Stegal67 Blog

Sunday, September 28, 2008

“No, non gioco a pallone… io pratico l’orienteering… sai: corsa d’orientamento”… segue tutta la manfrina su 1) maaaaa… è la caccia al tesoro? 2) maaaaa… vi portano bendati nel bosco e dovete tornare a casa? 3) maaaaa… io non posso seguire un altro? …
Dopo questa serie di domande, se l’interlocutore è un po’ interessato (almeno) a capire, segue una domanda che perlomeno mostra un barlume di intelligenza: maaaaa… vince chi corre più forte o chi è più bravo ad orientarsi?
15 anni sono passati dalla mia prima gara. Ed io ho sempre pensato che la risposta giusta fosse: “vince il più completo: se corri ma non ti orienti, alla fine ti spompi. Se ti orienti ma non hai base atletica, alla fine cala anche la componente tecnica”.
E invece, dopo 15 anni, ieri una nuova idea mi è venuta in mente tra Bellinzona e Lugano, mentre scendevo da Campra e dalla prima tappa della due giorni alpina di gare nazionali svizzere: esiste un altro fattore da considerare, che si sposa sia con la componente atletica che con quella tecnica ma in fondo non è né l’una né l’altra: l’equilibrio.

Equilibrio.
Se ne avessi avuto, se ne avessi avuto di più, penso che tante volte me la sarei cavata meglio di come è andata sabato a Campra. Penso che almeno tutte le volte che sono andato a correre in Ticino me la sarei cavata meglio (salvo forse a Tesserete, una carta speciale nella quale in fondo non è necessario essere dei ballerini). Non è una delle mie doti migliori, e senz’altro le carte del Ticino acuiscono le mie difficoltà in queste situazioni, sparando avanti invece i pesi piuma o quanto riescono con delle movenze da autentico dancer a rimanere in linea (o anche solo in piedi).

Prendiamo Campra per esempio. Partenza in piano a superare una palude e subito nell’alpeggio comincio a perdere equilibrio ora a destra ora a sinistra sulle zolle incostanti. Il primo punto sarebbe poco avanti a me, in costa se non addirittura una curva sotto, ma in una zona veramente ripida e costellata da rocce, erba alta e rami tagliati invisibili. Cosicché per non perdere quota… finisco per guadagnarne e mi ritrovo almeno due o tre curve alto in un’area abbastanza ignota. 4 minuti per riprendere confidenza con la carta ed il primo punto è in saccoccia. Peccato che intanto i tori svizzeri mi stiano passando sulle orecchie uno dopo l’altro :-)
Ancora difficoltà fino al quinto punto, a risalire alpeggi vari, valloni pieni di rocce e roccette (in uno di questi trovo almeno due lanterne se non tre nel cerchietto, a 20 metri l’una dall’altra con descrizione apparentemente simile “roccia”), e poi dopo una risalita per la linea di massima pendenza il sesto punto, ancora difficile da digerire: rocce, rocce, rocce, erba alta, un sacco di cadute e di energie perse a cercare di restare in piedi (il mio baricentro è molto più alto della media dei concorrenti in gara, se non si contano Gueorgiou, Pagliari e Ongaro). Il che ha un secondo effetto parallelo: se sono insicuro sul terreno guardo assai meno la carta, con il risultato che anche gli errori piccoli o medi o grossi si susseguono uno dopo l’altro. Alla 6, appunto, perdo contatto con la carta quel poco che basta per non vedere una piccola pozza che mi farebbe da punto di attacco. Segue peregrinazione di qualche minuto in zona punto…

Dopo la settima lanterna, dopo l’attraversamento della cantonale che porta al Lucomagno, si cambia zona “ma di brutto brutto brutto!”. Ripida risalita a portarsi sul panettone che si trova sulla sponda ovest del fiume che attraversa la carta e si cambia strategia: non più una zona ripidissima ma una zona abbastanza piatta, con rapide salite e discese (non ripide, rapide) ed il rapporto divertimento\impegno che torna ad impennarsi. Il tempo di veder passare super-Madda e qualche atleta Elite femminile: un paio le ho anche portate su una lanterna infrattata in una buca microscopica che avevo intravisto (qualche volta l’altezza paga…) ed è un vero peccato che dopo 7 lanterne infognate tra le rocce in 45 minuti ne seguano 10 veramente belle da correre (piano…) e con lo sguardo sulla carta in 30 minuti.
Veramente bella comunque la seconda parte, che ha fatto la gioia di Bibi la quale mi ha accompagnato fin su al Lucomagno per non farmi andare da solo e per prendere parte ad una Open Lungo ma che almeno ha corso tutto il tempo nella zona bella (e tutta la prima parte addirittura in una zona praticamente senza curve di livello che dalla carta potrebbe assomigliare alla parte piatta del Velon).
I nomi dei migliori? Sempre quelli, e stavolta scommetto che oltre ad allenarsi meglio di me e ad essere dotati di maggiore talento, hanno anche il tempo di concedersi qualche lezione di ballo: perché solo un ballerino di tip-tap poteva uscire indenne dalla prima parte del percorso!
Io? Orso ballerino da circo, grazie. Ed è un miracolo se sono arrivato alla fine del primo loop sano e salvo. Poi il resto l’ho fatto da solo: probabilmente sarò arrivato ultimo (o tra gli ultimi), ma ho imparato alcune cose.
La prima, che devo imparare a muovermi più agilmente. La seconda, che anche in condizioni di precario equilibrio devo tenere gli occhi più a lungo sulla mappa (magari da fermo, magari con una mano appoggiata alla roccia per tenermi…). La terza, che nel nostro sport mai dare per scontato che ci siano solo due fattori importanti (corsa e tecnica): io ci ho messo 15 anni per scoprirne un terzo, e temo di non aver ancora imparato abbastanza.
Spero solo di non metterci altri 15 anni per arrivare a scoprire un eventuale “quarto elemento”.

Monday, September 22, 2008

In un curioso scambio di e-mail con “uno dei più forti atleti stranieri che abbia mai calcato i terreni italiani” (facile indovinare chi è…) ho scoperto che il numero di campionati italiani individuali che ha corso lui è pari o superiore ai miei! Credo che una gara come i Campionati Italiani possa andare fiera di una partecipazione così attenta e così costante da parte di un atleta che sta scrivendo ancora pagine di storia dell’orienteering (e quando smetterà lui, saranno i suoi allievi a proseguire…).
Ma se è vero che di questi atleti ed allenatori non ce n’è mai abbastanza anche alle nostre latitudini, devo dire che anche io modestamente sono un “aficionado” di una delle classiche gare del Canton Ticino: la Lui & Lei di fine estate! Non so se la Lui & Lei va fiera e si fa vanto della mia presenza, ma tant’è: io posso offrire solo me stesso.
Se non vado errato, quella di quest’anno è la sesta o settima edizione a cui partecipo.
Dopo una prima partecipazione a Lugano in notturna con una compagna di staffetta raccattata al momento, il sodalizio RobyEty ha attraversato il luganese più volte per partecipare a questa classica competizione che richiama comunque più di 200 partecipanti. Una gara che ci ha visti arrivare una volta secondi (alla Collina d’oro) e più spesso nelle retrovie.
Ma una gara, quella corsa da noi, che nel corso degli anni ha mostrato dei “corsi e ricorsi storici” tra il fantozziano ed il divertente.

Una caratteristica di questa prova è il disputarsi il venerdì sera. Giorno ed orario nel quale l’uscita da Milano diventa un incubo autostradale da far tremare le vene ai polsi. Gestibile, ma appena appena, se si parte dalla zona nord-ovest di Milano. Ma se abiti, come me, nel profondo sud di Milano e lavori a sud-ovest… diciamo che bisogna mettere in conto un’oretta e mezza o due solo per venire a capo del traffico della metropoli. Quante volte siamo arrivati in autostrada impiegandoci un tempo che, ad essere girati dalla parte opposta, eravamo già in spiaggia a Varazze…
A questo si aggiunge il fattore “dogana di Brogeda”, da sempre trafficata dalle ore 0.00 alle ore 24.00 per 365 giorni all’anno. Ed io che continuo a non capirne il motivo visto che, cronache alla mano, non mi sembra che il presidio frontaliero sia fonte di grandi retate o perquisizioni. E’ una coda punto e basta (perché non aprite una seconda corsia?) senza scopo alcuno!
Infine il fattore “dintorni di Lugano”: ritrovi in paesini senz’altro noti ai ticinesi ma che per i milanesi diventano una specie di lotteria che comincia con la domanda “Lugano sud o Lugano nord?” (intesa come uscita dell’autostrada) e poi con i giri in città cercando il cartello indicatore del paese più vicino alla zona di gara… solo che questi ogni tanto spariscono! Provate a cercare Tesserete uscendo a Lugano nord e seguendo solo i cartelli, e vediamo dove finite!

Quest’anno, per sovrapprezzo, io arrivavo direttamente da Capodistria (Slovenia). Riunione venerdì mattina, poi pullmann, treno 1 e treno 2 e vediamo se arrivo in tempo a Bironico… è stata la volta che siamo arrivati con il maggiore anticipo! Alle 19.00 in zona ritrovo. Ecco cosa vuol dire poter tagliare fuori Milano!

Superato lo scoglio del trasferimento in zona gara, cui nel corso degli anni siamo arrivati talvolta in tempo, talvolta non in tempo, talvolta oltre ogni tempo massimo ma sempre attesi dagli organizzatori, il secondo scoglio è quello delle luci per la gara. Se ci fossero ancora i circuiti di gare notturne lombarde by Pippo Tealdo o quelli trentini, avrei già comperato un set di luci tipo quelle che usano gli Elite: con abbaglianti e anabbaglianti, con dei fasci luminosi tipo “Luci a San Siro” in grado di illuminare a giorno la foresta… In assenza di altre occasioni, continuiamo a presentarci alla gara io con una torcia stile “ricerca in cantina”, di quelle a forma… di torcia appunto!…da tenere in mano; e per fortuna che le mie nozioni di fisica mi ricordano che le pile emettono anche un certo campo magnetico quindi… ooopppssss: non tenere torcia e bussola nella stessa mano. Roby invece con pila frontale assai flebile, abbastanza a buon mercato, in grado di fare quel minimo di luce per garantirsi la sopravvivenza e poco più.

Un momento.
Di solito io arrivo alla gara con la mia torcia. La mia socia, che peraltro è sempre organizzatissima ed è grazie al lei se il gruppo GOK ha sempre una cuccia dove dormire alle varie gare, evidentemente su questa faccenda della notturna ha lo stesos problema che ho io nel memorizzare certe cose di uso quotidiano; negli ultimi 4 anni la situazione è stata così: senza luce, con luce ma senza pile, con luce ma con pile scariche, con luce e pile ma luce rotta. Un bel filotto. Devo dire che ogni anno con un coraggio da leonessa dei boschi non si è mai tirata indietro e mi ha sempre accompagnato in condizioni di visibilità ben sotto i limiti della suddetta sopravvivenza. Quindi bravissima lei a gareggiare comunque e a dare il suo contributo, in situazioni nelle quali io avrei rinunciato a priori.

Quest’anno era praticamente impossibile che dimenticasse la luce frontale. Il mio “pressing” era cominciato il fine settimana precedente. Inoltre io avevo portato la mia torcia fino in Lussemburgo e in Slovenia… quindi lei aveva provveduto con congruo anticipo a munirsi di luce e di pile adeguate. Nessun problema, quindi. Infatti… minuto di partenza… io sono davanti alla carta di gara per vedere dove è il triangolo e sento una voce “Oooopsss… ho dimenticato la bussola…”. Subito nominata sul posto “Pasa Ikonena”, Roby ha mantenuto fede ai suoi recenti successi da oltre 60 punti in lista base (e provveduto a smentire il mio immediato cazziatone) cimentandosi bene, senza bussola, nel bosco di Bironico leggendo solo le curve di livello. Io avevo la si-card e andavo a punzonare mentre lei rimaneva a pochissimi passi a studiare la situazione: praticamente sempre è riuscita ad uscire dai punti davanti ed in direzione giusta, e poi a rimanere in buona rotta fino all’attacco del punto. Tanto che alla fine mi dirà: “Però senza bussola è un buon allenamento! Dovrei farlo più spesso…”. Cerrrrrto ma… please, non alla prossima Lui & Lei :-)

Non sono mancati i soliti siparietti. Alla 6, allo scavalcamento di un fossato apparentemente ampio ma in realtà (visto con la luce) facile “Non riesco a passare… non riesco a passare…” “Dai che si passa, io sono già di qua… adesso torno indietro e mentre salti ti do un pedatone, così vediamo dove vai a finire!”.
E poi per andare alla 10 (tratta tirata in salita da Roby, che ormai corre più di me!):
R: “All’avvallamento su a sinistra!”
S: “All’avvallamento… giù a destra!”
R: “Ma no! All’avvallamento su a sinistra!”
S: “Ascolta me: all’avvallamento giù a destra!”
R: “Su a sinistra!”
S: “Giù a destra!”
R: “Su a sinistra!”
S: “Ho detto GIU’ A DESTRA … #£&$& !”
Avevo ragione io… ma solo perché la sua luce ormai al lumicino le impediva di vedere un quasi-incrocio (lei stava puntando la 13, cerchietto vicinissimo alla 10).

Brava Roby, in ogni caso: gli allenamenti tecnici con coach Atty e mentali con coach PLab stanno danno i loro frutti!!!

E bravo anche al tracciatore della gara, Gianni Ghezzi. Sono sempre più convinto che Gianni (e chi per lui in passato) abbia studiato e magari provato i percorsi proprio “in notturna”, per vedere davvero l’effetto buio cui si trovano di fronte i concorrenti. Ho fatto gare in notturna nelle quali i percorsi erano dei “facili diurni”, ma di notte è tutto troppo diverso e troppo più difficile: i percorsi vanno provati proprio nelle condizioni di gara, altrimenti si corre il rischio che alcuni punti veramente banali (di giorno) si trasformino di notte in rompicapi inestricabili e poco divertenti, soprattutto perché di notte il rischio infortunio è veramente più alto.
Da questo punto di vista la Lui & Lei ticinese dell’AGET Lugano assicura uno standard di cura di questi dettagli assai alto e sono sempre andato nel bosco tranquillo, sicuro del fatto che non avrei dovuto fare cose pericolose.

Brava AGET!!!

Monday, September 15, 2008

Una volta approfittavo delle soste ai check-in o dei viaggi in treno per studiare scacchi (o più spesso per dormire... ecco perché non sono così bravo). Oggi invece ne approfitto per scrivere il blog.
Sms di ieri sera: “Hai visto che potevi essere campione italiano?” Risposta: “No che non potevo!”. Infatti mi sono limitato a fare quello che potevo: ho disegnato la tattica, ho identificato nel finale di gara la parte decisiva nella quale serviva avere le gambe e la testa per sfruttare la situazione (Oscar ha sia testa che gambe), e les joeux sont fait: l’Unione Lombarda è ancora campione M35 ed io modestamente mi accingo a ritirare il premio di stratega dell’anno…
Certo, oltre alle gambe ed alla testa del suddetto ci vuole anche super-Rusky in versione ticinese che stacca la concorrenza e super-Remo in versione “questa volta tiro anche lo sprint” per rimanere incollati al Cus Bologna in fuga. Ma volete mettere con la presenza in squadra del “tatticone”? Che non avrebbe potuto fare meglio di Oscar, visto che quando è toccato a me non ho fatto altro che andarmene a spasso per il bosco (un bel bosco!) camminando da una lanterna all’altra in salita (e chi mai mi ha visto correre in salita?) e barcamenandomi in piano ed in discesa come un vero “I.P.” (sigla di comodo).

Se da un lato è vero che la strada, al buio, fino a zona gara non è proprio di quelle che mi conciliano digestione e buon umore, una buona notte di sonno mi ha portato all’individuale affrontato per la prima parte in solitudine in un bosco buio come la peste, su quella carta 1:15.000 che odio. Invisibili i sentieri, ho provato a navigare in bussola sotto la pioggia (occhiali ancora una volta inservibili dalla lanterna 1 alla 12…) perdendo tempo al punto 2 dove avrei avuto bisogno di una pila frontale per raccapezzarmi. Sulla lunga tratta 4-5, ritornando in zona partenza, ho sentito le prime voci umane (dopo quella del Dipa che, passando in auto lungo la strada mentre uscivo dal bosco, mi ha incitato a gran voce); inizia il siparietto di giornata:
“Sai dove siamo? Sai dove siamo???”
“Non so, sto navigando verso una zona lontana… ma dovresti essere in zona partenza, si sente il bip del cronometro”
“No, no, dimmi dove siamo…”
“Guarda… non lo so davvero, sto arrivando da qua (indico la 4, lontana chilometri) e vado qua (indico la 5, lontana un chilometro)”
“Ma hai visto la 110?”
“Era il mio primo punto…”
“E allora dimmi dov’è!!!”
“Senti… io l’ho fatto 40 minuti fa e non so nemmeno dove sono adesso… ti basta???”
Sulla lunga salita verso la 5 mi raggiunge Stefano Bettelini, che rivedrò al traguardo. Nel finale mi accodo a Sergio Cantoreggi nella zona dell’ultimo cocuzzolo (noi l’abbiamo affrontato con l’erba alta, immagino la zona arata dopo il passaggio di tanti concorrenti). 1 ora e 43 minuti quasi in solitaria, un po’ indietro rispetto al gruppetto di quelli del mio livello che sono sull’ora e 35, ma va bene così.
Belle le gare Elite, bellissimo il finale della W16 con l’abbraccio tra Viola e Liliana subito dopo il finish. Mi convinco che per fortuna la maggior parte dei genitori, nell’orienteering, sono anche loro atleti del bosco quindi non si assiste a scene tipo torneo di tennis o di calcio con le urla “ammazzalo!”…

Domenica è giorno di staffetta. Spero che tutti abbiano raggiunto la zona gara in tempo: francamente non mi aspettavo una strada così lunga e tortuosa… Inizio a berciare sovrapponendomi talvolta al buon Andrea (è difficile fermare la mia logorrea) e intanto metto a punto un altro tassello del piano la gufata: atleti schierati al via, io nel bosco con microfono per la telecronaca dal punto k “ecco al via gli M35: favoriti il Cus Bologna e l’AAA Genova…”. Quando esco dal bosco trovo Andrea Cavara e gli dico “non ve la siete presi per la gufata vero? “ e lui sorridendo “no, ma abbiamo fatto tutti gli scongiuri…”.
Ancora bellissime le gare giovanili, soprattutto M16 ed M20 mentre in W16 e W20 la fuga va via presto. Enorme la prima frazione di Gianluca Salvioni e quella di Sara Di Furia in Elite, ma anche qui in seconda frazione i giochi sono fatti. Fatica a seguire le altre categorie…

Inciso: se fosse possibile, i pettorali per le staffette li stamperei tipo “mondiali master”: sopra in grosso la categoria, sotto la frazione trattino il numero. Ci sono troppi master che non dimostrano la loro età, quelli che corrono due categorie sotto, quelli che chi sa riconoscere al volo se è una staffetta forte con un “buco” enorme (tipo l’UL se avesse schierato me al posto di Oscar) o una staffetta media che sta facendo il garone…

Resta la M35. vedo passare Rusky alla grande, poi il Cus Bologna, il Trent-O e mi sorprendo nel vedere davanti anche un grandissimo Vidale per il Panda Valsugana (Rusky, che studia gli intermedi delle gare, mi dice che non ne era sorpreso). Poi Remo che arriva sulle code di Francesco Lari “Ecco la lotta per il titolo M35: Cus Bologna secondo dietro ai ticinesi ma in questo momento ha le mani sul titolo italiano!” e Francesco che spinta in salita con un urlo belluino e poi chiede spiegazioni perché pensa che lo stessi prendendo in giro… e Massimiliano Cavara che gli dice “ma no! Hai rimontato… sei in testa…”.
Poi tocca a me. Parto al lancio alle 12.15. Attilio, folle, si è disfatto un ginocchio nella discesa dopo il punto spettacolo ma ha voluto lo stesso concludere a prova. Roberta è in ipotermia e si chiude in macchina. Mi dicono “Vai nel bosco e fai almeno la prima parte che è bella” ed io “Se dobbiamo scappare via, piazzatevi al punto spettacolo e ditemi di fermarmi”. Parto. Punto 1 subito sopra il K, facile. Punto 2 facile a prendere le carbonaie in costa. Al punto 3 però mi devo fermare: una piccola crisi .. di freddo…: stavo fermo lì al vento dalle 9.15 ed il primo movimento di corsa mi smuove le viscere; mi abbasso e mi infilo in un verdone per pudicizia e ne riemergo per arrivare alla 3 dal filo spinato (nel quale volo a planare). Poi 4 facile oltre la stradina con sasso inequivocabile punto di attacco, la 5 ancora facile a girare una collinetta. La 6 ancora facile e poi scendo lungo le piste da sci verso il punto spettacolo per 7 e 8. Mi sembra tutto troppo banale: avrò mica preso la carta sbagliata? M35+… +… più… cosa vuol dire quel più? Sarà una M45? Oppure hanno dato ai terzi frazionisti una rotta più facile altrimenti si fa notte? Beh! A camminare i punti arrivano veramente addosso, in questo bosco tutto bianco, mentre sono quelli che corrono per il titolo che potrebbero avere problemi. Al punto spettacolo guardo l’orologio: 26 minuti circa. Non male. Solo che adesso arriva la parte difficile.
Difficile. Punto 10 facile (termine canaletta in cima, non sbagliabile). Poi la pista da sci fino all’attacco della 11, la pista da sci fino all’attacco della 12, la pista da sci fino all’attacco della 13. Alla 14 corro in costa e poi tutto su sentiero fino al semiaperto: lo attraverso e sbatto sulla carbonaia e sulla lanterna. La 15, i due sassi, mi dicono che è la lanterna che ha deciso la M35: cammino, seguo la fila di carbonaie e ci vado letteralmente addosso. Salita alla 100 e mi sembra che la mia M35 sia diventata una gara MB: 1 ora e 5 minuti di buon cammino. Di più non potevo fare. Eugenio P. ci mette 4 minuti in meno e sono contento perché di solito mi da una paga ben maggiore.
Incrocio i gemelli Cavara: “Tutto bene?” “Si, tutto ok” “Allora la mia gufata non è bastata?” “No…”. E me ne vado dal campo di gara pensando che il Cus Bologna abbia vinto. A Parma mi raggiungerà l’sms: UL campione 2008 !
In serata qualcuno mi dirà che i bolognesi pensavano che io fossi il terzo frazionista: no, io sono solo lo stratega, il tattico, il Torben Grael della situazione; solo che Torben Grael viaggia anche lui sulla Luna Rossa… io mica potevo piazzarmi sulle spalle di Oscar! (su quelle di Stefano Bettelini si: non se ne sarebbe nemmeno accorto e avrebbe corso veloce come sempre, ma lui è di un’altra categoria!).

Allora l’sms di ieri sera: “Hai visto che potevi essere campione italiano?” Risposta: “No che non potevo!”, l’orienteering non è ancora pronto per Stegal campione italiano. Le profezie di Nostradamus parlano chiaro: subito dopo suonerebbero le trombe del giudizio universale, ed io voglio andare a correre per molto tempo ancora.

Wednesday, September 10, 2008

Di solito non linko nel mio blog pezzi scritti dai miei compagni di avventura (siano essi UL o no: sono sempre compagni di avventura), ma questo merita una eccezione.

Secondo me da leggere e meditarci sopra, sostituendo a piacere i nomi con altri di fantasia. Se qualcosa deve rimanere dopo il mio post precedente "Pensieri...", è proprio la risposta di Marco.

Grazie Rusky.

http://mary-marco.blogspot.com/2008/09/un-pensiero-per-stegal-e-la-staffetta_10.html

Tuesday, September 09, 2008

Pensieri di una lunga settimana.

Se dovessi dire quale è stata la parte più faticosa degli ultimi dieci giorni orientistici, comprendendo anche il fine settimana degli Highlands Open e la Due giorni della Valsugana, direi che è stato il periodo di tempo tra lunedì e venerdì… ovvero proprio il periodo intercorso tra il momento in cui sono uscito dal bosco ed il momento in cui ci sono rientrato!
In questo lasso di tempo sono successe (senza peraltro avere in me una vera e propria causa scatenante… di solito si dice: non ho sollecitato nulla) parecchie “cose orientistiche” che hanno avuto e-mail ed sms per protagonisti. E-mail che sono viaggiate avanti ed indietro sulla rete, sms che hanno fanno risuonare di bip-bip (non il roadrunner) il mio ufficio lussemburghese da 60 metri quadri con cucina e bagno da favola e due sale riunioni.
Poi il datore di lavoro ha sospeso la connessione ad internet… con il risultato che il flusso di e-mail è cessato per mancanza di alimentazione e via sms non è che ci si possa dilungare molto. Cosicché a me non è rimasto che atterrare in Valsugana praticamente paracadutato dal Luxembourg con un pensiero nella testa: terza frazione a staffetta, domenica prossima, campionato italiano.. ne è passata di acqua sotto i ponti da quanto l’UL schierava Deligios, o Bozzola, o Brambilla, o il super-Battelli di Passo Coe! Avere l’impiegato panzottello non è proprio un bel risultato…
Questo pensiero, in realtà, non è che io l’abbia avuto in testa sempre per tutto il fine settimana valsuganotto… ma solo in due momenti ben distinti che in pratica sono stati i due momenti per me peggiori delle due tappe della due giorni.

Una due giorni che, dal punto di vista di come ho affrontato il bosco, è stata un passo indietro rispetto a quanto fatto agli Highlands open. Senz’altro rispetto alla gara di Gallio che rimane lì come un faro nella notte ed ancora non credo a quello che ho fatto e a come l’ho fatto. Senz’altro un bello e meritato bagno di umiltà (e anche di pioggia, il sabato) che mi ha aperto gli occhi sulla realtà e mi ha ulteriormente convinto che non è il caso di fare troppi voli pindarici sulla mia condizione fisica e tecnica. Quando quella fisica, poi, è messa a dura prova dal lavoro dalla birra e dai bagordi lussemburghesi…(che fai in Lussemburgo la sera se non bevi?)

Quindi prima delle due gare avrei firmato per una middle decente e per una long a cercare di sopravvivere. Una middle a … 20 minuti? … di distacco da Baccega ed una long passabile. Potrei dire che in pratica è andata in modo opposto.
Già nella middle mi sono trovato sfasato sul primo vallone: mi sembrava di essere in Ticino! Valloni già umidi, valloni talvolta pieni di vegetazione, valloni di terra fradicia sui quali far risalire il mio dolce peso. Ero pronto a passare nella zona sopra i valloni, ben dettagliata, o in quella sotto più facile (in realtà era improbabile che la M35 passasse vicino ai prati). Ma Federico Sbetta, già testato quest’agosto nel criterium CSI delle Pozze di Sant’Osvaldo, forse il più duro criterium CSI che io ricordi, ci ha fatto passare da vero skyrunner in tutti i valloni… Sono riuscito a fare casino anche al punto 3 (radura): con gli occhi che nel buio del bosco e con la prima pioggia cercavano una zona aperta, è dovuto arrivare PLab a “scorgere” una lanterna infrattata sotto una pianta a foglie cadenti che faceva quasi da ombrello alla stazione ed al paletto. Ma alla fine è stata proprio la parte fisica, e non quella tecnica, ad affossarmi: la tratta 10 \ 11 con tutti i valloni e le curve di livello impastate una sull’altra (e con la cartina fradicia di pioggia non sapevo se la mappa mi si stava spantegando in mano, o se erano gli occhiali pieni d’acqua ad impedirmi di distinguere le curve di livello marroni). Ho cercato e ricercato: sapevo di essere partito troppo alto e mi sono abbassato… troppo! Sono risalito e mi sono trovato in una zona molto più dettagliata di quanto forse fosse riportato in mappa. E dopo parecchia ricerca e parecchia fatica mi è arrivato il pensiero fastidioso: e se fosse stata la mia terza frazione di staffetta? E se domenica prossima mi trovassi da solo nel bosco a perdere minuti e minuti e minuti senza sapere nemmeno dove mi trovo? Ho cercato di scacciare quel pensiero… e non ci sono riuscito. Mi sono fermato e ho chiuso gli occhi per ritrovare concentrazione… ed è stato inutile. Ho guardato l’orologio, ho pensato ai miei compagni che erano giù sotto la pioggia ad aspettare solo me… e mi sono ritirato.
Proprio così: ho messo la cartina in tasca e sono sceso a valle. Sapevo che avrei trovato il sentiero che corre da sinistra a destra lungo tutta la carta… e ho trovato la lanterna! Bastarda!!! A quel punto ho tirato fuori la carta e ho finito il mio percorso. Meno infelice di prima ma sicuramente non molto contento.

Domenica, mi sono detto, devo cercare di fare di meglio. Nessun problema di classifica, solo la voglia di testare i miei limiti e di trovare qualche bel punto infrattato e nascosto sui percorsi sempre insidiosi di quel mago dell’orienteering che è Andrea Cipriani. Partiamo già abbastanza in alto ed il primo punto è proprio come piace a me: appena poco insidioso ma da fare bene, in sicurezza, senza spendere troppa fatica. E ci finisco sopra. Così il secondo (sul quale porto mezzo popolo di Wmaster di una qualche categoria), il terzo nel quale mi sorprendo ad avere raggiunto qualcuno partito prima di me, poi il 4, il 5, il 6, il 7. Non corro, cammino e quando posso accenno a qualche passo di corsa (sicuramente non in salita!) fino al punto 8: una buca che sembra (… sembra…) ad un paio di millimetri ed una o due curve di livello distante dal baratro roccioso che da sulla valle. Mi tengo quindi ad una decina di metri dal burrone e cerco un avvallamento inequivocabile: lo trovo… ma la mia buca non c’è. Il terreno sicuramente insidioso e pieno di dettagli, cerco di localizzarmi bene e comincio a battere la zona: niente! Allargo l’area di ricerca: niente! Scendo di qualche decina di metri: forse sono rimasto troppo alto… ma trovo una specie di inghiottitoio roccioso inequivocabile; la buca deve essere lassopra, eppure ci sono già stato! Passano lunghi minuti finché arrivano alle mie spalle Elena Trentin seguita da alcuni avversari: mi guardano e passano via, io mi sposto verso il sentiero per rilocalizzarmi ancora e non li vedo nel mio campo visivo; cosa possono aver trovato che io non ho visto?

Il pensiero.
Ritorna.
Cosa faresti se fosse domenica prossima e tu fossi in terza frazione eccetera eccetera?
Basta! Mi sono stufato di questa cosa, mi ripeto. Non ho trovato un punto, non è un dramma! Non mi importa del tempo perso, non mi importa del fatto che i miei avversari mi hanno raggiunto e sono già chissà dove, non mi importa del tempo che passa: vorrei solo trovare quel punto, con le mie forze. Faccio un’altra battuta di caccia: niente! A questo punto me ne voglio solo andare… e per la seconda volta nel week-end mi ritiro. Decido di andare al traguardo e cambiarmi e tornare a casa.
Ma prima… prima devo fare una cosa. Sono ritirato, no?
Cartina in tasca. Torno sul sentiero. Collinetta. Avvallamento. Direzione fino al burrone. Potrei sempre buttarmi di sotto… Arrivo al baratro. Della buca nemmeno una traccia. Poi un pixel arancione attira il mio sguardo: eccola la buca! Ma, almeno a mia impressione, non è a 10 o più metri dal burrone, non è una o due curve sopra. Quella buca apre una spaccatura proprio nelle rocce dello strapiombo. Quella buca E’ sulle rocce. Almeno per me. Un giorno qualcuno mi svelerà questo enigma.
Adesso posso tornare in gara. Tiro fuori la carta e mi rimetto in sesto. Ci impiegherò in realtà 3 lanterne, perché il pensiero nefasto (sempre lui) è nella testa a girare e rigirare. Dopo la 11 riuscirò a rientrare in carreggiata giusto in tempo per trainare fuori dalla zona più dettagliata alcuni \ alcune concorrenti un po’ in difficoltà, riuscirò a divertirmi parecchio nell’ultima parte della zona verdina (bravo Andrea C.), nell’attraversamento dei pratoni e nella zona delle rocce, nella risalita in quota e nelle ultime tratte verso il traguardo.
Raggiunto da Rusky, cercherò persino di fare lo sprint con lui dalla penultima lanterna al traguardo. Se non fosse che alla lanterna 100 lui ha trovato la stazione per la si-card ed io sul mio paletto non ce l’avevo! E così ho perso anche lo sprint. E sono arrivato al traguardo un po’ sfiduciato e depresso: nemmeno lo sprint mi era riuscito di fare :-(

Ieri ho scoperto che in realtà la situazione è stata ripristinata, e che quella frazione di staffetta è finita ad un compagno di squadra che la merita più di me. Forse sabato e domenica darò una mano allo speaker, forse mi scoprirò a guardare ancora i miei compagni di squadra lottare per il titolo italiano e magari vincerlo o conquistare una medaglia.
Senza invidia. Ci vuole forza e coraggio e bravura per fare parte di una staffetta che punta in alto. Io è meglio se punto ad un’altra birra: adesso ho scoperto la Bofferding!

Se qualcuno mi cercasse tra oggi e metà ottobre, sarò nei seguenti posti: Lugano (più volte), Torino, Parma, Empoli, San Marino, Portorose, Capodistria, Lussemburgo (più volte). E forse sui campi di gara tra una trasferta e l’altra. Ma attenzione: non so se potrò leggere le e-mail… siete avvisati.

Monday, September 01, 2008

Questa sera, tornando a casa dal lavoro per preparare i bagagli per il Lussemburgo, mi chiedevo con quale episodio avrei cominciato a raccontare il mio fine settimana lungo degli Highlands Open. Sembra strano, ma quando l’oggetto del blog ha una intensità, una importanza, un coinvolgimento così esteso, non mi è facile stabilire quale sia il punto di partenza per costruire una storia.
Di solito, in questi casi, me la sono cavata con una cronaca cronologica degli eventi. Ed in fondo è quello che farò anche questa volta.

Cominciando però da lontano. Dall’anno scorso, quando Renzo e Attilio (presidente e direttore gara dell’edizione 2007) mi dissero “tienti pronto per l’anno prossimo, sarà una cosa ancora più in grande!”. Durante questi 12 mesi, ho vissuto via via la scoperta del fatto che gli Highlands Open avrebbero ospitato anche la Coppa dei Paesi Latini, che ci sarebbero stati tanti campioni alla partenza, una prova di Coppa Italia, 3 giorni e 3 gare e non una unica manifestazione con somma dei tempi. Ed il pensiero sempre più ricorrente è diventato: “Perché io?”.

Poi arrivano i giorni immediatamente precedenti la tenzone. Non c’è più tempo per la timidezza ed in fondo ormai posso essere considerato un po’ un vecchio lupo di mare di queste situazioni… Gli ultimi accordi, anzi praticamente gli UNICI accordi con il team Erebus vengono presi mercoledì mattina con qualche parola via skype. E’ inutile che io provi ad imbastire tutta quella sequenza di contributi e preparazioni come il mito Andrea Rinaldi: non ne sarei capace quindi… perché preoccuparsi? Vadoo alla ventura come sempre! (prima o poi questa cosa mi si ritorcerà contro, e saranno figure barbine). Appuntamento alle ore 9.30 del venerdì a Gallio, per la prima prova.

Ecco. Gallio per me rappresenterà d’ora in avanti una gara speciale. Apro parentesi. Ogni tanti su OT mi capita di leggere le interviste ai campioni del mondo. La domanda classica è “Pensi che questa sia stata la tua gara perfetta?”. La risposta, immancabilmente, è no. Ma come! Hai vinto il mondiale con 5 minuti di vantaggio e non hai fatto una gara perfetta? E gli altri cosa sono… degli asini? Questa cosa mi sembra diventata più un tormentone… una posa… “la gara perfetta non esiste… potevo far meglio… bla bla bla…”. Palle! La gara perfetta esiste. Nessuno l’ha mai corsa? Bi-palle!!! L’ho corsa io. A Gallio, sulla carta di Val di Nos, sulle prime 10 lanterne. Poi il bosco finiva… Potevo andare più veloce? Forse, ma la gara non sarebbe più stata quella perfetta! Ho camminato nel bosco, corricchiando quando potevo in discesa. Non ho fatto altro che guardare la carta: radura… a sinistra… depressione (con lanterna)… salita tra le due collinette… lanterna! Proseguo. Curve di livello… radura a sinistra… verdino davanti… buca… lanterna! Così per 10 lanterne.

Troppo facile, mi sono detto. Devo dire a Cristian che questo percorso è troppo facile. E io non sto nemmeno correndo! Sarà una middle del tipo middle-sprint (intanto ho trovato altri 3 o 4 punti). I migliori correranno a 4 al kmsf… e io sono qui a camminare (altri due punti). Ecco, sono quasi fuori dal bosco. Guardo l’orologio. Sarò al traguardo ben prima del minuto zero. Inutile affannarsi. Un’occhiata ai prati fuori Gallio, uno sguardo ai trampolini. Il tuffo verso il paese ed un piccolo sprint per la dignità davanti agli amici. 47’e rotti di gara, I migliori faranno 25’…
Comincerò a capire qualcosa all’arrivo del Bacc (36’), di Carlo Carenini (47’), di Dario Pedrotti (69’). Comincerò a capire qualcosa vedendo gli atleti, anche gli Elite, che arrivano al traguardo con delle facce incredule, raccontando errori pazzeschi che si misurano con l’orologio del campanile… Finirò di capire guardando il viso di Antonio Baccega che a lungo a Gallio è stato l’unico italiano davanti a me in classifica. E’ stato lì che mi sono messo a piangere.

Atleti Elite che non fate mai gare perfette: andate a ramengo! Ve la faccio vedere io la gara perfetta, ve la fa vedere un impiegato. Ho pensato al percorso di Tiziano: non l’ho mica sconfitto, Tiziano, sapete? Semplicemente, per una volta avremmo messo le lanterne nello stesso posto, nella stessa sequenza. Posso dire che Tiziano Zanetello a Gallio ha tracciato per me.


Sabato. Una lunga giornata.
Si comincia presto con il trail-O al Barenthal. E’ stato divertente ed istruttivo. Mi spiace pensare che per qualcuno il trail-O si stia facendo la fama dello sport “con la polemica a posteriori”, dopo aver visto i risultati. Mi piace di più vedere che in fondo da qualche tempo in qua vincono davvero i più forti, che gli esordienti si appassionano, che una ragazza giovane come Marta Fornasier arriva quarta in classifica su 65 partenti. Ho imparato qualcosa sulle curve di livello, ho avuto poco coraggio ad indicare un punto “Z” pur avendolo compreso e mi sono fatto grandi problemi ad indicare una ovvia “A” pensando a chissà cosa (ho detto “Z” e ho sbagliato). Vorrei solo dire a chi organizza queste gare di avere fiducia nei concorrenti: non sempre quando si vedono due persone vicine tra loro queste stanno parlando fittamente del percorso. Magari non stanno parlando affatto! Questa disciplina sta crescendo, i concorrenti stanno crescendo. Liberarsi da una certa “cultura del sospetto” sarà un passo importante per tutti.

Trasferimento ad Asiago. Gara sprint. In mente le 4000 persone di Mjolby alla World Cup. In mente la voce di Per Forsberg. Inutile. Io non sono Per Forsberg, ma Asiago per molti versi mi è sembrata assai vicina a Mjolby. Forse una questione di zeri… forse non 4000 ma 400 persone (anzi qualcuna di più) ci saranno state. La mia gara è una corsa pazza col sangue nei polmoni in un nugolo di lanterne sparse a decine nel piccolo centro di Asiago. Il mio dopo-gara è l’immagine di Alessio piegato in due dopo un’altra gara a perdere posizioni per pochi decimi, è Seline Stalder che aspetta le avversare al traguardo per capire come si posizionerà in classifica, sono i tanti e forti Elite che affollano il portico per gli ultimi arrivi che definiscono la classifica. E’ la foto di Dana Brozkova che in cima ai gradini alza le braccia al cielo guardando la folla.. si, la folla! Finalmente! Per una volta l’abbiamo avuta anche noi orientisti: la foto di Dana sotto il portico mi ricorda la statua della Nike di Samotracia: perfetta, bellissima; un millimetro in più di gradini o di sfondo o di sorriso e quella foto non sarebbe stata così perfetta. Con quella foto Dana potrebbe benissimo concorrere per Miss Universo, altro che la giavellottista paraguaiana.

Forse durante la cronaca della gara ho “sbracato” un po’ con la voce, con i commenti… ho finito in debito di corde vocali ma non avrei saputo agire in modo diverso. Non so se meglio, non so se peggio: ma non avrei potuto dire o fare nulla di diverso da quel che ho detto. Il commento è mio, personale, d’altronde mio è lo stile e mie sono le storie che racconto. Non avendo fatto corsi di speakeraggio o di giornalismo, non avendo letto nessun manuale che dice cosa fare e cosa non fare, quello che avete sentito è solo farina del mio sacco. Prendere o lasciare.

Premiazioni. Il ricordo di Antonio Lunardon. I commenti ed i complimenti di Oded Verbad, l’allenatore degli israeliani. Il sorriso di mamma Rocke che si coccola i figli John (lui) e Mairead (lei) che in due forse fanno 35 anni e sono già ai piedi del podio Elite con una tranquillità disarmante. Segnatevi i loro nomi: diventeranno campioni del mondo! Il team Erebus che smista premi con una velocità impressionante. Il piccolo Hubmann che è già a suo agio davanti alle telecamere: chissà se la presenza del fratello in cima alle graduatorie mondiali è più tranquillizzante o ingombrante; qualunque sia la risposta, Hubmann-ino è già un drago davanti alle telecamere, e quel viso da modello direi che lo aiuta!


Domenica. Sono appena andato a letto e già suona la sveglia. L’ennesima macchina del GOK-team che mi viene prestata per poter andare al ritrovo in un orario pazzesco. Alle 7.30 Donatello mi carica a bordo del furgone. Alle 7.40 sono nel bosco di Kubelek. Io, il buio ed i paletti delle lanterne. Ho meno di due ore per cercare di arrivare al traguardo… e ho detto i paletti perché le mantelline non ci sono: in quel bosco pazzesco, pieno di dettagli e di rocce! Avrei quasi bisogno della pila frontale, invece mi affido solo alla mappa; sono concentrato in una maniera pazzesca, perché non posso sbagliare. Vado piano e parlo ad alta voce per farmi compagnia (spaventando i radi funaioli già in caccia dei miceti…). Eccolo. Il paletto con un pixel rosso a rappresentare il punzone metallico. Punto 1. Trovarlo così è una scarica di adrenalina pura. Allora posso farcela! Punto 2. Preciso, sempre il paletto: ormai l’occhio non cerca nemmeno più il prisma bianco e arancione. Punto 3, punto 4. Trasferimento al punto 5 e mi bullo nella lunga corsa lungo la malga a dire a me stesso “E’ facile, è facile… studia il prossimo punto”. Punto 6 ancora ok e primo errore al punto 7: il primo nel quale trovo sia la mantellina che la stazione!!! Buffo, no?

Ecco la lunga tratta. La affronto “alla Rusky”: sentiero, taglio delle piste da sci, discesa tra le case, ponticello e lunga corsa verso la 8 salutato da Simone Gambini che ha appena finito di posare. Alla 8 torna il monologatore: “trovala, trovala al primo colpo, non puoi perdere tempo!”. Ed eccolo il mio avvallamento, preciso come se stessi sognando di essere un campione. La costa fino al punto 9. La discesa alla 10 e l’attacco, stanchissimo, alla 11 dove trovo … Mariano Bigarella?... che mi offre un goccio d’acqua. Alla 11 capisco che la mia gara è finita. Ancora 6 punti ma le difficoltà sono finite, ed il bosco è quello amico. Buche e canalette sono un bersaglio evidente per entrare o uscire dai punti, le curve di livello sono disegnate col gesso sul terreno. Il punto 15 lo vedo da… 70 metri? Un pixel arancione in mezzo agli alberi! E’ finita, sento il vociare degli atleti sul campo di gara. Non avrei nemmeno immaginato di finire la gara: ho 7 punzonature metalliche e 10 sulla si-card. 1h52’ di fatica ma ne è valsa la pena. C’è un rettilineo da fare e per una volta voglio che sia tutto mio. Per questo ho lanciato in aria bussola e cartina: mi sono state vicino nel bosco, mi sono state amiche tra le rocce e gli anfratti dell’Altopiano, ma questa volta io ci ho messo il resto. Anzi, ci ho messo tutto me stesso! Fino all’ultimo minuto.


Adesso gli Highlands Open sono un bellissimo ricordo recente. Sono la fatica che sto smaltendo così come spero che la stia smaltendo tutta la magnifica organizzazione dell’Erebus. Sono gli sms con Cristian e Cosimo e non solo. E’ la mail che mi ha mandato Gabriel al quale domenica ho detto “Gabriel! Sei impossibile, come fai ad avere tutto sotto controllo? E se ti chiedo di darmi la lista dei partenti in ordine di altezza???” E lui serissimo: “Te la stampo…!”
Come potrei non sentirmi fiero di questi Highlands Open?
Non fosse altro… per la mia GARA PERFETTA!!! Roskilde… Barricata… Torslanda. Adesso anche Val di Nos, che per chi non lo avesse capito era la carta di Hinterbeck, solo che si scendeva verso Gallio! Non ditemi che non l’avevate capito, vero?