L'ultima. Ma anche no
Ogni volta che ci penso, mi dico: "Questa è l'ultima". L'ultima in Elite, intendo. Poi, quando i dolori alle gambe sono passati, quando restano solo i ricordi e soprattutto le sensazioni provate nei momenti chiave del percorso, mi dico che no, che forse non è l'ultima. Nonostante le 3 ore e passa di fatica, anche 4 ore in qualche occasione. Una volta scrissi una cosa sulla maratona: "Qualche ora fa ero là, adesso sono qui a 42 km di distanza, e ci sono arrivato con le mie sole forze".
Il fatto che le gare di
orienteering partono e terminano nello stesso posto (il ritrovo, intendo) non cambia
la sensazione: quando sono partito da "qui", in quel "qui"
non c'era nessuno, il parcheggio era vuoto, l'alba non era ancora arrivata, io
ero solo. Poi arrivo "di nuovo qui" ma il sole è alto nel cielo
(anche quando piove), ci sono un sacco di macchine, sento le voci di chi si sta
preparando, di chi sta cercando il posto dove mettere il telo con le borse o la
tenda tunnel, di chi mi scatta una fotografia, di chi ricorda improvvisamente
che un folle era andato nel bosco quando la sua sveglia non era ancora suonata.
(foto by Andrea Bruno)
Lunga distanza... per quelli come
me... che sono pochi, lo so, sono sempre meno. Intendo che sono in pochi ormai
quelli scarsi e poco allenati. Oggi, quando mi guardo in giro, vedo ragazzi con
i quali una volta potevo fare un confronto sui tempi di gara, ma adesso ci
mettono 20 minuti, 30 minuti, 60 minuti, 90 minuti meno di me e arrivano al
traguardo senza aver vomitato l'anima. Vedo ragazze sorridenti e minute che
affrontano gli ultimi metri della lunga distanza con lo sguardo di quelle che
non esiterebbero a scavarmi il cuore con le scarpette chiodate se solo io mi
frapponessi tra loro e la lanterna.
Lunga distanza è quando ti dici
da solo che è l'ultima, davvero, questa è l'ultima. Ma quando è stata l'ultima
volta? A Lavarone? Si, ma l'ho corsa praticamente a sequenza libera. Livigno?
L'ho fatta in due tappe (entrambe sotto il diluvio)… Col Margherita? Non
finita! (e come avrei potuto, gareggiando sulla Luna?) Tai di Cadore??? Ecco,
si. Tai di Cadore. Quando la sveglia era suonata alle 4.50, in pratica allo
stesso orario del taxi che prendevo per andare in aeroporto prenotato quando
partivo per il Lussemburgo. Tai di Cadore: partenza alle 5.25. Allora questa è
l'ultima. Dai! 5.25 non si può sentire! A Schia la sveglia suona alle 5.45
perché tanto, anche se mi alzo prima, il sole sta ancora illuminando un altro
fuso orario.
Lunga distanza è quando nel parcheggio non c'è nessuno, ma quindi guardiamo al bicchiere mezzo pieno: c'è un sacco di posto! Non ci sarà nessuno neppure in partenza, dove stavolta non trovo neanche i legnetti per disegnare sul terreno l'orario di partenza (cosa di cui NESSUNO si è mai accorto!!!). Lunga distanza è la carta 1:15.000, cioè un frattale indistinto di linee confuse... e io dovrei cercare un avvallamento poco accentuato ed una canaletta al centro di quel microcerchietto rosso che vedo appena, quando in mappa quasi non distinguo nemmeno le curve di livello? Ma lunga distanza a Schia è quando, per fortuna, l'avvallamento e la canaletta sono vicine al bordo del prato e sono passato in quella zona il giorno prima, durante la middle.
La prima ora della lunga distanza è solo l'antipasto e l'ago della benzina è già vicino al rosso: è tempo di prendere il primo carbogel. La seconda ora è solo l'anticamera della sofferenza vera e propria, e a Schia comincia con quei tre numeri 9 - 10 - 11 che vorrei tanto dimenticare (sarebbe stato meglio avere una carta con le curve di livello corrispondenti alla realtà). La terza ora... la terza ora hai voglia a dire che è quella che ti avvicina al traguardo, hai voglia a cercare nella memoria tutti i possibili speech motivazionali, perché il cervello riesce a malapena a concepire qualcosa di sensato
La terza ora è anche è la tratta lunghissima su strada, con gli amici e le amiche che passano in auto e ti chiedono se vuoi un passaggio. E la razionalità direbbe si, che potrei chiedere un passaggio, ma poi vengono in mente le immortali parole di Dario Stefani "Se ce la fa Hubmann, allora ce la faccio anche io". E allora no, grazie. Proseguo di corsa. Anche se sulla macchina guidata da Roberto Larotella ci sono Giulia, Stella, Nastja e Arianna... (Roberto viaggia con stile!!!).
In fondo si tratta solo di fare finta di niente, ripassare dal parcheggio, aprire l'auto, prendere altri due carbogel, e continuare a fare
finta di niente... "disinvolto, mi raccomando!!!" (cit.) Che poi arriva Roland
Pin e mi chiede "Ma hai fatto la gara?" e a gesti, mentre mi ingozzo di carbogel, cerco di fargli capire
qualcosa che intende solo Erik Nielsen "No, non l'ha fatta, la sta ancora
facendo! E’ ancora in gara!". La
terza ora finisce con la scelta fuori mappa per andare dalla 18 alla 19
aggirando il recinto (che ogni tanto c'è e ogni tanto no) in senso antiorario. Ed
è tempo della quarta ora, per tornare alla 20 (siano benedetti i sentieri!),
per tornare alla base, per pensare che il cocuzzolo della 21 sarà introvabile,
nascosto, c'è la roccia, c'è il bosco, ci sarà di tutto. Invece la collina è lì
davanti a me, la lanterna è proprio davanti alla collina, e quindi è proprio
finita. Una sensazione che vorrei imbottigliare e mettere da parte per i
momenti difficili