“Quando vedo delle equazioni, vedo le lettere a colori. Mentre parlo, vedo immagini delle funzioni di Bessel tratte dal libro di Emde, la j biondo dorato, la n con una punta di blu. E mi chiedo come le vedano gli studenti”.
Richard Feynman – “What do you care what the other people think?”
"Sulla prima lanterna (prima gara in Svizzera, 1997 – n.d.r.) portavo con me tutto il fardello dei racconti ticinesi che avevo ascoltato; presi un sentiero e lo lasciai per dirigermi a destra, raggiunsi un altro sentiero, lo percorsi un po’ e poi mi buttai ancora a destra, oltre una collina in una zona di canalette, dove avrei dovuto trovare il mio primo punto... sempre che fossi stato in grado di trovarlo! Rallentai sotto la pioggia e cominciai ad orientarmi in mezzo alle felci, vidi un altro sentiero grosso a destra e vidi una canaletta con acqua... e una lanterna. Mi avvicinai con circospezione e controllai il codice: era la mia! Per un istante la mia mente si fermò: non era più piccola del normale, non era invisibile, non era nascosta sottoterra; era una pura e semplice lanterna.”
Stefano Galletti – “Si fa presto a dire Svizzera”
“In una sola altra occasione ho rivissuto le stesse sensazioni e gli stessi timori di quella prima lanterna svizzera: nel 2003, a Molndal, in un bosco pazzesco: era la prima lanterna della prima tappa della mia prima O-Ringen in H35. Un punto di controllo con un grado di difficoltà di tanti ordini di grandezza superiore a quella lanterna del 1997. Anche in quel giorno svedese, e ancora una volta solo per una frazione di secondo, ho pensato che la lanterna che avevo appena trovato non era più piccola del normale, non era invisibile, non era nascosta sottoterra. Era lì, aspettava me”
Stefano Galletti – “Si fa presto a dire Svizzera”
Quando parlo con qualche orientista di quelli forti, del livello di un Feynman premio Nobel per la fisica, ho come l’impressione che molti di loro abbiano per forza di cose dovuto perdere quella ingenuità, o incredulità, o gioia che provano gli scarsoni come me nel venire a capo di un punto particolarmente difficile. Un po’ come trovare la soluzione del punto 9 al “montarozzo” di Carona... per me, categoria H.I.P., un numero di una certa classe da ricordare; ma per uno forte... che cosa ci voleva??? “La mappa è precisa, ci sono le curve di livello, ci sono i semiaperti e le zone rocciose...” insomma che cosa ci vuole?
Mi ricordo la prima volta che riuscii a ricomporre UNA FACCIA del cubo di Rubik... mi sentivo un fenomeno, almeno rispetto ai compagni di classe che non riuscivano a fare nemmeno quello. Quando comprai un libretto che spiegava in dettaglio la soluzione, la cosa divenne meccanica (sono anche oggi in grado di ricomporre il cubo in un tempo decente) ma sentivo di aver perso un po’ della meraviglia e della sorpresa che accompagnava ogni piccolo progresso.
Un giorno ebbi modo di parlare con il mago Andrea Rinaldi, forse in occasione di un allenamento al Monte Tablat con un punto particolarmente perfido. De-briefing post allenamento e il sottoscritto se ne esce con una frase di auto-elogio per aver trovato quel punto, con difficoltà ma anche con perizia mettendo insieme i pezzi della mappa-puzzle in modo non del tutto coordinato e cosciente; Andrea, commentando la carta, mi mostrò come fosse bastata una sua rapida occhiata per mostrare il modo più corretto per venire a capo di quel punto che ai suoi occhi tutto poteva essere fuorché sfidante. Una lezione che ho sempre tenuto a mente!
E’ vero che oggi, dopo 18 anni di orienteering a basso livello, per mettermi alla prova devo andare a cercare i percorsi HAL ticinesi o il WRE di Asiago... ma non è proprio possibile ritrovare, fosse solo per un istante, quel misto di meraviglia e stupore e sorpresa ed euforia che accompagnava i primi punti trovati nei boschi?
Questo è il mio primo pensiero quando mi capita di tracciare le gare della “Milano nei Parchi”, che sono organizzate soprattutto per i neofiti e gli esordienti. Provo a ripulire la lavagna dalle informazioni note, delle conoscenze e delle esperienze. Mi chiedo quale tipo di difficoltà potrebbe stimolare un esordiente totale, mi dico e mi ripeto “Se io fossi un esordiente e partissi da questo punto, cosa vedrei immediatamente in modo banale e di quale indizio nascosto mi accorgerei se esaminassi la scena più attentamente?” e ancora “Quale punto successivo mi darebbe la soddisfazione di trovarlo con un piccolo sforzo, e quale scelta invece potrebbe essere così criptica da non essere nemmeno capita?”.
Penso a tutto questo perchè credo che l’orienteering sia uno sport bellissimo se affrontato “at-the-money”, ovvero su un percorso che è proprio sul confine delle proprie abilità, mentre sia addirittura uno sport repulsivo se affrontato “in-the-money” (cioè su un percorso talmente banale da non sollevare nemmeno una emozione... sprint al Parco delle Cascine docet) o “out-of-the-money” come capita a quei poco più che esordienti che devono andare a fare punti per la loro regione... a Kaberlaba?... e se arrivano al traguardo non sanno nemmeno loro come e perchè!
Credo di aver raggiunto questo obiettivo giovedì scorso al Parco Talon di Casalecchio di Reno, quando ho organizzato un piccolo team building per i miei colleghi di Intesa San Paolo degli uffici di Bologna, grazie alla collaborazione indispensabile di Alessio Tenani e della locale Polisportiva Masi. Il percorso potrà sembrare, anzi no diciamo che lo è proprio!, un po’ “orienteering for dummies”... ma la fatica e le preoccupazioni sono state ripagate dagli sguardi di 28 esordienti totali cui è stato offerto, credo, pane per i loro denti proprio del tipo “in-the-money”. Ho l’ardire di pensare che qualcuno di costoro, che magari aveva sentito parlare dell’orienteering dal figlio per averlo praticato a scuola, e che a fine racconto lo aveva archiviato sotto un file di nome “noia.doc”, si cimenterà in futuro in prima persona o vorrà accompagnare il figlio o la figlia a qualche evento promozionale avendo scoperto in prima persona quanto può essere divertente andare a caccia di lanterne.