E si arriva così alla fine. Alla quinta tappa della OOCup.
Ogni ultima tappa parte con pensieri fissi per chi, come me, non si contende una posizione di prestigio se non quella comunicata al fisico dal proprio orgoglio. Con la quarta tappa ho preso qualche minuto di vantaggio su Henrik, ma sono abbastanza pessimista riguardo alla possibilità di mantenerla. Troppi pensieri si affastellano nella testa…
Innanzitutto nell’ultima tappa le partenze sono sempre all’orario sbagliato: se sono presto, non c’è abbastanza tempo per preparare l’auto per il ritorno, i bagagli, chiudere i conti con l’alloggiatore… i bagagli occupano già uno spazio straboccante sull’auto di Bibi e la necessità di tenere da parte gli indumenti per correre e quelli per il dopo corsa aumenta l’entropia ed il volume occupato (per fortuna Rusky ci farà da supporto). Se si parte tardi, la mente vola già al viaggio di ritorno, alle code lungo la litorale adriatico-veneta, al delirio della tangenziale di Mestre… Per me è ancora peggio: durante la trasferta mi è stato comunicato che lunedì si parte per il Lussemburgo: dove lo trovo il tempo per arrivare a casa, sistemare la valigia della Slovenia, preparare quella per la trasferta eccetera eccetera?
In questo scenario, la stanchezza la fa da padrona. Inoltre piove, mannaggia! Piove e non resta che pensare ad una gara bagnata, ancora più lunga quindi, con un viaggio di ritorno ancora più umido e disagevole. Non per niente l’ultima tappa è sempre quella del rimuginio “la prossima volta chiedo il lunedì di ferie”, “la prossima volta chiedo partenza alle ore tot”, “la prossima volta… la prossima volta…”. Il gruppo GOK parte tutto a mezzogiorno, io per primo poi Attilio a 4 minuti e Rusky a 6: non è difficile prevedere un rapido aggancio da Rusky, forse da entrambi.
L’ultimo colpo ce lo tira Cristina Graber, dettagliandoci un fondo del terreno che a fronte di visibilità ancora molto aperta diventa rispetto alla quarta tappa ruvido, sassoso, anzi molto sassoso! Sarà in effetti difficile in parecchie tratte mantenere l’equilibrio sui sassi viscidi, ed alcuni passaggi nel loop 8-13 ricordano certe zone di Mala Lazna…
Rusky prima del via emette la sentenza. Non siamo qui per fare una gara: siamo qui per fare una gita in un bel posto che però non conosciamo, e per questo i gentili ospiti ci forniscono una cartina con i punti più belli da visitare… come se fossimo in gita scolastica, no? Perché preoccuparsi, quindi? Una massima da scrivere nella pietra! (di Mala Lazna…).
Pronti via! Primo punto ben lontano ma quasi tutto passando da una traccia all’altra, a prendere confidenza con le forme del terreno ed i sassi. Al secondo punto raggiungo una tuta straniera partita davanti a me, che lascio indietro al terzo punto… non male, vero? Punto 4: il mezzo disastro! Anziché girare appena largo per stare sul sentiero ed attaccare il punto dal limite di vegetazione, taglio dentro un verde rognoso che mi attarda e mi fa perdere l’orientamento; dopo aver litigato con rami e rovi finisco si nuovo sul sentiero stesso, ma non so a che altezza… devo fare avanti e indietro per un paio di minuti prima di trovare il punto. 7 minuti per un punto da 3, e intanto arriva Rusky. Forse Attilio sarà già davanti? Arriva Rusky ed arriva anche la tuta straniera staccata due punti prima.
Perdo un po’ di morale ma Rusky è una guida sicura sul punto 5, sicura nel senso che per un po’ sta avanti lui e per un po’ io… facciamo praticamente insieme anche la 6 e la 7 ma sulla 8 la sua danza tra i milioni di pietre è più efficace del mio goffo incedere e prende vantaggio. Lo vedrò per l’ultima volta alla 9: lui a fondo voragine che punzona e io in cima alla voragine che studio se scendere in corda doppia o cosa!
La tuta straniera è sempre lì nei paraggi, e non da sola, infatti dal punto 11 c’è una seconda tuta nei paraggi… stessa lingua, stessa squadra. I due confabulano tra loro, fanno le loro scelte ma da quel punto in avanti ci sarà per tutta la carta un terzetto ben coeso in giro: un terzetto che ricorda la gag di Paolo Rossi con i due carabinieri
“Ci segua precedendoci!”
“Vi vengo dietro stando davanti?”
Già! La tattica dei due nordici per tutti i punti da lì all’arrivo (24) sarà la medesima: escono rapidi dal punto (corrono entrambi più di me) e rallentano a controllare intanto che direzione prendo e che cosa faccio io che arrivo col mio passo… lungo la tratta me li trovo a destra, a sinistra, attorno… finché in zona punto, misteriosamente, sono sempre avanti io qualche metro a trovare l’attacco al punto. Si punzona e si ricomincia, così fino all’approssimarsi dell’arrivo. Solo nella tratta lunga (alla 14) li lascio andare avanti sul sentiero che gira largo mentre io cerco di tagliare per il bosco, ma all’attacco del punto siamo ancora insieme perché il bosco non è così scorrevole come credevo.
A 3 punti dalla fine, in una buca, io entro per primo ma sulla breve discesa vengo sopravanzato da uno dei due che mi sfreccia accanto di gran carriera rischiando di mandarmi a gambe levate… “Bravo! Bel lavoro!” gli dico battendogli una mano sulla spalla… :-(
Si arriva così all’ultimo punto. A 50 metri dal finish (che è in mezzo al bosco ed è rappresentato solo dalle stazioni di finish appoggiate ad un limite di vegetazione, con sopra lo striscione) sto ancora correndo con dietro il mitico duo, ma anziché entrare nel corridoio fettucciato me la do a gambe in direzione quasi opposta, verso la strada! E cosa succede? Che me li trovo ancora dietro! Raggiungo la strada, sterzo di 90° e punto dritto verso il finish… e loro dietro! I pochi atleti arrivati ed in attesa dei compagni di avventura intanto si godono tutta la scena (tutta quanta a vista dell’arrivo) e si fanno grandi ghignate…
Alla fine, 1h24m per me. Qualcosa di più di quanto desiderassi (scenario roseo) e qualcosa di meno di quanto avrei potuto combinare (scenario funereo). Chi è andato forte è stato Henrik, che mi ha “palato” di 14 minuti ed ha riguadagnato la posizione in classifica. Ma a dispetto di tutte le avventure e le (poche) disavventure, la domanda che ho fatto in auto lungo la strada del ritorno sintetizza bene quello che penso di queste 5 giorni: “A quando la prossima volta?”. E non escluderei nemmeno che tra le varie “prossime volte” non ci possa essere ancora la Slovenia, non ci possa essere ancora Mala Lazna. Se non altro, non ne sarei colto impreparato…