Stegal67 Blog

Monday, November 25, 2024

Clusone: ultima sfida e arrivederci alla Stagione 2025

L’ultima gara dell’anno è sempre un momento speciale, e quella di Clusone non ha fatto eccezione. È stato un evento che mi ha lasciato belle sensazioni e tanti ricordi positivi, che porterò con me nel pensare alla stagione agonistica 2025. C’è sempre qualcosa di unico nell’affrontare l’ultima competizione, quando la testa è già proiettata verso i mesi futuri, ma si ha ancora il piacere di vivere un’ultima esperienza intensa prima della pausa.

Quando alla partenza ho preso in mano la carta di gara ed visto il percorso di Clusone, ho subito pensato che fosse una gara fattibile. Intanto, incredibile a dirsi!!!, i miei occhi si sono posati subito sul triangolo di partenza! Evitandomi quell’incresciosa perdita di tempo che succede sempre, quando il mio sguardo vaga a caso sui dettagli della cartina ed il triangolo di partenza non compare mai! A Clusone la distanza, il dislivello e le difficoltà mi sono sembrate subito alla mia portata, e ho avuto immediata la certezza di poter completare il percorso ben prima del limite fissato a un’ora e mezza. Come spesso accade, però, l’entusiasmo può nascondere le insidie dietro l’angolo.

Infatti il mio primo errore è arrivato proprio all’inizio: ho sbagliato il primo punto di controllo. Probabilmente ero troppo sicuro di me stesso. Nel bosco, avevo la convinzione che la visibilità sarebbe stata migliore di quanto in realtà fosse, e così ho preso una decisione sbagliata. Ad un certo momento ho addirittura tolto gli occhiali per cercare di migliorare la mia visione, ma questo ha finito per complicare ulteriormente le cose. A volte è proprio quando ci si sente più tranquilli che arrivano gli imprevisti. Poi ho visto passare come un razzo Mario Ruggiero ed ho capito che stavo navigando attorno al di controllo…

Da quel punto in poi, la gara è stata un susseguirsi di tentativi di ottimizzare il percorso. Ho studiato attentamente il tragitto tra un punto e l’altro, cercando di utilizzare le tracce più efficaci, lasciando i sentierini in prossimità del punto e concentrandomi sull’orientamento fine. Ho cercato di evitare di infilarmi troppo nella vegetazione fitta, che avrebbe potuto rallentarmi ulteriormente, anche perché io non mi chiamo Jack Kosky (vedo sotto)

Un altro errore, il più evidente della gara, l’ho fatto al punto 4: quando ho visto due concorrenti superarmi e dirigersi verso un grosso masso, ho pensato che fosse il punto giusto. Avrei dovuto controllare la descrizione del punto e avrei capito subito che il masso non era quello che cercavo. Lì ho perso un paio di minuti, ma è stato un altro buon insegnamento.

Nonostante qualche imprecisione anche più avanti, il percorso di Clusone mi è piaciuto davvero! Un esempio? Il punto 5, situato in fondo ad una grossa depressione che non avrei potuto sbagliare nemmeno da ubriaco: era l’unica vicino al parcheggio ed era enorme. In altre circostanze avrei commentato “ma proprio qui in fondo dovevano mettere un punto facile persino per un Esordiente?”. Invece, non so perché, a Clusone mi sono persino divertito a scende e poi scalare la parete della depressione per uscire da quel punto, come se Lorenzo Pinna e Tommaso CIvera avessero voluto aggiungere apposta un tocco di originalità. Lungo quella salita mi hanno sorpassato Alvise Rumor e Jack Kosky. Quest’ultimo lo soprannominerò d'ora in avanti “Jumpin’ Jack Flash”, ispirandomi alla celebre canzone, perché il suo modo di saltare sopra la vegetazione come un ostacolista nella zona del punto 12, dove l’ho incrociato di nuovo, mi ha lasciato senza parole. È stato uno spettacolo!

Nel secondo giro ho iniziato a sentire la fatica accumulata nei giorni precedenti, in particolare dalla MiPa del Parco Forlanini. Ho deciso di non farmi prendere troppo dalla foga, con il rischio di tagliare dove non avrei dovuto e di sbagliare. “Accontentati e goditi il resto della gara!” mi ha detto l’omino del cervello. Non avevo nessuno da superare, non c’era nessuno da cui non volevo farmi superare. Questo è una delle cose belle nel fare le gare in Elite: penso che sia il primo percorso che il tracciatore mette a punto quando organizza la rete dei percorsi, quello a cui dedica più cura (insieme a quello dei bambini) ed io a Clusone non dovevo fare altro che approfittare del lavoro fatto dagli organizzatori per godermi un bel percorso ed una bella giornata. La mia unica sfida sarà sempre quella di arrivare al traguardo in modo sereno, e le ultime tratte filanti del percorso sono servite proprio ad aiutarmi a ricordare con piacere le belle cose della stagione 2024 che ora va in archivio.

Alla fine, questa gara di Clusone mi ha fatto pensare a Federico Cancelli, con il quale anni fa ci sfidavamo sempre nell’ultima gara del Trofeo Lombardia. Indipendentemente dalla nostra categoria di appartenenza, ci iscrivevamo nella categoria Elite, solo per vivere a pieno le gioie del nostro sport. Sarebbe piaciuta anche a lui, sono certo. Un bel ricordo per concludere l’anno e un ottimo trampolino di lancio verso il 2025, con nuove sfide e, spero, tante altre emozioni.

Wednesday, November 20, 2024

Quando la passione NON supera ogni limite

Nonostante gli anni che avanzano e qualche chilo di troppo che si è accumulato nei bagordi pre-natalizi, quest'anno ho deciso di lanciarmi in una sfida davvero tosta: un week-end di gare intense che mi ha messo alla prova fisicamente e mentalmente. Il tutto in appena 36 ore, durante il training camp delle squadre juniores in Trentino. E devo ammettere, nonostante la fatica e qualche errore lungo il percorso, mi sono divertito un sacco!

Nella prima gara ho affrontato la media distanza a Costa di Folgaria, in un bosco che, come mi fa notare chi segue le mie performance dal divano di casa, ormai conosco "come le mie tasche". Il percorso era impegnativo, ma la sfida vera è arrivata poco dopo, con la staffetta mista sprint a Miola. E qui, le cose si sono fatte un po' più complicate. La nebbia, la fatica e il fatto che stavo correndo come un "panchinaro" in una frazione finale di staffetta mi hanno giocato qualche brutto scherzo. Mi sono trovato in un punto dove sembrava che la nebbia avesse inghiottito tutto, tanto che a due lanterne dalla fine sembrava di essere con una visibilità stile Stella Rossa-Milan e per questo (ma non solo questo) motivo sono riuscito a mancare una curva e precipitare dal tetto (a livello strada) nel pollaio sottostante. Ma, alla fine, ce l’ho fatta, anche se con il fiato corto e una gran voglia di ritornare al calduccio del ritrovo.

Il giorno successivo mi sono trovato a correre da apripista nel bellissimo bosco di Cavedago. L’aspetto che mi ha entusiasmato di più è che il percorso a staffetta parte e arriva nello stesso posto, la Tana dell’Ermellino. Quindi tutta la gara si è svolta nella parte di bosco più fluido e dettagliatissimo, il tipo di terreno che mi piace davvero tanto e che ha reso ancora più bella e meno faticoso il mio percorso. Il tracciatore ha dovuto limitarsi a usare i punti più tecnici del bosco, e l’ho apprezzato davvero tanto. L’ultimo sforzo di quelle 36 ore di pura adrenalina l’ho dato su un percorso creato da Stefano Raus a Fai della Paganella: un’ultima sfida che ha messo alla prova la mia vista e la mia capacità di lettura fine, in una sprint urbana che sembrava non finire mai.




E mentre il primo fine settimana di gare in Trentino mi aveva distrutto, ma anche appassionato, il primo fine settimana di novembre ha alzato ulteriormente l’asticella, portandomi al Toscana Orienteering Meeting (TOC). Un crescendo di fatica, difficoltà e adrenalina. Si comincia alle Cascine di Tavola con il prologo, un assaggio di ciò che mi avrebbe atteso nei giorni successivi. Corro di giorno per potermi dedicare anche al commento dell’evento e, tra un impegno e l’altro, cerco di prendere confidenza con i quasi 800 partecipanti provenienti da tutto il mondo.

Il secondo giorno si corre nel centro storico di Prato, un’esperienza coinvolgente, con qualche lamentela dei locali per il caos, ma che offre un'atmosfera unica. La vera fatica arriva il terzo giorno, quando si torna a respirare l'aria del bosco a Travelle, con una middle distance che si rivela una vera e propria sfida mentale. I sentieri e le tracce che aiutano nelle prime fasi della gara, infatti, diventano un labirinto nella seconda parte del percorso. Vado un po’ in confusione e, già messo a dura prova dalla fatica, devo fare appello a tutta la mia esperienza per non smarrirmi più di quel tanto.

Il gran finale, però, è al Monteferrato, dove il terreno di gara ha messo alla prova anche i più blasonati atleti. Non sono pochi quelli che sono arrivati al traguardo stanchi e distrutti, ma con una consapevolezza in più: il vero Orienteering è fatto di momenti di fatica che, alla fine, ti fanno sentire vivo. E non posso dimenticare la risata in svedese di uno degli atleti dell’IFK Goteborg che, dopo aver sentito il sottoscritto per tre giorni dire "state sui sentieri! Non osate attraversare il verde!", è arrivato al traguardo con il sorriso, ma anche con la consapevolezza di aver pagato cara l'irriverenza.


Non contento, l’ultimo fine settimana di gare è stato segnato dalla bi-sprint lombarda di Arcore, che è vero che mi ha impegnato per tre ore, ma in un contesto (leggi: relativa distanza da casa) che mi ha permesso di dedicare una mezza giornata a correre e l’altra a dedicarmi a commissioni, pulizie e abbuffate varie. Ad Arcore, nel parco della Villa Borromeo, ho vissuto un’esperienza inaspettata: mi hanno raccontato che proprio lì si tengono anche le riprese di “Bake Off”, ma non c’era nessun dolce da assaporare, solo la fatica della gara! E poi la seconda manche, nel centro storico, che mi ha ricordato i vecchi esercizi di "suicidio" in palestra.(se non sapete di che cosa si tratta, vuol dire che non ne avete fatti, e quindi non chiedete e ringraziate il cielo di averli scampati!) Un continuo rimbalzo dentro e fuori dai parchetti che ha mandato in confusione anche qualche atleta esperto.


Ormai, la stagione agonistica sta per scoccare, ma quella vecchia non ha ancora finito di stupire!