Stegal67 Blog

Thursday, July 31, 2008

E si arriva così alla fine. Alla quinta tappa della OOCup.
Ogni ultima tappa parte con pensieri fissi per chi, come me, non si contende una posizione di prestigio se non quella comunicata al fisico dal proprio orgoglio. Con la quarta tappa ho preso qualche minuto di vantaggio su Henrik, ma sono abbastanza pessimista riguardo alla possibilità di mantenerla. Troppi pensieri si affastellano nella testa…

Innanzitutto nell’ultima tappa le partenze sono sempre all’orario sbagliato: se sono presto, non c’è abbastanza tempo per preparare l’auto per il ritorno, i bagagli, chiudere i conti con l’alloggiatore… i bagagli occupano già uno spazio straboccante sull’auto di Bibi e la necessità di tenere da parte gli indumenti per correre e quelli per il dopo corsa aumenta l’entropia ed il volume occupato (per fortuna Rusky ci farà da supporto). Se si parte tardi, la mente vola già al viaggio di ritorno, alle code lungo la litorale adriatico-veneta, al delirio della tangenziale di Mestre… Per me è ancora peggio: durante la trasferta mi è stato comunicato che lunedì si parte per il Lussemburgo: dove lo trovo il tempo per arrivare a casa, sistemare la valigia della Slovenia, preparare quella per la trasferta eccetera eccetera?

In questo scenario, la stanchezza la fa da padrona. Inoltre piove, mannaggia! Piove e non resta che pensare ad una gara bagnata, ancora più lunga quindi, con un viaggio di ritorno ancora più umido e disagevole. Non per niente l’ultima tappa è sempre quella del rimuginio “la prossima volta chiedo il lunedì di ferie”, “la prossima volta chiedo partenza alle ore tot”, “la prossima volta… la prossima volta…”. Il gruppo GOK parte tutto a mezzogiorno, io per primo poi Attilio a 4 minuti e Rusky a 6: non è difficile prevedere un rapido aggancio da Rusky, forse da entrambi.
L’ultimo colpo ce lo tira Cristina Graber, dettagliandoci un fondo del terreno che a fronte di visibilità ancora molto aperta diventa rispetto alla quarta tappa ruvido, sassoso, anzi molto sassoso! Sarà in effetti difficile in parecchie tratte mantenere l’equilibrio sui sassi viscidi, ed alcuni passaggi nel loop 8-13 ricordano certe zone di Mala Lazna…

Rusky prima del via emette la sentenza. Non siamo qui per fare una gara: siamo qui per fare una gita in un bel posto che però non conosciamo, e per questo i gentili ospiti ci forniscono una cartina con i punti più belli da visitare… come se fossimo in gita scolastica, no? Perché preoccuparsi, quindi? Una massima da scrivere nella pietra! (di Mala Lazna…).
Pronti via! Primo punto ben lontano ma quasi tutto passando da una traccia all’altra, a prendere confidenza con le forme del terreno ed i sassi. Al secondo punto raggiungo una tuta straniera partita davanti a me, che lascio indietro al terzo punto… non male, vero? Punto 4: il mezzo disastro! Anziché girare appena largo per stare sul sentiero ed attaccare il punto dal limite di vegetazione, taglio dentro un verde rognoso che mi attarda e mi fa perdere l’orientamento; dopo aver litigato con rami e rovi finisco si nuovo sul sentiero stesso, ma non so a che altezza… devo fare avanti e indietro per un paio di minuti prima di trovare il punto. 7 minuti per un punto da 3, e intanto arriva Rusky. Forse Attilio sarà già davanti? Arriva Rusky ed arriva anche la tuta straniera staccata due punti prima.
Perdo un po’ di morale ma Rusky è una guida sicura sul punto 5, sicura nel senso che per un po’ sta avanti lui e per un po’ io… facciamo praticamente insieme anche la 6 e la 7 ma sulla 8 la sua danza tra i milioni di pietre è più efficace del mio goffo incedere e prende vantaggio. Lo vedrò per l’ultima volta alla 9: lui a fondo voragine che punzona e io in cima alla voragine che studio se scendere in corda doppia o cosa!
La tuta straniera è sempre lì nei paraggi, e non da sola, infatti dal punto 11 c’è una seconda tuta nei paraggi… stessa lingua, stessa squadra. I due confabulano tra loro, fanno le loro scelte ma da quel punto in avanti ci sarà per tutta la carta un terzetto ben coeso in giro: un terzetto che ricorda la gag di Paolo Rossi con i due carabinieri
“Ci segua precedendoci!”
“Vi vengo dietro stando davanti?”
Già! La tattica dei due nordici per tutti i punti da lì all’arrivo (24) sarà la medesima: escono rapidi dal punto (corrono entrambi più di me) e rallentano a controllare intanto che direzione prendo e che cosa faccio io che arrivo col mio passo… lungo la tratta me li trovo a destra, a sinistra, attorno… finché in zona punto, misteriosamente, sono sempre avanti io qualche metro a trovare l’attacco al punto. Si punzona e si ricomincia, così fino all’approssimarsi dell’arrivo. Solo nella tratta lunga (alla 14) li lascio andare avanti sul sentiero che gira largo mentre io cerco di tagliare per il bosco, ma all’attacco del punto siamo ancora insieme perché il bosco non è così scorrevole come credevo.
A 3 punti dalla fine, in una buca, io entro per primo ma sulla breve discesa vengo sopravanzato da uno dei due che mi sfreccia accanto di gran carriera rischiando di mandarmi a gambe levate… “Bravo! Bel lavoro!” gli dico battendogli una mano sulla spalla… :-(

Si arriva così all’ultimo punto. A 50 metri dal finish (che è in mezzo al bosco ed è rappresentato solo dalle stazioni di finish appoggiate ad un limite di vegetazione, con sopra lo striscione) sto ancora correndo con dietro il mitico duo, ma anziché entrare nel corridoio fettucciato me la do a gambe in direzione quasi opposta, verso la strada! E cosa succede? Che me li trovo ancora dietro! Raggiungo la strada, sterzo di 90° e punto dritto verso il finish… e loro dietro! I pochi atleti arrivati ed in attesa dei compagni di avventura intanto si godono tutta la scena (tutta quanta a vista dell’arrivo) e si fanno grandi ghignate…

Alla fine, 1h24m per me. Qualcosa di più di quanto desiderassi (scenario roseo) e qualcosa di meno di quanto avrei potuto combinare (scenario funereo). Chi è andato forte è stato Henrik, che mi ha “palato” di 14 minuti ed ha riguadagnato la posizione in classifica. Ma a dispetto di tutte le avventure e le (poche) disavventure, la domanda che ho fatto in auto lungo la strada del ritorno sintetizza bene quello che penso di queste 5 giorni: “A quando la prossima volta?”. E non escluderei nemmeno che tra le varie “prossime volte” non ci possa essere ancora la Slovenia, non ci possa essere ancora Mala Lazna. Se non altro, non ne sarei colto impreparato…

Tuesday, July 29, 2008

Quarta tappa: dall’inferno al paradiso! Quando l’orienteering fa scopa con il bosco dei tuoi sogni…

Pensieri dal Lussemburgo, in una giornata che finora ha visto sole, pioggia, sole, pioggia, sole… e non ci si capisce più niente! (gli impiegati come me escono in maniche di camicia e sperano di non prendere l’acquazzone, le impiegate escono vestite di quasi nulla e per gli impiegati va sempre bene!).
Mala Lazna. Quanto eri lontana da Crni Laz? Eppure è sempre Slovenia. Eppure è sempre la stessa OOCup. Eppure sono sempre io: sempre io che alla fine della quarta tappa vado dal tizio che mi aveva detto “Welcome to Slovenia” e inizio con un bel “Ehi! Anche questa è Slovenia!”. Crni Laz. Posto nuovo per me e per tutti, credo. Il bosco delle fiabe! Bianco, bianco dappertutto. Avessi trovato un rovo o un sasso o una buca scoscesa… Un bosco impossibile o quasi da descrivere. Lo ricorderò sempre come un lieve e soffice panettone con i movimenti e le curve di livello appena accentuate e ben distribuite, un sottobosco che sembra moquette, una visibilità amplissima che sembra di stare a Bedolpian nella zona del campo da calcio o su certe carte dei Monti Matra ungheresi.
La quarta tappa è la tappa lunga, ed il gruppo GOK la affronta nelle primissime posizioni della griglia. Il tempo di arrivare in partenza e si capisce subito che “qualcosa è cambiato” (cit.): non si vede una buca o un sasso a perdita d’occhio, in compenso i primi concorrenti che partono si vedono, per un paio di minuti almeno, inerpicarsi sulla prima salita che porta al primo punto (lanterna svedese, chi era costei?).

Ecco. I primi concorrenti. Davanti a me parte Henrik, danese amico di Attilio e di Rusky. Silkeborg Orienteering Klubb. Già il fatto che sia danese implica che è più forte di me, poi è magro “’me n’ stecc’” e si capisce che è uno di quelli che muove le gambette senza problemi! Infatti mi dice che nella terza tappa, la sprint, ci ha messo 58 minuti ma è deluso. Io invece gli rispondo che ho impiegato un’ora esatta e sono molto contento… relatività spicciola! Parto e sono subito in un bel bosco bianco; 21 lanterne su 7,5 km (il dislivello non è noto, as usual) ma stavolta la descrizione non è “roccia roccia roccia” ma è “depressione depressione depressione” con qualche buca qua e là: metà del dislivello, in pratica, lo si fa per uscire dalle vaste depressioni, alcune simili ad ampie e dolci ciotole dal fondo morbido come se fossero state generate da un gigante che ha appoggiato le ginocchia sul terreno per riposarsi.
Primo punto. Azimut. Ed errore di direzione. Tanto che finisco storto di venti metri (ma su una lanterna cortissima) e mi fermo nella “zona cartine” della partenza rossa popolata di bambini e veciotti (e dagli M21short!). Bell’inizio… rapido cambio di direzione e finalmente trovo la lanterna. Il secondo punto è lungo ma corribile per sentieri e tracce: mi rimetto in bolla ed arrivo sulla lanterna tirandomi dietro un ceco (tuta azzurra Loko Trumlov); la lanterna sta in un’altra bella depressione, ed io pago la risalita facendomi staccare di qualche metro. Per poco però , perché “Loko” parte in direzione sbagliata e sono io che lo porto sulla 3, dove Loko arriva con un altro ceco (tuta gialla e blu). Si sta formando un bel gruppetto, vero? E non è finita. Punto 4. Loko e il Giallo-Blu partono veloci, si incasinano in zona punto e nella buca arrivo davanti io… davanti ma non da solo perché da nord (quasi da fuori carta) scende una sagoma nera. E’ quella di Henrik il danese. Da quel momento, per 4 lanterne, sarà un gioco a tira-e-molla. Quattro uomini in fuga: davanti Henrik che tira in salita e va via leggero e preciso sotto la linea color magenta. Poco dietro, schierati alle ali, Loko e Giallo-Blu che confabulano tra loro. Più dietro, con la lingua fuori e sbanfante come un asfittico, il sottoscritto che non vuole perdere il treno giusto.
Questo fino alla lanterna 8: l’uscita dal punto (la solita depressione) è in salita e per di più nell’unico pezzo di bosco nel quale si addensano rami tagliati di fresco. Henrik danza come una piuma e si allontana in salita. I due cechi faticano visibilmente ma non mollano. Io invece devo accontentarmi di vederli scavalcare una collina lontana e li perdo di vista. Sono di nuovo da solo.

Da solo ma non perduto. In fondo il bosco attorno a me è sempre il bosco dei miei sogni. Affronto con buona lena alcune lanterne abbastanza piatte e sugli unici 10 metri quadrati di verde duro (che peraltro nascondono una depressione con annessa mia lanterna) tiro dentro Anne Konring Olesen detta anche “grinta da pitbull”. Una nuova tratta medio-lunga tirata dritta al punto mi introduce ad un bosco se possibile ancora più piatto, ancora più pulito, ancora più scorrevole. Non oso guardare l’orologio, ma penso che se le lanterne sono 21 ed io sono alla fine dell’ultimo loop e sto viaggiando verso la 17 la mia corsa sta per finire. Tirata lunga, ripassando preciso dalla 13, ed ultima salitella ripida a fare da ostacolo per la parte finale. Le ultime lanterne sono quasi facili, perché ormai il bosco si legge che è una meraviglia anche se non è per nulla facile, e per arrivare alla 20 faccio anche una scelta alternativa: non attraverso il bosco ma mi butto sulla strada a bordo carta incrociando decine di orientisti che si stanno recando alla partenza: credo che la mia faccia soddisfatta abbia rassicurato più d’uno che quel bosco NON è quello di Mala Lazna… possibile che il tracciatore non si sia accorto della scelta sulla strada? Se è per questo non se ne accorge nemmeno il mio capitano Rusky, che mi da 10 minuti netti nella quarta tappa, ma dall’alto della mia 1h18m sono comunque soddisfattissimo e contento per una ottima tappa. Tanto da farmi fare il “numero” già citato con l’organizzatore sloveno.

Ah! Dimenticavo. 3 minuti dopo il mio arrivo, in attesa di Rusky, vedo una sagoma nera sbucare dalla 19 verso la zona del finish. E’ Henrik! Da solo… Ma allora… allora nel bosco sono riuscito ad effettuare mio malgrado il “controsorpasso”! Dove diavolo ci sono riuscito? E, soprattutto, COME diavolo ci sono riuscito? E, ancora, dove sono finiti Loko e GialloBlu? Dovrò aspettare ancora qualche minuto per la risposta all’ultima domanda: loro sono ancora più indietro, staccati di qualche minuto da Henrik e peraltro ancora insieme. E questo è il più bel finale che mi poteva capitare dopo una giornata passata in un bosco da favola. Proprio come passare dall’inferno al paradiso!

Friday, July 25, 2008

Orienteering on line Cup – OO Cup – 5 giorni di Slovenia.
Tanti modi per definire quella che, fino ad oggi (terza tappa) si è rivelata un autentica mazzata!
Ricordatevi questo nome: Mala Lazna. Io penso che lo ricorderò per sempre. Un po’ come “Lome”. Ecco: Lome. Altro posto in Slovenia. Se penso a come era l’orientista Stefano prima di diventare Stegal, ecco che Lome diventa il posto dove gli incubi si materializzano, dove le paure diventano reali e bisogna lottare per portare a casa il testimone, per arrivare al traguardo dopo fatiche inenarrabili, dopo rischi anche per l’incolumità personale… fino a qualche giorno fa, gli amici lo sanno, mi bastava pronunciarne il nome “Lome” per avere la pelle d’oca!
Oggi no. Oggi in gara ci va Stegal, e nell’”era Stegal” il posto di Lome è preso da Mala Lazna.

Già il posto è tutto un programma… Il gruppo GOK-the-originals staziona a Sezana, appena dopo il confine. Per arrivare a Mala Lazna dobbiamo fare un pezzo di autostrada, poi un pezzo di provinciale (perché non c’è lancora l’autostrada) che è come se nel tratturo tra Smarano e Credai facessero passare anche migliaia di camion. Poi attraversamento di Ajdovscina ed inerpica mento su per i monti, con i primi 10 km asfaltati e gli ultimi 7 sterrati.
Il posto è molto bello, invero. La carta? Beh! La carta è MOLTO esigente, da veri orientisti, come recitava il sito ufficiale. Non so se io sono un “vero orientista”, ma se non lo sono io non lo è almeno metà della classifica M40! Mai come in questi 3 giorni ho visto in giro facce perplesse, abbastanza sullo sgomento, oppure solo perse, persissime. Un continuo sentire orientisti che chiedono lumi sulla posizione (propria o della lanterna), che si uniscono in uno sforzo comune con altri atleti che parlano la stessa lingua o con altri naufraghi sventurati, uniti solo dal pensiero comune di portare a casa la pellaccia in un tempo appena appena decente o nemmeno quello.

1° tappa. Mala Lazna 1. Gara middle. 3700 metri, il dislivello non è noto. Il bosco è quello tipico sloveno: buche, buche, depressioni, doline… foibe! Inghiottitoi… rocce, rocce ovunque… Roba che i Laghi di Fusine sono una passeggiata nel parco!!!! Per fortuna che il tempo regge e non fa nemmeno tanto caldo, e che le prime due lanterne sono molto vicine allo start, per entrare in carta. La terza lanterna sta, nella mia mente, appena “al di là” di un paciugo di dettagli, di rocce, di curve di livello, di microbuche, di collinette e depressioni. Miro ad un pianetto isolato vicino alla lanterna, e son ofortunato a trovarlo sennò sarei ancora in giro a cercarla quella maledetta 3. Sul punto, una scena che si ripeterà molto spesso: un gruppetto di naufraghi in semplice attesa che passi qualcuno a punzonare per ottenere qualche informazioni sulla posizione raggiunta! Istintivamente penso ai tanti danesi che son qui a correre, agli amici dell’Hillerod che si allenano a Tisvilde… sono proprio i nordici a risentire di queste condizioni estreme del terreno: sloveni, svizzeri e cechi vanno come lippe! Stefano Maddalena va come una lippa! Mi passa sulle orecchie e senza sforzo tra la 3 e la 4… Sbaglio la 4 di pochi metri e finisco su un’altra lanterna, sto per punzonare e mi accorgo che il codice non è il mio, ma tanto basta per avere attorno altri 3 concorrenti che mi chiedono dove siamo (mostro che non ho punzonato… e insieme andiamo alla ricerca del quarto punto). Quinto punto: navigo tra le rocce ma quando arrivo in zona… dovrei trovare un sasso e ce ne sono milioni. Cosa fare? Dall’altra parte del sasso spunta il viso di un master ticinese: “Zai dove siamo?” “No, mi spiace… dovrei essere in zona punto ma non so cosa fare… cerco la 55” “55? E’ qui da questa parte dle sasso, dove sono io! Che botta di c…!!! Da lì in poi, anche se le difficoltà tecniche sono ancora spaventose, si arriva bene o male sui punti. Mi avvicino alla 9 e sento la voce di Rusky “Hai trovato la 8?”. La 8? “Vuoi dire la …” e dico il codice della 9. No, non quella, la… e mi dice il codice della 8! Rusky mi riprende alla 10, che io raggiungo passando prima per 12 e 11 a ritroso. Mi stacca sulla strada per la 13 e non lo rivedrò più fino al traguardo.
Nel finale si entra in un bosco appena meno dettagliato, appena più decente, e bene o male si arriva bene o male al traguardo… dove Rusky non c’è! Infatti un suo errore di parallelo per la 14 mi favorisce nel sorpasso (immeritato), tant’è vero che al traguardo avrò ancora 40 secondi di vantaggio sul mio più forte compagno di squadra. 1h10m per una middle a metà classifica: la sensazione però è che il peggio sia passato: domani gara long, non potrà essere tracciata così su questo terreno.

Questo pensano gli italiani ma non solo loro: e sbagliamo tutti quanti. Ci pensa Wolfgang Potsch , lo speaker, a darci la buona novella al mattino della seconda tappa: “Scordatevi la good runnability di ieri” (eeeehhhh quale good runnability???) “Scordatevi il terreno facile di ieri” (eeehhhhh???) “Oggi sarà molto peggio! Per gli Elite ci si aspetta 10 minuti al chilometro…”. Incredibile, ma è così. 7 km, e a sera calcolerò 156 curve di livello sotto la linea magenta! Equidistanza 5 metri, fate voi i conti che a me mettono paura… Attilio pensa di non aver fatto meno di 750 metri di dislivello, alla fine. Io che sono salito fino alla cima del monte che da il nome della cartina, forse qualcosa di più! 5 lanterne nella parte sud-ovest stile Fusine… poi trasferimento a cercare due roccette nel verde (il gruppone le cerca così: i cechi con i cechi, i danesi con i danesi, io con Federica Maggioni, e per fortuna la lanterna la trova lei e mi chiama: grazie Federica, ti adoro, sennò ero ancora là…). Poi altre 6 lanterne in un posto che al confronto quello della prima parte sembrava un biliardo! Giusto per dire: alla 4 ho già contato 42 curve di livello, e devo fare 22 lanterne. Per arrivare alla fatidica 11 qualche passaggio da puro sprezzo del pericolo, da mettere in dubbio l’incolumità fisica tra le buche e le rocce: se si perde l’equilibrio si è perduti!
Trasferimento lunghissimo per la 12 a scalare ancora le montagne e nella tratta verso la 13 raggiungo Attilio: la sua presenza mi da coraggio perché lui non è un corridore passivo, si unisce a me ma controlla la direzione. Io tiro fino in zona punto e lui si occupa del “lavoro fine” verso la lanterna; dopo il rifornimento in zona traguardo (definito anche “l’ultima occasione per scampare al delirio”) ci addentriamo con rinnovata fiducia nell’ultimo giro da 6 lanterne, sempre in zone iper dettagliate nelle quali ognuno di noi finisce per dare indicazioni in più lingue ai vari dispersi, che hanno facce clamorose e sconvolte. Io finisco in 2h09m: a metà classifica. I PM (ritirati) non si contano. Rusky fa una gara perfetta in 1h40m e ristabilisce le gerarchie. Stefano Maddalena fa 1h04m e ci mette dentro 5 minuti di errore… io non ho parole! Non so se è il mio eroe o se vorrei buttarlo in una profonda dolina!
Al traguardo, faccia stravolta, uno degli organizzatori mi chiede: tutto ok? Gli dico qualcosa sulla fatica, sulla carta, sulla pericolosità di certi passaggi “Welcome to Slovenia!” mi dice “We told you!” e sorride: ho deciso che ci butto lui nella buca sassosa!!!

Oggi terza tappa. Sprint. Tempo finale: 1h esatta. Ancora a metà classifica. Inutile che Stefano Maddalena (31 minuti di gara per lui oggi) dica che la gara è stata sulla zona “che abbiamo già tritato su e giù in questi giorni… ma almeno la carta 1: 5000 viene in aiuto. Eccome! Infatti alla fine prendo solo 3 minuti da Rusky, anche se lui ha sbagliato parecchio un punto (io 1m40sec e lui 8 minuti abbondanti) ed io nel finale mi appoggio ad una tuta amica del Cus Torino per trovare il terzultimo punto (ero in zona, ma nella buca sbagliata). Ma la buona notizia è che abbiamo finito di salire e scendere tutti i giorni a Mala Lazna! L’abbiamo lasciata alle spalle… Domani si gareggia nella zona di Senozece: e gli italiani dicono “non potrà essere peggio di Mala Lazna, nemmeno lontanamente vicina”. Ma gli italiani si sono già sbagliati una volta in questa OO Cup...

Monday, July 14, 2008

Il titolo dovrebbe essere “Primo settimana senza orienteering dopo tantissimo tempo”. Se non fosse che appena l’ho scritto, ho pensato “… senza orienteering…?”. Vediamo un po’.
Innanzitutto sabato ho finalmente provveduto a sistemare carte, souvenir, ricordini vari della trasferta portoghese. E già potrei dire che il fatto di aver praticamente rivisto tutta la settimana di gare fa si che non si sia trattato di un sabato ori-free. Domenica ancora meno ori-free, visto che le gare sprint per i WOC mi hanno visto aggrappato ad internet e Skype per tuta la giornata!

Ho anche scritto il pezzo per i mondiali master per il sito Fiso (un sabato quindi sempre meno ori-free) e nella “serata da cucador milanese”, incurante delle nuvole minacciose, anziché andare in una bella discoteca me ne sono andato a correre una bella “mezza” in brianza, in zona Parco delle Groane. Mezza = mezza maratona = 21 km. Ufficiosi, certo, come lo sono tutti i chilometraggi di queste garette, ma non saranno mica sbagliati di tanto!

Taca la banda ed i concorrenti partono. Stando nella pancia del gruppone sento che le gambe girano veramente bene, anche se la strada sembra rimanere indietro ad un ritmo troppo elevato per le mie possibilità: 21 km sono tanti ma, visto che le gambe girano, perché non approfittarne? Se andrò in crisi, mi rifugerò sul “taglio” dei 15 km. L’ipod mi trasmette qualche bella scarica di adrenalina, davanti qualcuno è partito molto forte per star dietro ad una biondina appariscente con il top molto attillato… ci vuole poco per andare a riprendere più di un temerario ed inquadrare io stesso la biondina nel mirino. Quarto km. “Di già?”. Il percorso è piatto che più piatto non si può, il fresco è quello giusto, le gambe sono ben allenate dai chilometri portoghesi: continuo a correre veloce senza troppe preoccupazioni, anche se non sono nemmeno vicino alla metà dei km che vorrei fare. 6° km. La biondina l’ho lasciata indietro qualche minuto fa… non era nemmeno un granché, faceva solo molta scena vista da dietro. Non sono mica venuto qua per stare al passo di una sfitinzia che mi rallenta! Vado a prendere pian piano qualche gruppetto partito avanti, li tiro a me pian piano come se stessi pescando trote, il ritmo non scende e le brevi ed impercettibili salitelle le supero accorciando il passo ed aumentando le frequenze. 10° km: da qualche minuto sto correndo con un paio di arzilli veterani. Di quelli che alla loro veneranda età sono alleatissimi e vanno via dritti come pacemaker. Vanno decisamente più veloce di quanto potrei andare io di solito ma… non questa volta: questa volta il loro ritmo è inferiore, di poco ma è inferiore, a quanto potrei fare. All’11 km ne ho abbastanza e in corrispondenza di un ristoro allungo il passo. Vado a prendere un altro gruppettino minuscolo, poi un altro ancora… di rado vengo sfilato da qualche buon corridore partito in ritardo, ma sono veramente pochi: il numero dei sorpassi che faccio straripa rispetto a quelli che sorpassano me. Ai 14 km sono ancora in compagnia di due concorrenti più o meno della mia età, finiamo i chilometri nelle campagne insieme tirandoci reciprocamente, ma loro hanno in mente di fermarsi ai 15 km. Io neanche per idea. Proseguo. Davanti a me un km secco tutto dritto su asfalto. Una palla micidiale. Non stasera: tuoni e lampi si fanno vicini, ma il passo non rallenta affatto. Mi si affianca uno dell’organizzazione in bicicletta, sta facendo il controller sul percorso lungo e mi chiede quanto tempo penso di metterci ancora… “Quanto manca?” chiedo. “Quando arrivi alla curva, 6 km”. Rapido calcolo. “36 minuti”. Mi guarda con una faccia perplessa: “Con questo passo? Nemmeno 30!” e torna indietro a controllare altri arrivi… ma a quanto sto andando??? Una curva ed un’altra tirata da 1 km circa. L’ipod mi tiene compagnia tra i Black Eyed Peace ed i Depeche Mode, io ingoio qualche altro compagno di avventura e intanto parte “Let the sunshine in” che mi carica ancora di più. E ne ho bisogno perché cominciano a sentirsi i primi goccioloni… e al 18 km i goccioloni fanno un baccano infernale! Grandina! Grandina di bestia! Devo allungare ancora il passo per non rimanere un solo secondo di troppo sotto l’uragano che si sta scatenando! Davanti a me un gruppetto di 3 ragazzi indecisi, li vado a prendere su uno strappetto e uno di loro mi urla “tira! Tira che ne veniamo fuori”. Ancora una canzone abbondante e davanti a me un cartello: “km 20 – ultimo chilometro”. Dai che è finita, e poiché ho ancora energie per spingere provo a fare l’ultimo km in progressione (il ragazzo che mi diceva di tirare vede che ho l’ipod e pensa che non lo senta… dice testuali parole “ma non può andare più forte, visto che sono alto come le sue gambe?” e così gli rispondo “si, ma peso 30 chili in più…!”). Ecco l’ultima curva, ecco lo striscione. I 3 arrivano più forte di me e mi precedono di qualche metro. Io fermo l’orologio e vado a rifugiarmi sotto il tendone. Guardo il tempo: 1 ora, 40 minuti, 55 secondi.

Primato personale. Strabattuto. Primatissimo. Altro che storie. Allora avevo ragione quando dicevo che in fondo in Portogallo mi sono anche allenato per “le prossime gare”, perché quelli come me si allenano sempre “per le prossime gare”!

In particolare mi piacerebbe fare bene ad “una” di queste prossime gare: anche se non sarà così piatta. Anche se ci sarà molta salita. Metto nel mirino le 5 ore di gara, stavolta una bella faticaccia non me la leva nessuno!

Tuesday, July 08, 2008


Avventure in Portogallo – seconda edizione: World Masters Orienteering Championship
(parte 2 di 2)


...


Mercoledì:
- piani ben riusciti

Primo giorno di qualificazione long. I dubbi sono legati alla lunghezza della gara (più del doppio della open), al dislivello, alla sabbia, alla lettura della carta… a tutto! Si viaggia sui 13 kmsf, il che mi fa pensare che in meno di due ore non ce la si fa. Per fortuna al centro gare ho trovato un nuovo paio di scarpe del mio numero, con le quali affronterò la tenzone (sempre in attesa di svelare il mistero delle mie Saucony molleggiate, sparite a Pedreanes…).
I primi a partire sono Rusky e Bibi, quest’ultima praticamente buttata un po’ recalcitrante nel box del meno 5 minuti. Dopo un’oretta abbondante mi aggiro per gli ultimi saluti pre-gara in zona finish quando vedo arrivare in rapida sequenza sia Bibi che Rusky! Ottima gara, penso io. Ottima gara, fanno segno loro. Non mi ricordo più se l’uno o l’altra esordiscono con il classico “oggi è proprio la carta per te, ti divertirai”… che mi sembra un po’ il commento che fanno quelli che sono appena usciti dal gabinetto del dentista a coloro che attendono in sala d’aspetto! E se poi mi perdo e faccio una gara schifosa e non mi diverto? Anche Lidia, di fronte alla mia previsione delle due ore (minimo) di gara mi dice di stare un po’ più su con il morale…
Saprò poi che Rusky prevedeva per me un tempo di 1h40m. Risultato finale 1h32m! E sono persino insoddisfatto.
Partenza nel sabbione e primo punto facile… sembra facile! Zona con sentieri e tracce e rade coppie di cocuzzoli in mezzo alle quali dovrebbe stare la mia lanterna; rade ma non uniche. Infatti io finisco subito storto sull’ALTRA coppia di cocuzzoli. Il tempo di pensare che dovrei tornare alla svedese e rifare il punto che ho un barlume di coscienza e mi accorgo dove sto sbagliando… mi sposto in zona punto ed ecco la mia lanterna! Da lì ne metterò insieme 18 (diciotto) senza alcuna sbavatura di rilievo. Il fatto è che sulla strada per la 2 mi viene in testa il concetto del “piano”: un piano, devo avere un piano in testa! Sabbione… traccia… giro attorno alla prima collina e passo sulla sella… sfilo la seconda collina… affronto la terza collina e dietro ci deve essere il mio avvallamento. E il bello è che c’è! Mi sembra quasi di vederlo in trasparenza attraverso le curve di livello: sto guardando il lato ovest di una collina ma è come se sapessi che sul lato est c’è il mio avvallamento, con un ditone luminoso che lo indica dall’alto! E avanti così per altre lanterne: recupero il finlandese partito due minuti prima di me (ma mi staccherà sulla corsa), conduco persino la tratta bi-chilometrica praticamente sotto la linea fino al punto… punto 7 sul quale porto un M40 “Tampere Pyrinto” in tuta rossa completamente perso! Infatti si attacca alle mie spalle sulla 8 e sulla 9 e sulla 10… per la 11 prende una strada diversa e lo saluto mentalmente pensando “vai! vai! che tanto non sai dove andare…!”. Mi riprenderà alla 13 in salita, attaccato alle piote di un altro concorrente.
Solo nel finale un paio di errori da 1 minuto o un minuto e mezzo sulle ultime due lanterne prima della 200. Gli ultimi due punti prima della 200, per deconcentrazione (sento la voce dello speaker… ma faccio anche io questo effetto???) e per consapevolezza di aver finito una bella gara. Non ho mai guardato l’orologio fino allo scarico si-card: 1h32m. Rusky mi dice del suo pronostico di un’ora e quaranta. Io sono felice per come ho fatto il percorso e in fondo ho preso solo 19 minuti da lui.
Oggi mi sono rimesso in bolla!

Giovedì:
- bolla! bolla!
- 30 secondi

Seconda prova long distance. Stessa carta, stesso mare, diversissima concezione. Niente più tratte iper-chilometriche (solo una da 1,5 km) ma una partenza con punti ravvicinati, poi 7\8 tratte a galoppare e poi un finale da vera gara middle in una zona dettagliatissima.
Partenza nel solito sabbione, stavolta sto più attento per non sbagliare la 1 e… ci finisco direttamente sopra! Anche stavolta alla 5 prendo il solito finnico partito davanti, mentre sulle tratte lunghe vengo raggiunto da atleti che partono alle mie spalle e quando arrivano sul punto partono nelle direzioni più assurde (cosicché me li ritrovo alle spalle). A metà della tratta lunga, al ristoro, trovo un francese della M65: poveretto! Sta a circa 3 km da più vicino dei punti della sua gara (tutti nella zona dettagliata): uno qualunque dei punti. Mi biascica un “encroyable…” al quale non posso che rispondere con un “je suis desolé”. Boschi di eucalipto si alternano a pinete e disboschi ruvidi, ma la tratta decisiva sarà la 13-14: media lunghezza, 3 rifornimenti in mezzo, ma soprattutto è il passaggio dalla zona “liscia” a quella molto dettagliata. Affronto la tratta con calma, bagnandomi ad ogni ristoro come ha insegnato Rusky, e con il mio piano in testa. E le lanterne sono sempre lì al loro posto, dove finisco io con sicurezza. Unico errore, di 30 secondi, alla 19. Ma basta accendere il cervello per capire come ricollocarsi e trovare il punto che non era affatto lontano da me. 30 secondi e basta in tutta la gara. Ok, sarà stata più facile. Ok, il bosco era più bello. Ok. Ok tutto.
Ma un tempo finale di un’ora e 23 minuti non me lo aspettavo. Il distacco da Rusky scende a 13 minuti. E una gara così non la facevo da tempo immemore, forse da Barricata 2007!

Sabato
- la festa appena incominciata… è già finita!
- ma in che posto improbabile abbiamo corso?

La gara di sabato sarebbe anche la finale dei WMOC 2008. Mi sembra quindi logico arrivare al centro gara e respirare un po’ di tensione agonistica in più rispetto alle due gare precedenti. Quel che si respira, anche, è l’impressione che il posto scelto per la finale non sia esattamente allo stesso livello delle due gare di qualificazione. Poco da dire sulla carta, che si rivelerà essere più pendente, più sabbiosa e assai più ruvida (presenza di distese di cespugli che “azzerano” le ausiliarie di collinette e depressioni rendendole quasi indistinte da lontano), qualcosa in più da dire sull’arrivo che non consente il formarsi di quelle “tribune naturali” di spettatori che mi aspetterei dalla finale. Anzi: sembra proprio che abbiamo tirato via erbacce, felci e rovi proprio per l’occasione.
La gara la gestisco nelle condizioni che ho descritto sopra: il terreno è più lento e faticoso, quindi ci sarebbe la possibilità di studiare buone scelte in anticipo se non fosse che le distese di cespugli bush-osi costringono i meno tecnici come me ad una andatura più cauta. Un errore di 2\3 minuti alla seconda lanterna (errore di parallelo) e qualche imprecisione qua e là si inframmezzano a tratte lente ma fatte veramente bene nelle quali seguo tutto il piano a menadito e finisco proprio in bocca ai punti, mettendo a frutto l’esperienza delle due gare di qualificazione. Nel finale di gara entro nella zona dove i più forti si stanno contendendo il mondiale, ed effettivamente vedo passare dei giovani quarantenni n grande spolvero atletico che attaccano visibilmente anche in salita. Spronato dall’esempio, riesco a condurre bene e con rinnovato vigore gli ultimissimi punti, recuperando ancora qualcosa a Rusky che era partito nei primi minuti di gara e non aveva nemmeno trovato riferimenti lungo il percorso.
Rettilineo finale ancora nel sabbione, sperando che almeno una delle foto scattate da amici e organizzatori sia venuta bene: perché per l’occasione indosso la maglietta rossa regalatami dagli organizzatori dei JWOC 2009, come novello uomo-sandwich.
Gara lunga, terreno più difficile, sabbia… 1 ora e 22 minuti di gara. Ancora qualcosa limato al mio migliore tempo ed al mio socio Rusky!

Allora la domanda non è più: cosa ci sono venuto a fare in Portogallo?
La domanda è: quando ci potrò ritornare? Perché sabato pomeriggio già si sente la mancanza di queste pinete marittime, piatte e con quella bella visibilità alta che avevo già dichiarato nell’intervista pre-mondiale essere di mio gradimento. E sono stato accontentato :-)


Avventure in Portogallo – seconda edizione: World Masters Orienteering Championship

(parte 1 di 2)

E’ un po’ strano raccontare una settimana intera di avventure portoghesi dopo aver letto i resoconti affascinanti e corredati di foto e cartine riportati day-by-day dal compagno di battaglie Rusky sul suo blog. Quello che vado a mettere sul web a mia memoria è una serie di pensieri sparsi basati sulle 2\3 frasette quotidiane che ho riportato ogni sera sul mio quaderno dell’Esselunga “00fette”.
E’ stata comunque una bellissima vacanza come non ne facevo da tanto tempo: mi sento riposato e appagato, anche se il grafico delle sensazioni orientistiche ha avuto uno strano andamento a gaussiana… ma rovesciata! E dopo 4 lavatrici forse riesco a mettere mano anche al diario…

Sabato:
- se tutti i boschi fossero così…
- mettere a segno un bel piano
- sembriamo noi gli junior!

E già. E’ solo sabato e già si parte con il model event a Pedreanes Est. Una bella cartina molto bianca per fare dimestichezza con i boschi “stile Aquitania” e l’equidistanza a 2,5 metri ricca di curve di livello ausiliarie. La difficoltà maggiore è stata quella di capire che il posto dal quale siamo partiti (il parcheggio)… non era in carta! Sono andato a farmi tutto il percorso con Rusky, o al suo seguito, per imparare da lui come affrontare le difficoltà. Mi sorprendo nel vedere che, in mezzo a tutti i veciotti che scorrazzano a destra e sinistra nel bosco (qualcuno anche con il bastone, ma la vecchia guardia non si arrende!) sembriamo noi gli juniores… Un bel bosco, con le zone bianche a righine verdi un po’ più fastidiose visti la presenza di cespugli stile “bush” che rallentano la corsa, ma l’insidia maggiore sembra rappresentata dalla sabbia nella quale non si riesce proprio ad avanzare. Seconda insidia: l’equidistanza a 2,5 metri e l’aspetto veramente “smooth”, piatto o pochissimo ondulato del bosco, bisogna avanzare in direzione della lanterna con un bel piano in testa e senza distrarsi, perché ricollocarsi sembra veramente impresa ardua; le collinette e le depressioni sembrano tutte uguali!
Alla sera succede l’X-file della settimana: non trovo più né le scarpe che intendevo usare per correre, né la borraccia per le gare nel bosco. Sembra che io le abbia perse a Pedreanes… un bel modo per cominciare i WMOC, mi tocca correre con le scarpe di riserva che sono ormai dei vecchi ruderi!

Domenica:
- occasione sprecata
- punto nel silos
- perché tutta questa tensione?

Domenica mattina presto. Inizia il mio mondiale con la prova per la quale penso di avere più chance di non prendere una sonora legnata dai grandissimi: la sprint. Una buona notte di sonno, e al mattino ecco sopraggiungere una strana tensione… perché? Mi chiedo. E’ una sensazione strana che non capisco perché proprio non mi sto giocando nulla. Arrivo al ritrovo e insieme a Rusky comincio a scaldarmi nel parcheggio davanti al minuto “meno 15” da cui bisogna passare per salire alle partenze: niente da fare, ho lo stomaco bloccato e sono costretto a fermarmi presto. Inutile che io mi ripeta come un mantra che sono solo qui in vacanza, che in fondo giocando a basket ho affrontato situazioni ben diverse e peggiori: lo stomaco non sente ragioni e sembra solo volersi svuotare. Cosa che sono costretto a fare dietro un angolo a 5 minuti dalla partenza! Il via è nel castello di Leiria: 4 lanterne tra le mura labirintiche del maniero e… non mi sembra nemmeno di averle fatte male visto che Kahari Petteri (vicecampione del mondo M35) non compare alle mie spalle all’uscita dal castello. 5, 6, e 7 in discesa e poi il punto 8 malefico: posizionato in un silos per le auto! Di tutti i posti possibili… anche Lidia sul sito Asti non approverà la scelta di un punto veramente tricky, con i concorrenti in grado di arrivare alla lanterna da due strade differenti (una delle quali passa per una porta di sicurezza che io, partito al minuto 5, trovo chiusa e non spingo). Ma ce n’è anche una terza chiusa, che è quella che tento io! Due minuti secchi persi per un punto che 20 minuti dopo sarà già di dominio pubblico (le strade di Leiria mi sono sembrate moooooolto frequentate anche se tutta la zona era embargata). Con pensiero di questo grave errore mi trascino rimuginandoci sopra fino alla 10 (che sbaglio) ed alla 11 (una lanterna da nemmeno 50 metri che sbaglio uscendo dal punto in direzione opposta). E’ a questo punto che scorgo Rusky, partito 4 minuti dopo di me, già davanti verso la 12… ed è a questo punto che mentalmente “stacco” finendo così per rovinare ulteriormente una già brutta prova. Attilio mi precede di 90 secondi, alla fine, ed io rimuginerò sopra per tutto il pomeriggio sull’occasione persa: poteva essere (solo con una ottima prestazione, ma poteva essere) una finale A, visto che i nordici sembrano non del tutto a proprio agio in questo genere di gare; tra qualche anno non sarà più così! Rusky si conferma in tutta la sua bravura con un sensazionale ottavo posto nel gotha mondiale: bravissimo!

Lunedì:
- cosa ci sono venuto a fare in Portogallo?

Un solo pensiero dopo la finale di consolazione: cosa sono venuto qui a fare? Non sto facendo una vacanza e non riesco nemmeno a fare orienteering! Ancora una volta quella strana tensione… e si che mi gioco ancora meno del giorno prima! Eppure anche questa volta il fisico fa cilecca costringendo a due code ai bagni prima di partire (code che fanno sembrare il WMOC un WPOC, dove “P” sta per “Prostatic”).
E la gara sarebbe proprio bella, ma tanto: primi punti nel pueblo di Praia da Vieira, poi trasferimento nel bosco per un altro grappolo, poi punti sulla sabbia tra le dune e infine ancora tanti punti nel “pueblo” con le stradine che sono in realtà gli spazi vuoti tra le case addossate.
Viste le premesse, e visto che quindi fisicamente non ci siamo proprio, approfitto dei primi punti per studiare l’approccio alla parte boschiva. Compitino che faccio proprio bene: sentierino, avvallamento grande, avvallamento piccolo, ecco che sbuco nella parte con i dettagli, ecco un sacco di gente che corre, le telecamere, vedo attorno a me almeno tre lanterne, procedo verso il mio punto… switch OFF! Luce spenta. Buio completo. Passo in zona punto e proseguo per qualche decina di metri, trovandomi in una zona simile ma del tutto priva di lanterne… giro e rigiro, gira che ti rigira… tre minuti persi su un punto banale! 6 e 7 di pura tensione e poi per la 8 un bel “sarà giù per di là…” (due minuti persi), per la 9 idem (altri due minuti) finché per la 10 riesco nel capolavoro olimpionico: la lanterna è dritta a sud a 70\80 metri dal punto 9: io vado a nord-est e compio un bel giro per arrivare in zona punto. Dove vedo uscire Attilio, partito 5 minuti dopo di me. Attilio prosegue dritto sulle dune, prende storte, cade lungo e disteso ma io riesco a raggiungerlo solo alla 14. Da lì ricomincia il pueblo, e visto che in fondo non ho faticato molto riesco a fare benino almeno le ultime lanterne e staccare Atty di 90 secondi (perdendo solo di 3 minuti e mezzo…). Che ci sono venuto a fare in Portogallo? Forse per fare gli sprint dalla 200 all’arrivo???

Martedì:
- correre tra i cinghiali russi
- rivedere un vecchio amico
- rimettersi “in bolla”

Open race e si torna a Praia da Vieira. La carta della prova open è proprio al di là della strada rispetto alla “zona della 5” del giorno prima (mentalmente mando un accidenti alla lanterna…). Per me, è l’occasione per provare a tornare in bolla prima delle 3 prove long che mi aspettano: se le affronto con lo stesso stile dei due giorni passati, non torno più a casa! In partenza la griglia è libera: si può decidere di partire a 10 secondi dal concorrente precedente o lasciargli un po’ di spazio, ma è una gara e tutti la prendono come tale. Parte Roberta e forse si aspetta che io la segua a qualche minuto, ma ecco che compare all’orizzonte l’amico Espen Nilsen: norvegese, simpaticissimo, sempre voglia di raccontare in un inglese comprensibilissimo; mi ha battuto ogni volta che abbiamo corso insieme tranne UNA volta, e scommetto che ancora si morde le mani! (una storia che un giorno mi ri-racconterò). Tra saluti e abbracci vanno via almeno 15 minuti. Poi parte Rusky. Poi qualche minuto e parto io. E il mio primo pensiero è “ma perché facciamo una gara con le sole curve di livello?”: la carta è sul blog di Rusky, bellissima e imprevedibile. Praticamente bianca e marrone (cosicché il mio cervello non registra il nero dei radissimi tagli di bosco, e io mi bloccherò al primo taglio credendo di essere finito chissà dove!). Qualche secondo dopo di me non mi accorgo che parte una cinghialotta russa W45: al primo punto, viste le mie perplessità iniziali e la sua partenza al seguito mio, arriviamo insieme…
Ma almeno oggi ho in testa i miei “piani”: esco dai punti con una idea in testa e mi sembra di vedere il bosco con le curve di livello; vedo le depressioni, vedo le colline fatte di sole ausiliarie, vedo le “selle” come se ci fosse su un cartello con scritto proprio “sella”… non sono veloce, lo so, ma sono preciso. La cinghialotta rimane con me fino al punto 6 laddove la stacco con una precisa e tecnica scelta di percorso: ovvero, non mi fermo al ristoro e lei si! (le open races hanno un numero di punto di ristoro pari alle gare ufficiali). Riesco a mantenermi concentrato praticamente fino alla fine, facendo gli ultimi punti in parallelo con chi poi si rivelerà essere il “signor cinghialotto” e staccando dall’alto delle mie capacità tecniche alcuni attempati vecchietti (uno sembra lo zio di “Willy il principe di Bel Air”, ma bianco di pelle e con solo un filo di pancia in meno… e come correva!). Quando il mio nome compare al terzo posto provvisorio (decimo finale) penso che forse questa volta mi sono “rimesso in bolla”, e per la prima volta da quando sono in Portogallo mi sento molto più tranquillo e fiducioso. Forse la parte bassa della gaussiana rovesciata è superata: adesso si affronta la parte difficile, ma con un po’ di fiducia in più!

(proseguirà…)