L’ingresso è gratuito…
…
è per uscire che bisogna pagare. Parole e musica degli “L(P)”, gruppo musicale
che si fregia della presenza di Lorenzo Pinna alla chitarra e, a partire da
domenica scorsa al Montello, della “quote” di inizio delle premiazioni ogni
qualvolta si tratterà di andare a combattere gareggiare in un terreno
adatto a “Rambo in the Jungle”.
L’ingresso
nell’annata sportiva 2018 è stato caratterizzato da una carenza di allenamenti
quasi totale (colpa mia che
trascorro troppo tempo in ufficio) + motivazione abbastanza assente (colpa mia che consumo tutte le mie
energie nervose al lavoro) + peso forma fuori scala (colpa mia che arrivo a casa e non ho più voglia\tempo\forza di
mangiare qualcosa che non sia precotto). Non sono nemmeno riuscito a mantenere
la promessa di scrivere con cadenza periodica sul blog, di conseguenza adesso i
miei tre due lettori si devono beccare il resoconto minuto per minuto
dei primi tre week-end di gare, tutti in una volta: Cantù + Monza + gare
nazionali al Montello.
Terrorizzati
per la lunghezza di questo blog? Dispiace. A me, dopo aver affrontato le lanterne
10-11-12 della gara di Coppa Italia, non fa più paura nulla. Ci vuole altro per
spaventare quelli come me che hanno infilato bussola, bricchetto, mani e braccia nel
tritacarne e ne sono usciti intatti!
(…
insomma… più o meno intatto)
La
prima uscita a Cantù, per l’inizio delle gare lombarde, è avvenuta sotto un
diluvio che lévati. Da far passare la voglia a tutti, tranne a coloro che
erano in piena astinenza da lanterne. Sono salito a Cantù fiducioso e
speranzoso in una bella gara, che mi potesse riconciliare con le sprint made by
Oricomo: è risaputo che l’anno scorso, in occasione della bi-sprint disputata proprio
a Como, ero andato a casa un po’ con le pive nel sacco a causa di un tracciato non del tutto corrispondente
alle mie aspettative; di questa gara non avevo parlato sul blog dell’anno
scorso, infatti, ma il titolo era già pronto: “Seconda strada a destra” a rappresentare le scarse, se non nulle,
difficoltà del percorso 2017 che aveva davvero poco appeal per essere una gara sprint in città.
Arrivato
a Cantù sotto la pioggia diventata man mano sempre più copiosa, ho raccattato
al ritrovo la descrizione punti del mio Percorso Nero ed ho avuto il primo shock: solo 12 punti di controllo. Ancora?
Va bene che è una gara sprint, ma ormai 12 punti di controllo sono davvero
pochini per un percorso Elite… infatti c’erano categorie con meno
di 10 punti, e la categoria dei bambini forse 6 o 7, quando ormai è chiaro che i bambini più piccoli vengono anche solo per il divertimento di punzonare
le lanterne, ce ne fosse una ogni 10 metri. Presagi foschi mi portano quindi
ad affrontare il freddo e la pioggia fino alla partenza, dove scopro che partirò allo stesso
minuto di una Giovane Promessa dell’orienteering lombardo (da qui in avanti la
chiamerò G.P.) che sta crescendo proprio nella mia piccola ma onesta società.
Nonostante
le infauste premesse, la gara si dimostrerà comunque attraente, con un
risultato finale di prestigio ottenuto grazie ad una scelta particolarmente
efficace. Una scelta di percorso? No.
La scelta di imbustare nella apposita cartellina trasparente la “carta
antispappolo” consegnata in partenza. Accade infatti che due minuti prima di me
parte Stefano De Favari il quale, con la di gara carta umida, le mani umide e
la cartelletta di plastica umida impiega un minuto e mezzo per infilare la
mappa dentro la protezione plastificata. Mentre assisto al piccolo dramma di
Stefano, due cancelli di partenza dietro a lui si svolge il seguente teatrino dell'assurdo.
Primo atto:
Stegal: “Posso avere la cartelletta per proteggere la mappa?
Addetto alla partenza, paziente: “Certo… eccola…”
G.P. chiede anche lei la cartelletta
Primo atto:
Stegal: “Posso avere la cartelletta per proteggere la mappa?
Addetto alla partenza, paziente: “Certo… eccola…”
G.P. chiede anche lei la cartelletta
Secondo atto:
Stegal: “Ma la carta è antispappolo vero?”
Addetto alla partenza, meno paziente: “Certo… era scritto sul comunicato…”
Stegal rimette la cartelletta al suo posto.
Anche G.P. rimette la cartelletta al suo posto
Stegal: “Ma la carta è antispappolo vero?”
Addetto alla partenza, meno paziente: “Certo… era scritto sul comunicato…”
Stegal rimette la cartelletta al suo posto.
Anche G.P. rimette la cartelletta al suo posto
Terzo e ultimo atto:
Stegal pensa: “Oddio! Non è che magari la carta non è proprio antispappolo e G.P. rischia di perdere la gara perché fa quello che faccio io?
Stegal: “Però… ripensandoci… non è che posso avere la cartelletta lo stesso?
Addetto alla partenza, disappointed: “…”
G.P. ri-chiede anche lei la cartelletta.
Risultato
finale: tutti coloro che partono senza cartelletta arriveranno al traguardo con
in mano una sorta di “bolo” fradicio, facendo a memoria gli ultimi punti o
accodandosi a qualche concorrente partito dopo. Tra “PM” e ritirati per scioglimento del papiro, alla fine mi ritrovo nono in
classifica persino molto vicino a concorrenti assai più forti di me. Stegal pensa: “Oddio! Non è che magari la carta non è proprio antispappolo e G.P. rischia di perdere la gara perché fa quello che faccio io?
Stegal: “Però… ripensandoci… non è che posso avere la cartelletta lo stesso?
Addetto alla partenza, disappointed: “…”
G.P. ri-chiede anche lei la cartelletta.
(la
carta di Cantù: un autentico francobollo, ma il percorso è stato davvero
carino)
Una
settimana più tardi è il momento di andare a gareggiare a Monza, per una
seconda gara sprint su un terreno arci-noto. Gli organizzatori della
Polisportiva Punto Nord hanno però ampliato la carta alla zona “Monza
sobborghi”: un po’, immagino, con l’idea di variare il percorso rispetto agli
anni passati e, magari, un po’ anche per evitare gli slalom alla Alberto Tomba degli orientisti tra i monzesi
paludati a festa e dediti al rito del cappuccino e brioche in centro della
domenica mattina. Questo va un po’ a discapito delle difficoltà orientistiche
trovate in gara che, soprattutto nel finale quando si tratta di ritornare in
zona ritrovo, non possono che essere limitatissime visto che sostanzialmente si tratta di correrecorrerecorrere
(specialità che non mi vede tra i suoi principali protagonisti)
(il
memorabile post di Edoardo Tona…)
La
mia gara parte già con il botto… il regolamento della gara non prevede una partenza con la griglia
prefissata: ci si mette in coda nel corridoio di partenza corrispondente al
proprio percorso, in fondo al quale si trova la propria carta di gara nella
unica cassetta ivi predisposta. Il distacco in minuti dal concorrente
precedente sostanzialmente ce lo decidiamo da soli (può essere un minuto, due
minuti,... enne minuti se nessuno si presenta nel corridoio di partenza…). Io vedo
partire davanti a me Matteo Molteni (vincitore a Cantù) poi Francesco Radice e
dietro di me si prepara Federico Navarra. Francesco mi ha battuto di pochi
secondi a Cantù (ma non so ancora che è stato uno dei concorrenti penalizzati
dallo spappolo della carta) e mi piacerebbe provare a raggiungerlo, mentre
Federico mi prenderà di sicuro ma vorrei provare a rendergli la vita dura. Di conseguenza
esco dal cancelletto di partenza come un
assatanato, prendo la carta dall’unica cassetta davanti a me che recita
“Percorso Nero” e mi butto all’inseguimento di Francesco. Piego la carta, piego
leggermente a destra, sento il mio emisfero destro che dice al sinistro “ma guarda che pochi punti che ci sono in
questa parte di mappa!” e l’emisfero sinistro che risponde “saranno tutti nella parte di mappa che hai
appena piegato!”.
Sto
per arrivare al punto 1, che non è nulla di difficile, e mi vedo correre
incontro Matteo: avrà sbagliato scelta… eh si ‘sti ragazzi corrono come lepri ma tecnicamente non sono in grado di tenere il passo di un esperto come me… ehi! Anche Francesco mi sta correndo
incontro!!! “Stefano! Controlla la
mappa perché il percorso è sbagliato!”. Frenata da 5 a zero in un nano
secondo (nell'ultimo posto du dopolavori.blogspot.com, Dario Pedrotti frena da 100 a zero: di conseguenza io freno da 5 a zero). Controllo la descrizione punti stampata nell'angolo della mappa: percorso Azzurro. Ma porc...! Dietro front, mi
butto all’inseguimento di Matteo e di Francesco. Nel frattempo incrocio
Federico, partito dopo di me: “Federico! Controlla la mappa
perché il percorso è sbagliato!”. Ritorniamo tutti quanti in gruppetto alla
partenza, dove Luigi Fantin e Irene Tomiello cominciano a gestire la situazione
con calma e tranquillità davvero encomiabile (o qualcuno aveva messo loro una
abbondante dose di Prozac nel cappuccino). Matteo riparte, poco dietro parte Francesco.
Poi lascio andare avanti Federico (che si butta a sinistra e qualche secondo
dopo ripassa a tutta velocità andando verso destra, in piena trance agonistica)
e infine parto anche io.
(la
mappa… quella giusta)
Ecco.
Diciamo che dopo questa partenza con il botto, il mio animus pugnandi è andato un po’ a donne di facili costumi. Non che avessi velleità di vittoria... ma così mi sono ritrovato già un po' smonato. Mi
limito quindi a caracollare stancamente lungo il percorso, cercando di
mimetizzarmi con i dintorni durante i passaggi nel centro di Monza per evitare
di farmi vedere da qualche collega di lavoro che sicuramente era in giro per il rito
mattutino del bar pre-pranzo. Il mio tempo finale mi posiziona abbondantemente, meritatamente e
coerentemente a fondo classifica, perché quella è la mia posizione, anche
se poi viene “limato” per un tempo pari al “tempo che più o meno ha perso Navarra per l'inconveniente in partenza, però tu
sei un po’ più lento di Navarra… diciamo che ti togliamo quattro minuti”.
Oh! Io mi ero divertito lo stesso! (secondo me una soluzione era quella di
togliere a tutti il tempo impiegato per arrivare alla prima lanterna, e far
“partire la gara” dalla 1… ma va benissimo così).
Dopo
la gara di Monza si comincia a preparare il trolley verde, quello avuto in regalo con i
punti dei Ringo Boys, per andare alla prima trasferta nazionale in provincia di Treviso. Il weekend prevede la sprint a Susegana e la middle sulla collina del Montello:
per questa seconda gara i bene informati dicono “presenza di ampia sentieristica,
ma una vegetazione da entrarci con il machete e l’armatura”. Vedremo…
La
gara di Susegana si sviluppa per la prima parte in mezzo ai vigneti: diciamo
che praticamente è come correre in mezzo alle case (che non sono
attraversabili, così come non lo sono a norma di regolamento i filari di viti), solo che ci puoi vedere attraverso. Di conseguenza l’intera zona di gara appare
tappezzata di lanterne ovunque, sembra lo scenario di una gara di Trail-O tracciata da un matto che
oltre alle consuete piazzole Alpha-Bravo-Charlie… ha messo anche ...Whiskey-XRay-Yankee
Memorabile
la salita dalla 3 alla 5 dove bisogna usare la piccozza sulle zolle di terreno
del vigneto. Dopo la tirata dritta che dalla chiesa (punto 10) porta verso il piccolo nucleo
di case attorno all’ansa del fiume, d’altra parte non c’erano altre scelte possibili, passo al punto spettacolo confidando nel fatto che tutti gli atleti siano
rimasti al ritrovo, che dista dall’arrivo qualche centinaio di metri. Invece
tutti gli atleti sono in zona arrivo e mi vedono passare bolso come un ronzino
sfiatato. Anche nell’ultima parte di gara ci sono lanterne posizionate molto
vicino l’una all’altra, e da speaker penso che questo potrebbe creare una ulteriore
difficoltà per gli atleti che si giocano la gara sul filo dei secondi: infatti
gli under 20 saranno falcidiati uno dopo l’altro, cosa che contribuirà molto al
brio dato al commento in diretta (l’altra cosa che contribuisce al commento in diretta è la gara
pazzesca – no shit! – di Mattia Ferrari in Elite… nono classificato alla sua quarta gara di orienteering). Finisco la gara con un tempo davvero rivedibile, e poi mi dedico alla consueta pantomima di chiedere ai favoriti di
non "doppiarmi" impiegando anche un solo secondo in meno della metà del mio tempo: precauzione che reputo inutile, tanto sono
reduce da Monza dove alla fine in classifica ho un tempo di gara che è solo il
60% in più di quello di Tenani… ma la previsione è davvero incauta: il vincitore (lui, sempre lui, Riccardo
Scalet) impiegherà DUE secondi meno della metà del mio tempo. Sgrunt!
Il
sabato sera che precede il cambio da ora solare a ora legale è sempre quello
nel quale si vive il patema di animo “lo
smartphone aggiornerà l’orario da solo o la mia sveglia suonerà con un’ora di
ritardo?”. Situazione vieppiù complicata dal fatto che dormiamo in pieno
Montello, dove non è che Tim e Vodafone abbiano piazzato ripetitori su ogni
albero, e quindi la rete internet è ridotta ad una bava sottile che si capta
qua e là. L’”operazione sveglia” viene comunque assolta secondo i piani predisposti da Gabriele Bettega: è pur vero he ho dormito un’ora in
meno, ma questo non influirà sulle mie prestazioni atletiche (nel senso che “peggio
di così…”). Quando alle ore 7.45 circa prendo il via della prima gara di
Coppa Italia Elite 2018, ho letteralmente tutta la collina del Montello a mia
disposizione.
Ampia sentieristica. Almeno su questo i bene informati
erano nel giusto. Praticamente la mia tattica è sentiero... sentiero... sentiero...
“zona di bosco aperto dove le tracce un po’ si mescolano tra loro”... sentiero...
punto di controllo subito a destra! Poi sentiero... sentiero... sentiero... e al bivio
mi butto a destra con il punto che è subito sotto. Rapido taglio nel bosco... sentiero
e poi alla curva mi butto di sotto in un’altra canaletta. Sentiero sentiero
sentiero… faccio un po’ il giro del fullo ma l’ultimo sentiero mi porta
praticamente a 20 metri dalla lanterna 4 che è subito sotto. In pratica è un
po’ una HB dei vecchi tempi.
Per
la 5 sentiero carrabile e poi sentierino, e dalla curva di quest'ultimo si vedono benissimo le
due collinette in mezzo alle quali si trova la lanterna, anche se tra il
sentiero e la lanterna comincia a stendersi un sipario di vegetazione rognosa
senza soluzione di continuità. Sono intanto a 25 minuti di gara e comincio a
sperare che in fondo potrei finire il tutto attorno ai 60 minuti (si, certo, e
Scalet negli stessi 25 minuti sarà al traguardo… mi dice l’omino nel cervello!).
Così per andare alla 6 prendo il sentiero che porta alla 7 per utilizzare il
prato come punto di attacco, improvvisamente vengo assalito da un intenso profumo di wurstel che arrostiscono sulla
brace: prima ancora di pensare che sto diventando matto, scopro di essere
finito in mezzo alle tende degli scout! Ma quale cavolo di scout mangia wurstel
alle 8 del mattino???
Povero illuso che sono!
Intanto
dovrei trovare la 9: è la classica lanterna che mi fa mandare una preghiera
al Geometra dell’Universo (che però quando ha creato il Montello doveva essere
parecchio nervoso…) e dire “aiutami a trovare questa che le altre poi le trovo da me”. Purtroppo
manca la rete, e la connessione con il Geometra dell’Universo non è possibile:
il risultato è che passo parecchi minuti a combattere nella giungla più nera
cercando un avvallamento che corre da sud a nord, e trovando solo valloni che
non ne vogliono sapere di orientarsi nella direzione che dico io (ed ogni
vallone mi costa un combattimento corpo a corpo con la vegetazione). La
velocità scende tanto quanto le percentuali del PD alle ultime elezioni, e quando
finalmente trovo il punto più per culo che per anima, penso che anche un tempo
di 1 ora e 20 minuti mi potrebbe andare bene, o no?
No.
Intanto
bisogna scendere sul sentiero e fare la tangenziale fino quasi a tornare al
punto 2. Poi scendere lungo la strada forestale verso sud fino al punto dove
sta la croce. Da lì il piano originale mi vedrebbe scendere lungo un qualunque
avvallamento fino in fondo al vallone dove passa il sentiero, e poi percorrere
il citato sentiero fino all’avvallamentone grosso dove sta la 10. Tutto giusto?
Tutto sbagliato. Il primo problema è rappresentato dalla
discesa dalla croce verso il fondo del vallone, che è allucinante: sento la
mancanza di una armatura o di un machete, ma anche il tenente colonnello Bill
Kilgore (Robert Duvall) e la sua Cavalcata delle Valchirie potrebbero aiutarmi
mandando giù dal cielo una massiccia dose di napalm… Quando infine ho fatto surf percorso
il sentiero e arriv ai piedi del vallone, mi scappa da ridere: per la risalita alla
lanterna 10 mi servirebbe la piccozza (ma l’ho lasciata nel vigneto di Susegana),
i ramponi e i guanti da saldatore per potersi almeno aggrappare ai rovi (alcuni
dei quali grossi come un alluce del mio piede). La discesa dalla 10 verso il
fondo del vallone la faccio sul mio nobile posteriore… che è anche un modo per rimanere quanto più possibile vicino al terreno ed evitare i rovi. Mi dico che almeno
adesso è finita, e che in fondo va quasi bene lo stesso terminare la gara in 1 ora e 30 minuti.
Prendo il sentiero verso sud est e poi verso sud fino alla strada. Dalla strada parte un
bel prato, che mi lascia su un sentiero, che mi conduce ad un disbosco, e nell’angolo
di quest'ultimo dovrei trovare la lanterna. Sarà l’idea giusta almeno questa volta?
Nemmeno per sogno. La lanterna 11 in effetti sta nell’angolo del
disbosco, ma uno o due piani sotto al livello del disbosco. E non c’è
ascensore, ma solo una specie di inferno di di rovi e sterpaglie. Mi affaccio dal
bordo e guardo giù, dove so che c'è la lanterna (invece no, e troverò solo la fettuccia): un solo pensiero “Il
primo che decide di passare da qui è un eroe”. Ma io di fare l’eroe non
ne ho proprio voglia: le chiazze rosse sui pantaloni e l’appiccicaticcio che mi
cola sulla faccia sono più che sufficienti per oggi, e quindi opto per fare il giro sul
sentiero ed entrare nel canalone dalla porta di servizio a nord. Anche il mio
primo tentativo per arrivare alla 12 verrà completamente respinto dalla
vegetazione, cosicché alla fine mi riduco a scendere lungo la strada asfaltata
(incurante del fatto che da quella strada stanno arrivando le macchine che
conducono gli orientisti al ritrovo… figura di m…!) e a risalire lungo il
sentiero per affrontare l’ultima insalata di rovi e vegetazione impossibile lungo
la linea più breve.
1
ora, 38 minuti, 59 secondi e spiccioli per una media distanza di Coppa Italia.
Walter Peraro è solito dire “abbiamo
affrontato il bosco e abbiamo vinto”, ma non sono sicuro di poter dire la
stessa cosa questa volta. Più probabile che il verdetto sia una specie di “no
contest”. Per i soli finali: “La FISO era
rappresentata dal Presidente FISO, Tiziano Zanetello che ha premiato i
concorrenti ed ha insignito Stefano Galletti di un riconoscimento
ufficiale in quanto speaker federale di riferimento”. Sono stato tentato di
pensare che Per Forsberg non sarebbe mai
andato nel bosco a farsi spatassare la faccia e le gambe dai rovi, ma poi
mi sono detto:
Per Forsberg sarà mai stato nella sua vita “speaker federale di
riferimento”?
Probabilmente no. Quindi stavolta vinco io