Stegal67 Blog

Monday, October 24, 2016

La leggenda del Banditore



C’erano una volta due prodi cavalieri medievali che di nome facevano Don Pedrotte e Sir Ruggiério. Erano tra i più forti, leali e valorosi cavalieri di tutto il reame di Orientonia, e le loro gesta facevano scrivere agli aédi pagine e pagine di racconti epici e sensazionali dai quali emergeva tutto il loro valore.
Va detto, per aiutare il lettore impreparato, che in tutto il reame di Orientonia gli abitanti si dedicavano tutto il santo giorno ad una sola attività: la caccia ai draghi. Orientonia era disseminata di draghi per ogni dove ed i suoi abitanti, al fine di stabilire gerarchie, meriti e onori, non facevano altro che dare la caccia ai draghi. Tale caccia, ai sensi del Reale Tomo Fondamentale (da sempre noto come RTF), si svolgeva in modo del tutto incruento: in tutto il reame di Orientonia, a turno uno dei baroni o dei marchesi o dei duchi, che là abitavano, organizzava una tenzone alla quale erano invitati tutti i cavalieri. Ad essi veniva consegnata una mappa con l’indicazione della posizione delle tane di tutti i draghi che riposavano nelle vicinanze (perché i draghi, in tutte le storie, all’inizio dormono sempre!); i cavalieri, a turno, dovevano salire in groppa al proprio destriero e, nel più breve tempo possibile, fare il giro di tutte le tane dei draghi, lasciando un segno sulla zampa di ciascun drago detta “punzonatura”. Quando il drago, risvegliatosi, volava alto nel cielo, era possibile verificare quali cavalieri avevano eseguito tutte le punzonature, e celebrare tutti insieme chi si fosse dimostrato più bravo.
Don Pedrotte e Sir Ruggiério erano davvero tra i più bravi, nonostante la loro età avanzasse di gran carriera e il colore dei loro capelli tendesse ad incanutirsi. Tanti cavalieri più giovani potevano vantare, in ogni tenzone, un valore paragonabile a quello di Don Pedrotte e Sir Ruggiério: tra tutti il conte Alessio della Tenania o la principessa Cristina Kirchelecchenaria. Tutti costoro erano entrati ormai nel mito del popolo di Orientonia che ogni settimana attendeva l’emanazione del resoconto ufficiale del torneo da parte del Parlatore Imperiale (meglio noto come P.I.) per verificare se la bilancia del fato e della gloria pendeva più sul lato dell’uno o dell’altro.
Tutti gli abitanti di Orientonia, nessuno escluso, erano coinvolti in questi tornei. Non tutti erano abili come Don Pedrotte e Sir Ruggiério, ma tutti quanti si dedicavano con passione alle tenzoni, attendevano nelle arene di gara i loro beniamini, esplodevano in applausi scroscianti al loro passaggio, e poi andavano ad apprendere i segreti dei due Master Knight quando Don Pedrotte appendeva nelle bacheche araldiche il resoconto delle sue gesta; Sir Ruggiério era un cavaliere assai poco propenso a raccontare le sue gesta, preferendo talvolta un semplice e lapidario commento sulla bacheca del FacciasLibrus. Tuttavia, ogni qualvolta Don Pedrotte scriveva con una prosa fluente e coinvolgente, Sir Ruggiério non poteva trattenersi dal dire la sua per ribadire (se ce ne fosse stato bisogno) che la dea Nike non aveva ancora deciso chi dei due era destinato a prevalere nella leggenda.
Capitava anche che, in occasione del Tornei più importanti, i duchi o marchesi o baroni che organizzavano la tenzone chiamassero una figura molto meno nota di Don Pedrotte e Sir Ruggiério, per allietare gli astanti e distrarli momentaneamente dalle abbondanti libagioni e bevute che venivano predisposte.
Egli era conosciuto molto semplicemente come “il Banditore”.
La sua missione risaliva la notte dei tempi. Dovete sapere infatti che i draghi creano la loro tana lontano dalla piazza principale del borgo dove veniva organizzata la tenzone. E tutti coloro che vi prendevano parte o vi assistevano soltanto si sarebbero annoiati alquanto se avessero dovuto limitarsi ad attendere il ritorno dei cavalieri ed il palesarsi dei draghi per sapere chi si fosse aggiudicato la contesa. Il Banditore aveva quindi il compito di riempire i tempi morti della tenzone, aggiornando gli abitanti di Orientonia con informazioni che attingeva da una sfera di cristallo con una faccia invero molto piatta e di forma rettangolare, o che sembravano raggiungerlo per magia, o interpretando una strana turbolenza udibile in lontananza come una sicura evidenza della avvenuta prodezza o della caduta di un cavaliere.
Il Banditore, va detto, era un autentico ciarlatano. Quelle strane turbolenze o segnali provenienti dalle foreste circostanti i boschi di Orientonia, per lo più se le inventava di sana pianta, sicuro del fatto che il pubblico si sarebbe dimenticato delle sue osservazioni non appena avesse potuto ammirare con i propri occhi il ritorno dei cavalieri ed il risultato delle loro imprese. Però tanti accettavano di buon grado l’accompagnamento vocale della tenzone, sperando di essere citati dal Banditore per qualche loro personale prodezza (anche se non potevano rivaleggiare con Don Pedrotte e Sir Ruggiério), o augurandosi di essere lasciati nel dimenticatoio quando la tenzone li aveva visti sconfitti in malo modo.
Il Banditore era anche una figura strana. Aveva preso il posto del banditore precedente in circostanze che definire misteriose è poco. C’era chi parlava di un matrimonio che aveva costretto il banditore precedente ad eclissarsi (ed al suo ritorno non aveva più trovato il suo posto), o di qualche altra strana magia. Ma nel reame di Orientonia c’erano alcuni giovani virgulti che ambivano al posto di Banditore. Va detto che i giovani avevano una idea un po’ balénga del Banditore. In molti lo immaginavano ricoperto di onori e di denari, rifocillato ad ogni tenzone con delizie di ogni genere, ospitato tra mille lussi nelle migliori stanze dei palazzi reali, accompagnato ogni notte da ninfe ed odalische che non vedevano l’ora di gettarsi tra le sue braccia. Il Banditore sapeva che la realtà era tutta un’altra cosa… Tuttavia, sempre più spesso, il duca o il barone o il marchese che organizzava il torneo segnalava al Banditore, en passant, che nella sua landa stava crescendo qualche giovane leva in grado, chissa?, prima o poi di spodestarlo dalla sua posizione. Quando il Banditore cominciò a sentire questo ritornello sempre più spesso, capì che i suoi giorni cominciavano ad essere contati: l’età ed il vigore non erano più quelli di un tempo, presto sarebbe venuto anche per lui il tempo di cedere lo scettro della Banditura e ritornare nell’oblio.
Tuttavia il Banditore aveva un’arma segreta. Segreta… era talmente sotto gli occhi di tutti al punto da essere diventata quasi invisibile (perché il banditore aveva letto “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe). Dovete sapere infatti che il Banditore in passato era stato anche lui un cavaliere; non era certo abile come Don Pedrotte o Sir Ruggiério, ma aveva sempre partecipato con passione a tutte le tenzoni alle quali era stato invitato. Non aveva mai raccolto onori paragonabili a quelli dei migliori cavalieri, ma una volta diventato Banditore aveva giurato a sé stesso che finché fosse stato possibile non avrebbe rinnegato la sua anima di cavaliere. Così, ogni volta che il Banditore veniva chiamato ad accompagnare una tenzone, egli era sempre il primo a cercare di trovare le tane di tutti i draghi indicati sulla mappa. Con il buio o all’alba, muovendosi da solo attraverso le foreste, il banditore cercava di individuare tutti i draghi e di memorizzare le caratteristiche della tana, al fine di poter accompagnare il commento vocale con particolari che solo chi era stato nella foresta, e chi aveva davvero visto tutti i draghi, poteva conoscere.
Certo… il fatto di muoversi da solo e ad orari impossibili, senza riferimenti e spesso senza neppure avere avuto la possibilità di rifocillarsi, annacquava le possibilità ormai pari a zero che il Banditore, nelle vesti di cavaliere, potesse raggiungere risultati pari a quelli di Don Pedrotte o Sir Ruggiério. Ma tanto gli bastava: “meglio un giorno da leone che cento da Bjorn Persson!” diceva. Anche perché questa particolare caratteristica del Banditore era un unicum: neppure il Banditore noto come “Gogghius” della vicina OrientOsterreich, che pure vantava un passato di grande cavaliere, si azzardava a fare quello che il Banditore di Orientonia cercava di fare. E persino il grande e inarrivabile mago PerForsberghio, della lontana SvezOrientland, si limitava a bofonchiare “I’m not here for that” quando vedeva il Banditore di Orientonia prendere la strada della foresta alla solitaria ricerca di draghi.
I giovani aspiranti banditori scalpitavano sempre di più, finché giunsero alla decisione di liberarsi del Banditore nell’ultimo fine settimana di ottobre, con quella che i posteri avrebbero chiamato “la congiura degli aspiranti banditori”.
La tenzone, quella volta, aveva avuto luogo nella lontana terra di Ligurionia: una landa famosa per le sue curve e tornanti, nonché per l’ospitalità degli osti locali che alla richiesta di un po’ di grana da mettere sulla pasta rispondono immancabilmente “se sposti i primi pezzi e guardi bene sotto, vedi che un po’ ne abbiamo già messo”. Per la precisione, la tenzone avrebbe impegnato i cavalieri (e quindi anche il banditore) sulla mappa di “Dolore”, altrimenti noto come Monte Beigua, nota a tutti i cavalieri per la sua difficoltà e per i pericoli ivi nascosti. Lì i giovani virgulti avrebbero dimostrato a tutti gli abitanti di Orientonia che il Banditore ormai era troppo vecchio e stanco per continuare la sua missione.
Al Banditore venne chiesto come prima cosa di intrattenere la rapida tenzone che si sarebbe svolta nel borgo di Savona. I draghi lì non erano così pericolosi, e le tane erano tutte vicine tra loro. Il Banditore riuscì a disimpegnarsi in poco più di mezz’ora nel suo ruolo di cavaliere, ma dovette far fronte ad insidie inaspettate: un ponte levatoio che si apriva e si chiudeva più o meno quando cacchio pareva a lui, una compagnia di teatranti che stavano mettendo in scena uno spettacolo proprio sul ponte levatoio, un venditore di almanacchi che si mostrava in grado di aprire e chiudere un passaggio cruciale del percorso da una tana all’altra con la semplice apposizione di una lastra metallica…
Nonostante tutto, nonostante la limitata capacità del Banditor-cavaliere di domare le labirintiche fortezze medievali, nonostante gli avventori delle taverne e le comitive di pellegrini ed un diluvio torrenziale, la tenzone poté dirsi portata a termine con regolarità. Ma il Banditore se ne andò a dormire sulla cima del “Dolore” ad ora tardissima, assai poco predisposto ad affrontare la tenzone del giorno successivo.
Giorno successivo che arrivò a pochi battiti di ciglia dal momento in cui era finalmente riuscito ad addormentarsi. I giovani aspiranti banditori avevano passato la notte in un frenetico sabba delle streghe, evocando per la mattina quattro terribili calamità: il Freddo, la Pioggia, la Nebbia e la Paura. Quando il Banditore uscì da solo nel buio che precede l’alba per affrontare la terra del Dolore, fu il Freddo il primo spettro a farsi avanti per reclamare l’anima del temerario ex cavaliere: un freddo penetrante, intenso, sostenuto da un vento che dall’entroterra della Ligurionia era giunto fino a Dolore raccogliendo lungo la strada tutti gli spifferi delle finestre lasciate aperte e dei freezer chiusi male.
Il Banditore rimbalzò indietro davanti allo spettro del Freddo, ma ebbe la prontezza di spirito di cambiare subito la sua armatura: vestito inizialmente di un sottile strato di Trimtexius, corse a frugare nella sua bisaccia e si coprì con una pesante armatura di jeans; sapeva che quella pesante armatura si sarebbe presto inzuppata, costringendolo ad attraversare la mappa di Dolore con un sovraccarico di 10 chili almeno, ma quella soluzione avrebbe impedito che altri cavalieri trovassero il suo corpo congelato in qualche grotta.
Il secondo spettro a farsi avanti fu la Nebbia, che rendeva la foresta invisibile alla vista e nascondeva agli occhi del Banditore i baratri della prima parte del suo cammino. Tutto attorno a sé, il Banditore poteva solo vedere una zona ovattata profonda qualche metro! Sarebbe stato difficile trovare la prima tana del drago, ma il Banditore lanciò un incantesimo che gli era stato insegnato in Apriconia dal Duca Della Vedova, che recentemente era assurto a capo della confraternita dei Saggi di Lombardesia. Il Duca Della Vedova aveva raccontato che il Banditore sembrava avere un fiuto particolare per trovare le tane a forma di carbonaia: il Banditore si rallegrò nel vedere che i draghi avevano messo la loro tana proprio nelle carbonaie, e camminando di buon passo non ebbe particolari difficoltà a raggiungere le prime tane.
A questo punto, in un crescendo terribile, si fece avanti il terzo spettro: la Pioggia. Battente e copiosa, essa rendeva impossibile al Banditore l’utilizzo delle due lenti molate che portava davanti agli occhi, e gelida si insinuava nel collo dell’armatura fino a scendere lungo la schiena. Zuppo di acqua, il Banditore andò avanti per il suo cammino, trovando una dopo l’altra tutte le tane dei draghi che non si aspettavano di veder comparire un cavaliere ad un’ora così strana. Giunto a metà del suo cammino, il Banditore giunse vicino al luogo dove avrebbe dovuto alfin concludersi la sua ricerca; provò a lanciare uno sguardo intorno, e persino a urlare un “c’è qualcuno?”, cercando di superare con la sua voce il fragore della Pioggia incessante, ma nessuno rispondeva ai suoi richiami: Dolore sembrava una landa disabitata.
Il Banditore proseguì solitario la sua temeraria impresa, ma raggiunta la decima tana lo attendeva lo spettro più esigente: la Paura. Per riuscire a piegare la volontà del Banditore, essa portava con sé la Stanchezza ed il Dubbio. Si narra che ancora oggi il Banditore non sia del tutto sicuro se le cose che vide passare al suo fianco tra la decima e la tredicesima tana del drago fossero reali o frutto della sua immaginazione minata dallo spettro della Paura. Ma in qualche modo il Banditore riuscì a trascinarsi fino alla tredicesima tana del drago, che avrebbe mietuto poi vittime illustri tra le quali il Barone Dallaval Solandra. Ivi giunto, il Banditore capì che le sue fatiche stavano per completarsi: le altre tane del drago non erano poi irraggiungibili! Lanciò un urlo di gioia che spaventò alcuni cacciatori di frodo che erano acquattati nei paraggi (e che si arrabbiarono moltissimo), e poi si diresse stanco ma sicuro a completare il suo percorso.
Giunto infine al termine della sua poco nobile impresa, almeno a giudicare dal tempo che impiegò per completare il giro della mappa di Dolore, si fermò a contemplare il terreno che aveva lasciato alle sue spalle: Freddo, Nebbia, Pioggia e Paura che i giovani aspiranti banditori avevano evocato per lui non lo avevano sconfitto. Anzi, questi spettri sarebbero stati ancora sul terreno di Dolore ad accogliere tutti gli altri cavalieri che stavano per cimentarsi con la loro impresa.
Fu per questo motivo che si narra che queste furono le prime parole che il Banditore pronunciò una volta raggiunta la folla dei cavalieri in attesa:
Mo’ sono cavoli vostri!!!