Se
non ci avessi provato, mi sarei rimproverato di aver avuto una occasione e di
averla sprecata, e a 50 anni passati, le occasioni in campo orientistico non
capitano tutti i giorni. Intendo le occasioni per lasciare il segno, per
ottenere un risultato. I Campionati Italiani 2018 in Puglia sembravano essere
l'occasione propizia: ci sarebbe stata meno partecipazione del solito, questo
era scontato, e di conseguenza avrei avuto maggiori chance di raggiungere il
mio obiettivo. Mi sono messo alla prova dei fatti. Ed ho fallito. Con il senno
di poi, non poteva che andare così.
Senza
essere un telepate, so cosa sta pensando il 50% dei lettori del blog che sono
arrivati fino a qui: "ecco un altro
che pensava di andare a fare man bassa di medaglie in un campionato italiano a
partecipazione ridotta, per poi bullarsi per anni davanti a tutti!". In
effetti, non è un caso se il mio unico podio in Coppa Italia (categoria H40,
qualche anno fa) è stato nella gara di Porto Selvaggio del 2011. Sempre Puglia,
sempre Salento, sempre caldo e sole che picchia sulla testa e terreno a macchia
mediterranea (con qualche passaggio sugli scogli, quella volta): una gara di
lunghezza epocale, perché al tracciatore era stata chiesta una long distance, ma
definita “a media distanza” perché la carta di gara era 1: 10.000. Ah la
regolamentite! Ai Campionati Italiani 2018 erano previste le due distanze
Sprint e Long. Qualcuno può pensare che avessi velleità di medaglie? Iscrivendomi
in Elite ed over-40?
No.
Il risultato che volevo ottenere era di tipo diverso. Volevo approfittare dell’occasione
per provare a parlare con alcune persone (prese da entrambi gli schieramenti
contrapposti) che, presumibilmente da dicembre 2018, detteranno la rotta politica
dell'orienteering italiano a seconda di come andranno le elezioni del prossimo
Consiglio Federale. Avevo scritto un paio di pezzi fa: “… lasciando da parte il microfono ed il ruolo di speaker e
tornando a vestire i panni del semplice orientista quale sono, vorrei
chiedere perché non è possibile andare d'accordo e trovare una sintesi tra le
diverse posizioni ed i punti di vista? Per favore spiegatevi, parlatevi, non
lanciate agli orientisti messaggi del tipo "un giorno saprete la
verità..." "se soltanto sapeste cosa sta succedendo
realmente...". Perché sta succedendo tutto questo?...”
Speravo
che qualcuno, leggendo, si sarebbe fatto vivo anche solo per eccepire,
contestare, criticare, chiedermi chi diavolo mi credo di essere! Ma il
risultato è stato zero, ma forse è proprio vero che i blog non li legge più
nessuno, o non rappresentano lo strumento giusto. Più presumibilmente: chi sono
io per poter sollevare una reazione, anche solo un minimo di confronto
positivo, scrivendo parole su internet? Così ho provato a rivolgermi
direttamente ai diretti interessati. Intendo proprio "in modo
diretto", anche a muso duro: cosa pensate di ottenere? Perché non vi
confrontate in modo aperto e costruttivo? Perché non riuscite a fare una sintesi
tra le idee degli uni e le iniziative degli altri? Come pensate che ci potrà
essere un futuro al nostro sport se non riuscite a lavorare in armonia?
Devo
dare una cattiva notizia ai pochi orientisti arrivati fino a qui: le speranze
stanno a zero. Diciamo a un epsilon piccolo a piacere (in fondo è stato proprio
quell’epsilon a portarmi su quel podio a Porto Selvaggio). Ho sentito risposte
che parlano di un ambiente ormai polarizzato, di “radicalizzazione dello
scontro”, di guerra! Sono tutte parole che andrebbero usate con il bilancino:
quando purtroppo le guerre scoppiano davvero, capita che le persone restino in
silenzio perché mancano i termini di riferimento che sono già stati sprecati
inutilmente altrove. Ascolto le accuse reciproche di organizzare gare farsa, di
malversazione (uso questa complicata parola per non dire peggio), di
"sovvertimento degli ordini democratici" (vedi mio commento alla voce
"guerra"), oppure buon ultimo quando mi sono sentito rispondere "il tuo tentativo di farci dialogare è
paragonabile ad avere allo stesso tavolo partigiani e fascisti. Si andrà avanti
fino a che una parte non distruggerà l'altra".
Sono
rimasto senza parole, quasi choccato. Non pensavo certo di essere un novello
Kofi Annan, non ambivo certo al Premio Nobel per la pace orientistica, ma forse
è davvero meglio che io mi limiti a scrivere di percorsi per i quali non sono
preparato, di classifiche che mi vedono ben adeso all'ultimo posto, di tratte
che palesano i miei evidenti limiti orientistici. D'altra parte mi diverto
così: la mappa mi mette alla prova, la classifica non toglie nulla alle
emozioni che mi offre lo sport che considero più bello al mondo. Se dicessi che
mi interesso di politica orientistica, forse mentirei e forse no. Una persona
migliore di me una volta ha scritto che “la
politica in fondo è avere a che fare con le situazioni di tutti i giorni e
cercare di cambiarle in meglio”. Ma forse siamo arrivati al punto in cui
non abbiamo più mattoni su cui costruire una solida base comune.
***
***
Sabato
a Martina Franca mi sono iscritto in categoria Elite. Sprint e Middle riesco
ancora a correrle così, mentre per la long credo che ci siano ormai pochissime
speranze (la Foresta del Cansiglio 2017 potrebbe aver rappresentato davvero il
mio addio alle armi e, per quanto sembri impossibile, questa cosa mi fa davvero
sorridere e mi rende orgoglioso). Davanti a me avevo la gara e l'impegno come
speaker, ma attorno a mezzogiorno le mie condizioni mentali non erano proprio
tali da poter affrontare una lunga e calda giornata. Serve una buona oretta di
riscaldamento, correndo tutto attorno con l'ipod a palla nelle orecchie, per
rimettermi in forma e di buon umore. Entrambe le cose mi serviranno nei 23
minuti successivi alla partenza per mettere insieme la gara sprint che
probabilmente ho corso meglio in questo 2018: sempre concentrato sulla mappa,
sempre in anticipo sulle scelte (magari non le migliori ma quelle che mi hanno
guidato con sicurezza su tutti i punti).
Un
unico momento di difficoltà tecnica al cambio carta, per riposizionarmi sulla
seconda parte del percorso, ed una sensazione stranissima quando nel primo giro
sono stato inseguito dal fotografo d'eccezione Francesco Franz che mi ha
immortalato per un paio di tratte lungo le quali una parte della mia mente ha
"switchato" in modalità "non
sbagliare, non sbagliare! Non fermarti! Nessuna indecisione! Staccalo!
Staccalo! Staccalo!" finché non ho sentito i passi di Francesco
rimanere indietro. Per qualche istante mi è apparsa chiarissima la sensazione
che possono provare alcuni atleti agli Europei o ai Mondiali quando nel bosco
vengono inseguiti dalla telecamera o sentono la voce dello speaker che parla di
loro (o forse sono talmente bravi e concentrati che se ne sbattono...).
(qui Francesco Franz è riucito a prendermi quasi staccato da terra!)
(qui invece sono decisamente adeso al terreno...)
La
gara "da duri" è quella di domenica, il campionato italiano long. Quando
sul sito della gara era stata pubblicata una vecchia carta di esempio per
illustrare come sarebbe stato il terreno, io (ma di sicuro non solo io) sono
rimasto senza fiato: praticamente alcune zone sembravano delle pennellate di
verde fitto con le rocce in mezzo! Poco dislivello, ma dove cavolo avrebbero
potuto andare a mettere i punti in quell'insalata verde che sembrava tanto la
famigerata carta di Carvico? Le ultime informazioni, che consigliavano l'uso di
protezione alle braccia ed alle gambe, confermavano i timori più ansiosi e hanno
sicuramente dato linfa ai commenti "dal divano" di tanti che, rimasti
a casa, commentavano "mille chilometri
per andare a correre in un posto simile?". Una informazione che non
deve aver fatto molta paura a Matilde Pin, o a Vera Chiusole ed altri ancora,
che hanno affrontato la gara con i soliti calzoncini corti e ne sono uscite
senza un graffio!
Al
solo scopo di provare a testare un percorso lungo ma con un minimo di sicurezza
di poter essere al traguardo prima delle canoniche ore 10, mi sono iscritto al
percorso over-40. A digiuno ed in una bellissima alba pitturata dal sole, alle
6.52 mi sono avventurato in partenza (distante poche centinaia di metri dalla
mia camera) ed ho cominciato ad affrontare i primi appezzamenti di macchia
mediterranea suddivisi dai famigerati muretti alti fino a un metro e mezzo o
anche di più. La prima parte di gara mi ha ricordato molto la carta di Gropada,
tanto cara a Larry: la vegetazione non è poi così opprimente, anche se bisogna
fare lo slalom tra i cespugli, le macchie di pruno, i rami bassi. Spine non ce
ne sono, ma chiaramente non ci si può tuffare a testa bassa contro la
vegetazione, perché è talmente secca che i rametti sembrano fatti di acciaio.
I
primi 5 punti vengono via abbastanza lisci: devo trovare i paletti metallici in
un paesaggio molto simile a quello della luna, con i cespugli al posto dei
crateri; quando mi muove verso est, e quindi in direzione del sole basso, non
sempre riesco ad identificare il paletto al primo colpo: d'altra parte la
vegetazione è davvero uniforme ed il fatto di riuscire ad arrivare su tutti i
paletti (lascio un sasso sul piattello metallico che dovrà ospitare la lanterna,
per testimoniare il mio passaggio) mi fa sentire un ottimo orientista anche se
la velocità con la quale mi muovo in zona punto è necessariamente bassissima. Dopo
le prime 5 lanterne di tipo Gropada, arriva il momento della prima galoppata
lunga per spostarsi nella seconda zona di muretti fitti. Per arrivare al punto
6 e poi da qui fino alla 8, le mie scelte sono molto più in sicurezza,
viaggiando avanti e indietro per i due grossi sentieri agricoli. Seconda tirata
lunga verso la 9, attraversando un terreno che sembra essere stato incendiato
da poco (e che lascerà evidenti tracce nere sulle divise, le braccia e persino
i volti dei concorrenti... vero Noemi Inderst?). Su questa parte di percorso il
vento secco che spira contrario alla mia direzione di marcia mi prosciuga, e
istintivamente lancio un messaggio di auguri agli amici ed alle amiche che
affronteranno quella parte di percorso a mezzogiorno con il sole a picco.
Il
punto 9 lo vedo da lontano, perchè il sole ad un certo momento picchia dritto
sul piattello metallico con il codice della lanterna: il luccichio mi permette
di identificarlo perfettamente tra le rocce, come Henry Fonda riusciva ad
identificare le bisacce piene di dinamite del "Wild bunch" dal riverbero
del sole sulle borchie, in un perfetto remake di una delle scene più belle di
"Il mio nome è nessuno". Dopo l'incrocio con il coach Bellotto nella
tratta 9-10, riesco ancora ad avanzare con un minimo di efficacia sui punti 10,
11 e 12 (evitando qua e là mandrie di mucche, cani liberi e contadini
sospettosi), ma dalla 12 alla 13 letteralmente scoppio.
Con
il senno di poi, sarebbe stato meglio se mi fossi appoggiato alla ferrovia,
anche senza correre sui binari, ma il pensiero del titolo di un giornale locale
"Ennesimo viandante travolto dal treno sui binari delle ferrovie
pugliesi" mi fa desistere. Non ho quasi più forze per scavalcare gli
ultimi muretti in uscita dalla 12: mi tocca ogni volta arrampicarmi a fatica,
appoggiare il sedere sui sassi, ruotare su me stesso e scivolare cautamente dall'altra
parte. Arrivo alla 13 in pieno debito di forze fisiche ma, anche se la fatica
orientistica è quasi finita, i muscoli devono ancora lavorare parecchio: prendo
ancora a testate la vegetazione per uscire in un'area pelata, poi cerco di
sfruttare tutti i sentieri agricoli possibili per arrivare al traguardo, e sono
decisamente sfinito. 2 ore, 28 minuti e 52 secondi di fatica che mi aiuteranno,
nei commenti al microfono che andranno avanti fino alle 14.30, a capire ed a
descrivere le fatiche di tutti gli oltre 400 atleti che entreranno nella carta
del Parco delle Querce dopo di me.
Se
non ci avessi provato io stesso, forse non avrei saputo interpretare i crolli
sul traguardo, l'incedere sfinito di alcuni Elite al punto ristoro in vista del
traguardo e poi sulla corsia finale, i volti talvolta allucinati di chi ha dato
veramente tutto lungo il percorso.
(allucinato e pitturato di nero)
A
me resta un decimo, ultimo posto, nel campionato italiano long 2018 in
categoria over-40. Non ero arrivato in Puglia con quell'obiettivo in mente, ma
è tutto ciò che sono riuscito a portare a casa.