Il sonno dell’orienteering genera cappelle mostruose
Non saprei veramente in che altro modo giudicare il pessimo week-end (orientisticamente parlando) passato tra l’alto luganese (o basso Bellinzonese) e l’alto pordenonese (o basso qualcos’altro). Indubbiamente, il mio orienteering sta regredendo a vista d’occhio... oppure sta cambiando la mia personale fiducia nelle cose che faccio. O, meglio ancora, mi sembra di esser tornato ai tempi dell’HC, quando se le cose che vedevo in gara non tornavano con le mie aspettative... era colpa del terreno della carta della bussola della vegetazione cambiata! E non della mia testa. Dove si può andare nell’orienteering senza testa? Non molto lontano, direi. Oppure, molto lontano (in termini di strada percorsa).
Cominciamo da sabato.
Sfruttando la mia posizione di maschio dominante dell’ufficio, riesco a garantirmi una mattinata libera dal lavoro; mi presenterò in ufficio nel pomeriggio, dopo la gara di Giubiasco, o Scarpapé (il ritrovo però è a Giubiasco). Le premesse non sono sensazionali: 4,8 km + 320 di dislivello non sono esattamente il mio terreno preferito! Già appena fuori dal ritrovo, all’inizio dei 45 minuti di salita per la partenza, una signora che sta innaffiando dei bellissimi tulipani mi chiede cosa ci faccia lì tutta quella gente. Rispondo “C’è una gara di orienteering a Scarpapé”. La risposta è gelante: “Scarpapé? Durissima! Tutta salita”. Si sale già per andare alla partenza, passando per l’arrivo. Prima lanterna in salita in mezzo alle rocce e roccette cercando di entrare in carta, arrivo sul punto una curva troppo alto ma mi dico che sto andando bene.
Secondo punto, breve salita e poi tratta lunga in costa. Va tutto secondo i piani fino a che arrivo a 5 metri dal punto: un sasso 0\0,5m con la lanterna nascosta. Non vedo il punto, il sasso è in una pietraia, ed immediatamente penso di essere nel posto sbagliato. Finisco così per vagare in zona per qualche minuto buon prima di tornare nello STESSO IDENTICO punto... faccio due metri in avanti e vedo punto e lanterna! La 3 non è, a questo punto, una passeggiata di salute, con il morale già abbastanza a terra e una tratta che prevede il mega aggiramento del mega avvallamento\scarpata con mega torrente annesso. Prendo la traccia che mi dovrebbe portare in zona punto e arrivo ai due ruderi che mi danno il punto d’atttacco... solo che la traccia che ho preso non è quella giusta (non è segnata in carta ma avrei dovuto accorgermene) ma porta lo stesso a due ruderi, che però solo ALTRI DUE RUDERI, quindi sono nel punto sbagliato per attaccare il punto! Lì in giro c’è anche Gigi Pedrini, ma si rilocalizza subito e parte deciso, io invece faccio un po’ su e giù per la montagna prima di... rilocalizzarmi??? E come faccio? Vedo passare una tuta O92 (atleta che non conosco) ma quelle tute sono una sicurezza, e giocano pure in casa, e quindi decido che la direzione al punto è quella indicatami da questa tuta che si allontana all’orizzonte... e così infatti è! La 5 mi da qualche problema in una zona iper dettagliatissima, finisco lungo e poi corto e poi per approssimazioni successive trovo il punto. Tutto ok, lento ma abbastanza preciso fino alla 9, dalla quale esco in direzione 11! Trovo senza particolari problemi la 11, vado alla 12, e solo a metà strada mi accorgo che nella numerazione progressiva ho ovviamente saltato la 10! Torno sui miei passi, sconsolato e affranto e nel frattempo vengo recuperato da un trenino di (apparenti) H40 con i quali bene o male finisco per fare le successive tratte fin quasi al traguardo. Tempo finale pessimo, morale desolatamente basso.
Ma finalmente si arriva a domenica.
Esordio ufficiale in H40 in Coppa Italia ad Aviano. Torno nel pordenonese dopo esserci stato per la prima volta venerdì, due giorni prima, per lavoro. Forse la mia testa in questi spostamenti tra Torino, Milano, Pordenone, Ticino e ancora Pordenone è rimasta un passo indietro. Dopo essere andato alla partenza in compagnia del grandissimo Oleg (che mi ha evidentemente preso in simpatia e vuole sapere tutto della gara di Scarpapé), la mia partenza è tragica: ci sono due scelte, alto o basso rispetto al punto, giacché in mezzo c’è un muro di verde bello fitto. Scelta mia? Dritto in mezzo, a fare inutilmente il bulldozer... inutile dire che tra perdite di tempo, velocità, aggiramenti di rovi veramente duri ecc.ecc. perdo una quantità di tempo assurda. Sbucare nel praro con la 1 e vedere Sacchet (che partiva 4 minuti dietro) che ha già punzonato e sta scollinando, Pelessoni (che partiva 2 minuti dietro) che ha già punzonato e fa il punto per la 2 non è il massimo per il morale. Cerco di fare del mio meglio sulla 2, e sulla 3, poi sulla 4 torna prepotente il sonno della ragione: dritto al punto, a leggere tutto quanto c’è sul greto del torrente, vedo Sacchet uscire dal punto, mi ci fiondo, controllo il codice sulla stazione... 76.. non è il mio, io cerco la 77! Mannaggia, dove sono finito? Sarà qui in zona... nel frattempo altri arrivano e punzonano, io faccio il punto. Tornano le rocce, torna l’avvallamento, torna la vegetazione... ricontrollo la descrizione... 76!!! Era la mia. Due minuti buttati al vento. 5 6 7 8 e 9 le ho fatte mediamente bene, a riprendere il gruppetto che nel frattempo si era portato avanti. Gruppetto che sceglie per la 10 il giro largo sul sentiero. Io ed un altro veneto ci buttiamo in mezzo, a seguire tracce e sentieri, a bucare duri e puri il verdone. Passa Anuchkin veloce come il vento e ci da il ritmo per continuare a spingere sul sentiero, finché nella zona dettagliata di buche e cocuzzoli si arriva al punto. Si punzona... e chi sbuca dal basso? Ancora Sacchet con Bussi! Ripreso (lui in realtà aveva dimenticato la 10... mi ricorda qualcosa :-) qualcosa che ho fatto a Giubiasco). Sacchet è un treno perfetto per la 11, anche se si allontana rapidissimo, e per la 12 basta arrivare sui prati e trovare il punto. Ai prati, allora, si sbuca sul giallo e tutti si buttano a sinistra. Ed io? A destra!!! Perchè vedo in fondo un nastro bianco e mi convinco, anche se la bussola dice il contrario, che è il rettilineo di arrivo e quindi devo spingermi a destra e poi ancora a destra e poi ancora a destra... meno male che poi il pratone finisce lasciandomi lì come un fesso a capire il mio madornale errore. Finalmente rinsavisco mentre sento Isella che annuncia l’arrivo di Sacchet, arrivo sulla 12 e spingo per l’arrivo, veramente incavolato con me stesso.
Quando il rilievo cronometrico dive che il mio è il terzo parziale di quel momento (decimo finale) non sono nemmeno felice: ho cappellato in un modo impossibile, con la testa non ci sono più, e più che alla gara che a tratti ho fatto benino penso alla occasione persa. Solo di cappelle veramente madornali (non di errori di orienteering, proprio vere cappelle) 4 minuti li ho buttati via tutti. Sarebbe bastato poco per salire di qualche posizione. E invece...
Non mi resta che complimentarmi con Marco per la sua vittoria in H40, con Oscar che mi precede di 3 posizioni e quindi ho deciso che farà lui lo staffettone\lettòne dell’UL agli italiani, con Lucia per la sua altrettanto vittoriosa gara in D50, con Angelo che in H45 sale sul podio e con Roberta che è quinta in D35 ad un passo dal quarto posto, ma era partita molto bene davanti alle altoatesine Anuchkina a parte). Io non so dove ho lasciato la testa. Se qualcuno la ritrova potrebbe cortesemente riportarmela? Non posso farne a meno in gara, nemmeno se decido di tornare in HB!
Comunque ho preso alcune decisioni... orientistiche. Vedremo se riuscirò a metterle in pratica.