Questa sera, tornando a casa dal lavoro per preparare i bagagli per il Lussemburgo, mi chiedevo con quale episodio avrei cominciato a raccontare il mio fine settimana lungo degli Highlands Open. Sembra strano, ma quando l’oggetto del blog ha una intensità, una importanza, un coinvolgimento così esteso, non mi è facile stabilire quale sia il punto di partenza per costruire una storia.
Di solito, in questi casi, me la sono cavata con una cronaca cronologica degli eventi. Ed in fondo è quello che farò anche questa volta.
Cominciando però da lontano. Dall’anno scorso, quando Renzo e Attilio (presidente e direttore gara dell’edizione 2007) mi dissero “tienti pronto per l’anno prossimo, sarà una cosa ancora più in grande!”. Durante questi 12 mesi, ho vissuto via via la scoperta del fatto che gli Highlands Open avrebbero ospitato anche la Coppa dei Paesi Latini, che ci sarebbero stati tanti campioni alla partenza, una prova di Coppa Italia, 3 giorni e 3 gare e non una unica manifestazione con somma dei tempi. Ed il pensiero sempre più ricorrente è diventato: “Perché io?”.
Poi arrivano i giorni immediatamente precedenti la tenzone. Non c’è più tempo per la timidezza ed in fondo ormai posso essere considerato un po’ un vecchio lupo di mare di queste situazioni… Gli ultimi accordi, anzi praticamente gli UNICI accordi con il team Erebus vengono presi mercoledì mattina con qualche parola via skype. E’ inutile che io provi ad imbastire tutta quella sequenza di contributi e preparazioni come il mito Andrea Rinaldi: non ne sarei capace quindi… perché preoccuparsi? Vadoo alla ventura come sempre! (prima o poi questa cosa mi si ritorcerà contro, e saranno figure barbine). Appuntamento alle ore 9.30 del venerdì a Gallio, per la prima prova.
Ecco. Gallio per me rappresenterà d’ora in avanti una gara speciale. Apro parentesi. Ogni tanti su OT mi capita di leggere le interviste ai campioni del mondo. La domanda classica è “Pensi che questa sia stata la tua gara perfetta?”. La risposta, immancabilmente, è no. Ma come! Hai vinto il mondiale con 5 minuti di vantaggio e non hai fatto una gara perfetta? E gli altri cosa sono… degli asini? Questa cosa mi sembra diventata più un tormentone… una posa… “la gara perfetta non esiste… potevo far meglio… bla bla bla…”. Palle! La gara perfetta esiste. Nessuno l’ha mai corsa? Bi-palle!!! L’ho corsa io. A Gallio, sulla carta di Val di Nos, sulle prime 10 lanterne. Poi il bosco finiva… Potevo andare più veloce? Forse, ma la gara non sarebbe più stata quella perfetta! Ho camminato nel bosco, corricchiando quando potevo in discesa. Non ho fatto altro che guardare la carta: radura… a sinistra… depressione (con lanterna)… salita tra le due collinette… lanterna! Proseguo. Curve di livello… radura a sinistra… verdino davanti… buca… lanterna! Così per 10 lanterne.
Troppo facile, mi sono detto. Devo dire a Cristian che questo percorso è troppo facile. E io non sto nemmeno correndo! Sarà una middle del tipo middle-sprint (intanto ho trovato altri 3 o 4 punti). I migliori correranno a 4 al kmsf… e io sono qui a camminare (altri due punti). Ecco, sono quasi fuori dal bosco. Guardo l’orologio. Sarò al traguardo ben prima del minuto zero. Inutile affannarsi. Un’occhiata ai prati fuori Gallio, uno sguardo ai trampolini. Il tuffo verso il paese ed un piccolo sprint per la dignità davanti agli amici. 47’e rotti di gara, I migliori faranno 25’…
Comincerò a capire qualcosa all’arrivo del Bacc (36’), di Carlo Carenini (47’), di Dario Pedrotti (69’). Comincerò a capire qualcosa vedendo gli atleti, anche gli Elite, che arrivano al traguardo con delle facce incredule, raccontando errori pazzeschi che si misurano con l’orologio del campanile… Finirò di capire guardando il viso di Antonio Baccega che a lungo a Gallio è stato l’unico italiano davanti a me in classifica. E’ stato lì che mi sono messo a piangere.
Atleti Elite che non fate mai gare perfette: andate a ramengo! Ve la faccio vedere io la gara perfetta, ve la fa vedere un impiegato. Ho pensato al percorso di Tiziano: non l’ho mica sconfitto, Tiziano, sapete? Semplicemente, per una volta avremmo messo le lanterne nello stesso posto, nella stessa sequenza. Posso dire che Tiziano Zanetello a Gallio ha tracciato per me.
Sabato. Una lunga giornata.
Si comincia presto con il trail-O al Barenthal. E’ stato divertente ed istruttivo. Mi spiace pensare che per qualcuno il trail-O si stia facendo la fama dello sport “con la polemica a posteriori”, dopo aver visto i risultati. Mi piace di più vedere che in fondo da qualche tempo in qua vincono davvero i più forti, che gli esordienti si appassionano, che una ragazza giovane come Marta Fornasier arriva quarta in classifica su 65 partenti. Ho imparato qualcosa sulle curve di livello, ho avuto poco coraggio ad indicare un punto “Z” pur avendolo compreso e mi sono fatto grandi problemi ad indicare una ovvia “A” pensando a chissà cosa (ho detto “Z” e ho sbagliato). Vorrei solo dire a chi organizza queste gare di avere fiducia nei concorrenti: non sempre quando si vedono due persone vicine tra loro queste stanno parlando fittamente del percorso. Magari non stanno parlando affatto! Questa disciplina sta crescendo, i concorrenti stanno crescendo. Liberarsi da una certa “cultura del sospetto” sarà un passo importante per tutti.
Trasferimento ad Asiago. Gara sprint. In mente le 4000 persone di Mjolby alla World Cup. In mente la voce di Per Forsberg. Inutile. Io non sono Per Forsberg, ma Asiago per molti versi mi è sembrata assai vicina a Mjolby. Forse una questione di zeri… forse non 4000 ma 400 persone (anzi qualcuna di più) ci saranno state. La mia gara è una corsa pazza col sangue nei polmoni in un nugolo di lanterne sparse a decine nel piccolo centro di Asiago. Il mio dopo-gara è l’immagine di Alessio piegato in due dopo un’altra gara a perdere posizioni per pochi decimi, è Seline Stalder che aspetta le avversare al traguardo per capire come si posizionerà in classifica, sono i tanti e forti Elite che affollano il portico per gli ultimi arrivi che definiscono la classifica. E’ la foto di Dana Brozkova che in cima ai gradini alza le braccia al cielo guardando la folla.. si, la folla! Finalmente! Per una volta l’abbiamo avuta anche noi orientisti: la foto di Dana sotto il portico mi ricorda la statua della Nike di Samotracia: perfetta, bellissima; un millimetro in più di gradini o di sfondo o di sorriso e quella foto non sarebbe stata così perfetta. Con quella foto Dana potrebbe benissimo concorrere per Miss Universo, altro che la giavellottista paraguaiana.
Forse durante la cronaca della gara ho “sbracato” un po’ con la voce, con i commenti… ho finito in debito di corde vocali ma non avrei saputo agire in modo diverso. Non so se meglio, non so se peggio: ma non avrei potuto dire o fare nulla di diverso da quel che ho detto. Il commento è mio, personale, d’altronde mio è lo stile e mie sono le storie che racconto. Non avendo fatto corsi di speakeraggio o di giornalismo, non avendo letto nessun manuale che dice cosa fare e cosa non fare, quello che avete sentito è solo farina del mio sacco. Prendere o lasciare.
Premiazioni. Il ricordo di Antonio Lunardon. I commenti ed i complimenti di Oded Verbad, l’allenatore degli israeliani. Il sorriso di mamma Rocke che si coccola i figli John (lui) e Mairead (lei) che in due forse fanno 35 anni e sono già ai piedi del podio Elite con una tranquillità disarmante. Segnatevi i loro nomi: diventeranno campioni del mondo! Il team Erebus che smista premi con una velocità impressionante. Il piccolo Hubmann che è già a suo agio davanti alle telecamere: chissà se la presenza del fratello in cima alle graduatorie mondiali è più tranquillizzante o ingombrante; qualunque sia la risposta, Hubmann-ino è già un drago davanti alle telecamere, e quel viso da modello direi che lo aiuta!
Domenica. Sono appena andato a letto e già suona la sveglia. L’ennesima macchina del GOK-team che mi viene prestata per poter andare al ritrovo in un orario pazzesco. Alle 7.30 Donatello mi carica a bordo del furgone. Alle 7.40 sono nel bosco di Kubelek. Io, il buio ed i paletti delle lanterne. Ho meno di due ore per cercare di arrivare al traguardo… e ho detto i paletti perché le mantelline non ci sono: in quel bosco pazzesco, pieno di dettagli e di rocce! Avrei quasi bisogno della pila frontale, invece mi affido solo alla mappa; sono concentrato in una maniera pazzesca, perché non posso sbagliare. Vado piano e parlo ad alta voce per farmi compagnia (spaventando i radi funaioli già in caccia dei miceti…). Eccolo. Il paletto con un pixel rosso a rappresentare il punzone metallico. Punto 1. Trovarlo così è una scarica di adrenalina pura. Allora posso farcela! Punto 2. Preciso, sempre il paletto: ormai l’occhio non cerca nemmeno più il prisma bianco e arancione. Punto 3, punto 4. Trasferimento al punto 5 e mi bullo nella lunga corsa lungo la malga a dire a me stesso “E’ facile, è facile… studia il prossimo punto”. Punto 6 ancora ok e primo errore al punto 7: il primo nel quale trovo sia la mantellina che la stazione!!! Buffo, no?
Ecco la lunga tratta. La affronto “alla Rusky”: sentiero, taglio delle piste da sci, discesa tra le case, ponticello e lunga corsa verso la 8 salutato da Simone Gambini che ha appena finito di posare. Alla 8 torna il monologatore: “trovala, trovala al primo colpo, non puoi perdere tempo!”. Ed eccolo il mio avvallamento, preciso come se stessi sognando di essere un campione. La costa fino al punto 9. La discesa alla 10 e l’attacco, stanchissimo, alla 11 dove trovo … Mariano Bigarella?... che mi offre un goccio d’acqua. Alla 11 capisco che la mia gara è finita. Ancora 6 punti ma le difficoltà sono finite, ed il bosco è quello amico. Buche e canalette sono un bersaglio evidente per entrare o uscire dai punti, le curve di livello sono disegnate col gesso sul terreno. Il punto 15 lo vedo da… 70 metri? Un pixel arancione in mezzo agli alberi! E’ finita, sento il vociare degli atleti sul campo di gara. Non avrei nemmeno immaginato di finire la gara: ho 7 punzonature metalliche e 10 sulla si-card. 1h52’ di fatica ma ne è valsa la pena. C’è un rettilineo da fare e per una volta voglio che sia tutto mio. Per questo ho lanciato in aria bussola e cartina: mi sono state vicino nel bosco, mi sono state amiche tra le rocce e gli anfratti dell’Altopiano, ma questa volta io ci ho messo il resto. Anzi, ci ho messo tutto me stesso! Fino all’ultimo minuto.
Adesso gli Highlands Open sono un bellissimo ricordo recente. Sono la fatica che sto smaltendo così come spero che la stia smaltendo tutta la magnifica organizzazione dell’Erebus. Sono gli sms con Cristian e Cosimo e non solo. E’ la mail che mi ha mandato Gabriel al quale domenica ho detto “Gabriel! Sei impossibile, come fai ad avere tutto sotto controllo? E se ti chiedo di darmi la lista dei partenti in ordine di altezza???” E lui serissimo: “Te la stampo…!”
Come potrei non sentirmi fiero di questi Highlands Open?
Non fosse altro… per la mia GARA PERFETTA!!! Roskilde… Barricata… Torslanda. Adesso anche Val di Nos, che per chi non lo avesse capito era la carta di Hinterbeck, solo che si scendeva verso Gallio! Non ditemi che non l’avevate capito, vero?