Stegal67 Blog

Wednesday, March 26, 2014

Lipica Open 2014 - the movie... my movie!

“Io ho fatto 37 guerre, rivoluzioni, colpi di stato, guerriglia... Io sono stato deportato a Porto Longone. Ma io ero come bambino, poppante, invertebrato. Io non avevo ancora incontrato VOI”.


Ero così contento di essermi ricordato di questa frase, pronunciata dal personaggio di Katanga (Lionel Stander) nell’immortale “Stanza 17-17”, un film trattato molto ma molto male nel sito mymovies.qualcosa, e invece si tratta di una commediola divertente che va via liscia con i suoi quattro protagonisti cialtroni e un po’ sfigati che… ma cosa sto dicendo! Non sono mica diventato il Mereghetti! Una frase che si è scritta sul word processor praticamente da sola, a rappresentare al meglio l’inizio di quello che diventerà, se mai ne arriverò alla fine, il racconto del mio terrificante (per le condizioni in cui l’ho affrontato) Lipica Open 2014. Poi una vocina interna si è fatta largo tra torrenti di muco e di catarro, oltre la cortina dell’emicrania e di una infiammazione al nervo trigemino, al di sopra dei cumuli di questa ovatta che mi riempie la testa da 15 giorni e che mi rende difficile pensare, dormire e fare pressoché qualsiasi cosa. Una vocina che dice “guarda che questa frase l’hai già usata…”.

Sono andato a cercare nel mio motore di ricerca interno SteGaalgle ed ho trovato conferma ai timori: avevo usato la stessa frase in occasione della (altrettanto terrificante dal punto di vista della salute) Alpe Adria disputata in Croazia a Platak e Kastav, quella delle cartine “se mi davate la mappa della zona di gara era meglio”, quella dei percorsi “la partenza è ritardata perché il tracciatore non trova i punti di controllo”… cosa curiosa, però: ogni volta che aspetto una gara all’Est da così tanto tempo, come attendevo la Croazia da 1 anno e la Lipica praticamente dal giorno in cui ho cominciato a fare orienteering, succede qualcosa che mi mette in difficoltà dal punto di vista fisico, al punto da rendere veramente improba la mia partecipazione e togliere anche buona parte del divertimento.

Però è dannatamente più curioso un altro fatto avvenuto durante il Lipica Open di quest’anno (che “il Lipica Open e “la Lipica” sono sempre la stessa cosa). Uno – io - fa orienteering o perlomeno fa finta di fare orienteering da 22 anni. Gira l’Europa da 17 anni. Fa lo speaker alle gare nazionali da 10. Si guadagna l’appellativo di “speaker del popolo” perché si costruisce la nomea di conoscere tutti, dagli Elite più forti ai master locali che più locali non si può… e alla fine mi capita ancora di trovarmi in situazioni nelle quali faccio una figura da parvenu… ma da parvenu che più parvenu non si può, da esordiente stralunato che si guarda attorno come se fosse finito su Marte e fosse circondato da marziani, da “ultimo arrivato” come quel giorno del 1992 a Ronzone quando per la prima volta in vita mia ho preso tra le mani una mappa da orienteering (e, sfiga, in quel momento ero già in gara perché il biiiiip lungo era già suonato).

Alla fine ha sempre ragione Katanga! Ho fatto 22 anni di orienteering, Arge Alp, Campionati Italiani e Mondiali master. Sono stato portato a Soederkulla e Torslanda. Ma io ero ancora come esordiente, nemmeno un HC, praticamente una tessera Green. Io non avevo ancora incontrato il GAJA !!!

Giusto per essere chiari, annuntio vobis gaudium magnum: habemus affrontatum l’esperienza di una 5 giorni internazionale a fianco, sul telone e sotto il gazebo, ma anche a cena ed in macchina, con il GAJA. Ed il GAJA mi resterà impresso più della 5 giorni internazionale stessa… Ma andiamo con ordine.

Ogni multi-days che si rispetti parte con un viaggio verso l’ignoto, perché è essa stessa un viaggio dentro l’ignoto. Venerdì 7 marzo è uno Stegal molto, ma molto influenzato che affronta la traversata Milano  - Trieste verso la sua prima Lipica Open 5 days. Nella macchina dell’OK Bovec prendono posto 3 orientisti italiani, 3 orientisti svizzeri, 2 orientisti sloveni (1 vero ed uno che si è banalmente intrufolato) ed 1 orientista norvegese. Prima che il colto e l’inclita possano pensare che l’OK Bovec abbia ciulato nottetempo il pulmino della Besanese, occorre precisare che a bordo siamo solo in tre: Kristian B., Eleonora D. ed io, con la povera Eleonora che per 4 ore e mezzo si dovrà sorbire (fatto salvo l’abbiocco salvifico tra Padova e San Donà) i soliti estenuanti e ritriti racconti di gare di un passato talmente lontano che la punzonatura del testimone veniva effettuata ancora scalpellando la runa celtica; è d’uopo a questo punto un appello a coach Kackmarcik: anziché dire che Andrea Seppi dovrebbe fare bene anche nelle gare in bosco (abbiamo appena ritrovato il Seppino che metteva paura a Khramov, già gli seghiamo le gambe?) tolga dieci minuti a botta ai tempi di Eleonora durante la Lipica Open, dove ha pagato le terribili conseguenze del viaggio con “Stegal il tifoideo” (si, lo so, è una fesseria… ma anche quella detta su Seppino lo ). Sembra incredibile, ma la coabitazione di Stegal e del suo virus, di Kristian e di Eleonora in una piccola auto non produrrà effetti contagiosi sugli altri due occupanti del veicolo, cosa che non si potrà dire di almeno metà dei partecipanti al Lipica Open che torneranno a casa con una bronchite sulla cui diffusione repentina l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta ancora indagando e speriamo che non mi cucchino…! 

Il piano di battaglia prevedrebbe, nei miei sogni, l’arrivo a Trieste, una bella camomilla calda, un sonno ristoratore come lo cerco da giorni (tosse notturna) in vista della prima tappa di sabato 8 marzo. Ahimé… non so ancora che una triplice organizzazione Gaja + Primiero + Varese Or. mi ha iscritto ad una corsa in notturna per le strade di Trieste per guadagnarmi la cena; una corsa che ha una agghiacciante caratteristica: si svolge tutta in salita ed è una Lei&Lui nella quale sono in squadra con tale Larrycette. Ebbene… lo dico a tutti quanti mi ascoltano: diffidate di costei!


Diffidate sempre! Del suo sorriso e dei suoi occhioni languidi quando pronuncia frasi del tipo “io non corro veloce”; non è che costei sia una mentitrice professionista, infatti non corre… le basta camminare! Durante la scarpinata (in salita violenta) per Trieste di venerdì sera abbiamo battuto il primato mondiale sul miglio che resisteva dai tempi di Sebastian Coe, fatto scattare autovelox che hanno immortalato una strada deserta. Ho visto soprattutto i miei poveri polmoni vomitati sul selciato per impossibilità a reggere il ritmo infernale della tesserata GAJA, e dopo aver sudato tutto il sudabile non mi è restato che vaffanculare in salita tutto il vaffanculabile nell’inutile tentativo di resistere a questa specie di Schwazer in gonnella, che va molto più forte di Schwazer persino se indossa i tacchi con cui Carolina Kostner va in discoteca! Al termine di questo autentico WRE, le condizioni di Stegal sono quelle di una larva umana… e pensare che il Lipica Open non è neppure cominciato!

Sabato 8 marzo l’ultima cosa che mi passa per la testa è che sia il giorno in cui fare gli auguri a tutte le orientiste che incontro. Sono impegnato in una battaglia (persa in partenza) per la mia sopravvivenza dopo una notte passata a tossire quello che penso sia tutto il tossibile. Sono fiducioso che il bel tempo (finalmente un po’ di sole!) che si leva sopra la Slovenia ed il venticello che qui chiamano “borino” e che soffia sul campo di gara possano spazzare via i residui dell’influenza; mi presento dunque al via con indosso due magliette, la termica, l’antivento ed il top della divisa. La maggior parte dei concorrenti indossa solo una maglietta leggera… io però devo fare i conti con un 37,8 di temperatura all’apertura del fixing dell’influenza che mi accompagna alla partenza. In effetti parto di corsa, e pur sbagliando parecchio fin dal primo approccio con le doline di cui è piena zeppa la carta di Dutovlje (ah! Come amo queste carte slovene!), arrivo correndo al primo punto. Sarà, purtroppo, l’unico punto che sarò in grado di fare correndo in tutta la 5 giorni… non mi limito all’analisi di questa singola tappa: parlo proprio di tutta la 5 giorni. Il virus preme sulle gambe che non ne vogliono sapere di correre, preme sulla testa che è talmente gonfia di muco che mi basta girare la testa di scatto per sentirne lo sciabordio nelle orecchie, gli occhi mi dolgono ed i polmoni vorrebbero essere di nuovo sputati e lasciati lì a riposare, anziché dover alimentare un fisico (solo nel senso di “laureato in”) palesemente in sfacelo. Non riesco nemmeno a correre fuori dalla prima dolina, anche se il secondo punto è banale ed il terzo è quasi da esordienti, e decido immantinente di cambiare tattica di gara: poiché è evidente che non riesco a muovere un passo di corsa, farò la gara camminando e cercando di sbagliare il meno possibile se non zero. Devo ammettere che questa tattica, tra le doline ed i cento muretti di Dutovlje rende la navigazione assai più facile: mi compiaccio con me stesso per la precisione con la quale arrivo su tutti i punti (navigo di fatto sotto la linea rossa) ma una vocina mi ammonisce sempre che il vero orienteering è quello che stanno facendo gli altri, quelli che corrono al limite della combinazione delle possibilità tecniche ed atletiche, non certo quello che sto facendo io. Al traguardo, affronto il run-in alla chetichella cercando di mimetizzarmi, anche se vengo scoperto subito dalle tute del Trentino appostate il loco, e collasso dopo il traguardo. “Collasso” nel senso letterale della parola. Nonostante 77 minuti di puro cammino, sono in totale cortocircuito, i polmoni sono in sciopero, la testa è una specie di Zeppelin gonfio ma la pressione generale è quella di un pneumatico squarciato… non so quanto tempo passo accasciato sul telone del GAJA  prima che Metka e Daniela mi aiutino dandomi qualcosa da bere e convincendomi che, forse, un giretto all’ambulanza non mi farebbe male. Qui incontro il secondo grande protagonista del mio Lipica Open. Dall’aspetto fisico sembra uno di quei tozzi muscolati che fanno le gare dello Strongman, ma lo sguardo è deciso come quello di uno spetsnaz russo! 


E’ lui che si prende cura di me, mi prova la pressione e butta via lo sfigmomanometro perché pensa che sia guasto, poi me la riprova accorgendosi che anche la massima non raggiunge le tre cifre, infine mi prova la temperatura e scuote il capoccione sconsolato leggendo il dato finale: 34,3! Poiché l’ambulanza è letteralmente presa d’assalto da altra gente che sembra che abbia affrontato le pietre della Slovenia a calci o a testate, e poiché in fondo io sono accudito dagli amici, mi congeda intimandomi di avere cura di me stesso e di non farmi rivedere sul campo di gara finché l’influenza non sarà passata. Peccato che il programma stilato dall’agenzia di viaggio “Hells kitchen” preveda altri appuntamenti... Alle 17 di sabato crollo sul letto dopo aver affrontato barcollando anche la gara di temp-(oral-)O, e posso solo sperare che un miracolo abbia accoppato il virus dell’influenza prima ancora che il sottoscritto; sento la mia voce che delira sotto l’effetto dello Zerinol quando  riapro gli occhi alle 21 e poi a mezzanotte, di mangiare qualcosa non se ne parla ed al mattino di domenica 9 marzo l’unico piano di battaglia che ho in mente è cercare di evitare di incrociare lo spetsnaz.

In effetti domenica 9 marzo la mia seconda tappa in H40 del Lipica Open è brevissima. Le mie possibilità di portare a termine, persino camminando, la tappa più lunga e con più pendenza della 5 giorni, sulla carta più terribile, sono pari a un epsilon piccolo a piacere. Un epsilon che diventa asintoticamente pari a zero quando arrivo con Kristian e Metka sul campo gara e la prima persona che incontro è… lo spetsnaz. Il quale mi riconosce subito e la battuta che segue, puntualmente registrata dal magico duo dell’OK Bovec, è la seguente: “Do you really want to die today? You are a great candidate for that!”. Semplice, preciso, efficace nella sua cruda realtà. Spendo le ultime energie rimaste per raggiungere la partenza, il che si rivela già una cosa improba, alla ricerca di un miracolo italiano che non arriva; quando arriva il mio minuto, prendo la carta e faccio persino fatica a metterla a fuoco. Raggiungo il primo punto camminando e provo a risalire la china della collina verso il secondo punto, ma quando Kristian entra in gara e mi incrocia mi accorgo di essere ormai da due o tre minuti appoggiato al tronco mozzo di un albero a riprendere fiato. Decido di abbandonare.

Resto dell’idea che un ritirato ad una gara di orienteering dovrebbe poter abbandonare il ritrovo appena possibile. L’immagine di tutti i ragazzi che escono vincenti (qualunque sia la loro posizione in classifica) dal bosco è troppo avvilente per me che dal bosco e dal mio corpo sono stato sconfitto. Con gioia, ma ancora di più con una notevole invidia, vedo giungere sul traguardo Larry e poi Zzi (abbondantemente sotto le tre ore di gara immaginate dai suoi detrattori), i ragazzi della nazionale italiana e poi Kristian, con il quale vado ad affrontare la seconda tappa del trallall-o, in versione sprint (per quanto mi è possibile) visto che dobbiamo rientrare alla base del Lipica Open a riprendere Metka che sta affrontando il percorso in DElite.

Nonostante il ritiro dalla tappa di domenica, per rimettermi in sesto mi servirebbero un paio di settimane alla clinica del dottor Messegué. Ignoro che il destino sta preparando per me gli abiti di Katanga (Lionel Stander) e che sto per passare una delle serate più incredibili di questi primi 22 anni di orienteering. Accade infatti che domenica sera la GAJA-car mi porti fino a Padriciano (una località che mi era rimasta impressa fin dalla trasferta all’Alpe Adria croata), in un tragitto tra Sezana e Padriciano che prevede non meno di 142 svolte e girotondi. Se il Gaja voleva mantenere il segreto sulla destinazione finale del viaggio, potevano benissimo bendarmi ed incappucciarmi come si faceva una volta ai rapiti ed agli agenti segreti… andava bene lo stesso! (ad un certo punto non so più se sono al mare, in montagna, in città o in paese, in Italia o oltre confine… e la macchina continua a fare svolte e rotonde). Arrivati a destinazione, vengo informato del fatto che mi trovo a casa di Peter Ferluga e consorte, orientisti di lungo corso del Gaja e genitori di due tra i bambini più deliziosi che io abbia mai visto.  Alla serata si uniscono altri orientisti del Gaja ed improvvisamente mi giunge forte e chiaro da Milano l’ammonimento di Roberta ed Attilio “cerca di non parlare sempre e soltanto di orienteering!”. Beh… forse l’ammonimento andava passato a qualcun altro. Non passano infatti che pochi minuti che le mie orecchie comincino a registrare cose del tipo “domenica andiamo a Cividale che c’è una robetta da 23 km + 600 di dislivello, così ci teniamo un po’ allenati”, e poi ancora “eh si… bisogna che per il duathlon di Basovizza ci facciamo trovare preparati”, e si va avanti con la loro prossima organizzazione della gara regionale di Malchina, le future trasferte oltre confine (e non capisco se oltre confine significa “in Slovenia e Croazia” o significa “in Italia”). Gli aneddoti delle gare passate non risalgono alle rune celtiche, ma alla gara di sabato e a quella di domenica, e in un lampo vengono tirate fuori le cartine con i percorsi e cominciano i capannelli di discussione se la scelta alta in mezzo alle rocce ma piatta era più conveniente della scelta bassa tra le doline ma ripida… ed è tutto un confrontare i tempi e le scelte da cui non si sottrae – horribile dictu…  ma è ora di sfatare un mito!... neppure Larrycette! -. Quando cominciano a parlare del weekend che segue e de corso di cartografia a Paluzza, ebbene è in quel momento che io divento Katanga e, speaker del popolo o non speaker del popolo, devo ammettere che non conoscevo nemmeno l’epsilon per cento delle emozioni che prova questo gruppo di autentici appassionati, e non mi resta che esclamare alla Paul Olum “E’ così che sono gli orientisti del Gaja? E io non lo sapevo???”.
Detto tutto quello che si può dire sulla serata di Padriciano, perché “tutto quello che succede nella grotta, rimane nella grotta!” (cit. Hugh Hefner), posso passare a descrivere brevemente il resto del Lipica Open che tra domenica e lunedì perde l’80% degli iscritti (ma per fortuna non perde la nazionale norvegese femminile). Lunedì a Marezige, con un “borino” che si sta trasformando in “boretto”, la carta di gara è una costa di puro stampo ticinese, probabilmente l’unica del genere in Slovenia! gli atleti lombardi se la cavano benone, essendoci praticamente cresciuti sopra (a questo genere di carte, intendo) mentre assistiamo loro malgrado alle prime difficoltà da parte degli amici del Gaja-sottospecie-G.U.D. che sono assai più abituati a certe carte carsiche (cit. Stegal si qualche anno fa). Io non faccio altro che camminare nel bosco sia in salita che in discesa, gestendo sostanzialmente una gara sotto la linea rossa, a meno dei tanti valloni che si incrociano oggi. Larrycette riesce nel mirabile tentativo di fare tutta la gara in zona “Fuori Tempo Massimo” per poi scatenare tutti i cavalli del motore sulla salita ripidissima che porta dal penultimo punto all’arrivo e rientrare così trionfalmente in classifica.


Marco detto CP, alle sue primissime esperienze con una carta da orienteering (e gli è toccata la Lipica!) porta ancora a casa la pellaccia ed il buonumore e si candida ampiamente al ruolo di rookie of the year 2014 non solo a livello di FISO ma di tutta quanta l’IOF. Entrambi sfoggiano con ardore la nuova divisa del G.U.D., ovvero “Gaja Unemployed Dept.”, sottotitolo “Basically we don’t have anything better to do” che la dice lunga sul fatto che ancora una volta questi ragazzi sanno in che verso prendere la faccenda e la Lipica tutta!


(la foto è presa dal sito del G.U.D. ... poi sennò Larry mi dice che i miei pezzi mancano di colore!)

Martedì si torna a correre sulla carta vicina a quella della mia fatal-domenica, ma è la zona di fianco (al di là della strada provinciale o cantonale o statale o come si può chiamare in Slovenia). E’ una carta divertentissima, per dirla alla Pedrotti “se non sono segnate le pietre non vuol dire che non ce ne sono, ma che ce ne sono appena meno che altrove”, con un sacco di doline incastrate in un terreno sostanzialmente piatto. Compio il mio dovere di buon samaritano tenendo nel pre-gara un corso “come farsi il taping alle caviglie con poca spesa e massimo risultato”, prima che tutti quanti (ragazze del Gaja comprese) passiamo alla successiva sessione di apprendistato “10 modi diversi di indossare il gps” tenuto dalla nazionale femminile norvegese tutta quanta schierata! Sulla gara nulla da dire: a parte una tirata lunga su un sentierino spettacolare, morbido e piatto che consente di evitare l’attraversamento di varie cave di pietre, il tracciato si sviluppa tutto tra le doline e le pietre e non posso fare altro che mantenere la mia tattica di sopravvivenza elogiando nel frattempo l’estrema concentrazione di Peter, Paolo, Alessio detto Zzi e Marco detto CP che mi incrociano in varie occasioni e non si accorgono minimamente della mia presenza.

Mercoledì 12 marzo, l’ultima tappa è una specie di “liberi tutti!” e sarà ricordata non solo per il terreno di gara veloce (veloce e con un sottobosco a tratti addirittura troppo scorrevole e morbido per essere Slovenia), ma per le premiazioni finali che vedono premiati non solo Clizia e Remo (ma si tratta di due professionisti), ma anche Marco detto CP che alla prima esperienza orientistica porta a casa il bronzo in H21B (una HB che lévati… e adesso l’unica cosa più difficile che puoi fare, caro Marco, è l’O-Ringen – scritto così!).



Larrycette, ovvero colei che snocciola sempre “non sono una orientista… non me ne può fregare di meno… LALALALALALA…”, dopo cinque giorni di combattimento spietato tra i sassi può andare fiera della sua medaglia di bronzo in D21B visto e considerato che i suoi percorsi, in alcune regioni cardine del movimento orientistico italiano – escludo quindi la Lombardia –, sarebbero stati almeno da DAK se non da DAtoutcourt.


Io devo accontentarmi di tornare a casa con la mia pellaccia (lo spetsnaz sloveno non ha fatto altro che tenermi d’occhio a tutte le partenze, ed ero io che dovevo andare a dirgli al traguardo “guarda che sono tornato anche questa volta”… segue suo sospirone di sollievo) e, purtroppo, di riportare a casa anche l’influenza ed il virus che non sono riuscito a seminare tra le doline della Lipica. Mi toccherà quindi ripresentarmi a Clusone ancora un po’ “in chiesa” con la salute, e dovrò pure tenere da conto la voce perché comincia la serie di 23 appuntamenti stagionali nei quali potrei essere dietro al microfono. Ma questa è un’altra storia, cioè è la prossima storia…

Con un saluto, un ringraziamento per l’ospitalità, la sopportazione e la condivisione dei miei germi alla famiglia LarryeZzi, al G.U.D., al Gaja, a tutta la nazionale norvegese femminile, a DaniLuca, a MetkaKri, a MeryMarco, a Remo, alla Regina della Bussola ed al Più Affascinante Orientista del Mondo (ma quest’ultima non è una mia definizione, ma di Larrycette!).

Wednesday, March 05, 2014

Schegge di inizio anno

"Nelle vesti di tracciatore, spesso mi volto a cercare con gli occhi la lanterna che ho appena posato. Con un senso di sollievo, la vedo là dove l’ho lasciata, sentinella di un percorso che ho inventato io, guardiana di un passaggio sul quale attende i primi concorrenti" (1° marzo – Parco Forlanini)


“Ci vuole giorno molto piovoso per annegare papera” (Charlie Chan)


 “Questa gara è una trappola! Fatichi come un animale, non hai il tempo per pisciare, corri nel fango, scivoli di continuo!” “Pensi di correrla ancora?” “Ma certo! E’ la più bella gara del mondo!””
(Theo De Rooy – 1985  - dopo il ritiro dalla Parigi Roubaix)


Quando si dice “Ai miei tempi saltavo i fossi per il lungo”. Loro l’hanno saltato!


Il futuro è sempre negli occhi di chi lo sa guardare…


... perchè, per fortuna, c'è un futuro!


Una volta alla Milano nei Parchi venivano ragazze con la borsetta ed il trucco. Adesso quelle ragazze affrontano anche il diluvio...


... e sorridono pure! (Non c'è più' la gioventù di una volta)


Il modo migliore per sveglliarsi dall'inverno: una mezza maratona, così, senza allenamento, senza preparazione, alla spera-in-Dio (Abbiategrasso – 16 febbraio  - qui ero già brutto…ma ancora in spinta. Lillomarka rulez!!!). La fatica di una podistica la misuro dal numero di giorni che trascorro lasciandomi cadere a peso morto sulla tazza del cesso, perchè le gambe sono come morte. Abbiategrasso 2 giorni - Strabesana 2 ore


Dai che si ricomincia!