My 2016: something to forget, much more to remember!
Adesso che
Dario “dopolavori” Pedrotti è riuscito finalmente a pubblicare la lista delle
sue gare predilette e maledette del 2016, corredate da stralci di cartina e
tracce gps soprattutto delle sue peggiori malefatte (senza le quali il suo
bottino annuale di medaglie e premi sarebbe ancora più invidiabile), a dare voce agli ultimi della
classifica arriva l’impiegato panzottello! Senza tracce GPS, perché le case
produttrici si vergognerebbero e gli eventuali compratori penserebbero che
quell’aggeggio non funziona. Senza posizioni in classifica (cercate sotto la
voce “brocco”), senza medaglie ricchi premi e cotillons. Ma con un sorriso
beato stampato sul volto ed un sacco di bei ricordi da tirare fuori davanti al
caminetto nelle lunghe sere d’inverno, quando la cumpa in ascolto esclama in coro “Ebbasta! Cheppalle!!! Ancora ‘sta storia di quando ti sei perso nel buio
alle 7 del mattino e ti hanno tirato fuori dal bosco con i cani?????”.
62 gare
disputate in un anno sono un bottino che può benissimo mettere l’orienteering alla
voce “disease” della mia vita sportiva: si tratta in fondo di gareggiare in
media più di una volta alla settimana in uno sport che occupa all’incirca tre
quarti del calendario solare. Ma a queste andrebbero aggiunte le 28 gare nelle
quali mi sono poi cimentato per la gioia di grandi e picc… per la gioia di…
mmmm... per la mia personale gioia! Come ormai tutti gli affezionati piccoli lettori
(cit. by Larrycette) sanno, quest’anno sono arrivato
a quota 201 gare come speaker e a 200 gare come concorrente+speaker.
L’intervista di Rai Sport di cui tutto il mondo sta parlando
si concludeva con un augurio del giornalista per le prossime 200 gare come
speaker, al quale io rispondevo “201…”.
Ma questo sketch è stata una delle parti tagliate dell’intervista, che sennò da
sola occupava tutto il tempo della programmazione di Rai Sport!
Ma torniamo
ai fatti concreti. Ecco la mia classifica delle gare 2016 preferite nel bene e
nel male, perché alla fin fine sono tutte quante degne di essere conservate nel
baule dei ricordi. La solita semplice avvertenza, sennò poi ci sono quelli che
mugugnano… “preferite” significa che in quella particolare occasione mi sono
sentito un orientista al 100%, anche dal basso del mio probabile ultimesimo posto
in classifica, “maledette” perché in quelle circostanze non ho dato il meglio
di me, perché sono arrivato al traguardo deluso da me stesso, perché non ho
rispettato il Primo Comandamento che dice che ogni volta bisogna dare il
massimo nel rispetto di organizzatori ed avversari. Astenersi quindi i sostenitori
del “mancava il
vice-sotto-aiuto-delegato-tecnico”, della griglia di partenza con 6 minuti
di intervallo tra ogni concorrente, del tempo-del-vincitore diverso da quanto
riportato al comma C del codicillo 42 del Reame Tomo Fondamentale, del terreno
di gara “indegno”, eccetera… questo è solo il mio baule dei ricordi!
Ah… Dario:
questo pezzo era già pronto da un pezzo (simpatico calembour). Cosa non si fa per lasciarti vincere di tanto in tanto!
Something to
forget…
Il giorno in
cui non so se ho dimostrato più tenacia o più follia. Credo che l’orienteering
sia un misto di tutte e due le cose. Ma io gareggio in Elite solo per
l’ultimesima posizione e c’è un tempo meteorologico che in confronto Mordor è
Sharm El Sheik… quindi chiamiamola follia una volta per tutte! Però è vero che
sono anche un po’ tenace, vero? Il pezzo sul blog che ho scritto già domenica
sera mi è venuto in mente praticamente tutto mentre facevo il loop dalla
lanterna 10 alla lanterna 13: Thierry Gueorgiou, leader religioso della setta
“la concentrazione in gara è tutto” sente delle fitte terribili al duodeno ogni
volta che viene a sapere di questa cosa
9° posto: La
mia Due giorni di MTB-O a Folgaria
Non sono un
biker. L’ultima gara di MTB-O che ho fatto risale ai tempi di Cecco Beppe e la
disciplina della MTB-O era molto diversa: oggi è roba per funamboli con le
gambe d’acciaio, le biciclette forgiate dalla NASA e uno spiccato denso del
chissenefrega per la propria personale incolumità fisica. Però il primo
giorno, sabato, era una gara sprint e ho detto “provo l’Elite, che sarà mai?”.
Sabato, a Lavarone, cerco di dare una mano a Ivan Gasperotti andando a posare
alcune lanterne del percorso: mi carico di paletti e stazioni elettroniche e
casco per terra DA FERMO! Commento di Ivan, ridendo: “Tu non sei un biker…”.
Decido che vado a posare a piedi. Quando torno e chiedo a Ivan se può fare un
controllo, mi dice che ha notato che la mia bicicletta era ancora lì… “Sono andato a posare a piedi, mica penserai
che vado su e giù in bicicletta da quel sentiero pieno di radici sporgenti”.
Commento di Ivan, perplesso: “Tu non sei un biker…”. Alla fine mi faccio dare
una cartina del percorso Esordienti, mi cago addosso su tutte le discese dove
prendo una velocità assurda e mi pianto fisicamente su una salita al 30%
(minimo) male asfaltata. Alla fine dico ad Ivan: “Ma hai intenzione di mandare anche gli Esordienti su quella salita
assurda? Non si va su nemmeno con la moto!”. Commento di Ivan, rassegnato:
“Tu non sei un biker…”. Morale della
favola? Forse non sono un biker…
Se non fosse
per l’impegno che ci ho messo al microfono, le mie gare sarebbero quasi
dimenticabili: un ritiro a Montalcino, una prestazione appena dignitosa a San
Gimignano “clamoroso ex aequo con il mio compagni di merende Fabio Dalla Riva!)
ed una meno che dignitosa a Siena. Per fortuna che poi ci sono i ricordi di
Piazza del Campo! Però, dal punto di vista del mio orienteering, sono state tre
gare nelle quali ho fatto letteralmente pena, tra una fascite plantare che non
perdona, un fisico in sfacelo, il diluvio del sabato e le pochissime ore di
sonno. Quando la rifacciamo Massimo?
Quando la rifacciamo???
Arrivo a
questa tre giorni direttamente da Varsavia, con la valigia già pronta per
spostarmi a Vienna e con le gambe ancora piene di fatica per le gare in Cansiglio.
Se tutto ciò appare come un misero tentativo di giustificazione per le penose
prestazioni in gara… ebbene lo è! Sabato pomeriggio, nella middle di Barni,
quando cerco di andare dritto alla lanterna sono storto o corto o tutte e due
le cose insieme; quando tento di andare volutamente a destra o a sinistra del
punto per poi correggere, casco dritto sulla lanterna e penso spesso che devo
ancora fare un pezzo di strada. Sulla “sprint” notturna calo un velo pietoso, anche
sulle parolacce che al traguardo ho indirizzato al tracciatore. La long di
domenica, dopo una serie di equivoci nell’iscrizione che mi portano a fondo
griglia di partenza, vedo le energie esaurirsi di botto a tre quarti del
percorso, e da quel punto è solo dolore fisico. Quando guardo il calendario e vedo
che il Nirvana Verde ha in programma nel 2017 una due giorni di Coppa Italia,
mi viene voglia di spacciarmi per un cinquantenne!
Alla vigilia
dell’appuntamento multi-days di inizio luglio, difficile pensare che sarei
riuscito a partecipare a 5-gare-5 di C.O., a 5-gare-5 di Trail-O, a fare lo
speaker e a partecipare pure alle battaglie serali a Whist. L’ho fatto e mi
sono parecchio divertito, ma i miei risultati come atleta non sono sicuramente
stati egregi. Oppure si? In fondo sono uscito indenne, e correndo da solo,
dalle due difficili tappe di Monte Agaro, una delle quali corsa subito dopo aver
preso parte a non so quale tappa della 5 giorni di trail-O! La sensazione che
mi resta è quella di aver gareggiato sempre in modalità “sopravviviamo a questa
tappa, che domani ce n’è un’altra”: scelte iper-sicure e chissenefrega del
tempo di gara perché devo pensare a salvare le gambe… ma in definitiva avrei
potuto provare a fare molto di più.
5° posto: La
mia regionale sprint a Vedano al Lambro
Arrivo al
ritrovo letteralmente con il trolley del viaggio di lavoro a Vienna, dai 10
gradi ventosi e secchi ai 30 gradi con punte di umidità del trecento per cento.
No bbuono! Le gambe sono un lontano ricordo, il cervello si spegne nel secondo
giro, la puzza di cipollotti sulla suola delle scarpe non viene via nemmeno
usando l’acido muriatico…
4° posto: il
mio Campionato Provinciale Middle Distance Alto Adige
Una
prestazione disastrosa per quanto riguarda la classifica, nonostante il bosco
di Laranza sia uno dei miei preferiti. Presumo che non mi abbia agevolato il
fatto di arrivare a Laranza direttamente dalle oltre due ore di gara passate
nel bosco di Castelrotto a fare la mia frazione lunga (lunghissima) della Relay
of the Dolomites. Mi pare di capire che nel 2017 si replica con l’accoppiata
Middle-sabato + Relay-domenica, ma stavolta non posso più fare a piedi da Santa
Cristina (relay) a Castelrotto (middle 2017): cercasi urgentemente un passaggio
auto!
6 tappe previste.
5 tappe corse (la quinta tappa annullata a tre quarti di griglia di partenza è
ancora una beffa…). Di queste cinque: una decisamente banale nel bellissimo
bosco di God da Staz nel quale starei volentieri per ore; una abbastanza banale
a S-Chanf a prendere dimestichezza con il fatto che “correre con gli altri” può
significare talvolta “seguire le tracce”; una abbastanza banale a Sils, ma è
l’ultima e quindi va già bene che si riesce a correre visto che la giornata
prevede un passaggio da Milano ed il successivo immediato trasferimento in
Trentino. Una tappa “normale” al Maloja dove mi resta il rammarico per aver
ceduto fisicamente nel momento clou quando stavo facendo proprio una bella gara
ed ero uscito indenne dal merdaio delle pietraie. Una gara “anormale” a
Diavolezza nella quale c’era solo da mettere l’indicatore in modalità
“sopravvivenza” e così è stato. Facendo i conti, anche economici, non una delle
più belle trasferte della mia carriera orientistica…
Quando si
corre in uno dei posti più belli del mondo, assistito da un tempo meteorologico
che a inizio maggio si vede una volta ogni quattro secoli se c’è la
congiunzione astrale giusta, ci si aspetterebbe almeno una prestazione
dignitosa per rispetto verso il Creatore dell’Universo e di tutte queste belle
cose.
O almeno per rispetto verso il pubblico assiepato in zona arrivo che,
causa devastazione della cartina per le note polemiche sulla riproduzione
dell’urogallo, potrà vedersi una tantum in diretta buona parte del finale di
gara. Ahimé! Nulla di tutto questo! Fino al passaggio al punto spettacolo, il
mio orienteering è randomico al limite del patetico (per fortuna che ci pensa
Marco Bezzi ad indicarmi i punti…). Dopo il punto spettacolo, il fisico non
abituato a quella altitudine è allo sbando. Quando ieri ho guardato le immagini
di RaiSport, che hanno immortalato il mio passaggio proprio nella zona degli
spettatori, mi sono chiesto se l’effetto “slow motion non sia stato un espediente
per farmi andare più veloce di quanto non lo fossi nella realtà
1° posto: la
mia Night Hawk giorno e notte a Passo Coe
L’anfiteatro
di Base Tuono a Passo Coe potrebbe essere perfetto per un Mondiale di CO, o di
qualunque cosa “mondiale” abbia a che fare con l’orienteering. Se non siamo
d’accordo su questo, non andate avanti a leggere e chiudete la finestra
internet perché non vi voglio nemmeno conoscere! Se penso a quanto potrebbe
essere suggestiva la partenza di una staffetta mondiale come questa… magari
però con UN ALTRO SPEAKER e non con questo…
La carta di
gara torna e (talvolta) non torna ma lasciamo perdere: quella si può sempre
aggiornare, ben diverso sarebbe creare dal nulla un palcoscenico come questo. A
parte questo, considero Passo Coe come l’università dell’orienteering: se sei
capace, ne vieni fuori e persino bene e puoi fregiarti della tua pergamena di
laurea; se non sei capace, ti schianti come sull’esame di Fisica Teorica e puoi
andare a fare un altro mestiere. Io per l’ennesima volta mi sono schiantato di
brutto! Arriverà il giorno in cui riuscirò a fare decentemente una gara a Passo
Coe, ma quel giorno non è stato nel 2016.
Se è
arrivato fin qui, qualcuno commenterà che le gare non-OK sono molte… ma in
fondo se sono in questa lista è perché ognuna
di esse mi ha dato mille motivi per essere ricordate anche positivamente. Quindi
le ritrovereste tutte nella lista qui sotto, quella che elenca i motivi per
andare fiero di un 2016 di gare. Ma qui sotto c’è spazio per le giornate nelle
quali tutto, ma proprio TUTTO, è andato alla grande!
Much more to remember...
Una ideona
di Remo Madella. Tecnicamente, non è C.O.: non ci si sposta solo a piedi e non
si devono trovare lanterne. Tuttavia si sono mappe di ogni tipo, bisogna essere
efficaci negli spostamenti, occorre trovare i punti di controllo e far
funzionare molto bene il cervello. Se a questo aggiungiamo il fatto di
gareggiare con un compagno che pensava di venire a fare una passeggiata, il
diluvio che ci ha accompagnato per tutta la gara, l’inseguimento da parte delle
forze dell’ordine in pieno centro di Milano, le foto dei turisti giapponesi e
la corsa finale per rimanere davanti al tram… ecco che diventa una giornata da
apoteosi. Nel 2017 saremo di nuovo al via, con un nome della squadra “I pali
della darsena” che sembra rubato alle idee di Rocco Siffredi e invece è un
ricordo dell’unico momento di defiance
che abbiamo avuto in quelle 5 ore di gara.
C’eravate?
Non serve che io dica nulla. Non c’eravate? Mi dispiace taaaaanto per voi… Per
me personalmente, una delle rare volte nelle quali il contatto con la carta di
gara è talmente perfetto da andare a trovare senza alcun timore tutti, ma
proprio tutti (meno uno, ma ero a due metri...) i nastrini appesi ad uso dei posatori. Il
mio tempo di gara è assai superiore a quello previsto dal tracciatore Mamleev,
ma è una di quelle situazioni nella quale sono convinto di essere più fortunato
di coloro che hanno impiegato un’ora meno di me a finire il percorso! Il 14
maggio 2017 si replica!
Mi sono
allenato per tutto l’inverno 2016 per questa gara. Immaginavo di poter correre
in una bella foresta pulita nella quale non occorre fare i conti con i graffi
ed i lividi rimasti sulle gambe, e l’occhio può perdersi tutto attorno a
guardare lo spettacolo della natura. La realtà delle cose è stata ancora più
incredibile di come me la ero immaginata… Probabilmente esagero quando dico che
avrei potuto gareggiare in calzoncini corti e scarpette da jogging, ma nemmeno
tanto! E se adesso penso che l’anno prossimo, sulla carta vicina, ci facciamo i
campionati italiani a lunga distanza… Tre cose indimenticabili di quella gara:
la “tratta lunga” con scelta uguale a quella del vincitore Mikhail Mamleev, i
selfie con le lanterne che mandavo al tracciatore per confermare che ero ancora
in piedi e stavo avanzando, e soprattutto il bosco incredibile attorno al
villaggio cimbro.
Ok… i più forti ci possono viaggiare a 3 min\km… ma anche gli
impiegati panzottelli come me ci possono tirare fuori una esperienza davvero
goduriosa.
Di tutte le tappe della 5 giorni del Carso, era quella
che pensavo di non riuscire a finire. Di tutte le tappe della 5 giorni del
Carso, era quella che più desideravo di poter completare. Un solo dubbio in
partenza, da solo alle 7 del mattino: ce la farò? Il mio pessimismo diceva di
no. Se ne è dato conferma all’inizio della tratta lunga (“non ce la posso
fare”), sul primo loop mentre cercavo una lanterna tra le rocce che era
INCASTRATA tra le rocce, e poi via via lungo il percorso mano a mano che si
avvicinava il completamento della seconda ora di gara e la strada da fare era
ancora tanta. Dopo la salita al Golgota che tra le lacrime di fatica mi ha
portato al quindicesimo punto, ho cominciato ad avere il dubbio che FORSE ce la
potevo fare. E questa cosa è diventata una certezza quando sono sbucato sulla
terrazza che gettava verso l’arena di gara ed ho visto l’esplosione dei colori
di tutti gli orientisti d’Italia e non solo. Come dice qualcuno che scrive
meglio di me: “Anche uno notoriamente un po' difficile come me può
essere moderatamente soddisfatto, no?”