Non sarei stato in grado di fare un solo sforzo in più, non
avrei voluto fare un solo sforzo in meno. Non un solo chilometro in più o in meno. Non
una lanterna in più o in meno. Non una parola detta in più o in meno.
Flashback: un inverno di un po' di tempo fa, poco dopo Capodanno. Sette di sera, sto guidando sul raccordo
tra la fine della tangenziale ovest e l’inizio della tangenziale est di Milano.
Suona in telefono. Numero sconosciuto. Rispondo: è Andrea Immovilli. “Stefano,
abbiamo avuto il mondiale 2026”. Me lo dice così, a freddo, dal nulla. Io quasi
sbando. Cosa Come Chi Dove Quando???
Poi furono sere e furono mattine, e come dice Bennato quando parla del tempo che passa “Va piano ma non lo si può fermare” (Rockcoccodrillo - dal bellissimo album "Sono solo canzonette"). Fast forward. Nell’ultima settimana di
maggio, è chiaro che Andrea mi aspetta come speaker alla Tre giorni degli
Appennini di contorno alla World Cup. E’ altrettanto chiaro che Gianluca mi aspetta come co-speaker alla World Cup di
Voltri e di Nervi. Ed è evidente a tutti che ci sono delle sovrapposizioni. Ma come il mio mitico compagno di squadra Sandro
Serra aveva dimostrato alla Milano dei Parchi del Monte Stella:
IO SONO UNO E TRINO !!!
Ultima sera e primo mattino: venerdì 31 maggio. Parto,
direzione Praglia. L’autostrada è quella a me indigeribile che porta a Genova. La
coda allucinante preventivata ed annunciata comincia per fortuna (solo mia, non degli altri in coda) 500 metri dopo l’uscita di
Masone, che è quella che devo prendere per arrivare a Praglia. con lo stomaco in
subbuglio ma senza attese epocali sull’asfalto. L’ospitalità ligure al ristorante del
passo è quella messa in scena da Andrea Ceccon ed Enrique Balbontin negli sketch
di Torta di Riso...
La prima gara che mi vede al via è quella di TrailO, arrivata quasi a tradimento
sul groppone di Andrea. Partenza prevista ore 10.30, si parte alle 11.40 circa, senza aver visto l'ombra di una segreteria gara.
Chiedo di essere mandato fuori per primo, visto che poi mi aspetta il percorso
Elite della Tre Giorni. Ok da parte di tutti, anzi… “Stegal… vai tu per primo…
se lungo il percorso vedi qualcosa che non ti quadra, torna indietro a
dircelo!”. Vorrei rispondere con la voce di Carlo Verdone "In che sssenso???". In una gara di TrailO? Cos’è che dovrei fare io?
Cercherò comunque di tornare indietro, dopo aver visto che (a
mio parere) il quinto punto non è proprio posato e che (per quel che posso aver visto)
il sesto punto è caduto a terra dietro un cocuzzolo e quindi lo vedrò solo io dal mio 1.95 di altezza.
Torno indietro, ma il resto dei concorrenti è già in gara ed è inutile fare casino. Finisco il percorso il più
velocemente, in modalità sprint.
Mi cambio altrettanto velocemente e mi incammino dall’altra parte del
passo. Praglia è una carta che o la ami o la odi. E di solito lei ed io ci
stiamo amabilmente sui cogl…ni. Però questa volta Valter Pallaver in partenza
mi gasa, le ragazze del team OriCuneo sono sul pezzissimo, il percorso di Michele
Caraglio non è né così terribile né così incasinato. Certo, si sale e si scende sempre, in mezzo a quei semiaperti infidi, e si deve fare attenzione al fondo del terreno che è davvero ruvido e ti piazza
la pietra nascosta dall’erba dove meno te l’aspetti. Ma si può fare! In
lontananza tuona. Poi il cielo diventa scuro. Sui pendii il vento soffia
come ad una regata nautica ed i lampi ed i tuoni si avvicinano.
Per venire fuori dal punto 9 dico parolacce forti, mi
arrampico con le mani sulla linea di massima pendenza. Ao’ Michi! Ma chi te l’ha
fatto fare di piazzare una lanterna proprio lì? Perché mi vuoi così male? Esco
dal punto 9, sbarco sul pianoro, il cielo è nero seppia e mi investe la grandine! Piccola, fitta, una
doccia gelata. La mappa, che già mi stava mostrando le prime sbavature sulle
pieghe create dal modo in cui la tengo in mano, diventa presto una specie di bolo
masticato dal cane. Dopo un altro paio di punti non posso procedere oltre, non vedo più interi pezzi di mappa. Prendo la direzione nord e so che prima o poi
sbarcherò sulla strada. Mi scontro con le aree private e non so bene in che
direzione aggirarle, e mi prende un po’ di panico, ma le gambe vanno ancora,
l’ultima rampa mi porta sulla strada e sono in grado di tornare al parcheggio.
La mia mappa, ricostruita pezzetto per pezzetto
Dove, e mi prendo ogni responsabilità, mostro lo stato della
carta (non il tracciato, comunque illeggibile). Temo per tutti quelli che partiranno
dopo di me: che piova o non piova, la mappa si spappolerà nelle loro mani. Per fortuna Andrea (Immovilli), Andrea (Roberto) e Valter
(Pallaver) hanno la soluzione: imbustare nella plastica in fretta e furia! Così la gara è
regolare, e lo speakeraggio è appena decente. Quella stessa sera, all’arrivo
nel posto dove dormo, prima ancora di aver mostrato la carta di identità il
gestore dell’Albergo Turchino mi dice “sbaglio o la sua voce è quella che ho
sentito ieri su RaiSport?”. Era la trasmissione delle gare in Val di Sella.
Sono diventato all’istante alto quattro metri e mezzo!
E fu sera e fu mattino.
Secondo giorno. Sveglia alle 5.15. L'ho deciso la sera prima.
Se sono lo “speaker del popolo”, lo speaker deve provare almeno qualche tratta
del percorso del Passo del Faiallo. Anche se odio questo posto, profondamente, inesorabilmente, ed è un odio
ricambiato. L’ultimo volta che sono stato qui, l’Elite l’aveva vinta Marco “zaino
protonico” Bezzi. Salgo sulla terribile strada del passo con il buio, il
nebbione, nell’infuriare degli elementi. Alle sei meno cinque prendo il via (partenza a
3 minuti dall'arrivo, siano benedetti!) e cerco di venire a capo dei primi
punti. Adriano Galliani avrebbe già chiesto la sospensione della partita: non
si vede a 20 metri!!! Faccio arrivo in qualche modo fino alla 6, poi salto il
loop nella parte più infida ed arrivo alla 14, e lì decido di mollare. Come
tentativo che sapevo essere vano fin dall’inizio, ho fatto già abbastanza.
Alle sei e quarantacinque sono di nuovo in auto, scendo in
hotel, rapido cambio di vestiti, colazione e discesa verso Genova Nervi. Lo squadrone Masi
+ tanti altri volontari capitanato da Alessio Tenani, luogotenenti Samuele e
Lucia Curzio, è inquadrato e serio come poche altre volte ho visto le squadre
dello staff. Ognuno sa cosa fare, non si scherza e non si gioca. Alessio mi
passa la carta della World Cup Sprint indicandomi i punti in cui non dovrò
farmi vedere da chi, potenzialmente, non è ancora andato in quarantena e
potrebbe scorgermi nei varchi tra una casa e l’altra mentre corro lungo i
caruggi.
Su dritto fino in cima, fino alla partenza gestita dal team IK
Prato (io ci sono andato a piedi, cari i miei campioni e campionesse!!! Mica in
pullmann). Primi punti nel bosco, una lanterna 3 che mi sembra invisibile sulla
carta: capisco che c’è perché vedo il cerchio della 2 e della 4 e tiro una interpolazione fino alla posizione della 3. Poi comincio
ad incrociare lo staff che sale a posizionare lanterne, cavalletti e postazioni
di controllo. Questo vuol dire che da quel punto in poi incrocerò tante amiche
ed amici che faranno il tifo per me e si “godranno” lo spettacolo del dell’OriBarbaPapà
in gita a Voltri.
Il percorso prosegue con lo straordinario passaggio dietro la cascata, i gradini
per uscire da Villa Duchessa: vado su? Vado giù? Vado a destra?... gli stessi
dubbi che attanaglieranno Daniel Hubmann, ripreso in diretta a vagare all’uscita
dai giardini come un esordiente alle prese con il labirinto di Rotondella.
Arrivo al traguardo e cerco di non dare troppo nell’occhio.
Mi cambio e vado a fare compagnia a Per Forsberg alla postazione speaker. Che
dire della gara della World Cup? Arriva tra i primi in griglia Runefors, sesto
alla Coppa del Mondo della settimana prima. Forsberg si gasa ma si capisce subito dai tempi degli altri che non sarà
festa per lui come ad Olten. Solo che… chi l’avrebbe detto che uno dei due
speaker avrebbe potuto spaccare i timpani a mezza Genova per Mattia De Bertolis?
E quando dico “mezza Genova” so quello che dico: la citazione della “discesa lungo
l’intestino crasso” di Tove Alexandersson verrà sentita da metà della crew di
controllori! (che si chiederanno "ma cosa sta dicendo quel matto?!?")
E poi arriva Mariani, il suo tempo sarebbe ancora una volta
ex aequo con Tino Polsini, sarebbe quinto posto in Coppa del Mondo. Ma il nome
scompare dalla prima schermata tenuta sotto controllo dagli speaker. Se ne
accorge Forsberg ma devo andare io a frugare in fondo alla lista, sperando che
sia solo un baco del programma. Punzonatura Mancante, una questione di
centimetri. Passano sul maxischermo le immagini del passaggio di Mariani dal
punto, con la mano distante… 10 centimetri?... dalla stazione che registra i
passaggi. Non era una bolla di 60-70 centimetri quella che circonda il punto? Niente
da fare. Reclami, proteste. "Se fosse successo ad uno svedese…" poi la voce che comincia
a circolare: “è stato troppo veloce a punzonare”. Signore e signori, se è così
ABBIAMO UN PROBLEMA SERIO.
Sono così carico che non mi ricordo nemmeno chi vince.
Fosser, mi pare, poi forse Regborn, poi Krivda. Mi tornano i ricordi. Ed è il
momento di tornare al Faiallo, perché le ragazze ed i ragazzi della Coppa
Italia mi aspettano. Mi metto sulle code della macchina di “una brutta persona”
(no, è una persona meravigliosa!) e ci accingiamo a salire per la mulattiera
etrusca non asfaltata che porta al Faiallo. Solo che c’è un blocco più avanti, alcune
auto scendono in retromarcia. Davide De Nardis mi guarda attraverso il
finestrino abbassato e dice “vieni dietro a me”. Ed io “sarò la tua coda”.
Davide parte come la nazionale italiana al mondiale di Zolder: semafori, svolta
a sinistra, inizia la salita, la strada è stretta ma Davide si fa largo
attraverso le maglie di tutte le auto che scendono. Sembriamo Giovanni Lombardi
e Mario Cipollini, e dietro le curve Davide si fa largo fino al parcheggio del
Faiallo, dove lascio la macchina in una posizione “esplodibile” da parte della
polizia stradale. Carico a pallettoni come sono, il commento che ne esce risulterà
decisamente sopra le righe.
E fu un’altra sera, e fu l’ultimo mattino.
Campo Ligure, domenica mattina. Il primo problema è capire
dove parcheggiare la macchina. Il secondo problema è capire che i vicoli del
centro storico sono cartografati per essere letti sulla mappa ma sono talvolta
così stretti che bisogna entrarci di traverso e il cielo ci aiuti se qualcuno
risale il vicolo dall’altra parte. Il terzo problema è capire qualcosa delle
lanterne nel castello di Campo Ligure: lasciamo stare il bernese che cerca di
mangiare la mia mappa, ma che ne è della buona vecchia abitudine di fare un
ingrandimento delle parti più incasinate e che davvero risultano agli occhi dei
più come un frattale di Mandelbrot? (grazie per aver confermato la mia
impressione, Yannick Michiels). Il quarto problema è il profumo di focaccia
ligure che esce da varie botteghe del centro, e non è facile tenere la
concentrazione sulla mappa!
Per i partecipanti alla Tre giorni, il quinto problema sarà la
“arena di arrivo” cche obbliga a fare una gimkana tra i birilli per arrivare
alla linea del traguardo come non la vedevo dalle ore di ginnastica alle
elementari. Prima fa caldo, poi arrivano tuoni e lampi, che passano senza
lasciare centimetri d’acqua sul terreno mentre arrivano le notizie che a
Bolzaneto diluvia.
Le notizie che arrivano dopo sono ben più assurde: le mappe
della gara Sprint Relay degli Europei sono state pubblicate sul sito della IOF
e sono state scaricate da più di qualcuno. La notizia dovrebbe essere nota ai
meno, ma alla postazione speaker arriva chiunque a chiedere se la gara degli
Europei si farà, se è il caso di scendere a Genova Nervi, dove sono le
premiazioni, quando ci saranno, chi sarà premiato? le gare singole o la somma
dei tempi o la somma dei punti?
Lascio Campo Ligure quando mi rendo conto che non sono più in
grado di dare una mano all’organizzazione della Tre giorni, e scendo a cannone
verso i Parchi di Nervi. La polizia all’ingresso della zona di Nervi non lascia
più passare nemmeno “hai un pass dell’organizzazione? Sei lo speaker? Circolare…
da qui non facciamo più entrare nessuno”. Ma riesco ad arrivare in tempo per commentare
(insomma… per entrare in velocità con una frase di senso compiuto di 10 parole
nelle pause di Forsberg, ma non aspettatevi che lo rifaccio ai JWOC perché è
una cosa che porta allo stremo) una delle gare di sprint relay più belle degli
ultimi anni.
Natalia che vola in prima frazione, il gruppo che non riesce
a recuperare Riccardo “un uomo solo contro tutto il mondo” Rancan (e scusate se
io sono solo lo speaker italiano e posso parlare poco), Joey Hadorn che fa tanto casino e ributta l’oro
della Svizzera nel pentolone della fonduta perché poi la Svezia in quarta
frazione ha Tove.
Poi succede che prima Venla Harju si perde tra i cespugli nei
parchi, in diretta mondovisione, peggio che se fosse alla Milano nei Parchi. E
quando tutto è apparecchiato in tavola per Tove Alexandersson, Tove si accorge che
adesso odia l’Italia, odia la Liguria, odia il tracciatore Alessio Tenani, odia
lo speaker locale, si perde in un altro “intestino” più domabile rispetto a
quello di Voltri ma che le risulta ugualmente indigesto e la Svezia dopo
centordici sprint relay internazionali non sale nemmeno sul podio.
E chi vince? Vince la Svizzera, Simona Aebersold non fa
bruciare la fonduta e arriva al traguardo tutta bella pulita e sola ed allo
speaker non resta da dire che stavolta i piatti li pulisce Kasper Fosser.
Il ritorno a casa è punteggiato di code, incidenti in
autostrada, grandine, temporali sparsi.
E fu sera e fu di nuovo mattino. Lunedì. Suona la sveglia. Si
va in ufficio. “Come è andato il fine settimana lungo, Stefano? Ti sei
riposato? Questa sarà una settimana pesante e devi andare a Varsavia…”.
Non sarei stato in grado di
fare una briciola di più, ma non ho voluto spendere una stilla di energia in
meno.