Stegal67 Blog

Tuesday, December 16, 2008

In attesa di ricominciare a correre, visto che il blog in fondo è anche un archivio personale, un pezzo dell'era pre-Stegal... direi primavera 2003.

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Se io fossi un vero giornalista non avrei molte difficoltà a trovare delle storie da raccontare; la mia stessa città, Milano, ne offre in continuazione. Sarebbero tutti piccoli aneddoti, storielle minimaliste nelle quali io sarei il protagonista; e se avessi un buon procuratore o impresario potrei trovare il modo di pubblicarle a mo’ di articolo di fondo sulle pagine di qualche importante quotidiano. E alla fine, a Natale, nel pubblicherei una raccolta giusto per incrementare il conto in banca.
Storielle come quella che mi è successa stasera…

STORIA DI UN ORIENTISTA E DI UN ROTOLO DI SCOTCH

Quando state preparando lo zaino in procinto di una gara, quali sono le cose che mettete nel vostro arsenale da orientista? La bussola, chiaro; magari anche una di scorta. Il bricchetto, se la gara ne prevede l’uso. Il tape, se avete le caviglie a rischio come me. Il pennarello per segnare i punti. Le spille per il pettorale…

C’è un’altra cosa che gli orientisti portano sempre con loro sui campi di gara: un bel rotolo di nastro adesivo trasparente multi uso. Serve per legare le stringhe delle scarpe, serve per fasciare il cartellino e renderlo più resistente. Col tempo mi sono reso conto che questa piccola accortezza lascia il segno: se ad una gara porto un collega esordiente, gli spiego tutto per bene (soprattutto cosa è una canaletta…), lo aiuto a preparare il cartellino e glielo lego al polso, magari con le stringhe di scorta di cui sono provvisto. Dopo aver preparato il mio cartellino, prima di assicurarlo al polso tiro fuori lo scotch e comincio a fasciarlo: fa colpo. Non ce ne sarebbe motivo, ma fa colpo. Quel piccolo gesto è il sintomo che tra me e lui c’è ancora uno spazio che solo l’esperienza potrà colmare; non sono le Falcon nuove, o le ghette, o la tuta a fare la differenza. E’ lo scotch: è sottile e lo si potrebbe tranciare con l’unghia, è trasparente e ci si può guardare attraverso ma è come un muro che separa l’esperto (anche se ha solo 16 punti in lista base…) dal neofita.

Lunedì scorso ho finito lo scotch. Poco male, ho pensato: prima della gara di domenica ne avrò comprato ancora. Questo pomeriggio sono uscito dall’ufficio (periferia ovest di Milano) e sono andato al vicino grande magazzino a comprarne un rotolo. Ho girato per gli scaffali: niente. Niente tra la cancelleria e niente tra il materiale per l’ufficio. Solo l’insulso nastrino largo un dito e l’inutilizzabile scotch marrone da pacco. Poco male, lungo la strada ho visto l’insegna di un negozio di ferramente; raggiungo il negozio a piedi e spingo la porta di ingresso: chiuso. Il negozio è proprio piccolo, e non è ancora l’ora di chiusura segnata sulla targhetta; provo a bussare: non viene nessuno. Lì vicino c’è un bar pieno di gente che discute dell’ultima partita di calcio del Milan; provo a chiedere se tra loro c’è il proprietario del negozio, ma tutti scuotono la testa… mi tocca rinunciare.

Risalgo in auto e punto verso casa, stando attento al traffico e dando un’occhiata alle vetrine: un sacco di banche, qualche cinema, video noleggi, elettrodomestici… ed ecco che su un viale (tra una banca ed una rivendita di kebab) c’è il classico negozietto milanese vecchio stile “articoli per il fai da te”. Sulla porta c’è il proprietario, ha la faccia simpatica del tipico buon vecchio negoziante milanese di cui si sta perdendo traccia nella grande città. Sono sicuro che avrà quel che fa per me. Trovo addirittura un parcheggio ed entro nel negozio. Il gestore mi sorride, mi chiede cosa desidero ed io faccio il grande “Due bei rotoli di scotch largo trasparente”. Il sorriso del negoziante si spegne: “Mi dispiace, non ho questo articolo, solo nastro opaco”. Allargo le braccia sconsolato, lo saluto e torno alla macchina.

Sta diventando una cosa un po’ stucchevole, vero? Anzi, lo è sempre di più perché il tragitto verso casa continua ed io vedo a fianco della strada solo uno stuolo di focaccerie, american bar, parrucchieri, ottici… ma dove sono andate a finire le vecchie cartolerie, quelle che il giorno del compito in classe di greco mi vendevano un foglio protocollo per 80 lire?

Ancora qualche chilometro e, finalmente, ecco davanti a me un altro grande magazzino; è una grossa catena commerciale, diversa dalla precedente: sono sicuro che qui troverò quello che mi serve. Parcheggio l’auto (come è vivibile Milano durante le festività), entro e mi dirigo sparato e sicuro verso gli scaffali degli articoli per ufficio. Niente. Ancora niente. Assolutamente niente. Sempre loro: il nastro trasparente stretto ed il nastro largo opaco. Mi tocca passare ancora una volta dalla “uscita senza acquisti”.

Torno alla macchina, rimetto in moto e dopo qualche centinaio di metri vedo un cartellone pubblicitario: poco avanti c’è un altro grande magazzino, addirittura un “superstore”. Stavolta vi risparmio l’ennesimo tentativo andato a vuoto: parcheggio-entro-cerco-nontrovonulla-sbuffo-esco… Ormai ho deciso: questa cosa sta diventando una sfida, una battaglia, un duello tra l’homo medium milanensis e la città tentacolare. Arrivo a pochi metri da casa ma tiro dritto, proseguo lungo i viali che portano alla periferia sud di Milano finché non arrivo a Rozzano.

Qui c’è il mega super ultra grosso centro commerciale, si estende su una area grande come un paese di medie dimensioni! Punto al mega super ecc.ecc. negozio per il bricolage e tra scaffali pieni di putrelle per piattaforme petrolifere, tagliaerba da savana africana, arredo bagni e mobili da giardino per la villa di J.R Ewing… eccolo finalmente: il mio nastro adesivo trasparente largo! Un vascone pieno, ve ne sono dentro centinaia di pezzi... scontati del tanto per cento! Mi vien voglia di tuffarmi in mezzo e farci il bagno come Paperon de’ Paperoni nelle monetine del deposito. Ne prendo una gran quantità che mi basterà per più di 1000 gare e vado alla cassa.

Sto facendo la fila con i miei pochi euro di scotch tra persone che hanno comprato lampadari, ferri da stiro, scaffali e piantane quando vedo che la commessa alla cassa si agita, la fila ondeggia e non va più avanti, un brusio comincia a serpeggiare fino a me; infine l’altoparlante gela l’uditorio: a causa di non meglio specificati problemi ai terminali, le casse sono ferme e non possono lavorare.

Impossibile. Vedo persone che vanno verso la zona informazioni, attendono spiegazioni; altre si rassegnano e tornano indietro a posare gli sfumati acquisti. Io resto fermo. Immobile. Impassibile. Impavido. Stringo i rotoli di scotch, i miei rotoli di scotch: non esiste al mondo un blocco alle casse che mi farà andare a casa senza quel nastro adesivo. Potrebbe venire il terremoto, lo tsunami, l’invasione delle cavallette: io non torno a casa senza il mio scotch! Passano 15 minuti buoni prima che il maledetto computer ricominci a funzionare; la fila riprende a muoversi finché arriva il mio turno. Sorrido alla cassiera, lei mi sorride, io pago. Lo scotch è MIO ora!

Sono tornato a casa e ne ho subito infilato un rotolo nella busta dell’orienteering, insieme alla bussola, al bricchetto, al tape, ai pennarelli, alle spille… una vocina dentro di me mi dice che ce l’ho fatta. La città non mi ha sconfitto. Ho dovuto sudare sette camicie, ho girato mezza Milano ma ho ottenuto quello che volevo. Posso sperare che quello scotch per il quale ho tanto combattuto mi aiuti, se non a vincere qualche gara, almeno a migliorare i miei piazzamenti.

Comunque, se alle prossime gare vi dovesse mancare il nastro adesivo, venite pure a chiederlo a me.
Ora ne tengo a casa un armadio pieno.

Tuesday, December 09, 2008

L’altra notte, alle 5.30, mi sono svegliato col mal di testa.

Davanti una lunga e difficile giornata, così ho pensato di prendere un analgesico per farmi passare quella sensazione di tempie pulsanti. Meno male che ci ho pensato, altrimenti non so in che condizioni avrei potuto correre l’ultima trovata di Andrea Rinaldi. Già il fatto di correre a Dismoni, in quel labirinto di rocce ed in altura… e poi la formula di gara che fa il paio o il tris con quelle provate a Montichiari e Besana: staffetta a due componenti, due giri ciascuno uno dietro l’altro; uno score e uno normale, ma il sorteggio ad indicare quale giro fare a sequenza normale e quale a sequenza libera! Se sono riuscito a capirci qualcosa è perché io ero il primo frazionista, così la prima cartina me l’ha messa in mano Andrea e la seconda l’ho trovata alla fine del primo giro.
Anche la modalità di formazione delle staffette… concorrenti divisi in 10 gruppi: il numero 1 per quelli bravi e il 10 per gli scarsi. Formazione libera delle coppie purché alla fine la somma fosse 11.
Io che ero nel gruppo 7 sono capitato con papà Zeni, del Gronlait, e mi è andata pure bene.
E a lui è andata bene perché i miei due giri li ho tirati proprio alla grande; ho cambiato per terzo e, visto che le prime due staffette avevano già schierato l’elemento migliore, mi sono messo fiducioso ad aspettare sul rettilineo l’arrivo del mio compagno.

Solo che deve essere successo qualcosa di storto, perché non è arrivato proprio nessuno. Ho visto passare al cambio i giovani del Trent-O con Piva e Miori davanti (anche se, chissà come mai, Davide indossata la tuta del Primiero…), poi Dalen Orler in rimonta e dietro di lui Carlotta Scalet che riusciva persino a tenere il suo passo. Ad un certo momento Andrea si deve essere convinto che in quel quarto giro qualcosa non andava, e mi ha invitato ad andare con lui alla penultima lanterna a vedere se dal bosco arrivava qualcuno. Niente. Dei quarti frazionisti nemmeno l’ombra, solo i terzi frazionisti che continuavano a venire giù da costone lungo uno stretto sentiero.
Non so nemmeno perché Davide Giovanelli mi abbia chiesto “che cosa diresti ora se tu dovessi fare lo speaker?” ed immediatamente è comparso un microfono nel quale ho berciato qualche parola a caso, preso alla sprovvista.
Alla fine mi è parso di veder arrivare proprio Zeni, non sapevo se era ancora davanti lui oppure no. Sono andato lungo la strada in zona traguardo, proprio vicino al bar dove finisce la strada asfaltata, e mi sono girato fiducioso ad aspettare le sorti della gara.

Ed è stato in quel momento che ho sentito una voce… alla radio… che parlava delle condizioni del traffico.
Mi sono svegliato, ho aperto gli occhi ed in un istante ho capito tre cose. Che era partita la radiosveglia, che era ora di andare in ufficio e che il mal di testa mi era passato.
L’unica cosa a cui ho pensato, però, lungo la strada, era se alla fine il mio compagno di squadra sarebbe riuscito o no a concludere la gara in testa…

Monday, December 01, 2008

Partito. 12.04 è il mio minuto.
In una mano la bussola.
Nell’altra mano la carta, il testimone cartaceo doppio.
La busta di plastica trasparente per la pioggia.
L’ombrello.

Speriamo di non usarlo, ho già preso la pioggia nella gara del mattino.
Ombrello. In gara con l’ombrello.
Come Nicoletta agli italiani del Cansiglio…
Vado a sinistra. Mi affretto: tempo massimo 1h40m.
Affrettiamoci che non si sa mai.

Piazza. Primo punto, in fondo all’aiuola. Albero isolato, lato est.
Vabbé. Fin qui sembra tutto semplice.
Arrivo vicino alla zona punto.
Cerco il paletto che fa da punto di osservazione.
E non lo trovo. Cominciamo bene…
Ah! E’ alle mie spalle, appoggiato al muro.

Ecco l’albero. Quante lanterne vedo? Due. A e B.
Controllo la descrizione: A e B.
Vabbé. Si inizia facile oggi.
A o B?

Mmmhhh

Insomma. Mica tanto facile.
Qual è il bordo dell’albero?
Una lanterna è così vicina.
L’altra è anch’essa vicinissima ma sembra più lontana.
Bordo o lato?

Ci sarà ben una differenza.
Prima o poi devo leggere qualcosa sul trail-O.
Per capire.
Intanto sono qua.
A o B?

Lontanucce, quelle due lanterne.
Come si capirà in che direzione puntano rispetto all’albero?
Qualche altro orientista intorno.
Sembrano tutti così capaci.
Chissà cosa pensano?
Chissà cosa vedono che io non vedo?

E se provassi a spostarmi di qualche metro?
Di qua, vado dietro al muro di cinta e non vedo nulla
Di là?
Ci sono le macchine parcheggiate...
Non si vede più nulla lo stesso.

Accidenti.
Il tempo passa e io sono ancora qui alla 1 e non ho capito niente.
Torno vicino al punzone.
Certo che quella A...
Mi sembra un po’ sghimbescia per essere “a est”.
E’ vero che la piazza non è proprio orientata sui 4 punti cardinali.
Ma quella A mi sembra proprio un po’ storta.
Torno indietro.
Magari qualche auto è spostata e vedo la A da un’altra prospettiva.
Macché.

Devo farmi venire in mente qualche idea.
Facciamo così.
Provo a fissare la A per un po’.
Poi mi sposto ma tengo l’occhio fisso anche se non la vedo più.
Mi sposto.
Tieni fissato il punto.
Tieni fissato il punto.
Anche se ormai vedo solo il cofano di una golf nera…
Spostati, spostati ancora un po’oooooppssss…

Mi scusi, signora.
Si, lo so che non stavo guardando dove andavo
Guardavo di là.
Mi scusi.

Che figura!
Intanto ho perso di vista la A.
Vabbé. Non è che ci ricavavo molto con ’sto sistema.
Torno al punzone.
La A mi sembra proprio sghimbescia, però. Non può essere A.
E’ B. E’ decisamente B.
Sento una voce alle mie spalle…
“Allora punzoniamo la B, grazie!”

A parte che… insomma… se dùarìa no parlà iscì de chi robb chi…
Vabbé. Ne ho avuto conferma. E’ la B allora. Vado al punzone.

Sarà la B?
La A l’ho scartata.
Si, dai. E’ B.
Tra l’altro per quel che vedo… come farei a capire che non è B?
E’ B. L’ha detto anche quel tipo là a quelle ragazze…
E’ B.

Oppure Z?

Insomma. A pensarci proprio ma proprio bene...
...non sembra nemmeno diritta quella B.
Se io dovessi tirare una riga dall’albero alla B e proseguire…
… dove arrivo?
Da nessuna parte.
Non c’è nulla su questo lato della piazza.
Vabbé. Proviamo.
Ecco che guardo, ecco che guardo…
...arrivo là. A quella casa in fondo.
Guardiamo la mappa.
Si. E’ a est.
Quindi è B.
Punzono.

Insomma…

Si, è a est. Ma non è proprio quel bell’est
Quello che ti fa pensare a “stazione est”!
Questo sembra più un “Largo Augusto”…
Est è est. Ma non è proprio “est!”.

Aho! Stefano! Sei un fisico!
Ti dice nulla il concetto di approssimazione?
Se qui a menartela da un quarto d’ora…
…hai tirato una riga da lontano
e non sei finito proprio ad est sputato?
Che fisico del lella…
Punzona, no!?!?!
Punzono.

Insomma…

A me è venuto un dubbio.

No, ma dai. E’ est. Scemo d’un Stefano.
Guarda.
E’ anche la lanterna degli esordienti!
Mica hanno messo Z alla prima lanterna degli Esordienti.
Ok, Tutto tranquillo!
Una bella B e andiamo al prossimo punto.
Punzono.

Insomma…

Non sarebbe mica la prima volta.
Roncegno, la prima era Z.
Genova, la prima era Z.
I Caprioli, la prima era Z.
Non so più dove, la prima era Z.

Ah! Ecco. Non può essere Z anche questa volta. E’ B.
E’ sicuramente B.
Punzono.

Insomma…

Noi sappiamo che tutte le altre volte la prima era Z.
Non può essere Z anche questa volta.
E’ B.

Però…
Loro sanno che noi sappiamo
che tutte le altre volte la prima era Z.
E che quindi non ci aspettiamo una Z anche questa volta.
E allora?
Ci fregano… con un’altra Z.
Giusto!

Però…
Noi sappiamo che loro sanno
che noi sappiamo che le altre volte era Z.
E che quindi noi sappiamo
che loro sanno che non ci aspettiamo una Z.
E che quindi sappiamo che ci dobbiamo aspettare una Z.
Perché loro sanno che non ci aspettiamo una Z.

Ma loro sanno che noi sappiamo che loro sanno
che noi sappiamo che le altre volte era Z.
Quindi, visto che lo sanno che noi sappiamo…
allora non ci mettono una Z!
Perché sanno che noi sappiamo che loro sanno

che noi sappiamo che le altre volte era sempre Z.
E perciò… mi sono perso!

E’ Z o non è Z?

Intanto gli altri sono già passati tutti quanti.
Io sono ancora qui.
Meno male che ho fatto partire il cronometro.
Mi sa che le altre le faccio di corsa.

Le altre.
Ma se sono ancora qui!!!
Calma.
Calma….
Le altre volte era Z, quindi io so che… basta!!!!!!!
Non ci cavo un ragno dal buco, così!!!

Calma…
… Lascia perdere le altre volte…
E’ B. Cosa mi costa mettere B?
Ho sentito anche quel tipo dire alle ragazze che era B.
E’ B.
Punzono.

Insomma…

No che non punzono.
Non sono mica qui per allungare le orecchie
e sentire i suggerimenti degli altri.
Solo che vorrei tanto capire se questa
è una B o no prima di andare in paranoia.

Perché mi sono iscritto?
Perché penso di fare queste gare se non ci sono preparato?

Calma
Calma…

A. Scartata!
B. E’ quella giusta. Punzono.
Sembra… quella giusta. Sembra.

Come mi piacerebbe se fosse una Z.
Mi sentirei soddisfatto.
Magari c’era un sistema migliore per capirlo…
Altro che “tirare una riga fino a quella casa là in fondo”…
Ah Ah Ah! Che spasso di metodo…
Lasciamo perdere…
B. Segnamo B.
Non è il caso di lasciare punti in giro fin dall'inizio.
Punzono.

Non sono convinto.

Cioè.
Sono convinto.
Sono “quasi” convinto.
Sono “abbastanza” convinto.
Sono sicuro.
Nel senso che sono sicuro...
... che se mi giocassi un milione direi B.
Perché “è” la B.
Al 95% è B.

Ma al 5% è Z.

Quella linea tirata con gli occhi…

Ho due scelte.
Punzono B e vado via tranquillo?
Non mi piace.
Non mi frega niente se è quasi sicuramente B.
Potrei fare il punto e non ne sarei soddisfatto.
B non mi dice niente. B non mi da emozione.

B …
Sembra quasi che mi voglia uniformare alla tranquillità.
Al rischio calcolato.
Al massimo risultato col minimo sforzo.
Al “meglio un uovo oggi che una gallina domani”:

B

La scelta tranquilla.
Misurata.
Come quando eviti di tentare una strada nuova.
Come quando scrivi il solito pezzo
“chi cosa dove come quando” senza slancio.
Come quando rinunci a chiudere gli occhi
e lasciare andare le dita sulla tastiera.

In fondo è una scelta.

Sei un orientista.
Fatti una semplice domanda.
Sei un B o una Zeta?

Adesso ho la risposta.
Adesso è tutto chiaro.
Adesso le lanterne sono a due passi da me,
con delle belle linee in direzione dei punti cardinali.

La domanda non è rivolta a quella lanterna.
La domanda è rivolta a me.

Io sono una Z.
E ho punzonato Zeta. Avanti col prossimo punto.