Se dovessi cominciare dalla fine, l’immagine sarebbe questa...
... ma risulterebbe decisamente fuorviante: non sono andato agli European Master Games 2011 per tornare a casa con una medaglia, ma solo per quanto andrò a descrivere nei paragrafi che seguono.
Parto da Bellamonte (Campionati Italiani) direttamente per Lignano, e dopo un viaggio abbastanza allucinante sbarco al Game Center degli EMG in totale ritardo rispetto alla tabella di marcia. Qui mi rendo conto che muoversi in questa specie di babele olimpica non è così semplice: è tardi per ottenere un accredito, ma senza accredito non posso accedere alla mia stanza al Villaggio Ge.Tur. ... e il bello è che senza accredito sembra difficile anche accedere al desk accrediti! (non so bene se è “Comma 22” o Asterix nella casa che rende pazzi). Per fortuna la fratellanza orientistica si materializza nella persona di Alessia Ciriani, i cui occhi luminosi nascondono una grinta senza pari: con un tono di voce tagliente che al confronto Clint Eastwood in “Gunny” è una mammoletta, fa riaprire il desk e tutto il Game Center, e mi addobba di divisa, pettorale, accredito organizzazione e riferimenti per l’alloggio. Al Villaggio Ge.Tur la signora della casa Santa Maria mi da un posto letto e rifiuta categoricamente di farmi saltare la cena: fa riaprire la cucina e riesco così ad andare a letto stravolto ma rifocillato. La giornata è ancora nel segno dei Campionati Italiani, ma le cose stanno decisamente per sterzare!
E fu sera e fu mattino. Primo giorno.
Lunedì 12 sarebbe il giorno del model event a Monrupino. Anzi, dei due model event, perchè nella zona di Repen si può provare sia il percorso modello della sprint che quello della long. I segnali mandati dalle mie gambe e soprattutto dai piedi sono molto negativi, tirarsi giù dal letto è una mezza impresa. La testa opta per una via di mezzo, e decido di tornare al Game Center per vedere se c’è bisogno di una mano; “purtroppo” tutto fila abbastanza liscio come l’olio, la bellissima carta di Palmanova esposta al desk richiama parecchie persone incuriosite, e a questo punto non ci sono più scuse per non infilare le Inov-8 semidistrutte ed andare a Repen ad incontrare due dei motori, probabilmente i principali insieme a tanti altri ingranaggi, di questi EMG 2011 di orienteering: Paolo Di Bert e Mauro Nardi, che mi avevano invitato come speaker già da parecchi mesi.
A Repen mi accorgo subito del fatto che gli orientisti iscritti alle gare sono veramente un numero risicato: per lo più arrivano dalla Russia, dall’Ucraina e da altri paesi dell’ex-URSS. E che sarà molto difficile avere a che fare con parecchi di loro: quando cerco di instaurare un minimo di rapporto in inglese o in tedesco per capire se qualcuno di loro ha un passato nei WOC o comunque di alto livello, mi accorgo che quasi nessuno parla una parola al di fuori del russo... ogni tentativo di dialogo comincia con un conciliabolo fitto fitto tra loro, e poi con qualche frase smozzicata da cui capisco che la tale ha vinto i WMOC, che la talaltra è presidente della federazione ucraina, che il talaltro una volta era il numero due nel ranking sovietico... e che c’è un tale Sergei Makeichik che ha già vinto medaglie master europee e mondiali. A vederlo fa paura: magro come un cavallo da corsa, faccia inespressiva alla Ivan Drago e decisione di stampo militare; quando cerco di rompere il ghiaccio facendogli vedere la griglia di partenza e facendogli capire che sono uno dei suoi avversari... beh! La faccia inespressiva diventa addirittura di vetro! (mi ricorda molto la faccia di Mr. Vinogradov quando gli chiesi se potevo tesserarmi per l’Halden SK...).
In definitiva il model event, anzi I model event perchè li faccio tutti e due, si traduce in un buon impatto soprattutto con la zona boschiva: il terreno del Carso si rivela infido come mi aspettavo; se procedo controllando dove metto i piedi finisco per cozzare duramente contro rami che sembrano tubi Innocenti in ghisa, ma se alzo lo sguardo per non mettere a repentaglio la faccia... in questo caso che il Signore abbia pietà delle mie caviglie!
E fu sera e fu mattino. Secondo giorno.
Martedì 13 è il giorno della finale sprint a Palmanova, città incredibile se ce n’è una. L’avevo visitata per la prima volta in occasione della OOCup: non è tanto la pianta interna regolare con 9 angoli a colpire orientisticamente, quando la zona delle mura e le aree immediatamete esterne, nelle quali si potrebbe tracciare un labirinto da far venire il mal di testa. Anzi... dico che il centro, pur bellissimo, è quasi più facile che correre su una pianta regolarissima come potrebbe essere Torino, perchè il quasi impercettibile variare continuo degli angoli di corsa su strada rende immediatamente chiaro in quale punto ci si trovi senza stare nemmeno a pensare al “prima a destra seconda a sinistra”.
Il piano prevederebbe un mio arrivo alla chetichella a Palmanova, il giro-speaker prima del minuto zero e poi un po’ di berciamento nella piazza centrale... la realtà è più complessa: prima devo recuperare i pasti per il personale dell’ambulanza, pasti che arrivano da Lignano, e poi accompagno i russi e gli ucraini con pullman fino alla gara, cercando di capire quanti sono interessati a pranzare al tendone degli alpini di Palmanova. I miei nuovi tentativi di dialogare si risolvono nei soliti confabulamenti e mugugni sul pullman... comincio a capire che sarà veramente difficile, o comunque improbo, farsi capire da chi ha una età che non favorisce l’aver appreso al di là della cortina di ferro una lingua come l’inglese (speravo meglio con il tedesco, e non mi sogno nemmeno di svelare che qualche parola di russo in fondo la mastico ancora anche se sono passati 24 anni dall’esame che feci a Fisica). Quando il pullman esce dall’autostrada e, dopo due svolte, compare la Porta Aquileia, il pullman improvvisamente si desta e tutti quanti attaccano il naso ai vetri o il dito alla macchina fotografica... e tutti capiscono che ci saranno punti anche nelle zone aperte esterne alla città-fortezza e sulle mura.
La mia gara non parte all’ora prevista: uno dei posatori si è portato dietro anche clear e check e devo aspettarlo. Nel frattempo ci scappa anche un po’ di “maretta” tra alcuni concorrenti, che vorrebbero comportarsi un po’ come pare a loro, e l’organizzazione della gara; purtroppo il fatto di non avere una lingua comune con cui confrontarci non aiuta a stemperare qualche incomprensione. Devo dire però che resto perplesso quando, dopo la mia partenza, vedo parecchi concorrenti in zona gara che mi vedono prendere la strada delle gallerie napoleoniche che portano fuori dal primo livello di mura; al mio rientro la scena è la stessa e non sono pochi coloro che mi vedono punzonare le lanterne, ed altri ne trovo lungo le prime svolte in Palmanova nonostante sia stato annunciato a tutti che i concorrenti devono stare nell'area della quarantena (ah già, c'è la barriera linguistica...)
La giornata è caldissima, non calda, e Palmanova è un autentico forno. La gara, seppur su una mappa incredibile, è veramente sprint e abbastanza lineare, quindi si tira il fiato solo quando questo manca veramente (e a me manca spesso); a parte le soste per respirare, sbaglio una ventina di secondi solo nel finale quando entro nel passo carraio sbagliato (area privata, tra l’altro) anziché in quello posizionato 5 metri prima e che mi porta verso la 100; concludo la gara in 23 minuti netti e mi viene da pensare che il comunicato gara dava per il vincitore della M40 un tempo di 28 minuti... che io possa fare 5 minuti meglio è impossibile, ed il fatto che i tempi siano più da “sprint corto” che da corta distanza è confermato da Makeichik che chiude in poco più di 16 minuti, staccando di poco il bielorusso Bendik. La mia posizione finale è la quinta, ma solo perchè in M40 siamo in 6 (seconda categoria per numero di presenze, peraltro!) ed il sesto è veramente un panzone...
Dopo le premiazioni sotto il solleone di mezzogiorno (32 gradi all’ombra), ci si sposta verso il tendone degli alpini che sta ai margini di Palmanova in una zona che deve essere stata, a giudicare dalle lapidi, una specie di “Villa Triste” (se non sapete cosa è, provate con wikipedia... ma occhio che è un pugno nello stomaco). Solo una volta giunti lì ci accorgiamo che alcuni dei russi si sono dileguati: con molta difficoltà scopro che erano “spaventati” dalle persone che erano lì e dal posto in cui li stavamo portando e che quindi avevano preferito tornare subito a casa... ma come si fa a spiegare ad un russo che non parla inglese cosa sono gli Alpini?
E fu sera e fu mattina. Terzo giorno.
Mercoledì 14. Un giorno lungo e impegnativo. Che dovrebbe iniziare alle 6.20 e invece inizia prima delle 6.00 quando il complesso dei Ni-Mi-Ni (Nicholas Sbrizzi, Michael Sbrizzi, Nicolò Liva) nell’uscire da Santa Maria per andare a posare fa su un casino che la metà basta... Posare dove? A Sgonico. Dove non ho mai corso. Visto che son sveglio, anticipo colazione e partenza e mi presento sul Carso di buon ora per la gara tracciata da Marco Seppi. La giornata è calda ancora in modo esagerato, il bosco è rovente (ci saranno poi incendi a Monfalcone) ed è veramente improbo cimentarsi sulla lunga distanza. Accade però una cosa abbastanza sorprendente: poiché il terreno è infido ed il verde poco penetrabile, la velocità di percorrenza resta molto bassa ma per questo si riesce a navigare quasi sotto la linea magenta. Esco davvero bene da una zona dettagliatissima che sarà poi nota come “il triangolo delle Bermude” ed alla fine senza infamia e senza lode, metto assieme una gran bella gara (per me) chiudendo gli 8 kmsf in 1 ora e 28 minuti.
La stima del tempo del vincitore, che non potrà essere che il solito Makeichik, si aggira attorno ai 55-56 minuti, cosa che il russo farà in pieno grazie ad un errore proprio sul penultimo punto in vista (e soprattutto in perfetta visione da parte dei presenti) del traguardo... un punto che sbaglierà anche Roland Pin! (ah! questi atleti che vanno veloci e si perdono i sassi giusti...). La mia posizione in classifica alla fine è quarta, perchè il bielorusso Bendik di cui sopra o arriva dalle piste di atletica o non digerisce il terreno del Carso: riesco a rifilargli quasi 40 minuti!
In ogni caso i tentativi di scambiare due parole con chiunque al traguardo naufragano miseramente, e sicuramente l’episodio del giorno prima (quello con il tendone alpino) non mi ispira a cercare di organizzare altri spostamenti degli atleti... anche perchè le mie caviglie e le mie gambe (ed anche la testa) chiedono solo una cosa: andare a riposare.
E fu sera e fu mattina. Quarto giorno.
Giovedì 15. Sole. Mare. Spiaggia. Ombrellone. Lettino. Dormire. Dormire. Dormire. Dormire... Me lo sono meritato o no?
E fu sera e fu mattina. Quinto giorno.
Si parte anche con le gare di Trail-O. E la prima è proprio all’interno del Villaggio Ge.Tur (60 ettari di pineta!!!) che mi ospita. Sono uno dei primi (se non il primo) ad entrare in gara sulla carta di Remo Madella e mi accorgo subito che il tipo di rilievo ed il tipo di terreno e di tracciatura mi aiutano a rimanere sereno e concentrato: la pineta marittima ha un sottobosco molto pulito sul quale è facile tenere il punto della mappatura di Remo (molto precisa, secondo me), oppure è un verdone inestricabile che non lascia spazio per l’ampia visibilità. I primi punti sono introduttivi, poi seguno alcuni punti più complessi ed un finale decisamente impegnativo ma che, incredibilmente, mi scoprirò in gradi di domare senza troppe difficoltà... o almeno, in questa occasione riesco a rimanere abbastanza concentrato e sveglio ed attento da accorgermi sempre di quale sia il bandolo della matassa dei quesiti. Finisco la gara con un solo errore, un punto sul quale in effetti ero rimasto senza troppe idee, in quinta posizione, preceduto solo dai due cechi Forst e Forstova che avevo dato per favoriti, Giuliano Michelotti e tale Mykola Opanasenko che qualcuno mi dirà essere stato campione del mondo di Trail-O ma forse è stato solo una volta ali mondiali per l’Ucraina... (potere dell’incomprensione della lingua).
Il contorno della gara è purtroppo un po’ caotico: penso che al momento dell’iscrizione (tot euro sia che tu faccia una gara sia che tu le faccia tutte) molti hanno omesso di barrare anche le gare di trail-O, poi... visto che si è lì... insomma il banchetto dell’organizzazione si vede arrivare d’un botto il gruppo di russi che prendono pettorali e cartellini e vanno in partenza e tutti insieme in grande compagnia fanno la gara come un sol uomo. Quello che se la cava meglio è il solito Makeichik, che finisce settimo (quindi dietro di me)... il che mi consentirà di giocarmi l’aneddoto nel pomeriggio durante la “diretta” per Rai Sport.
Già, perchè venerdì pomeriggio sono io ad andare su Rai Sport! L’organizzatrice della diretta, spulciando su internet, trova notizie del mio bronzo agli italiani 2011 e del fatto che sono tesserato sia per l’Unione Lombarda Milano che per l’Aget Lugano. E fu così che nel “profilo” consegnato al conduttore io divento “atleta di doppio passaporto”(come Roby Tettamanti)! Riesco a correggere il profilo prima che qualcuno, sentendo, si faccia venire uno stranguglione. Il conduttore legge che sono anche speaker e quindi mi lascia la parola un po più diffusamente di quanto ha fatto con gli altri ospiti, ed io cerco di venire incontro alle immagini che scorrono e che mi sembrano un po’ fuorvianti per chi guarda la trasmissione: le riprese inquadrano alcune persone con lo sguardo perso nel vuoto, che si muovono scompostamente, con passi forzati o quasi da marionetta ... sembriamo degli ubriachi o dei matti appena usciti dal manicomio, o tutte e due le cose insieme. E forse è proprio così che siamo :-) Di quella diretta non credo resti niente: per fortuna infatti il sito Fiso non ne da notizia e finora nessuno mi ha detto di aver visto qualcosa. Forse è meglio così.
E fu sera e fu mattina. Sesto giorno.
Si arriva a sabato, ed il menu parte con la finale della gara long a Sgonico, un altro tracciato di Marco Seppi che è veramente un bellissimo pezzo di bravura. Il bosco coperto dal percorso è quello più scorrevole, la visibilità a tratti è più ampia... parto come sempre con buon anticipo ed alla terza lanterna, quando penso di essere appena alto rispetto al punto, alzo gli occhi per guardare avanti mentre continuo a correre. Ed il terreno di Sgonico reclama la sua vendetta. Crac! La caviglia... ma non verso l’esterno: verso l’interno. Il piede non si gonfia ma fa un male boia. Casco per terra e per un paio di minuti mi tengo il piede cercando di capire se proseguire o no e infine decido per la scelta meno dolorosa... ovvero proseguire claudicante per tutte le lanterne fino al traguardo. Dove giungo senza sbagliare quasi nulla ma molto lentamente e quasi in lacrime in 1 ora e 38 minuti (potevo fare 15 minuti in meno...).
Paradossalmente, la maggior percorribilità del bosco aiuta gli atleti a sbagliare di più! Makeichik resta sotto l’ora ma di pochissimo, ed anche Bendik scende a 1 ora e 25 minuti; resto però quarto nella generale grazie al vantaggio accumulato su di lui nella prima tappa. Il sito Fiso poi parlerà della mia classifica in termini che mi stanno facendo prendere in giro da un po’ di persone... ma quanto a questo voglio solo dire che io non mi sono mai citato nemmeno quando ho vinto con Rusky il titolo regionale alla Pellerina (si può andare a vedere sulle notizie passate come avevo aggirato l’ostacolo...).
Da Sgonico si rientra a Lignano per la seconda tappa del trail-O, ovvero la gara di Temp-O al parco Hemingway. Che purtroppo per me riserva la cattiva sorpresa sotto forma di un comportamento a dir poco aggressivo e poco educato dei nostri ospiti dell’est i quali, oltre a prendere d’assalto il banchetto delle iscrizioni e fare un po’ come pare a loro, pretendono di inserirsi in massa nella lista di partenza al solo grido di “partire presto!”. Ma nel Temp-O la griglia di partenza è una cosa più seria, e quindi si arriva quasi allo scontro: da una parte io e Bibi ed i giudici di partenza, dall’altra gli ex sovietici che si mettono a inveire in tutte le lingue... come sarebbe in tutte le lingue??? Si. Perchè adesso che sono loro a trovarsi in difficoltà di fronte al rifiuto da parte di tutti gli altri di fargli infrangere nuovamente il regolamento, ecco che improvvisamente arrivano quelli che parlano un tedesco perfetto che sembra quello della Deutsche Grammar, ecco quelli che si lamentano in un inglese comprensibilissimo... arriva anche a dar man forte quella che parla italiano!
Ah si? Adesso che avete bisogno voi, vi fate capire in tutte le lingue del mondo? Non sono quindi molto sereno quando mi avvio verso la prima piazzola del Temp-O; ma se in qualche modo questo stato d’animo può influire sul risultato, ecco che influisce benissimo: finisco la gara con due soli errori nell’ultima piazzola ed il quarto posto, secondo per gli EMG, e risalgo in classifica. In ogni caso, giusto per dare ancora una idea di alcuni personaggi, ecco che alle sette meno dieci compare sulla scena il solito Makeichik, il quale fa riaprire il percorso (i giudici ormai erano quasi tutti in zona ritrovo) e si avvia alla partenza con due tizi che sventolano entrambi in mano il foglio delle soluzioni (lui sarà sesto in classifica, segno che si comporta in modo sportivo... ma se solo lo fosse stato meno avrebbe potuto finire con tutte le risposte esatte in un tempo ridicolo).
E fu sera e fu mattina. Ultimo giorno.
Domenica 18. Ultimo giorno di gare. Ultima gara di trail-O. Sono terzo nella classifica generale, Roland Pin fa “il Maminski della situazione” pronosticandomi al bronzo negli EMG (e chi riconosce la citazione è un mago!). Parto molto avanti nella griglia ed assisto, poiché do una mano con l’inglese, alla solita calata in massa dei non iscritti al gazebo dell’organizzazione. Ma dopo la gara di sabato non ci faccio più caso... per guadagnarmi quel bronzo che vorrei veramente a coronamento della settimana devo tenere a bada Michelotti e Opanasenko... e Makeichik! Parto attorno alle 11.30 con la mia caviglia dolorante ed ancora una volta, come venerdì e sabato, il tracciato, il tipo di terreno ed il disegno di Remo Madella mi sono amici. Su alcune lanterne riesco tranquillamente a puntare il dito sul terreno e contemporaneamente a tenere d’occhio lo spostamento dei pixel marroni sul disegno. Mi scopro capace di pensate persino brillanti, come alla ottava lanterna (che verrà sbagliata persino da Forst) con un cambio di strategia proprio mentre stavo per abbandonare la zona. O nell’area della passerella sopra il Parco Unicef dove si affollano tanti concorrenti (qui mi trovo a mio agio con le lanterne posizionate all’interno del campo pratica di minigolf) sia nel finale dove si alternano punti a lunghissima gittata ed altri che stanno a pochi metri dal punto di osservazione.
Sono stanco, ma gli ultimi due punti a tempo mi vedono ancora in grado di qualche pensata brillante seppur lenta: alla fine il responso me lo da Giovannini quando escono le classifiche. Sono quarto nella gara, dietro Tisljar (due volte bronzo ai mondiali), Danieli che è imbattibile e Guido Michelotti che è il mio amico campione italiano. E quindi sono primo nella tappa degli EMG e sono... bronzo? No, addirittura argento negli European Master Games. In una gara che aveva un po’ più dei 5 iscritti della M40 della lunga distanza.
Il che non cambia affatto il mio approccio verso la pratica del trail-O, che vorrei restasse sempre disincantata e tranquilla come il gioco che ho fatto per tre giorni a Lignano. Non cambierei il mio status da orientista a trail-orientista, anche se nel trail-o non ci si devasta una caviglia come a Sgonico. Ma poiché andar per boschi con una lanterna e una bussola è il mio piacere, e visto che in fondo resto no scacchista convinto, il trail-o è senz’altro uno dei miei passatempi. E stavolta mi sono portato a casa anche il “Coki” (il pupazzo di peluche della mascotte dei mondiali) e la medaglia!
E fu sera e fu mattino. E fu il momento di tornare in ufficio... quanto mi mancano già le pietre di Sgonico. E Paolo. E Mauro. E i Ni-Mi-Ni. E Giovanna. Ed il mio Dj preferito. E Federica, Donatella, Nicola, Mario, Fiorella, Marirosa, Andrea, Anka, Simonetta, Luciano, Alessia e Nico e tutti quanti gli altri del Comitato FVG, un gruppo di pazzi scatenati che ha creduto che si potesse portare a casa una 6 giorni di orienteering dentro una cosa grande e mastodontica e dispersiva come gli European Master Games. E ci sono riusciti!