Duplice Drammatica Disfatta a Dervio…
… ovvero: come fu che io a Dervio non ci dovevo andare nemmeno dipinto, e invece sono qua a leccarmi le ferite!
In questa fase della mia già poco nobile carriera orientistica, fase che gli storici del prossimo millennio (se mai parleranno di me) definiranno “periodo nero” o “periodo debacle”, aggiungere domenica dopo domenica un altro tassello al puzzle delle disfatte spingerebbe qualunque essere dotato di senno ad interrompere per qualche tempo gli impegni, in attesa che le forze ricompaiano, che la testa ricominci a funzionare, o più probabilmente che la cometa di Halley torni a farci visita… Ma io non sono dotato di senno. Quello deve essere marcito nel fango e sotto la pioggia che hanno accompagnato alcune tra le mie meno nobili odissee di questi anni. E fu così che, nonostante tutto, sono qui a scrivere sul mio diario quelle che potevano essere le grandi imprese del sottoscritto a Dervio, e che ovviamente non lo sono state!
Dervio ovvero “come farmi del male due volte nello stesso giorno”. Il Nirvana Verde nel giorno di grazia del 23 settembre riesce a rendere appetitosa anzichenò la domenica inserendo due gare (quasi) sprint nello stesso giorno e nello stesso posto a distanza di pochi quarti d’ora l’una dall’altra: il Campionato Regionale Sprint 2012 (che nelle intenzioni del sottoscritto avrebbe dovuto essere disputato da un’altra parte… ma è un’altra storia e non rivanghiamo) e un Trofeo Centri Storici Lombardi. Dervio si presta molto bene per entrambe le tipologie di gare, e se il nome del sottoscritto non compare nella starting list del sabato non è per il ricordo di quanto accaduto l’ultima volta che mi sono cimentato colà, bensì per alcuni impegni lavorativi che, sempre più frequentemente, prenderanno di mira anche il sabato e la domenica.
(per i nuovi lettori: l’ultima volta che ho gareggiato a Dervio ho terminato la prova colando sangue a causa dell’incontro fortuito, ma dovrei dire più correttamente “della mazzata a tradimento infertami”, con il manico dell’ombrello di un passante che era stato “spaventato” dal passaggio ravvicinato del concorrente precedente…)
Poi succede che sabato pomeriggio si concretizza uno spiraglio per evitare che la domenica del villaggio si trasformi in una giornata lavorativa… rapida telefonata agli organizzatori dove scopro l’esistenza di un “vacante”, et voilà! Eccomi inserito in lista nelle due gare! In M21. Il che farebbe pensare che già da sabato la mia intenzione era quella di farmi del male da solo. Pensavo tuttavia che qualcuno, magari Attilio, avrebbe potuto accompagnarmi nella trasferta; e quindi la mia iscrizione in M21 era un gesto per lasciare la porta aperta ad un altro master. Certo… sabato sera Gueorgiou e Hubmann (il minore) avrebbero subissato di proteste gli organizzatori per questa intrusione dell’ultimo momento nel novero dei favoriti, ma a me in fondo che mi frega di loro? Che vengano a Dervio a dimostrare di essere più forti di me! Non sono voluti venire? Peggio per loro, sono più forte io! Cicca cicca…
A Dervio comunque ci arrivo da solo, in totale ritardo sulla tabella di marcia causa apocalisse segnaletica nella zona di Muggiò (maledetti loro che stravolgono le uscite della tangenziale e poi ti lasciano senza uno straccio di indicazione per proseguire) e stop da parte dei Carabinieri sulla discesa verso il lago (benedetti loro che, loro si, lavorano anche la domenica per la mia sicurezza). Riesco in ogni caso ad arrivare in tempo in partenza, nonostante io sia schierato in griglia al minuto 4 e la partenza sia anticipata di 30 minuti rispetto alle canoniche ore 10.00, ed il numero che sento mormorare tra la folla è uno solo, e non è né “45” né “64” (si veda il blog di Pedro) bensì “830”. La descrizione punti della gara sprint, infatti, riporta bello chiaro un “830” che fa pensare a tutti coloro che non hanno ancora attaccato il cervello che, ad un certo punto, ci troveremo di fronte una tratta di 830 metri fettucciata, o obbligata, o altro ancora.
830 metri è un bel po’, se inserito in mezzo ad una gara sprint di 26 punti. Il primo pensiero va ancora a Pedro, ed agli sconquassi che le sue gambe magiche potrebbero dare alla classifica in un simile tragitto… ma è un pensiero che dura poco perché al via mi trovo lanciato in un autentico labirinto di viuzze, piccoli spazi tra le case, gradini umidi e sconnessi ed in acciottolato da scendere e risalire con un occhio alla carta, un occhio a dove metto i piedi, un occhio all’incolumità ed un occhio a “cerchiamo di non mettere a repentaglio la schiena che è meglio”. Prendo largo il punto 1, e sulla risalita verso il 2 sento già alle mie spalle i passi leggeri di Misha Anuchkin che alludono al primo sorpasso!
Da lì fino alla fine del primo giro nel vecchio borgo di Dervio passa tra un incrocio e l’altro con Misha, che sembra sbucare da ogni dove, e qualche passaggio con gli le tute della Punto Nord Monza. Le tossine che già invadono il cervello mi impediscono di ragionare su quel famoso passaggio “830” che mi aspetta a breve; sarà la salita in uscita dal punto 9, nonché il fatto che il tratteggio che porta dalla 9 alla 10 passa proprio il mezzo al lago, a darmi il tempo di ragionare sul fatto che non ci sarà nessun “Beam me up, Scotty!” per arrivare alla 10, ma che devo soltanto ragionare sulla carta e trovare qual è il punto di contatto tra i due frammenti: nello specifico, lo identifico nel trapezio di verde privato poco a sud del punto 9 (Attilio in un microsecondo troverà la soluzione grazie alla stradina a ferro di cavallo proprio al confine del primo pezzo di cartina). Un appunto per il futuro: credo che soprattutto i ragazzini o i più inesperti non si siano proprio raccapezzati, visto che anche alcuni concorrenti di lungo corso hanno finito per risalire la montagna fino a chissà dove in nome di quei famosi “830 metri”. Magari un punto facile, proprio sulla stradina a ferro di cavallo, ripetuto sui due frammenti di mappa poteva aiutare a capire come fosse possibile “da qui” (primo frammento) ritrovarsi “là” (secondo frammento).
Sorvolo sulla mia pietosa risalita in un campo di ortiche dal punto 11 al 12 (alcuni concorrenti avviluppati nell’erba alta saranno recuperati in tarda serata…) e, se qualcuno potesse spiegarmi, non capisco proprio il punto 13 che sembra messo lì solo per indurre qualcuno alla PM. Il finale di gara è molto bello e, sulla carta a disposizione dei concorrenti, molto più comprensibile del .gif che pubblico; la prossimità di alcune lanterne rende molto bene l’idea di gara sprint che si gioca sul filo dei secondi, gara che io probabilmente perderei al punto 19: giro attorno al lavatoio per almeno 30 secondi prima che Maddalena Iennaco ci si infili dritta, segnalando con il bip! la presenza del punto.
Dopo una buona oretta passata a parlare del più e del meno con gli amici Larissa e Oleg, è il momento della partenza di massa del TCSL, Trofeo Centri Storici Lombardi. E qui parrebbe proprio che il neofita del giorno sono io, che non mi preoccupo né di leggere un comunicato gara né di ascoltare (forse ero indaffarato con il porta descrizione punti) la spiegazione della gara. Spiegazione che, per me, arriva a cura di Roberto Arosio lungo la tratta sud-nord che porta dalla partenza-arrivo alla lanterna 55.
Stegal: “Ma è a sequenza libera?”. Roberto: “Si, c’è anche un tempo massimo…”. Stegal: “Ma se c’è un tempo massimo ci sono anche penalità?”. Roberto: “Si, 3 punti al minuto… mi pare…”.
Nel frattempo mi accorgo che non ho in testa uno straccio di piano per trovare “il giro giusto” (sempre che ci sia) e non ho nemmeno fatto partire il cronometro. Sul “giro giusto” me ne frego”, affermo ora senza tema di smentite che nella mia lunga carriera non ho mai imparato e on sono mai riuscito a trovare alcun “giro giusto” in una gara a sequenza libera. Sul “tempo di gara” me ne frego parimenti perché, non puntando alla classifica, di solito cerco di fare tutti i punti e “cosa ci importa del tempo ?” (questa è una cit.).
Nella pratica il mio “giro pessimo” è: 55 – 61 – 62 - 51 (con risalita e discesa dalla stessa stradina). Poi sottopasso verso la spiaggia – 86 – 85 – 84 – 83 – 66 -82 – 80. Da qui anziché puntare alla 77 torno verso la spiaggia: 79 (dove trovo seduti Oleg e Larisa, e chiedo loro un cambio stile staffetta suscitando ilarità… il che rappresenta bene il mio stato di orientista: ormai sono solo un comico!) – 76 – 75 ed è solo a questo punto che mi faccio un paio di avanti e indré 77 – 81. Poi ancora 73 – 78 – 72 – 71 – 70 – 74 – 69. La 68 vale da sola 50 punti, e se sono giuste le indicazioni di Roberto vale un ritardo di ben 17 minuti (poco motivati) quindi si va su a fare anche quella.
Nella discesa, però, le pulsazioni sono a mille, il fiatone consumerebbe tutto l’ossigeno presente ai 2.000 metri di Prà Longià e l’orologio sembra avvicinarsi ai 60 minuti (considerazione “a casaccio” sulla base del tempo che poteva essere trascorso tra la partenza ed il momento in cui Roberto mi ha accennato ai 60 minuti di gara). Tutto questo manda a ramengo anche la mia strategia “si fanno tutti i punti e chi si è visto si è visto” e quindi mi limito a scendere cautamente fino alla 67 e poi all’arrivo. Dove scopro che, forse, sono stato un po’ precipitoso nel punzonare un paio di punti che mancano al mio carnet di passaggi, e che sono ancora irrimediabilmente a fondo classifica anche se, proprio classifica alla mano, con qualche W21 o con qualche M16 e W16 me la potrei ancora giocare visto che i percorsi erano identici! (faccina che ride)
Si.. certo… “faccina che ride”… La faccina dovrebbe piangere eccome, visto e considerato come sono andato e le figure che continuo ad inanellare senza alcuna vergona apparente. Il problema è che sono ancora troppo impegnato a ristabilirmi in forze decenti per la prossima sovrumana impresa (ovvero il prossimo gradino della mia inarrestabile decadenza) per provare qualsiasi forma di pudore nei confronti dei miei risultati sempre più inclassificabili se non alla voce “Drammatiche Disfatte”