La storia è Celeste
Che posso dire sui Campionati Italiani a Lunga Distanza e a Staffetta appena disputati? Come atleta, avevo provato a fare leva sul mio orgoglio, ne avevo pure scritto qui perché sapevo che sarebbe stata una gara molto dura, sapevo che molto probabilmente sarebbe stata oltre le mie possibilità, ma non è servito a nulla. Respinto con perdite, con il morale sotto i tacchi, con una acquisita consapevolezza che forse sono troppo vecchio.
(foto by Fabiano Bettega)
Salito venerdì al Passo San Pellegrino (quota 1900) dalla
bassezza (non solo morale) della città, salito alla partenza oltre quota 2200, l'altitudine
mi ha colpito duramente. L'aria rarefatta sotto un cielo colore celeste come
poche volte l'ho visto si è dimostrata un bene-rifugio più prezioso dell'oro,
ma a tratti assente. La sassaia strategicamente posizionata appena oltre il
dosso è stato uno shock: primo punto "roccia"? Really??? Il terreno
tra le rocce, e poi sotto le rocce, fatto di mugo, mirtillo, tanti mughi,
rododendro, ginepro, ho già detto troppi mughi? si è rivelato per me lentissimo
e faticosissimo. Stavolta per trovare i punti ho dovuto basarmi sull'erba
pestata: se arrivo dove penso che potrebbe essere il punto, e trovo l'erba
pestata dai posatori che sono andati a mettere la fettuccia (mangiata via dalla
nevicata del sabato precedente), allora mi do un "ok" e riparto per
il punto successivo. Ma il percorso predisposto da Emiliano Corona (sempre
grazie Emiliano per quello che dai all'orienteering e per il tuo approccio
sempre positivo!) è stato troppo duro per me.
Quando sono arrivato al philoop, ad un mal di testa da spaccarmi in due si è unito il mal di denti, dovuto alla tensione che aveva preso tutto il corpo per cercare di stare in piedi. Ho impiegato la bellezza di 45 minuti per venire a capo del philoop e, con l'approssimarsi delle tenebre, ho deciso di mollare. Persino scendere alla strada e percorrerla fino al passo è diventato difficile. Mi sono dato il ritmo con "Zombie" dei Cranberries, ma all'ingresso allo chalet Isabella ero diventato uno zombie io stesso, facendo preoccupare tutti coloro che erano lì a gustarsi il pomeriggio.
Sabato, giorno della staffetta, la situazione mi è
sembrata migliore. Ma solo fino ad un certo punto. Con l'arena di gara per
buona parte a vista della postazione speaker, con la prova audio che ha
dimostrato che concorrenti mi avrebbero sentito a grande distanza (ma sarebbero
stato in grado di staccare la concentrazione dalla mappa per capire le mie
parole? E a quale prezzo?), ho affrontato il percorso predisposto da Aaron Gaio
con una certa supponenza... poteva andarmi peggio rispetto al giorno prima?
"Ecco... no... ma quasi": questo ho pensato quando, ad ovest del laghetto che avevo appena aggirato, sono precipitato improvvisamente in una buca fino alle ascelle. E l'ho ripensato quando ho incrociato Walter "Stegal! Non si sta in piedi per un caxxo qui!" Bettega. E poi ancora quando ho incrociato Damiano "Non si sta in piedi qui!!!" Bettega. E tutte le volte (soprattutto nella tratta 10-11-12) che sono finito per terra anche io. Ma Aaron è troppo una brava persona, e se per caso vi siete divertit* ascoltando domenica la cronaca di ciò che stava succedendo nel bosco durante la staffetta Elite, lo dovete principalmente ad Aaron che ha fatto da co-speaker seguendo passo passo le tracce GPS che andavano da tutte le parti (tutte tranne quelle di Mattia Debertolis... sono solo io a pensare che sarebbe stata una bella sfida con Riccardo Scalet?).
Ma la storia è celeste. Anzi. La storia è Celeste. Ci sono poche cose che agitano e commuovono lo speaker. Tra queste, da sabato pomeriggio, ci sarà la storia di una ragazza di 16 anni che è già passata attraverso troppi infortuni, che è partita in testa all'ultima frazione della staffetta Elite femminile perché c'era un buco da chiudere, e che ha fatto una gara per me eccezionale. Sono passati 18 anni e qualche giorno da quando in occasione del Campionato Italiano disputato a Jenesien (speaker Giuliano Rampado) scrissi "Il margine di vantaggio dell’US Primiero vale il podio, ma nessuno adesso vorrebbe essere nei panni di Marina Simion in terza frazione a difendere qualche decina di secondi di vantaggio su due mastini come Laura Scaravonati e Heike Torggler; nessuno... tranne forse Marina stessa". Ci ho ripensato sabato: forse nessuno avrebbe voluto essere nei panni di Celeste, tranne Celeste stessa. Nemmeno nei sogni delle sue compagne di squadra, Celeste avrebbe potuto resistere alla caccia di Anna Pradel, sempre fortissima sui terreni dei passi dolomitici, ma che Celeste potesse arrivare al traguardo in seconda posizione... ecco, se ci sono motivi per i quali mi piace fare lo speaker, la gara di Celeste Pretto è uno di quelli.
Una pagina della storia, adesso, è Celeste. E non per via del colore della mia felpa