La leggenda del Banditore
C’erano una volta due prodi cavalieri medievali che di nome
facevano Don Pedrotte e Sir Ruggiério. Erano tra i più forti, leali e valorosi
cavalieri di tutto il reame di Orientonia, e le loro gesta facevano scrivere
agli aédi pagine e pagine di racconti epici e sensazionali dai quali emergeva
tutto il loro valore.
Va detto, per aiutare il lettore impreparato, che in tutto
il reame di Orientonia gli abitanti si dedicavano tutto il santo giorno ad una
sola attività: la caccia ai draghi.
Orientonia era disseminata di draghi per ogni dove ed i suoi abitanti, al fine
di stabilire gerarchie, meriti e onori, non facevano altro che dare la caccia
ai draghi. Tale caccia, ai sensi del Reale Tomo Fondamentale (da sempre noto
come RTF), si svolgeva in modo del tutto incruento: in tutto il reame di
Orientonia, a turno uno dei baroni o dei marchesi o dei duchi, che là
abitavano, organizzava una tenzone alla quale erano invitati tutti i cavalieri.
Ad essi veniva consegnata una mappa con l’indicazione della posizione delle
tane di tutti i draghi che riposavano nelle vicinanze (perché i draghi, in
tutte le storie, all’inizio dormono sempre!); i cavalieri, a turno, dovevano
salire in groppa al proprio destriero e, nel più breve tempo possibile, fare il giro di tutte le tane dei draghi,
lasciando un segno sulla zampa di ciascun drago detta “punzonatura”. Quando il
drago, risvegliatosi, volava alto nel cielo, era possibile verificare quali
cavalieri avevano eseguito tutte le punzonature, e celebrare tutti insieme chi
si fosse dimostrato più bravo.
Don Pedrotte e Sir Ruggiério erano davvero tra i più bravi,
nonostante la loro età avanzasse di gran carriera e il colore dei loro capelli
tendesse ad incanutirsi. Tanti cavalieri più giovani potevano vantare, in ogni
tenzone, un valore paragonabile a quello di Don Pedrotte e Sir Ruggiério: tra
tutti il conte Alessio della Tenania o la principessa Cristina Kirchelecchenaria. Tutti costoro
erano entrati ormai nel mito del popolo di Orientonia che ogni settimana
attendeva l’emanazione del resoconto ufficiale del torneo da parte del
Parlatore Imperiale (meglio noto come
P.I.) per verificare se la bilancia del fato e della gloria pendeva più sul
lato dell’uno o dell’altro.
Tutti gli abitanti di Orientonia, nessuno escluso, erano
coinvolti in questi tornei. Non tutti erano abili come Don Pedrotte e Sir
Ruggiério, ma tutti quanti si dedicavano con passione alle tenzoni, attendevano
nelle arene di gara i loro beniamini, esplodevano in applausi scroscianti al
loro passaggio, e poi andavano ad apprendere i segreti dei due Master Knight
quando Don Pedrotte appendeva nelle bacheche araldiche il resoconto delle sue gesta; Sir Ruggiério era un cavaliere assai poco propenso a raccontare le sue gesta,
preferendo talvolta un semplice e lapidario commento sulla bacheca del
FacciasLibrus. Tuttavia, ogni qualvolta Don Pedrotte scriveva con una prosa fluente e coinvolgente, Sir
Ruggiério non poteva trattenersi dal dire la sua per ribadire (se ce ne fosse
stato bisogno) che la dea Nike non aveva ancora deciso chi dei due era
destinato a prevalere nella leggenda.
Capitava anche che, in occasione del Tornei più importanti,
i duchi o marchesi o baroni che organizzavano la tenzone chiamassero una figura
molto meno nota di Don Pedrotte e Sir Ruggiério, per allietare gli astanti e
distrarli momentaneamente dalle abbondanti libagioni e bevute che venivano
predisposte.
Egli era conosciuto molto semplicemente come “il Banditore”.
La sua missione
risaliva la notte dei tempi. Dovete sapere infatti che i draghi creano la
loro tana lontano dalla piazza principale del borgo dove veniva organizzata la
tenzone. E tutti coloro che vi prendevano parte o vi assistevano soltanto si
sarebbero annoiati alquanto se avessero dovuto limitarsi ad attendere il
ritorno dei cavalieri ed il palesarsi dei draghi per sapere chi si fosse
aggiudicato la contesa. Il Banditore aveva quindi il compito di riempire i
tempi morti della tenzone, aggiornando gli abitanti di Orientonia con
informazioni che attingeva da una sfera
di cristallo con una faccia invero molto piatta e di forma rettangolare, o
che sembravano raggiungerlo per magia, o interpretando una strana turbolenza
udibile in lontananza come una sicura evidenza della avvenuta prodezza o della
caduta di un cavaliere.
Il Banditore, va detto, era
un autentico ciarlatano. Quelle strane turbolenze o segnali provenienti
dalle foreste circostanti i boschi di Orientonia, per lo più se le inventava di
sana pianta, sicuro del fatto che il pubblico si sarebbe dimenticato delle sue
osservazioni non appena avesse potuto ammirare con i propri occhi il ritorno
dei cavalieri ed il risultato delle loro imprese. Però tanti accettavano di
buon grado l’accompagnamento vocale della tenzone, sperando di essere citati
dal Banditore per qualche loro personale prodezza (anche se non potevano
rivaleggiare con Don Pedrotte e Sir Ruggiério), o augurandosi di essere
lasciati nel dimenticatoio quando la tenzone li aveva visti sconfitti in malo
modo.
Il Banditore era anche una figura strana. Aveva preso il
posto del banditore precedente in circostanze che definire misteriose è poco.
C’era chi parlava di un matrimonio che aveva costretto il banditore precedente
ad eclissarsi (ed al suo ritorno non aveva più trovato il suo posto), o di
qualche altra strana magia. Ma nel reame di Orientonia c’erano alcuni giovani virgulti che ambivano al
posto di Banditore. Va detto che i giovani avevano una idea un po’ balénga
del Banditore. In molti lo immaginavano ricoperto di onori e di denari,
rifocillato ad ogni tenzone con delizie di ogni genere, ospitato tra mille
lussi nelle migliori stanze dei palazzi reali, accompagnato ogni notte da ninfe
ed odalische che non vedevano l’ora di gettarsi tra le sue braccia. Il
Banditore sapeva che la realtà era tutta un’altra cosa… Tuttavia, sempre più
spesso, il duca o il barone o il marchese che organizzava il torneo segnalava
al Banditore, en passant, che nella
sua landa stava crescendo qualche giovane leva in grado, chissa?, prima o poi
di spodestarlo dalla sua posizione. Quando il Banditore cominciò a sentire
questo ritornello sempre più spesso, capì che i suoi giorni cominciavano ad
essere contati: l’età ed il vigore non
erano più quelli di un tempo, presto sarebbe venuto anche per lui il tempo
di cedere lo scettro della Banditura e ritornare nell’oblio.
Tuttavia il Banditore aveva un’arma segreta. Segreta… era
talmente sotto gli occhi di tutti al punto da essere diventata quasi invisibile
(perché il banditore aveva letto “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe).
Dovete sapere infatti che il Banditore in passato era stato anche lui un
cavaliere; non era certo abile come Don Pedrotte o Sir Ruggiério, ma aveva
sempre partecipato con passione a tutte le tenzoni alle quali era stato
invitato. Non aveva mai raccolto onori paragonabili a quelli dei migliori
cavalieri, ma una volta diventato Banditore aveva giurato a sé stesso che finché fosse stato possibile non
avrebbe rinnegato la sua anima di cavaliere. Così, ogni volta che il Banditore
veniva chiamato ad accompagnare una tenzone, egli era sempre il primo a cercare
di trovare le tane di tutti i draghi indicati sulla mappa. Con il buio o
all’alba, muovendosi da solo attraverso le foreste, il banditore cercava di
individuare tutti i draghi e di memorizzare le caratteristiche della tana, al
fine di poter accompagnare il commento vocale con particolari che solo chi era
stato nella foresta, e chi aveva davvero visto tutti i draghi, poteva
conoscere.
Certo… il fatto di muoversi da solo e ad orari impossibili,
senza riferimenti e spesso senza neppure avere avuto la possibilità di
rifocillarsi, annacquava le possibilità ormai pari a zero che il Banditore,
nelle vesti di cavaliere, potesse raggiungere risultati pari a quelli di Don
Pedrotte o Sir Ruggiério. Ma tanto gli bastava: “meglio un giorno da leone che cento da Bjorn Persson!” diceva.
Anche perché questa particolare caratteristica del Banditore era un unicum: neppure il Banditore noto come
“Gogghius” della vicina OrientOsterreich, che pure vantava un passato di grande
cavaliere, si azzardava a fare quello che il Banditore di Orientonia cercava di
fare. E persino il grande e inarrivabile
mago PerForsberghio, della lontana SvezOrientland, si limitava a
bofonchiare “I’m not here for that” quando vedeva il Banditore di Orientonia
prendere la strada della foresta alla solitaria ricerca di draghi.
I giovani aspiranti banditori scalpitavano sempre di più,
finché giunsero alla decisione di liberarsi del Banditore nell’ultimo fine
settimana di ottobre, con quella che i posteri avrebbero chiamato “la congiura
degli aspiranti banditori”.
La tenzone, quella volta, aveva avuto luogo nella lontana
terra di Ligurionia: una landa famosa per le sue curve e tornanti, nonché per l’ospitalità degli osti locali che
alla richiesta di un po’ di grana da mettere sulla pasta rispondono
immancabilmente “se sposti i primi pezzi
e guardi bene sotto, vedi che un po’ ne abbiamo già messo”. Per la
precisione, la tenzone avrebbe impegnato i cavalieri (e quindi anche il
banditore) sulla mappa di “Dolore”, altrimenti noto come Monte Beigua, nota a
tutti i cavalieri per la sua difficoltà e per i pericoli ivi nascosti. Lì i
giovani virgulti avrebbero dimostrato a tutti gli abitanti di Orientonia che il
Banditore ormai era troppo vecchio e stanco per continuare la sua missione.
Al Banditore venne chiesto come prima cosa di intrattenere
la rapida tenzone che si sarebbe svolta nel borgo di Savona. I draghi lì non
erano così pericolosi, e le tane erano tutte vicine tra loro. Il Banditore
riuscì a disimpegnarsi in poco più di mezz’ora nel suo ruolo di cavaliere, ma
dovette far fronte ad insidie inaspettate: un
ponte levatoio che si apriva e si chiudeva più o meno quando cacchio pareva
a lui, una compagnia di teatranti che
stavano mettendo in scena uno spettacolo proprio sul ponte levatoio, un venditore di almanacchi che si
mostrava in grado di aprire e chiudere un passaggio cruciale del percorso da
una tana all’altra con la semplice apposizione di una lastra metallica…
Nonostante tutto, nonostante la limitata capacità del
Banditor-cavaliere di domare le labirintiche fortezze medievali, nonostante gli
avventori delle taverne e le comitive di pellegrini ed un diluvio torrenziale,
la tenzone poté dirsi portata a termine con regolarità. Ma il Banditore se ne
andò a dormire sulla cima del “Dolore” ad ora tardissima, assai poco
predisposto ad affrontare la tenzone del giorno successivo.
Giorno successivo che arrivò a pochi battiti di ciglia dal
momento in cui era finalmente riuscito ad addormentarsi. I giovani aspiranti
banditori avevano passato la notte in un frenetico sabba delle streghe,
evocando per la mattina quattro
terribili calamità: il Freddo, la Pioggia, la Nebbia e la Paura. Quando il
Banditore uscì da solo nel buio che precede l’alba per affrontare la terra del
Dolore, fu il Freddo il primo spettro a farsi avanti per reclamare l’anima del
temerario ex cavaliere: un freddo penetrante, intenso, sostenuto da un vento
che dall’entroterra della Ligurionia era giunto fino a Dolore raccogliendo lungo
la strada tutti gli spifferi delle finestre lasciate aperte e dei freezer
chiusi male.
Il Banditore rimbalzò
indietro davanti allo spettro del Freddo, ma ebbe la prontezza di spirito
di cambiare subito la sua armatura: vestito inizialmente di un sottile strato
di Trimtexius, corse a frugare nella sua bisaccia e si coprì con una pesante armatura
di jeans; sapeva che quella pesante armatura si sarebbe presto inzuppata,
costringendolo ad attraversare la mappa di Dolore con un sovraccarico di 10
chili almeno, ma quella soluzione avrebbe impedito che altri cavalieri
trovassero il suo corpo congelato in qualche grotta.
Il secondo spettro a
farsi avanti fu la Nebbia, che rendeva la foresta invisibile alla vista e
nascondeva agli occhi del Banditore i baratri della prima parte del suo cammino.
Tutto attorno a sé, il Banditore poteva solo vedere una zona ovattata profonda
qualche metro! Sarebbe stato difficile trovare la prima tana del drago, ma il Banditore
lanciò un incantesimo che gli era stato insegnato in Apriconia dal Duca Della
Vedova, che recentemente era assurto a capo della confraternita dei Saggi di
Lombardesia. Il Duca Della Vedova aveva raccontato che il Banditore sembrava
avere un fiuto particolare per trovare le tane a forma di carbonaia: il
Banditore si rallegrò nel vedere che i draghi avevano messo la loro tana
proprio nelle carbonaie, e camminando di buon passo non ebbe particolari
difficoltà a raggiungere le prime tane.
A questo punto, in un crescendo terribile, si fece avanti il terzo spettro: la
Pioggia. Battente e copiosa, essa rendeva impossibile al Banditore l’utilizzo
delle due lenti molate che portava davanti agli occhi, e gelida si insinuava
nel collo dell’armatura fino a scendere lungo la schiena. Zuppo di acqua, il Banditore
andò avanti per il suo cammino, trovando una dopo l’altra tutte le tane dei
draghi che non si aspettavano di veder comparire un cavaliere ad un’ora così
strana. Giunto a metà del suo cammino, il Banditore giunse vicino al luogo dove
avrebbe dovuto alfin concludersi la sua ricerca; provò a lanciare uno sguardo
intorno, e persino a urlare un “c’è qualcuno?”, cercando di superare con la sua
voce il fragore della Pioggia incessante, ma nessuno rispondeva ai suoi
richiami: Dolore sembrava una landa disabitata.
Il Banditore proseguì solitario la sua temeraria impresa, ma
raggiunta la decima tana lo attendeva lo
spettro più esigente: la Paura. Per riuscire a piegare la volontà del
Banditore, essa portava con sé la Stanchezza ed il Dubbio. Si narra che ancora
oggi il Banditore non sia del tutto sicuro se le cose che vide passare al suo
fianco tra la decima e la tredicesima tana del drago fossero reali o frutto
della sua immaginazione minata dallo spettro della Paura. Ma in qualche modo il
Banditore riuscì a trascinarsi fino alla tredicesima tana del drago, che avrebbe
mietuto poi vittime illustri tra le quali il Barone Dallaval Solandra. Ivi giunto,
il Banditore capì che le sue fatiche stavano per completarsi: le altre tane del
drago non erano poi irraggiungibili! Lanciò un urlo di gioia che spaventò
alcuni cacciatori di frodo che erano acquattati nei paraggi (e che si
arrabbiarono moltissimo), e poi si diresse stanco ma sicuro a completare il suo
percorso.
Giunto infine al termine della sua poco nobile impresa,
almeno a giudicare dal tempo che impiegò per completare il giro della mappa di
Dolore, si fermò a contemplare il terreno che aveva lasciato alle sue spalle:
Freddo, Nebbia, Pioggia e Paura che i giovani aspiranti banditori avevano
evocato per lui non lo avevano sconfitto. Anzi, questi spettri sarebbero stati
ancora sul terreno di Dolore ad
accogliere tutti gli altri cavalieri che stavano per cimentarsi con la loro
impresa.
Fu per questo motivo che si narra che queste furono le prime
parole che il Banditore pronunciò una volta raggiunta la folla dei cavalieri in
attesa:
“Mo’ sono cavoli vostri!!!”