

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Metti un giorno con Minna, Pasi e Alessio…

“I read the news today, oh boy
About a lucky man who made the grade…”

(A day in the life – J.Lennon & P. McCartney)

Metti che un giorno all’orizzonte si profili un’occasione come questa: Minna Kauppi e Pasi Ikonen passeranno una giornata in Lombardia come prima tappa di un lungo tour che li porterà a campi di allenamento in Francia ed in Ticino…
Metti che come base di appoggio per la loro giornata lombarda, Minna e Pasi chiedano ad Alessio Tenani di organizzare un paio di allenamenti…
Metti che Alessio Tenani chiami a dargli man forte un imbolsito non-addetto-stampa…

A questo punto dovrebbe scattare la domanda: sappiamo tutti chi sono Minna, Pasi ed Alessio? Se state leggendo questo sito, dovreste saperlo! Ma per i meno attenti alle notizie di primo piano ricapitolo:
Alessio Tenani: due volte campione italiano a staffetta con i colori della Forestale, da alcuni anni membro della squadra nazionale italiana; per inciso, compagno di disavventura di un certo Pasi Ikonen in una staffetta di Coppa del Mondo (si erano persi insieme!)
Minna Kauppi: contende a Simone Luder il primato di orientista più famosa del mondo. Non ha ancora vinto 14 titoli mondiali, ok, ma è già stata due volte campionessa del mondo a staffetta per la sua Finlandia (2006 e 2007) ed è campionessa del mondo in carica sulla lunga distanza (Kiev 2007). Uno dei personaggi più carismatici dell’universo orientistico. E non solo femminile.
Pasi Ikonen: una autentica icona dell’orientamento mondiale. L’”uomo senza bussola” nel parlare comune, quando gli orientisti si ritrovano davanti al caminetto nelle lunghe serate invernali a raccontare le storie delle gare, dei campioni e delle proprie avventure. E, anche, Pasi Ikonen campione del mondo middle distance dell’era pre-Gueorgiou. Un’era, quella del francese, che proprio Pasi dichiarerà di voler cercare di interrompere nel 2008 ad Olomouc! Sissignori, Pasi sta tornando in forma, e reclama quel titolo che fu suo!

Bene, dopo una giornata con questi tre autentici fenomeni del nostro sport potrei uscirne con un ritratto di Pasi Ikonen rappresentato come un vero gladiatore dei boschi, un atleta passato attraverso la disavventura di un grave infortunio di cui riporta ancora le conseguenze ma fermamente deciso a tornare ai fasti di qualche anno fa; un atleta che senz’altro si sarà stufato di sentirsi chiedere ogni volta “Ma come fai a correre senza bussola?”, ma ogni volta la sua grande modestia, la sua affabilità che è anche un misto di timidezza e di gentilezza, lo portano a sorridere all’interlocutore, a rispondere che è una sua abitudine, che non ne sente la mancanza, che il bosco e la carta gli danno elementi sufficienti per tracciare delle rotte sicure sia quando si tratti di navigare nel bianco piatto o ripido di Borgo Ticino sia quando si tratti di identificare uno dei mille e mille avvallamentini della ruvidissima carta del Parco Pineta di Tradate. Se posso permettermi, un autentico “toro” del bosco, inarrestabile anche nel verde aggressivo di Tradate nel quale lo ho visto passare con lo stesso incedere imponente e giganteggiante, petto in fuori e ginocchia alte, con il quale lo vediamo sui video di Youtube o in alcune foto di Orienteering Today. Pasi Ikonen che sorride raccontando come abbia da poco preso la patente di guida a 27 anni; Pasi Ikonen che nella sala del ristorante dove ci siamo concessi uno spuntino si mette ventre a terra a mostrare uno dei mille esercizi che aiutano la sua schiena infortunata, Pasi Ikonen che esce dal bosco di Borgo Ticino mandando lodi alla scelta di cartografare un bosco così bello e così pulito; Pasi Ikonen che parte per l’allenamento di Tradate gridando fiero “Try to catch me!”, prova a prendermi! e che esce dal bosco e dai rovi di Tradate come un gladiatore che esce dall’arena vincitore: “challenging”, dirà. Sfidante. E fosse anche solo un allenamento, è una sfida che ha vinto.

Interludio con Alessio Tenani. L’approccio di Pasi Ikonen alla partenza del primo allenamento è stato “Alessio, we come together…”. Come rifiutare? Prima lanterna con Pasi a tirare e Alessio a seguire, seconda lanterna … viceversa: una traversata ad azimut del bosco bianco; Alessio che con un po’ di emozione piazza la tirata sotto la linea rossa, il punto raggiunto con grande perizia, il ghiaccio che si scioglie, la sicurezza che aumenta: da lì in poi Pasi ed Alessio proseguono insieme come se non avessero mai fatto altro nella loro vita. Un Alessio Tenani che emerge dal bosco di Borgo Ticino come un atleta con una nuova grande fiducia in se stesso, e che a Tradate sarà capace di pareggiare i tempi di Ikonen fino a due lanterne dalla fine, quando solo un po’ di stanchezza gli appesantirà l’andatura.

Che dire di Minna Kauppi? Il quadro che potrei disegnare è quello di una ragazza sicuramente estroversa, sicuramente conscia del movimento mediatico che c’è attorno al suo nome e al suo volto. Minna che mi racconta dei suoi inizi, con due genitori orientisti che la portano nel bosco fin da piccolissima finché, ad 8 anni, non è in grado di andare da sola; Minna che mi parla di sua sorella, anche lei orientista che ora ha un bambino, il suo nipotino preferito; Minna che mi spiega come il suo carattere così estroverso non sia affatto una posa ma il suo vero modo di essere, una voglia di socializzare che quasi le fa perdere la concentrazione anche in gara (mi dice anche che questa cosa a Simone Luder, di cui è amica, non capiterebbe mai); Minna Kauppi che non nasconde un obiettivo legato alla gara middle distance di Olomouc 2008, oltre al tentativo di tripletta con la staffetta della sua nazione, per il quale però non sente una grande pressione personale; Minna che però aggiunge anche di sentire talvolta la pressione dei fans di tutto il mondo che la vorrebbero sempre vedere vincente e sorridente, cosa ovviamente impossibile; Minna che sorride quando le chiedo se in fondo il suo essere un’atleta umana che può commettere errori e non una macchina non sia emerso in occasione delle due staffette mondiali vincenti, con errori apparentemente marchiani proprio in vista del traguardo; la stessa Minna che mi risponde che lei stessa non sa ancora spiegarsi l’origine di questi black-out (comunque andati sempre a finire bene) ma che uno dei ricordi più belli e più brutti della sua carriera agonistica è legato alla “5 giorni della Val di Non 1998” (eh già! Il cronista la aveva scovata nelle classifiche D16) quando in uno dei più bei panorami frequentati come orientista la sua giovane età non era venuta a capo di alcune tratte che l’avevano vista peregrinare a lungo per il Monte Penegal. Minna Kauppi che durante l’allenamento continua a ripetermi quanto sia bello correre e lasciar andare le gambe e l’andatura nel bosco di Borgo Ticino con una visibilità così ampia (“se non ci fossero queste colline si riuscirebbe a vedere da una lanterna all’altra”) e nel Parco Pineta di Tradate si fionda in mezzo ai rovi e su e gli per gli avvallamenti anche se ammette subito di non essere a suo agio con una vegetazione così aggressiva: “Ma se conosco Pasi, lui si che sarà contento!”.

La domanda forse sorge spontanea. Se c’erano solo loro tre, chi ha raccolto tutte queste impressioni da una Minna Kauppi in corsa per il bosco? Ovviamente c’era anche l’imbolsito non-addetto-stampa… no? Il quale ancora adesso scuote la testa incredulo ripensando al momento in cui, con Pasi ed Alessio che si allontanano verso la partenza, Minna si è girata e ha detto “Noi andiamo insieme!”; al momento in cui, alla lanterna 1, Minna si è parimenti girata e ha detto “Ok, le lanterne pari sono tue” (non ho fatto il tirone di Alessio sulla 2 ma poco ci manca… e sui punti ci siamo arrivati anche noi!); ripensando all’ultima salita di Borgo Ticino, con il cuore a mille e la nera signora con la falce che aspetta in cima alla salita ma… come fai a mollare il treno di Minna Kauppi a 300 metri dall’arrivo??? E ripensando a Tradate, a seguire in mezzo ai valloni ed ai rovi un folletto biondo che scappa avanti appena il bosco lascia 10 metri di spazio aperto…

Minna e Pasi sono ora in viaggio per la Francia. Da parte di un atleta nazionale e dello scrivente visibilmente emozionato, in bocca al lupo per la vostra preparazione al Mondiale. E grazie per il tempo, la pazienza, la freschezza e la spontaneità che ci avete dedicato. E poiché le nostre cartine vi sono piaciute… perché non tornate a trovarci e non vi fermate più a lungo?

Stefano Galletti (le cartine e le foto saranno pubblicate a breve sul sito http://www.alessiotenani.it/ )
Stegal67@hotmail.com

Tuesday, February 19, 2008

Il solito week-end di tutto riposo…

Archiviate le fatiche della settimana lavorativa, niente di meglio che un bel week-end nel quale trastullarsi con un menu a base di divano, televisione e pennichella mattutin-pomeridiana. Peccato che la televisione non ci sia e che il divano mi abbia solo visto passare di corsa avanti e indietro! Venerdì sera è cominciata la saga del “carica la macchina con tutto il materiale della Milano nei parchi”, e per fortuna che i sedili della Tipo da 201.000 km vengono ancora giù… per questi sabati il coche diventa un vero furgone che parte da casa stracarico… e torna indietro ancora più carico (avanzi del ristoro, scatoloni di magliette, sacchi zeppi di cose mai viste: ormai i mio box è la succursale del ripostiglio dell’Unione Lombarda!

Sabato mattina casco dal letto e alle 7 meno 10 sono al Parco Forlanini. Riesco a tirare fuori e mettere in ordine tutti i pali, comincio a montare il gazebo e dalla curva si materializza Marco L., detto Marco. Abbigliamento da vero atleta, ciapa su i paletti e parte per la posa… qualche minuto e si materializza anche Marco G., detto Rusky così non ci si confonde, d’altronde noialtri abbiamo tutti una K nel cognome, no? (devo ancora capire dove infilare la kappa nel mio!). Ciapa su i paletti che restano e io resto lì col gazebo da montare. Farlo da solo in Val Vigezzo era una pacchia, farlo al freddo e al gelo del Forlanini… così aspetto Adele e Stefano, che montano il gaz e poi si rintanano in macchina a pinzare descrizioni. Arrivano Davide e Paola che ancora non sanno cosa li aspetta (purtroppo… sarà una gelidissima mattinata per i nostri addetti all’arrivo), arriva Stephen con Joanna (bipede) e anche Freddy e Sasha (quadrupedi), e mentre mi chiedo se e come arriverà Martina, ecco sbucare dalla curva una scatoletta del tonno color rosa “tra su di ciuk” (in milanese; in italiano si dice “ecco cosa succede quando si beve troppo vino e lo stomaco non riesce a mantenere il contenuto nel contenente”): è lei! Fresca di patente e al volante della suddetta scatoletta violetta…
Ma arriva anche il primo concorrente: e la cosa si fa prestigiosa. Si tratta di Angelo Bozzola, transfuga UL verso lidi varesini ma anche campione italiano mtb-O (il che mi permette di fare qualche considerazione in più sul pezzo ufficiale che andrò a proporre per i nostri archivi). Primo a giungere al Parco, appena prima di altri concorrenti; qualche volto già noto, qualche orientista UL e poi Punto Nord e poi Vivaio (grazie sempre grazie per la partecipazione e il sostegno da parte vostra). Arriva anche la scuola di Lucia, una ottantina di ragazzi e ragazze che hanno già corso qui l’anno scorso e paventano il temuto “passaggio del fosso fangoso” (mi immagino le urla e gli strepiti di tante madri dopo l’edizione 2007). Pian piano si susseguono le partenze, tutto scorre liscio e soprattutto gelido, cosicché quando recupero Davide e Paola li scopro più simili a statue di ghiaccio dei festival del profondo circolo polare artico… per la prossima volta speriamo nel sole e ci organizzeremo in modo diverso.
Al rientro, 40 minuti a scaricare armi e bagagli ed è già il momento di organizzare la trasferta di Collecchio… il divano mi guarda passare e pensa: “che mi hai comprato a fare?”.

Collecchio. Quante notti passate all’Ilga Hotel. Quante trasferte di lavoro. Quante corsette verso CedAcri e i Boschi di Carrega. Adesso dormo più volentieri nella casetta di Sala Baganza, ma non volevo perdermi questa bi-sprint nel regno del prosciutto crudo.
La mia gara scorre via abbastanza bene, preparato per tempo ed armato di fascia di pile sulla zucca per tenere lontani gli ultimi bacilli dell’influenza. Parto 1 minuto dietro a Fabio C. ma mi devo accontentare di vederlo uscire dalla prima ala di farfalla. Cerco di recuperare qualcosa nella tratta 5-6 tagliando per il Parco, ma sbaglio come un fessacchiotto proprio la facile lanterna 6. Alla 7 capisco in fretta che la lanterna non sta sul piano di corsa ma sopra (… ma c’è solo il cielo…) o sotto, nei box sotterranei. Finale a recuperare Alessandro e Stefano D. prima delle ultime lanterne in risalita nel Parco. Alla 14 mi sento arrivare da dietro Casey Stoner con la Ducati, io ho solo lo scooter: passa Riccardo “Pancio” Panciroli e mi scanso volentieri sulla lanterna per lasciarlo punzonare.
Trasferimento verso i Boschi di Carrega per la seconda manche. Dalla descrizione punti si capisce subito che la manche si gioca nel bosco, altro che centro storico. Per una volta, parto deciso, ma veramente deciso… dribblo sul falsopiano i cameraman di TeleParma e mi scaravento sulla prima lanterna. Trovata! Punto sulla 2 e mi aspetto di trovarla più avanti… ma la catasta di legna è subito lì a pochi passi. Mi giro di 90° e punto verso la discesa e l’avvallamento: scorgo la buca e la lanterna e mi sorprendo di vedere entrare nel campo visivo e tagliare da destra a sinistra a tutta birra “Pancio”, che mi partiva davanti, ed altri. Il punto 2 sembra infatti un punto “bingo” e l’uscita dal punto a puro azimut porta lontano dalla 3, che io invece riesco a trovare quasi subito. Continuo a buon ritmo nel bosco fino alla 7, ultima lanterna boschiva: gli split diranno che ad un certo punto ero persino quinto, leader degli over-40 nella categoria assoluta! (certo… ci gioca parecchio la tratta 2-3…). Sulle ultime tirate lunghe su asfalto mi limito a non cadere vittima di infarto ed il 13° posto di manche è molto meglio di quanto mi aspettassi. Precedo in entrambe le manche qualche compagni di squadra (non Rusky) e devo dire che non me l’aspettavo: che io stia diventando un tipo da sprint?

Al rientro a casa rovescio il borsone e mi metto a lavare (a mano, non ho nemmeno la lavatrice) almeno la tuta da gara. La userò domani per la prima fase del “progetto MK” nel quale mi impegnerò nei prossimi giorni. Bussola, cartine ed I-Pod finiscono sul divano: ormai lo uso più come pianale d’appoggio che come appoggio per il mio onorevole deretano. Chissà come si sente il divano, così declassato? Avrà bisogno di un divan-psichiatra? E chissà se i divani quando vanno dal loro psichiatra si sdraiano su un manichino? (Ok, dopo questa perla che fa ribaltare nella tomba Groucho Marx è il momento di andare a letto… buonanotte!)

Thursday, February 14, 2008

Avventure in Portogallo

Pensando alle avventure dei ragazzi e delle ragazze della nazionale in Portogallo (foto visibili sui siti di Alessio Tenani e di Emiliano Corona, ma aspetto di vedere le mappe.. almeno quella di Tocha!), mi è venuta in mente questa storiella di quattro anno e mezzo fa. L'avventura della tigna, di Tocha, dei cani sulla spiaggia, della partenza della quinta tappa... un po' di invidia per gli amici in Portogallo e un po' di sguardo al calendario in attesa della mia prossima avventura.


Correva l'anno 2003

La miglior pubblicità alle gare è sempre il racconto di qualche orientista che è già stato sul luogo e ha toccato con mano le cartine, l’organizzazione, la logistica. Era da qualche anno, quindi, che insieme ad alcuni amici abbracciavamo l’idea di tornare in Aquitania per una 5 giorni all’insegna di sole, sabbia e oceano. E nel luglio 2003 ci siamo divertiti così tanto sulle spiagge francesi da voler riprovare l’esperienza ad un solo mese di distanza dalla multi-days bordolese, però in Portogallo, in una 5 giorni talmente simile da essere praticamente gemellata a quella francese.

Attilio, Daniele, Piero, Roberta ed io siamo capitati in Portogallo in un periodo decisamente sfortunato: la piaga degli incendi ha letteralmente martoriato buona parte del territorio, e c’erano anche preoccupazioni per la disputa delle gare. Ci rasserenava il fatto che ci saremmo goduti altri giorni di oceano, che avremmo girato in lungo e in largo per il paese, e che le gare sarebbero state abbastanza facili, con poco dislivello e soprattutto relativamente corte (almeno così diceva il sito web): da 4 fino ad un massimo di 6,5 kmsf per una HB di livello tecnico “medio”. Così anche Roberta si è iscritta in HB, per non dover fare da sola la D35, che era descritta come più lunga e più difficile.

La prima sorpresa al centro gara: poco più di 300 iscritti! Gli incendi (abbiamo pensato), la lontananza dalle altre nazioni europee, il periodo a cavallo di ferragosto… però ci aspettavamo un pienone di spagnoli (ispanici, non Davide del Tumiza), ma non che i secondi per presenze dopo i locali fossero proprio gli italiani (IFK Bombarda su tutti). Seconda sorpresa: per far partire i 3 atleti (si, 3, perché Attilio e Daniele infortunatisi in Francia hanno fatto da dirigenti al seguito) nella stessa parte di griglia, gli organizzatori ci hanno piazzato in fondo all’HB, con Roberta sempre per ultima ad inaugurare una serie di partenze in ultima posizione che è durata per tutto settembre ed ottobre e si è interrotta solo a Barni! E poiché l’HB era la categoria a maggior partecipazione, eravamo sempre in coda ai 300 iscritti.

Prima tappa: Torrao do Lameiro. Partenza a 50 metri dal ritrovo, un percorso vario e abbastanza piatto che non concede spazio a rimonte dopo un errore. Il terreno non è poi così sabbioso come si temeva, e anche le distanze sono quelle previste. Bisogna solo stare attenti a non basarsi sulle curve di livello perché sono veramente quasi inesistenti. C’è il tempo per andare in spiaggia a rilassarsi dopo una corsetta di un’ora più o meno. I primi 4 della classifica HB mostrano subito di NON ESSERE dei veri HB, infliggendo distacchi assurdi al resto del mondo.

Seconda tappa: Furadouro. Arriviamo al centro gare per ultimi e già ci accorgiamo che l’atmosfera sta cambiando. L’arrivo è nel centro sportivo di un campeggio, a ridosso della spiaggia, la partenza è lì vicino, ma le facce di quelli che hanno già corso sono stravolte dalla fatica. Si smoccola praticamente in tutte le lingue del sud-Europa. Andiamo in partenza; parte Piero e sparisce dietro la prima collinetta. Poi parto io, prendo la descrizione punti… è lunghissima! Guardo le distanze: sono quasi 12 chilometri sforzo! Mi giro a vedere Roberta e sono tentato di avvisarla… ma perché guastarle gli ultimi secondi di riposo? Il primo chilometro è una campestre bordo campeggio per entrare nel bosco, poi (lo ammetto) ci sono una decina di lanterne che, fosse stato solo per quelle, sarebbe stata la più bella gara dell’anno: bosco bianco, senza ostacoli, senza sabbia, tanti dettagli e tutti i trucchi dell’orientista da sciorinare. Peccato che dal bosco bisogna anche uscire: ed ecco allora un sentiero (fettucciato!!!) di oltre 2 chilometri tra due muri di verde 3 che porta proprio verso la spiaggia. E la prima lanterna sulla spiaggia è in cima ad una duna a strapiombo alta almeno 15 metri! Avete presente il film “La collina del disonore”? Peggio! Tre passi avanti e due indietro! Mi veniva da piangere perché, proprio, i miei 90 chili non riuscivo a portarli su… Poi ancora sabbia, sabbia alta, a bordo spiaggia, e chi ha allungato (raddoppiandone la lunghezza) quel pezzo di percorso per correre sulle passerelle messe lì ad uso dei turisti ha guadagnato un paio di minuti su tutti gli altri… Piero conclude la gara molto bene, poco dietro di me, mentre Roberta incappa in una brutta avventura: viene assalita da due cani proprio nel pezzo dopo la duna, e deve tornare indietro e fare un lungo giro per evitarli.

Terza tappa: World Ranking Event a Tocha. Ora, dire Tocha in Portogallo è come dire Cesenatico in Italia. Avete presente le dimensioni? Peccato che si sapesse solo che il ritrovo era a Tocha! Aggiungiamo il fatto che l’organizzazione non ha messo sulle “statali” neanche un cartello direzionale (c’erano solo per quelli che arrivavano in autostrada da Porto), anzi uno c’era ma era sbagliato e si erano dimenticati di toglierlo. Aggiungiamo il fatto che per arrivare alla spiaggia abbiamo dovuto fare almeno 10 chilometri di stradine sterrate che poi sono diventate mulattiere etrusche, finché anche gli etruschi e i muli si sono rifiutati di andare avanti. Eppure eravamo lì, insieme ad altri a cercare ‘sto ritrovo, avanti e indietro per la mulattiera mentre il tempo passava e quell’uomo gridava… gridava… “Ehi! Lì c’è uno che corre!”. Uno? Due! Tre! Una decina, con carta e bussola. Sguardo d’intesa col driver Piero, balzo giù dal furgone e punto dritto verso un ciccione (il predatore della foresta attacca sempre il bisonte più lento!): “Scusa, dov’è il centro gare?”. Mai fatta una figura così! Comunque siamo arrivati al centro gare, dove alcuni elite stavano letteralmente assalendo i pochi organizzatori per farsi cambiare il tempo di partenza; peccato che gli organizzatori si erano dileguati lasciando lì una ragazzina a beccarsi gli insulti. Ci siamo cambiati, anche Piero che era stravolto per il rally appena affrontato, e abbiamo percorso i 2,5 chilometri di SEMIAPERTO GREZZO che ci separavano dalla partenza (anche questo fatto era sconosciuto a tutti, si sapeva solo la distanza, non il tempo stimato per percorrerla). Io sono partito lanciato perché il mio minuto era già stato chiamato: o mi perdo o li spacco tutti! Era giusta la seconda, perché alla settima lanterna ho superato Tonio Cancelli che mi partiva 10 minuti avanti. Al termine sono stato quarto, unico in 5 giorni ad infilarsi tra i soliti quattro “non HB”. Piero e Roberta hanno fatto la gara insieme, infestati da Joao Rodrigues detto “la tigna” che non faceva che disturbare e chiedere indicazioni a tutti salvo dileguarsi quando la lanterna la trovava per primo lui.

Quarta tappa: Mira. Che gli organizzatori si siano accorti della topica è palese: cartelli indicatori sparsi per tutto il Portogallo ad ogni incrocio, ritrovo al centro di un villaggio vacanze molto accogliente, partenza prevista a 2 chilometri che sono diventati improvvisamente meno di 200 metri. Certo, ci sono i soliti 10 kmsf da fare, ma ormai ci siamo abituati. Ed il bosco è ancora una volta molto bello, tanto che Roberta (come nella prima tappa) fa un garone e arriva davanti a tanti maschietti (soprattutto a Joao Rodrigues). Siamo così contenti che stiamo in spiaggia tutto il pomeriggio a goderci la giornata di sole.

Quinta tappa: si torna a Torrao do Lameiro. Partenza a caccia, ma in tutte le categorie salvo l’Elite ci sono distacchi pazzeschi tra il primo e gli altri, cosicché il 90% parte dopo la fine dei 30 minuti canonici. E qui si scatena la follia! Griglie? What’s griglie? DUE LANCI DI MASSA! A cento e più partenti alla volta, in un corridoio largo 5 metri. E le cartine? Sullo stenditoio? What’s stenditoio? Tutte NELLA STESSA CASSETTINA, posta a terra al termine del corridoio, con 4 o 5 categorie nella stessa cassettina! La tensione alla partenza è simile a quella dei gran premi: allo sparo mi lancio come Villeneuve a bordo box e arrivo per primo sulle cassette… giusto in tempo per essere sparato avanti di qualche metro dall’arrivo del gruppo compatto. E’ Tonio Cancelli a passarmi la cartina (era riuscito ad afferrarne due) e insieme ci lanciamo nel bosco davanti a tutti (perché TUTTI abbiamo lo stesso primo punto!). Chi ha letto il pezzo su Fisolombardia è al corrente della storia: siamo stati davanti correndo a meno di 5 minuti al chilometro sforzo, finché ai piedi della penultima salita ho intravisto la Nera Signora con la Falce che mi aspettava in cima, e ho dovuto rallentare. Ho lasciato a Tonio 1 minuto in quella tappa, ma nonostante lui mi abbia preceduto in 3 tappe su 5 la classifica finale dice che io sono arrivato quinto (dietro alla banda dei quattro) e lui sesto.

Giudizio finale.
Sul Portogallo: l’Algarve è in genere molto sopravvalutato, ma alcuni angolini di natura selvaggia (Sagres su tutti) sono fantastici. Lisbona mi è parsa anch’essa molto sopravvalutata e caotica, invece la zona attorno è ricca di posti carini (Obidos, Mafra, Queluz, Sintra). Man mano che si sale verso il nord le cose migliorano anche a livello di immagine che i locali tendono a dare di sé; Tomar è in assoluto uno dei posti più belli che io abbia mai visto, e Batalha e Alcobaca valgono il viaggio.
Sull’orienteering: il posto è davvero lontano, ma io ci tornerei (non subito, ma ci tornerei). Penso che gli organizzatori non possano che aver imparato da alcuni errori, ed in fondo hanno dimostrato di saper fare anche dei bei percorsi. Peccato per le disavventure varie, alcune delle quali potevano proprio essere evitate; però devono imparare a non “barare” sulle distanze comunicate sul web: le distanze vere erano almeno il 50% in più di quel che era stato indicato!

Monday, February 11, 2008

Lissolo. Sembra il nome di una medicina, magari per la tosse… e io solo so quanto ne avrei bisogno in questi giorni. E invece è una delle cime (.. cime…) della Brianza. Uno di quei denti, di quei muri che vengono scalati a prezzo di dura fatica nelle gare ciclistiche professionistiche, cicloamatoriali, insomma su tutte le versioni di due ruote che riempiono le strade brianzole nei fine settimana.

Due ruote, appunto. Sabato mattina, pieno di antibiotici e di aerosol sicuramente dopanti, dopo una settimana a farmi voler male dai vicini per via di una tosse insistente, soprattutto nelle ore notturne, ho deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo: sarei andato a correre al Parco delle cave, per provare i percorsi della seconda tappa di Milano nei parchi. Camminando.
I primi due chilometri sono anche andati via lisci. Poi sulla via del terzo chilometro il mio fisico in sfacelo ha preso il sopravvento: nausea, giramenti di testa, un trapano sulla fronte che cercava di bucarmi il cervello da parte a parte… Raggiunta la macchina con difficoltà, raggiunta la casetta con più difficoltà, evitate scene irrecuperabili (come decoro e immagine) nel parcheggio condominiale, mi sono buttato sul letto del dolore a lungo, perdendomi anche Galles-Scozia!

Le premesse non erano certo le più adatte per l’impresa della domenica: la 20 km “Memorial Longoni” di Bevera di Sirtori, con le salite del suddetto Lissolo a minare muscoli e legamenti ben più allenati dei miei.
Visto che per colpa della mia influenza non ci siamo iscritti a Brinzio, ben tre quarti del GOK (più Mirella in versione accompagnatrice) si sono allineati al via ai piedi del Lissolo. Primi chilometri ad inseguire l’atleta più forte del nostro piccolo terzetto, atleta che però sulla lunga prima salita ha avuto qualche problema e ha preferito tornare all’arrivo per la via più breve. Quando si entra nel bosco, invito Attilio a passare, invece lui si attesta su una tattica ben comprensibile: vola davanti a me in discesa, facendomi vedere che può allungare come e quando gli pare, e si mantiene qualche passo indietro sulle ripide salite, probabilmente per evitare che la mia andatura prenda improvvisamente ad andare all’indietro da tanto che sono veloce (ho visto delle tartarughe sorpassarmi, ed erano pure vecchie, artritiche e col guscio!).
Al primo ristoro, in cima al salitone, proprio sotto la cima del dente del Lissolo, Attilio inizia la litania del “siamo nel punto più alto della Brianza”. Ripeterà questa frase almeno 5 volte. Ogni volta io mi guardo intorno e vedo la fila dei concorrenti procedere su qualche altura lontana, sicuramente ad una quota più alta della nostra! Rifocillati rapidamente, si imbocca la discesa che porta al bivio della salvezza: da un lato il percorso dei 13 km, dall’altro quello dei 20 km. Ristori e discesa hanno un effetto deleterio: i muscoli sono rinfrancati e ci si butta con allegra prosopopea sul percorso dei 20 km; un km più in là, la salitazza di Perego mi fa capire che non sempre la prima decisione è quella buona.
Si prosegue tra salite (lunghe e faticose, anche sconnesse, anche molto sconnesse, anche a gradoni ed assi di legno) e discese (ripidissime, impossibile approfittarne per recuperare dalla fatica). Secondo ristoro e altra scena “Siamo nel punto più alto ecc.ecc.”. Mi volto e vedo alcuni concorrenti collinare molto più in quota… Rapida discesa e si ricomincia a salire, a salire, a salire, finché ad una curva mi giro a sinistra e dico “Ma stiamo scherzando???”: è la “Piramide”, un cocuzzolo terroso con una pendenza assurda, con un sentierino sconnesso, che affronto piegato in due a guardarmi le stringhe delle scarpe e continuando a caricare sull’ipod “Let the sunshine in” a darmi un po’ di carica. Sulla cima, troviamo alcuni concorrenti arrivati prima di noi che prendono fiato, si stretchano, sospirano…
Le salite purtroppo non sono finite: un lungo falsopiano ci riporta indietro prima di una ennesima dura salita su asfalto (e qui sento qualcuno che smoccola a parole vivaci…). Su questa salita perdo di vista Attilio, convinto che sia davanti a me: è la salita che porta al “Tetto brianzolo” (noto ristorante panoramico) e mi aspetto che Attilio sia là a dirmi le immortali parole “Siamo sul punto più alto…” al che sarebbe sicuramente partito il mio “Mavaff….!!!”.
A questo punto i km sono 17 e da qualche parte bisognerà pur cominciare a scendere verso l’arrivo. Infatti la salita è finita, non resta che radunare le ultime energie per scapicollarsi verso valle affrontando gli ultimi pezzi di bosco e di asfalto fino alla volata finale. Sul traguardo trovo Mirella e Roberta, ben ripresa dopo oltre un’ora di attesa in zona, e mi volto per cercare Attilio che invece arriverà una decina di minuti dopo (forse meno, diciamo poco più di cinque) ma soddisfatto per una bella 20 km, sicuramente quella paesaggisticamente più attraente tra quelle fatte finora, almeno finché sono riuscito a godere del panorama circostante (poi la fatica ha fatto calare la nebbia…). Tempo attorno alle due ore, ma non devo tenerne conto visto il dislivello (calcolato Garmin poco sotto il chilometro) ed il terreno. Una ventina di bicchierini the ed un piatto di ravioli mi hanno poi rimesso in sesto per il pomeriggio.

E la tosse? Deve essere rimasta sul “punto più alto della Brianza”, ma non so nemmeno quale: ce ne sono così tanti … !!!

Wednesday, February 06, 2008

Una delle battute (battutone…) che ripeto ad Andrea R. ha questo tono: “L’orienteering non è ancora pronto per uno stegal campione italiano…”. Dovrebbe essere pronunciata, o letta, con lo stesso tono che ha Linus Van Pelt sulla panca dei battitori, quando Charlie Brown è in terza base pronto a far vincere la sua squadra per la prima volta:
Lucy: “Pensi che Charlie Brown ci farà vincere questa volta?”
Linus: “Non sono pronto per la fine del mondo”.

Ma mi chiedo. L’orienteering mondiale è pronto per questa cosa?
http://www.wmoc2008.fpo.pt/index.php?lang=en&op1=126&id=14

Prima di considerare per un attimo la possibilità che io mi sia definitivamente montato la testa (ci hanno già pensato alcuni sms a smontarla e a farmi ridere molto, tra cui uno dell’orsetto solandro che NON riporterò su questa pagina…), vorrei almeno spiegare come sono andate le cose e come mi sono ritrovato in questa strana situazione…

Tutto comincia con l’iscrizione ai mondiali master portoghesi, anzi con la mia richiesta alla Fiso di poter avere l’accredito stampa per i mondiali. L’organizzazione riceve la richiesta di accredito e parte una specie di chat in mail che, per dirla con Andrea Castelli “sto’ a farve un sunto”. Uno sono io, l’altro è il grande Manuel Dias dell’organizzazione dei WMOC, uno che si sta facendo in quattro per i mondiali e anche per i POM in Algarve, un vero professionista alle prese con il sottoscritto che è un volonteroso dilettante…

MD “Ciao Stefano, forse hai visto che sul sito ci sono interviste ai protagonisti dei mondiali master (vero, fino a quel giorno però c’era solo l’intervista e Erkki Luntamo, e fino a 3 giorni fa Joergen Martensson!!! n.d.a.). Per L’Italia vorremmo intervistare te, ci stai?”
SG “…mmmhhh… guardate che io non sono un forte orientista, forse sarebbe meglio provare con altri iscritti…” e faccio i nomi di Paris\Bragagna, di Dorigati\Zotta, di Franco e Cristina Casatta, alludo alla staffetta delle “Silver vixens”, ai loro figli già campioni nazionali…
MD “Si, ok, faremo una seconda intervista, ma adesso vorrei intervistare te”
SG:”…mmmhhh…potrei recuperare Thomas Hiltebrand, campione mondiale H50…”
MD “Gia fatto, sono in attesa delle sue risposte. Quindi?”
SG “…mmmhhh… Stefano Maddalena ?”
MD “Forse. Ma non è ancora iscritto. Quindi?”

E allora getto il cuore oltre l’ostacolo e per una volta passo dall’altra parte della penna, sperando nella benevolenza dell’intervistatore e nella compiacenza dei lettori.
Il risultato non tarda ad arrivare: due pagine word fitte di domande! (infatti non ho mica risposto a tutto!). Leggo la prima: “Tra gli orientisti italiani Stefano Galletti è noto tanto quanto…” …


Ommammamia! In che razza di situazione sto andando ad infilarmi? (citazione da un libro dell’87° distretto, credo capo Crooke a Bert Kling) Ho già detto … no, l’ho scritto!... che non sono molto bravo a gestire la pressione? Ecco: quella notte non ho dormito molto.
Prima cosa: chiedere lumi al consiglio direttivo del GOK. PLab vuole leggere le domande, approva e comincia pure lui a farmi altre domande. RobyBorr idem, conl’aggiunta del solito “Succedono sempre a te le cose strane”. Attyla scuote il testone come a dire “Avanti con la baraldaggine” (dalla figura del pagliaccio Baraldi, come dire “il solito circo equestre…”).

Quindi sono in ballo e devo ballare. Porto l’intervista a Lugano e ne parlo a Tom e Lidia, e mentre l’assemblea Aget procede io scrivo papiri su papiri di carta. Poi limo un po’ il tutto, poi passa PLab a limare il mio inglese d’assalto, e poi mando il tutto a Manuel. Non prima di aver recuperato “la foto”! Già. Quale foto allegare? Manuel era stato chiaro: ne avrebbe preferita una in azione da speaker… E non è che io ne abbia tante: alla fine tra quella scattata da Anna Chiandetti in Val di Sole e quella proposta a Manuel ho scelto la 5 giorni dei Forti perché la scenografia è un po’ più completa… perché non ci sono i fogli delle griglie per terra… perché mi sembra di essere un po’ più presentabile… OK! OK! L’ho scelta perché anche l’occhi vuole la sua parte (come peraltro testimoniato dall’sms dell’orsetto solandro…)!

Non è rimasto che aspettare la data della pubblicazione sul sito, pensando al fatto che avrei potuto annunciare una simile uscita solo come “tragedia di un uomo ridicolo”, pensando al fatto che se solo Andrea Segatta avesse continuato a popolare il suo blog avrei citato volentieri anche quello, pensando a come in fondo Walter Peraro, Andrea Rinaldi, i ragazzi dell’Erebus Team abbiano davvero cambiato un po’ la mia vita, pensando ai ragazzi e alle ragazze con punti Elite (tanti) che mi sopportano e mi spiegano un sacco di cose che altrimenti non capirei da solo, pensando a Piero, Roberta e Attilio che hanno sopportato anche questa…

… e pensando a due persone: Marco detto Rusky che adesso avrà (spero) ulteriori estimatori internazionali e Stefano detto Zonori che magari vedrà il numero di contatti al suo sito impennarsi proprio dalla Finlandia.

O almeno così spero.

INTERLUDIO SULLE CURVE DI LIVELLO

Con l’influenza sull’uscio di casa, uscio che oggi mi sono ben guardato dal varcare in direzione ufficio, è diventata assai improbabile una mia presenza a Brinzio per la prima gara (10 febbraio) che si disputa con una cartina con le sole curve di livello. Almeno così dice il volantino gara.

Qualche tempo fa mi parlò di una opportunità del genere Ivano Benini, che mi aveva appena passato la responsabilità del Lanternino e che avrebbe voluto scrivervi un pezzo sulla possibilità di assegnare un campionato regionale per una disciplina “sulle curve di livello”.

All’epoca fui abbastanza sospettoso, e forse lo sono anche adesso. L’abilità di muoversi in curva di livello o di fare orientamento basandosi su queste ultime, infatti, è una cosa: una gara vera e propria con le sole curve di livello è un’altra. L’abilità è un pregio che probabilmente i più forti allenano su carte prive di altri riferimenti, con percorsi ad hoc per alimentare questa dote o per veder prevalere chi di questa dote fa un punto forte. Ma una gara?… mi sembra una situazione limitativa. Come giocare a pallacanestro sapendo di poter palleggiare solo con la mano sinistra (o destra se si è mancini): se lo si sa fare,bene. Se non lo si sa fare, male, ma ci si può allenare. Ma disputare una partita con una regola del genere? Sarebbe una limitazione verso chi sa fare bene i cambi di direzione in palleggio! Non è detto che vincerebbe l’orientista più forte, e visto che stiamo parlando di orienteering… le curve di livello mi sembrano una, una delle tante, tessere del mosaico che si chiama “mappa” e che teniamo in mano.

Una delle cose che avevo paventato, parlando con Ivano, erano situazioni del tipo: atleti che si studiano la carta prima della partenza per memorizzare la posizione di altri punti di riferimento, atleti favoriti dalla frequentazione della carta stessa per allenamenti o vicinanza geografica, o alla peggio gente che si infila in tasca la carta completa… Non vorrei assistere ad una serie di perquisizioni alla partenza J

Vedo che comunque l’idea ha preso corpo e la gara, pur promozionale, è entrata in calendario, e quindi onore a chi ha portato avanti da lungo tempo l’iniziativa e si è reso disponibile per organizzare una prova sui generis. Le iscrizioni le ho mandate ad un indirizzo del Tumiza, ma il "ricevuto" mi è arrivato proprio da Ivano... il che conferma a me medesimo che c'è dietro ancora lui a questa iniziativa, e quindi "Bravo Ivano!"

Di allenamenti simili ne ricordo più di qualcuno.
Fu la prima volta sull’altopiano di Lavarone, carta di Monte Tablat (facilissima, vero?) ed era uno degli allenamenti del famoso gemellaggio Trentino-Salisburgo svoltosi con la neve alta più di mezzo metro nei boschi. Uscimmo per quell’allenamento a coppie, io con Roberta B., e penso che trovammo si e no metà delle lanterne del nostro percorso pur essendoci portati dietro anche la carta vera e propria (che però in quelle condizioni non serviva a molto!). Lo Sbrambi, già in predicato di crescere esponenzialmente dal punto di vista tecnico, si avventurò sul percorso long da solo e senza carta completa e tornò col buio, comunque soddisfatto…
Ricordo altri allenamenti di questo tipo nei vari gemellaggi, ed un allenamento organizzato (credo) dal Nirvana Verde sulla carta (credo altrettanto) di Valmadrera o giù di lì… quella volta devo aver tirato un po’ di accidenti!

Le curve di livello però vanno benissimo per un allenamento, anche se rimango un po’ scettico di fronte alla possibilità di una gara o di un campionato specifico. Ma forse è perché sono schizzinoso: infatti mi sovviene che in altre nazioni non vanno tanto per il sottile nell’organizzare gare vere e propria, con i loro bravi campioni nazionali, in condizioni diverse dalla normale situazione orientistica.

Ricordo in uno dei sempre noti gemellaggi un tale austriaco Elite che ci venne presentato come “campione nazionale in notturna”, che sembra una cosa che fa un po’ ridere… ma se poi alla notturna di Baselga di Piné due anni fa scopri che vincono due austriaci che si sono fatti largo nelle tenebre con la luce del telefono cellulare…!!!

E ricordo soprattutto gli ungheresi, scatenati con il loro mobile-O che coinvolge fior di Elite che si danno battaglia con soluzioni tecnologiche innovative per non essere impacciati nei movimenti (ho visto gente tutta scotchata in faccia per tenere il cellulare senza vincolare una mano), o con le loro gare … addirittura il mondiale … mikrosprint, divertentissimo come dopo gara alla Hungaria Kupa, divertentissimo finché non ti accorgi che l’enorme serie di edifici di cui è costellata la carta di gara non sono altro che le piccole panchine del giardino che hai di fronte e a quel punto come Gulliver, che diventa gigante o lillipuziano a seconda del paese che visita, si fa un rapido “scaling” e si scopre di potersi divertire e lottare anche su un percorso di 400 metri su una carta lunga 100 e larga 50 metri.

Mobile-O e mikrosprint sono due discipline che prima o poi vorrei portare anche in Lombardia, così come qualche anno fa i più assidui trovarono nel post gara alcuni percorsi “simil trail-O”, ben diversi dal vero e proprio trail-O ma, credo, assai più complicati (poi i miei compagni di squadra, o coloro che avevano provato i percorsi, andavano in giro per l’Italia a vincere le gare open di trail-O e mi messaggiavano sms con “i tuoi percorsi sono molto più difficili”).

Ecco quest’anno di grazia 2008 si comincia con il mobile-O: Milano nei parchi – 5 aprile al Monte Stella. Spero che sarà divertente: e per chi conosce il Monte Stella… cominciate a trovare un codice per indicare “alto”, “alto + alto” e “ancora più alto”, perché Mobile-O o non Mobile-O la scalata in cima alla vetta non ve la toglie nessuno nemmeno questa volta!!!

Monday, February 04, 2008

La tragedia di un uomo ridicolo (messaggio ancora un po’ criptico, ma per poco…)

Lo so, sono io il primo a dirlo. Molto spesso tendo a cadere nel ridicolo. Sono ridicolo quando mi butto di testa a fare delle cose che non fanno parte del mio bagaglio (nell’ordine direi: speaker, media-men, redattore, orientista). Sono ridicolo quando mi scateno come un toro infuriato a fronte di piccoli eventi che andrebbero presi per quello che sono (scemenze), come per esempio due giorni fa quando mi sono ritrovato la mail floodata da qualcuno che probabilmente starà sghignazzando della grossa alle mie spalle. Sono ridicolo quando penso che tutto il mio lavoro sia importante: sono ben altri, e per obiettivi ben più rilevanti, i personaggi che sfruttano gli spazi comunicativi per i loro fini (mica l’orienteering…).
Sono ridicolo quando scrivo per il blog qualcosa come questa!

Tuttavia ogni volta succede qualcosa che sposta il limite del ridicolo qualche metro più in la!

E così, mio malgrado e con mia grande sorpresa (e anche panico: infatti la prima notte non ci ho dormito), dovrebbe essere disponibile a breve nelle case di tutti gli orientisti italiani e non solo:
“My way – la tragedia di un uomo ridicolo”
Tragedia\Commedia\Farsa in atto unico (scritta, diretta e interpretata, ma non richiesta, da Stegal67)

Personaggi ed interpreti (in ordine di apparizione)

La bella: Anne K.Olesen (e te pareva…) nei suoi meravigliosi panni e nel suo splendido sorriso
La bestia: Stefano Galletti (ovviamente… ) nei suoi molto meno meravigliosi panni
I 3 Re Magi: Mikhail Mamleev, Michele Tavernaro e Carlo Rigoni (e questi tre cosa ci fanno?)
L’emissario del re di Svezia: Giacomo Seidenari
I Campioni: Alessio Tenani ed Emiliano Corona
I Consiglieri: Marco Giovannini e Stefano Zonato
Il Consiglio dei nobili: Walter Peraro, Andrea Rinaldi, Francesco Isella e Alberto Grilli

Altri personaggi (sempre in ordine di apparizione)

Harvey Keitel (ohibo?)
Ingrid e Olle Hermansson (my friends…)
Jani Lakanen e Felix Breitschaedel (nelle parti delle prime vittime)
Emil Wingstedt e Andrey Khramov (nelle parti delle ultime vittime)
Giancarlo Simion, Jonas Rass e Nicole Scalet (il trio delle meraviglie)
Roberta Falda (2007 world champion)
Nicolò Corradini (XX° century world champion)

Mi rendo conto che il messaggio non è molto chiaro, tra qualche giorno proverò con Google a vedere se una ricerca mirata ottiene qualche risultato.
Intanto sto ancora cercando chi è la “gola profonda”, il suggeritore, il deus ex machina che ha scatenato il bailamme che ha portato a questa “tragedia di un uomo ridicolo”: mi sono fatto un’idea, confermata anche da Roberta B.

Quel che è certo è questo: non mi sono mai sentito così vergognoso da quella volta che Orienteering Today pubblicò una foto del sottoscritto (proprio di me!) all’arrivo della sprint al Thermenland Open. Con tutti gli Elite che c’erano, scelsero me…