Stegal67 Blog

Wednesday, July 22, 2009

(Quinta tappa)

Slovenia: tornerò!!!

E si arriva così alla fine di questa ennesima avventura... tra i sassi e le buche ed il caldo opprimente, ma è sempre diecimila volte meglio che stare seduto in ufficio ad aspettare che piovano ca$$i&martelli.

Il menu domenicale prevede la sveglia presto, perchè (cara grazia) si parte nei primi minuti di gara invertendo la tendenza dell’ultima OOCup quando il gruppo GOK partì a fondo griglia con la prospettiva dell’apocalisse autostradale.

Primi minuti di griglia = temperatura accettabile. Sarà per questo motivo, sarà per via del fatto che dopo quattro giorni di battaglia qualche cosina sui sassi e le buche l’ho capita, sarà per la mega-cena a base di mega-pasta alla Gostilna di Vhrnika... ma stavolta le gambe girano parecchio! Ed è per questo motivo che prima l’amico Rudy Rooman e poi Bea Arn mi vedono passare nel bosco in stile “Ma pensavi di fare la finale dei 100 metri alle Olimpiadi?!?!?”.

Poi, ovvio, it’s orienteering e quindi si tratta anche di trovare le lanterne (un punto 8 decisamente facile sulla cartina ma bastardo non poco per me che arrivo a quel punto un po’ in deficit di ossigeno), ma dopo cinque giorni ho anche nelle orecchie la musichetta di “You! You and me! I feel so high when I think Orienteering...” che scoprirò solo oggi essere made by Manfredi-Viale... e con questa compagnia i punti vanno via abbastanza veloci uno dopo l’altro e ... surprise!... ad un certo momento sono a 3 punti dalla fine ed ho ancora energie per aumentare il ritmo!

Quei “3 punti dalla fine” mi piacerebbe persino che fossero belli complicati da godersi fino all’ultimo metro, ma ormai il bosco di Logatec non ha più segreti ed è sufficiente tenere d’occhio le tracce di sentiero per arrivare con una certa precisione in zona punto. Gli ultimi due, poi, sono un tuffo verso il traguardo in discesa a ripercorrere la stessa strada del giorno precedente. Ed improvvisamente scopro che anche la OOCup 2009 è finita!

Con la mia P.M. camuffata (mentalmente) da tappa corretta.

Con le maledizioni tirate al milioneedottocentomila tra rocce e roccette che invece da un certo punto in poi sono diventate quasi amiche.

Con i tracciatori che sorridono quando arrivo nella tenda dello scarico si-card dopo aver sentito per 3 volte l’intervista di Wolfang Poetsch (due volte al microfono) al quale rispondo sempre che la Slovenia mi piace molto e che la considero un vero Paradiso per l’orientista.

Per questo “Tornerò!”, ed anche per la birra Union, per la Nudina con il Karst Ham, per la Ljublijanska (o come diavolo si dice) da qualche etto... mi beccherò ancora il caldone e le rocce ed i disboschi ma chissenefrega! Per questa volta do retta alla coppia Manfredi-Viale:
“... I Like to compete – Being a champion – Is my secret dream!...”.

(Quarta tappa)

Slovenia, restituiscimi gli occhiali!!!

Passata la sventola della P.M., non mi resta che buttarmi con rinnovato vigore nelle ultime due tappe che passano dalla location attorno alla località innominabile ai dintorni di Logatec. Una quarta tappa lunga che si sviluppa in un bel bosco bianco e con tante rocce.
Partenza tranquilla e primi punti fatti benino prendendo le misure al bosco. Il tempo di soccorrere una W18 che si disintegra sui sassi cercando di arrivare alla lanterna prima di me (terzo punto – cocuzzolo) e vado via bello tranquillo sulla traccia che dalla 5 mi porta alla 6.

Premessa: è già capitato due volte che i rami di questo bel bosco “bianco” mi portassero via di netto gli occhiali, ma per fortuna entrambe le volte mi sono caduti o in mano o sui piedi. Nella quarta tappa non sarò così fortunato: tratta 5-6 e anziché fare il giro a destra o a sinistra sui sentieri mi butto dentro di testa nel bianco fitto... dai e ridai ad un certo punto una mano velenosa mi artiglia gli occhiali e me li strappa di dosso.
...
I puntini di sospensione stanno a descrivere i circa 10 minuti passati carponi nel verdone sassoso a cercare l’unico paio di occhiali decente in mio possesso :-(((

Quando ormai il panico è dirompente e sono quasi alle lacrime, passa sulla stessa linea un temerario della M18 che mi vede per terra e, in francese, mi chiede se è tutto ok...
“Ho perso gli occhiali... c’è una cosa rossa attaccata...” (come se quello potesse star lì ad aiutarmi)
E con la coda dell’occhio lo vedo chinarsi a 3 metri da me...
“Sono questi *”.
Francamente vorrei abbracciarlo e baciarlo e offrirgli una magnum di champagne; l’asterisco in fondo alla battuta “Sono questi” sta ad indicare che non so se è un “!” o un “?”.
Nel primo caso una bella botta di fortuna per me, mentre nel secondo caso la botta l’avrebbe presa prima lui... non è che nel bosco sloveno gli occhiali crescano come funghi!

Scampato il pericolo, mi appropinquo alla tratta lunga (mooooolto lunga) come se fosse una passeggiata; tanto la concentrazione è a ramengo ed il bosco è bianco.

Bianco. Nel senso che hanno finito il toner!!!

Un groviglio inestricabile di sassi, disboschi, ramaglie, erbe basse che nascondono voragini! Bianco??? Ma non c’è in tutta la stramaledettissima ISSOM un simbolo per dire che da mezzo metro di altezza in SU è tutto bello come ai MillePini ma dal mezzo metro di bassezza in GIU’ è un inestricabile e pazzesco inferno???

Niente da fare: l’unica cosa che si può fare è portarsi rapidamente fuori dal casino ed affrontare tutte le tratte quanto più possibile su sentiero. Purtroppo da metà della quarta tappa in poi diventa veramente un terno al lotto capire se il bosco bianco tra le mega-depressione è “corribile” o è bianco “per modo di dire” (si veda in proposito anche il blog di Rusky.

In ogni caso qualche bella lanterna nel finale mi vede ancora lottare con i rami bassi (ma ci sto più attento) per un finale in 1h35m che ritengo più che soddisfacente per me.

(Terza tappa)

Slovenia P.(orcaccia) M.(iseria)...

Oggi ho scoperto, sulla mia pellaccia, quanto sia difficile mantenersi lucidi quando si va clamorosamente sopra soglia, per di più sotto il sole cocente. Terza tappa simil-sprint (per quanto si possa definire sprint una gara che si corre tra le rocce slovene) con un percorso di poco più di 3 km e mezzo e 19 punti di controllo. In pratica un gran corri&vai da un punto all’altro, sempre più freneticamente, sempre più veloci, sempre più cotti... fino al botto finale!

Dislivello, as usual, non noto. Ma questa volta sensibile e ben identificabile visto che soprattutto ad inizio gara il tracciato manda da una collina all’altra ed in mezzo ci sono anche delle vallette abbastanza profonde... quindi la prima parte del percorso è tutto un su e giù cercando almeno di limitare la strada e di rimanere sotto la linea magenta visto che il bianco del bosco lo permette. Il bosco permette anche in questa terza tappa di essere precisi... le lanterne sono talmente vicine che l’uscita dal punto coincide con l’attacco di quello successivo quindi a meno di grossi svarioni non è possibile sbagliare molto. La velocità rimane elevatissima e la temperatura pure.

Finisce così che arrivo al punto 14 in gran spolvero, almeno per le mie possibilità, ma completamente cotto. Comincio ad essere impreciso alla 15, ed alla 16 ho l’ultimo guizzo di lucidità riuscendo persino a staccare il francese che lotta per il podio. Il trasferimento alla 17 tutto su sentiero ad evitare un profondo vallone verde e poi ... la nebbia: arrivo vicino alla 17 attaccandola dalla cima di una collina e nell’ultimo secondo di lucidità guardo verso il piede della collina per cercare il punto (parete rocciosa al piede). L’ultimo secondo, appunto. Cotto come sono finisco per percorrere la cresta della collina, anziché scendere, e trovo un’altra lanterna: arriva di fronte a me un Elite che urla per chiedere strada ed io, anziché controllare il codice, punzono di volata e mi butto a capofitto.

Risultato: P.(orcaccia) M.(iseria)! Che sarebbe in realtà P.E. ma in fondo è lo stesso. Nelle ultime due lanterne sono veramente cotto: alla 18 ci arrivo in stile zombi, mentre attorno a me Petr Losman rimbalza da una roccia (e da una lanterna) all’altra passandomi accanto due volte per chiedermi se ho trovato il punto. E anziché andare alla 19 vado direttamente al finish. La mia gara durerebbe 58 minuti, e sotto l’ora sarebbe un bel risultato, e devo dire che non mi importa tanto la P.M.: so che è dovuta al fatto che ho tirato over my top in questa tappa, e quindi sapete cosa dico? Che mi va bene così!

(Seconda tappa)

Slovenia poetica.
Oggi tutti quanti si son dati un gran da fare a colpi di frasi celebri.
Ha cominciato Rusky prima della partenza: “Oggi si fa LA GARA!” (intendeva: oggi si determina la classifica finale).
Ho continuato io dopo l’arrivo: “Ma chi ci ammazza più a noi dopo ‘sta gara?”

In effetti la gara di oggi non è proprio identificabile come una passeggiata nel parco. Il vincitore di categoria ci mette 62 minuti, che per 5,3 km (il dislivello non è mai noto) sarebbero una media da esordienti alle prime armi.
But Slovenia is Slovenia. Se ne accorge Wolfgang Poetsch che al minuto 50 di gara dice più o meno qualcosa del titpo “Stiamo ancora aspettando il secondo concorrente al traguardo”.
Se ne accorge l’amico belga Rudy Rooman, che se solo ci fossero stati ancora due o tre punti stavolta lo “palavo”.
Me ne accorgo io che sono felice per aver chiuso in 93 minuti lasciando alla fine solo 5 minuti netti di errore su due punti (5 e 9) e tirandomi fuori, non ho ancora capito se con classe o di puro deretano, da due errori di parallelo che rischiano di portarmi completamente fuori dalla zona punto.
Se ne accorgono anche Bibi e PLab, che chiudono ben oltre le due ore di gara ma senza ritirarsi, lasciando talvolta (soprattutto Bibi) minuti a mazzi tra le centinaia di buche del bosco, e son un tempo simile non sono nemmeno a fondo classifica!

Quindi tutto sommato sono convinto di aver detto io la frase giusta: “Ma a noi... ma dopo una gara del genere chi ci può ammazzare più?!?”. Detto prima di altre tre tappe della Orienteering On Line Cup, potrei scoprire presto di essermi tirato sui piedi la gufata del secolo...

See you tomorrow!

(Prima tappa)

Slovenia violenta.

Non è il titolo di un filmetto di serie C anni ’70 stile “La polizia s’incazza”... Slovenia violenta è ciò che ogni volta ci troviamo di fronte in queste belle gare estive come la Orienteering On Line Cup.

Ma si può essere così stanchi e a pezzi dopo una gara di soli 4 km? (il dislivello come sempre non è noto). Si vede che si può! Slovenia divertente. Slovenia tecnica. Slovenia impegnativa. Ma sempre "violenta" è... Il primo della classifica M40 vince con circa 48 minuti, ed è un viaggiare veramente forte, credete a me!

Io impiego 26 minuti a venire a capo delle prime 9 lanterne che sono tutte un continuo stop&go in mezzo alle milionate di rocce ed alle mille depressioni della zona di Crni Vrh. Poi ci sono le due tratte lunghe senza troppi punti di riferimento, con i bordi delle depressioni che diventano da “bianchi” a “verdi” e bisogna lottare contro la fatica e la forza di gravità per riuscire a tenere la linea voluta.

Tratte lunghe che diventano veramente impegnative in zona punto, quando l’approssimazione con la quale si arriva vicino al cerchietto è più alta rispetto alla prima mezz’ora di gara... la depressione che ci sta davanti è quella che mi porta in zona punto, o un’altra vicina, o una che non ci azzecca niente? Nella prima tappa della OOCup, appena il tempo di abbandonare una zona veramente infestata ed insidiosa (nella quale è difficile anche per i migliori muoversi a meno di 10 minuti al kmsf) che il loop finale ci ributta nuovamente proprio in mezzo alla suddetta zona...

Il mio primo tempo di gara è di 1h12m... e ad un certo punto pensavo pure di riuscire a stare attorno all’ora! Non fosse altro perchè il ceco che mi partiva davanti di 4 minuti l’ho beccato al punto 4 e l’ho staccato al punto 5. Poi lui ha inserito il turbo per concludere in 62 minuti. Ma in Slovenia i minuti di vantaggio e di svantaggio si misurano con l’orologio del campanile, ed io sono contento della mia prima tappa.

Capitolo a parte. Ci sono 3 gare a Crni Vhr. Una è quella di oggi, una domani a Predgridze. La terza? PLab mi assicura che non sarà in quel posto di cui evito persino di fare il nome... sennò mi sa che non riesco a tornare a casa!

Monday, July 20, 2009

(Non credo di aver mai scritto un post così palloso... ma il diario voleva la sua parte).


DIARIO MASSIMO DI 6 GIORNI DI GARE - Dolomiti 5 Days (da atleta e da speaker) e JWOC (da speaker e basta!)





Sabato mattina.
Si comincia con una coda siderale in autostrada (30 km circa) non segnalata da nessun Isoradio al mondo (sennò poi la gente non entra nemmeno in autostrada e gli incassi dei pedaggi vanno a ramengo...). L’inizio delle vacanze si prospetta impegnativo, ma per fortuna non ci sono più intoppi sulla salita verso Imer: quando la valle si apre appena prima del bivio per Canal San Bovo lo spettacolo delle montagne è meraviglioso.
Al centro gare, la calma del sabato precede la tempesta... in tutti i sensi! Un po’ di facce note, una ultima occhiata al software made by Doff & Costella; si può andare in camera a riposare mentre dal cielo vengono giù in sequenza una serie di acquazzoni che fanno pensare “Meno male che sta sfogando adesso!”. Mai previsione sarà meno azzeccata :-)

Domenica.
Ci si alza tardi. La giornata inizia stancamente e ciò contribuisce a mandarmi un po’ nel panico: infatti mancano poche ore alla partenza della giostra ed io non sono ancora riuscito a parlare con gli speaker. Visto però che non posso fare molto da solo per anticipare i tempi, tanto vale seguire il gruppo GOK oltre Passo Rolle nel paradiso di Bellamonte per un allenamento veloce. Che consente anche di farsi una idea della strada e dei tempi di percorrenza per S.Martino ed il Passo.
Dopo l’allenamento svolto con una concentrazione meno che decente in quanto la mente vaga sugli impegni del pomeriggio, nuovo trasferimento al centro gare ed ecco che finalmente gli speaker possono cominciare a guardarsi in faccia. Il meeting serve a me (“il coordinatore”) per capire soprattutto a che ora e di che cosa c’è bisogno nell’immediato per garantire la partenza delle attività. Con il senno e l’esperienza di poi, capisco che avrei dovuto concordare ben altro... :-(
Durante la riunione capisco che le prime due giornate di gara saranno quelle cruciali in quanto si parte lunedì con le gare della Dolomiti 5 Days e i JWOC in parziale sovrapposizione, e martedì con una sovrapposizione pressoché totale. Il team comunque sembra ben affiatato.
Ed è proprio da questo apparente affiatamento che, vista a posteriori, nasceranno tutti i casini dei primi giorni.
La giornata si chiude comunque in bellezza perchè scopro che nello stesso hotel dove sto io c sono anche Claudio Valer e la sua crew che prepareranno le partenze. Riesco quindi a concordare tutte le mie presenze alle partenze delle gare, il che mi consentirà di prendere parte regolarmente alla 5 giorni delle Dolomiti grazie anche al sicuro appoggio che mi garantiscono Roberto T. e Adriano B., nonché “mister furgo” Fabio D.R.


Lunedì.
Si comincia con le sveglie all’alba. Alle 7 del mattino sono al centro sportivo di Mezzano da dove partono i furgoncini che salgono a Caltena-SanGiovanni. Grazie ai miei buoni uffici e ad una certa dose di faccia tosta riesco a farmi scarrozzare avanti ed indietro tra la partenza e l’arrivo, ed alle 8.20 sono sotto i tendoni della partenza pronto a dare il via alle danze.
La gara parte con un tempo che non è dei migliori: pioverà per tutta quanta la mia prova. E nel bosco è ancora abbastanza buio. Nonostante questo, la gara è molto divertente almeno per i primi 6 punti che sono abbastanza vicini e restano in zona partenza. Sulla lunga traversata verso il primo punto lontano, il guaio! Mi parte un piede verso valle e finisco lungo e disteso... provo a rialzarmi e capisco subito che c’è qualcosa che non va perchè il primo passo lo faccio in maniera innaturale: è la scarpa destra. Si è squarciata a metà!
Il primo pensiero è quello di scendere al traguardo... ma così facendo manderei a carte e 48 tutte le sfide incrociate in classifica. Decido quindi di procedere nel bosco con una scarpa in mano, mentre per i due pezzi in asfalto decido di mettermi quel che resta della scarpa per proteggere il piede.
Ovviamente c’è un piccolo problema: da lì in poi perdo completamente e continuamente cognizione della salita fatta, della distanza percorsa... il che mi porta a concludere la gara sotto l’acqua e con un tempo appena sotto l’ora e mezza. Sul rettilineo finale lancio la mia scarpa verso la stazione di finish e mi lascio andare ad una imprecazione: per fortuna il fonico Lucio fa partire “We are the champions” che soffoca un po’ la mia ira.
Da quel momento e per circa 3 ore farò coppia con Wolfgang Poetsch a commentare gli arrivi della 5 giorni, con un occhio di riguardo per le classi Elite e certi grossi nomi del passato che arrivano al traguardo, in una atmosfera di ottimo accordo e di collaborazione. Esce anche il sole e sul traguardo si fermano parecchi concorrenti, quindi le nostre voci non vanno del tutto perdute.

Alle 13.30 è ora di scendere a valle per la gara sprint. Lascio Wolfgang all’arrivo ed arrivo a Mezzano in tempo per vedere Timo, Andrea e Lucie che hanno già preparato tutto per l’evento che apre i JWOC.
Il commento a tre andrà tutto sommato abbastanza bene: i miei interventi sono sia in italiano che in inglese, Timo fa da main speaker e Lucie si trova invece un po’ sacrificata con poco spazio e poco tempo. Il problema sono i miei interventi in inglese.
Cosa avevo capito io? “Stegal è la voce italiana ovvero abbiamo nella crew uno speaker italiano che, come gli altri, sosterrà il commento in multilingua”.
Cosa avevano capito gli altri? “Stegal è la voce italiana ovvero: commenta gli arrivi degli italiani e fa il recap delle classifiche, sempre in italiano, nei momenti vuoti”.
Questa incomprensione costituirà il nocciolo dei problemi che ci saranno nei giorni successivi...
La giornata comunque termina in gloria, con Mezzano inondata dal sole e con le premiazioni a spalti quasi gremiti. Devo ancora vedere le immagini della mia intervista, che non sono andate in onda su Vimeo.
Torno a casa felice ma un po’ perplesso per alcuni atteggiamenti “body language” che non ho capito da parte dei miei compagni di avventura durante i miei interventi.


Martedì.
Una nuova sveglia all’alba che più alba non si può. Destinazione Passo Rolle. La mia gara parte alle 7.30 e per fortuna c’è bel tempo (nel bosco una umidità pazzesca e la nebbia...). Non è una gran prova, la mia, deconcentrato dal pensiero dell’impegno successivo; alla 10 o 11 la mia si-card non reagisce alla stazione elettronica. Succederà altre volte in questa settimana primierotta ma imparerò presto che alcune volte devo tenere la sicard nella stazione anche per 6 o 7 secondi prima di avere una risposta; nell'occasione, invece, sono talmente stanco che non mi accorgo nemmeno che la lanterna (110 mi pare) ha DUE stazioni... punzono sulla carta ed arrivo al traguardo in tempo per vedere che fervono i preparativi di Timo, Lucie ed Andrea.

Come è andata a Passo Rolle credo che tutti lo sappiano. La giornata parte bene ma poi volge decisamente al peggio dal punto di vista meteorologico... oso dire che abbiamo rischiato un autentico remake di Gavia 1985 (Giro d’Italia) con gli atleti dei JWOC e della 5 giorni che arrivano al traguardo sotto la bufera. I campioncini sono partiti con le canottierine leggere e devono aver patito un freddo d’inferno, soccorro personalmente un australiano stravolto che ha gli occhi sbarrati e mi sembra sotto choc ed una bulgara in ipotermia cui butto addosso il mio pile. I partecipanti alla 5 giorni forse sono partiti un po’ più bardati, ma è veramente delirante vedere all’arrivo bambini ed anziani che hanno affrontato la tormenta.
In mezzo a tutto questo, il compito originale di Stegal sarebbe stato quello di fare da “voce italiana” (vedi sopra) più commenti ogni mezz’ora sull’andamento della 5 giorni cui partecipano quasi 4000 atleti.
L’incomprensione già citata si somma al fatto che gli speaker stranieri non hanno nessuna intenzione di lasciare spazio alla 5 giorni: la gara long, che pensavamo di vivere come una allegra attesa tra un passaggio e l’altro, durerà 7 ore senza interruzione di risultati dal bosco anche quando passa il 50° in classifica... risultati in inglese, francese (quanti francesi sono tra il pubblico?), tedesco, finlandese, svedese, russo (quanti russi sono nel pubblico?). Il “body language” diventa apertamente scocciato ed irato, i miei interventi sono limitatissimi e quando provo a dare in inglese un aggiornamento sulla 5 giorni vengo “montato” sulla linea del microfono. Dal bosco Marco Bezzi in versione “uomo koala” mi passa per tutto il giorno sms con aggiornamenti sui passaggi dei ragazzi, aggiornamenti che nella mia proposta non hanno un tempo ufficiale di gara ma raccontano chi passa con chi, in quali condizioni fisiche e mentali... insomma ce ne sarebbe per imbastire un bel racconto, nei miei prewiew mentali! Nulla di tutto questo riesce bene. Ci si mette anche la bufera che si abbatte sulla zona: nei momenti più drammatici della giornata, prima che la tempesta ci costringa ad interrompere la cronaca, secondo me la voce dello speaker poteva essere l’unica a fornire ai concorrenti arrivati qualche indicazione; ci sono ambulanze che vanno e vengono in continuazione, con bambini portati nei ricoveri di fortuna che cercano i genitori, atleti che vengono portati via in ipotermia, c’è la guardia di finanza che chiede di informare che la palestra in cima al passo è stata aperta agli atleti come ricovero di fortuna... niente da fare. La cronaca è aperta solo per i (maledettissimi) JWOC!
Poiché non ho alcuna intenzione di star lì con le mani in mano, mollo il microfono e mi metto a fare la spola tra la direzione gara e le poche tende delle squadre per capire chi stia cercando chi, chi sia in difficoltà...
Poi la tempesta passerà, e ci sarà ancora modo per un paio di ore di riprendere la gara dal punto in cui l’abbiamo lasciata. Ma ormai la frittata è fatta: continuiamo a litigare per la linea ed io divento praticamente un oggetto estraneo nel nucleo che sta sotto la tenda speaker; quando la gara termina non vedo l’ora di rientrare in hotel, con il pensiero di mollare tutto. Mi chiedo perchè si debba fare il commento in 6 lingue diverse, perchè non si possa dare spazio anche alla 5 giorni, ma soprattutto perchè (la cosa è palese) la crew non abbia fiducia della voce italiana, nemmeno quando questa si limita ad urlare a chi detiene il microfono quale atleta compare in fondo all’ultimo pratone per arrivare al traguardo.
“Go Soren Go...” pronunciato sottovoce che più sottovoce non si può nel momento di maggiore pathos della gara diventa il ritornello che accompagnerà le successive 48 ore.

Mercoledì.
Che io sia molto arrabbiato lo vede tutto il GOK e tutta la componete organizzativa che sta a Mezzano. E’ comunque il giorno della gara di Trail-O di Calaita. Una gara individuale e a squadre che mi vede al via schierato nel team "Italia1" con i fortissimi Remo M. e Alessio T.: una bella responsabilità, direi!
La gara di Calaita è molto bella, con i primi punti nella malga davanti al lago; passo alcuni minuti a spiegare in inglese a Peter “baffo” Heim i rudimenti del trail-O, previa richiesta di permesso ad un atleta nazionale prima che vengano fuori polemiche... ma tanto poi norv-ici e finn-ici faranno la gara tutti insieme :-)
Il punto più bello della gara è il sesto, con una descrizione “in mezzo tra albero e sasso” che per molti minuti tanti interpreteranno come un “cerchietto scentrato”: ad un certo punto la lampadina si accenderà nella mia testa e capirò che l’albero in questione è davanti a me mentre il sasso... è alle mie spalle oltre la strada! Bellissimo.
A fine gara (nella metà alta del ranking individuale, ma battutissimo da Bibi che afferma di non aver capito nulla e termina sesta...) scopro di aver sbagliato il punto 10 ma di aver fatto passo per passo gli stessi ragionamenti (e conclusioni) di Teno e Pitto... e mi va bene così! La squadra vince, prima di misura e poi con un certo margine quando una clamorosa Zeta viene definita come tale (il punto era fuori di 30 metri almeno!). Sul podio anche la Repubblica ceca ed il team di Italia 2 con Bibi, PLab e Rusky!
E’ sera, ed è quasi ora di pensare alla gara middle: con che animo mi presenterò alla tenda speaker?


Giovedì.
L’animo è di quelli buoni ma il fuoco cova sotto la cenere. Andrea ha fatto opera di mediatore richiedendo ai main speakers di lasciare un po’ più di spazio alla lingua italiana. Ci accordiamo sulla condotta da tenere visto che non bisogna far trapelare informazioni sulla composizione delle batterie. Io cerco di mantenermi sul mio compito di voce italiana ma al primo intervento (sul primo passaggio al primo intermedio di un concorrente che, purtroppo, è nella prima batteria) vengo duramente e pubblicamente cazziato per non aver mantenuto l’atteggiamento neutro previsto: quel “primo” che i colleghi hanno captato in italiano viene interpretato come una informazione scappata sulla batteria di gara anziché come un riferimento al primo passaggio di un concorrente nel bosco.
Il che mi fa veramente girare le scatole a mille: avendo parlato in italiano, ben difficilmente i miei colleghi di avventura possono capito quel che ho detto, quindi perchè mi devo subire la pubblica umiliazione? A questo punto è il mio body language che diventa inequivocabile: non posso infatti che rispondere in altrettanto malo modo chiedendo un po’ più di rispetto per il mio lavoro, poi lancio via il microfono, prendo la mia roba e vado a cambiarmi in auto.
L'attimo di follia dura una decina di minuti, poi la domanda che mi passa per il cervello è “Perchè devo dargliela vinta così?” e poi “Chi aspetta al traguardo i ragazzi della squadra azzurra?”.
E’ solo come risposta a queste due domande che sono tornato in tenda speaker.


Il resto rimane nelle immagini registrate da Franz Isella, negli sguardi esterrefatti dei norvegesi posizionati di fronte alla tenda speaker, nei commenti allo streaming che sono stati messi su internet (dove chi commenta si chiede se ho bevuto un bicchere di troppo o se lo speaker è diventato pazzo o se può essere selezionato per il Fantasy-JWOC...) . E nei ringraziamenti degli azzurri che mi hanno sentito dal bosco.
Andrea, sempre pacato, mi suggerisce di limitare il fuoco, di non usare come carburante per il commento la rabbia che ho in corpo. Lui è sempre troppo tranquillo e paziente, secondo me... L’immagine che più mi rimarrà dentro, però, è quella delle lacrime di Elena Roos: coraggio Elena! Hai tutto il tempo per rifarti!!!

Alle 13 sono in gara per la terza tappa della Dolomiti 5 Days. Sono l’unico quel giorno a prendere la grandine, eppure Fabio Dalla Riva mi aveva detto di aspettare una decina di minuti prima di riprendere il via. Faccio comunque una gara abbastanza pulita, evitando il mega-vallone durante la tratta lunga (ci giro attorno facendo un pacco di chilometri... ma quasi tutti in piano). La mia postazione speaker è tutto solo (con il fonico Lucio) nel piazzale dell’Ecotermica. Dove riusciamo a fare un bel po’ di casino tra musica anni ’80 e ricordi delle Olimpiadi di Lillehamer... visto che ad un certo momento mi chiamano al telefono dall’arrivo vero di Prà delle Nasse, chiedendo di limitare volume e quantità di audio visto che laggiù nel prato i commenti sono un po’ col contagocce.


Venerdì.
Siamo quasi in dirittura di arrivo. Le mie speranze sono affidate a Nicole, Carlotta e Roberto. Alla buona gara di Carlotta rispondono i “capelli biondi al vento” che passano al primo intermedio con lo stesso tempo della vincitrice svedese. I miei colleghi speaker ormai sono quasi abituati al volume che si alza di parecchi decibel quando intervengo sulla linea, e caspita! forse questo contribuisce a dare la sveglia a qualcuno, visto che all’arrivo di “King” Taivainen (oro di giornata) persino il compassato professionista finlandese decolla dalla sedia e si lancia per una intervista a caldo con un volume di commento (a me) accettabile.

A fine gara ancora un veloce trasporto in zona partenza, ma quando entro nel bosco ricomincia a grandinare di brutto! Sembra un brutto incubo e mi lascio andare ad un urlo belluino (tanto non mi sente nessuno...) “Ma perchè proprio a me? Che cosa devo scontare ancora???”. Smette per fortuna di grandinare nel giro di mezz’ora (passata a ripulire la carta dai chicchi...) ed arrivo addirittura a Prà delle Nasse con il sole. Non posso dedicare molto tempo alla Doomiti 5 Days in quanto mi devo fare bello per la diretta Rai delle ore 18. Diretta che parte, nonostante avessimo concordato la scaletta con anticipo, con una domanda a bruciapelo (... a tradimento...) al sottoscritto, che nella risposta brucia parte degli argomenti che dovevo usare nel resto dei 32 minuti live davanti alle telecamere.





Mentre parte del gruppo GOK prende il via della quarta tappa, con la grandine ancora imperversante ed il buio imminente, Bibi ed io ci rechiamo nella piazza principale di Fiera per la premiazione della gara di trail-O. Nonostante la fame e la stanchezza ed il pensiero che l’indomani mattina la sveglia è veramente all’alba, tutto il gruppo GOK arriva per i festeggiamenti; 4 GOK-kini salgono sul podio con Alessio Tenani, ed alla luce dei riflettori mi accorgo di quanta parte della piazza riescono a vedere i premiati dal podio: nemmeno una piastrella! Troppa luce negli occhi. La musica di “Running!” forse non è troppo indicata per una premiazione di Trail-O... ma chissenefrega???


Sabato.
E’ la dirittura di arrivo. Adesso veramente il meccanismo in tenda speaker sembra ben oliato, se si potesse partire da ora per un’altra settimana di gare saremmo veramente ben rodati. Occorreva, in fondo, che a turno ci si desse il cambio in modalità “Spielberg” (il regista) per dare la linea ora a questo ora a quello...
Ancora una partenza solitaria all’alba, per una corsa in Val Canali che nel finale diventa il momento del rimpianto, del “perchè tutto questo deve finire?”. Incrocio i passi di alcuni concorrenti che gironzolano per il bosco ben prima delle 9 e quando arrivo all’ultimo punto (dopo aver sbagliato a punzonare il penultimo... e per fortuna sono tornato indietro a controllare!) ho veramente finito le mie fatiche da atleta.

La mattinata della 5 giorni si completa poi accogliendo in tenda anche Aaron Gaio, sempre più a suo agio con microfono ed interviste, e Wolfgang; finché arriva il momento di dare il LA alle staffette, operazione che Andrea mi passa “armi e bagagli”. Lo speaker finnico arriva e per la partenza è già tutto pronto; lo streaming del VIA! che mi è stato passato da Alberto e Remo vorrei tanto affiancarlo alle immagini, che comunque scorrono nella mia mente senza alcun salto di fotogramma.
Una gara appassionante ma che forse non ho goduto quanto avrei voluto. Troppa poca esperienza per me nelle staffette mondiali... il ritardo delle due squadre azzurre ai primi passaggi è già sensibile rispetto ai migliori che viaggiano con il turbo incorporato. Il che fa si che nella postazione speaker talvolta mi perdo i passaggi oltre il 20° posto (ultimo disponibile in grafica). Poco male... cercho di dare comunque il massimo in velocità per aggiornare le classifiche in italiano, in una occasione una ventina di secondi in apnea a declamare posizioni e tempi dei primi 10 senza prendere fiato.
Il “body language” dei miei compagni di avventura, mannaggia, è sempre appena al di qua del lecito... ma penso che in fondo saranno stanchi anche loro. In un clima di reciproca sopportazione ed aiuto riusciamo comunque a portare a casa la staffetta e l’ultima gara e con questa i JWOC.

Sinceramente, credo che una crew composta da Wolfgang, Andrea ed Aaron potrebbe portare a casa anche un Mondiale assoluto. L’apporto dei professionisti del settore contribuisce a garantire un livello elevato come base da cui partire per un commento veramente efficace e coinvolgente, ed era questo ciò a cui puntavo quando ho iniziato a coordinare il gruppo.

Non sempre però ci sono riuscito: forse la nostra mentalità è più “sbracona” o più carica di pathos... L’importante è che questi JWOC siano terminati in gloria per tutti, speaker stranieri ed italiani compresi.

Monday, July 13, 2009

8 giorni
6 gare disputate
1 vittoria nel Trail-O a squadre (grazie a Remo ed Alessio...)
10 gare da speaker (5 JWOC e 5 Dolomiti Five Days)
5 chili persi (li sto già riguadagnando)
0 pasti a mezzogiorno (nemmeno un panino)
3 caramelle ed 1 Benagol

Questi sarebbero i numeri puri. Ma le emozioni e la passione non riuscirebbero a stare in un Giga di parole!
Forse la cosa più bella l’ho vista alla fine, e credo di averla vista solo io tra tutti.
Quando tutto era ormai stato sbaraccato, quando sul prato di Val Canali non era rimasto quasi più niente. Ad un certo momento dal fondo del prato è venuto avanti un rumore costante di passi, era la volata per il milionesimo posto della staffetta.
Erano 3 ragazzi che potevano benissimo fregarsene: Irlanda 2, Belgio e USA 2. E non se ne sono fregati!
Hanno tirato alla morte fino all’ultimo metro, ho visto la gioia in viso dell’irlandese che è riuscito ad andarsene sul rettilineo finale... forse per lui era come una volata per l’oro. Ho visto il viso del belga e ho letto il fumetto: ok non ho vinto la volata ma non sono nemmeno l’ultimo.
Ho visto il viso disperato dello stars & stripes che avrebbe dato l’anima per un posto più avanti, fosse anche il milionesimo meno 1 posto.

E’ stata per me la somma di tutti gli 8 giorni, l’evento che ha rischiato di aprire le cateratte delle lacrime perchè quella grande cosa che abbiamo avuto per 3 anni DAVANTI a noi nella linea temporale che va in un solo senso, in quel momento è finita DIETRO e tornerà solo nei ricordi.

Ci sono state, in questi 8 giorni, tantissime cose belle e poche cose meno belle.

Ci sono state le frasi a sensazione.
“La gara non è finita finché l’ultimo svedese non ha parlato!” (Stegal – sprint – about Jerker Lysell che... poraccio!... ha mancato il punto radio ed ha perso la gara)

“Ecco i capelli biondi emergono dalla foresta!” (Stegal – qualificazione middle – about Nicole Scalet)

“SI! SI ! SI!” (... non è un film di quelli che pensate voi... Stegal – qualificazione middle – all’arrivo di “Truffa”. I norvegesi davanti a me erano di pietra!)

“Se non sapete cosa è successo a Lillehammer nel 1994, allora vuol dire che non siete italiani e non siete nemmeno norvegesi!” (Stegal – terza tappa della Dolomiti 5 days)

E quelle meno a sensazione :-) quel “go Soren so” (l’effetto smooth, l’effetto sottovoce mettetelo voi... io avrei fatto mooooolto più casino per l’arrivo di Bobach, stremato alla fine della long, che si stava giocando l’argento con Hubmann) che mi ha mandato la gara long per traverso più di quanto avessero fatto il maltempo, il mio pessimo ultimo terzo di gara alle 8.30 del mattino ed il fatto che non stavo riuscendo a lavorare con i due professionisti.

(in ogni caso la seconda foto è emblematica...

http://www.orienteering.org/i3/index.php?/iof2006/news
/junior_world_orienteering_championships_photos_from_long_distance

notare la sciarpa al vento, quella dello stadio di Murrayfield)

E anche quelle brutte, come quella pronunciata da una persona che sta ben in alto nell’organigramma della nostra Federazione, che non ho capito se ha “parlato dietro” a me o ai ragazzi della squadra nazionale. Se ero io passi... ma se erano i ragazzi la mia risposta è stata molto chiara: avrò perso “i voti” di questa persona, ma francamente ne faccio benissimo a meno. I ragazzi non si toccano.

Non sapevo che ci fossero le dirette RAI, e mi è toccato prendere parte ad una di queste e subire a bruciapelo la domanda di apertura che non era nemmeno prevista dalla scaletta!
Non sapevo nemmeno che ci fosse lo streaming audio, finché sabato Er-team e il FitMonza e tanti altri mi hanno detto “Fai venir giù le montagne anche oggi!”.

C’erano tante cose che non sapevo.

Non sapevo neppure che Andrea R., Aaron G., con un bel po’ più di un pizzico di Wolfgang P., avremmo potuto fare noi quel mondiale... magari ci sarà un’altra occasione del genere in Italia ma io sarò troppo vecchio.
Non immaginavo che all’arrivo della terza tappa sullo sperduto piazzale dell’Ecoqualcosa di S.Martino alcuni Elite si sarebbero messi a ballare al ritmo della musica del fonico Lucio. E che Maja Alm, Helena Jansson, Leif Stormer e Allan Mogensen avrebbero avuto così belle parole di apprezzamento per le gare e per lo speaker solitario che stava parlando per i soli concorrenti all’arrivo di quel terzo giorno.
Non ricordavo la bellezza del Lago di Calaita e della Val Canali, e mi sono ritrovato in posti tra i più belli al mondo come tanti tra i 4000 presenti non ne avevano mai visti.

Ho preso la grandine, una volta tutto solo nella terza tappa (ha grandinato tra l’una e le due, quando ero solo io a correre) ed una volta nella quarta tappa ma mi hanno tenuto compagnia tutti coloro che hanno avuto l’ora di partenza dopo le 3 ore e 30...

Nei prossimi giorni farò un piccolo diario, giorno per giorno secondo la linea temporale, di quel che ho visto e di quel che ho pensato, delle mie arrabbiature, dei miei microfoni gettati al vento, del vento e della pioggia e del sole e dei sorrisi.

E’ finito tutto in gloria, possiamo andare in pace.
E così sia.