Stegal67 Blog

Tuesday, June 23, 2009

Chissà perchè mi sembra che questa cosa l’ho già vissuta di persona...

Dal sito degli Europei di MTB-O:

By a mistake of the organizers the last 13 riders in EOC M21 was started 1 minute too late from the startbox and therefore in the first hand got wrong results.
It has been found by control of the check-in controls that the riders have been called in at the start box at the right time, but by a mistake one riders must have been standing in one of the startbox’s 3 fields 1 minute too long, and that the following 13 riders have followed the same procedure.
The organisers therefore have corrected the first results for this extra minute to the result list now published.

Che fa il paio con una vecchia notiziola comparsa nel 2004 sul sito Fiso a firma congiunta “Galletti & Baccega” (se non mettevo la firma del Bacc mi sa che col cavolo sarebbe stata inserita la notizia)
http://www.fiso.it/04_notizie/dettaglio.asp?id=1327


A margine una nota sulla 5 giorni di Danimarca che ieri ha visto tutta la tappa annullata per problemi organizzativi: il mancato rispetto delle procedure di partenza ha fatto si che alcuni atleti non siano partiti al minuto prestabilito e cio' ha portato gli organizzatori a dichiarare la nullita' dell'intera tappa che fa diventare cosi', a tutti gli effetti, la manifestazione una ''4 giorni
''

Poi gli organizzatori della 5 giorni controllarono i tempi, videro quanto ci avevano messo i primi di ogni categoria ad arrivare al primo punto, fecero un po’ di aggiustamenti random e la tappa tornò ad essere valida. Io, per esempio, il primo punto l’avevo cannato di un paio di minuti almeno... ma ero arrivato secondo in quella tappa ed infatti me li tolsero pensando che ero tra quelli che non erano riusciti a partire al minuto giusto.
Peccato, perchè se avessero mantenuto il formato “4 giorni” probabilmente l’H35 l’avrei vinta io grazie alla famosa sprint di Roskilde... :-)

Mi chiedo allora se anche questa volta abbiano fatto lo stesso errore, quello di mettere 4 cancelli di partenza in non più di 8 metri di sentiero.. magari con la lanterna svedese a 600 metri, come allora! :-)

(tutto ciò per dire che un giorno aprirò l’album dei ricordi alla pagina “5 giorni di Danimarca”... devo solo ritrovare la foto che mi fece Rebelot mentre ero a mollo nel fiume con l’acqua che mi arrivava alla gola. Dopo essere riemerso, peraltro, da sott’acqua!)

***** spazio cronaca 1° giorno *****

Comunque dopo il tira e molla di minuti, Ruslan Gritsan vince ancora. Sarà anche forte, ma non poos dimenticare il suo clamoroso taglio nel verde privato in una edizione del mondiale (a fronte dei tempi eloquenti rispose "Si vede che sono andato più forte degli altri") e il mio favorito Allan Jensen finisce quinto. Luca Dallavalle (32°) è il primo degli italiani al pari della vecchia conoscenza Tobias Breitschaedel, poi Origgi 54°, Ruggiero 56° e Turra 59° davanti a Cristian Gigon che dovrebbe imparare dalla sorella... che stravince l'Europeo in campo femminile. Qui Laura Ska non parte benissimo, si riprende nella parte centrale e alla fine però arriva 38°, Milena 43° dopo una buona partenza, Stella 45° e Stephanie 48°.

Alla fine di tutto la miglior prestazione numerica è quela di Marco Guizzardi, 16° nel mondiale giovanile che vede ai nastri di partenza anche Fabio Marsoner e Martin Thomaseth (Martin! Non travolgere tutto il rettilineo d'arrivo con le tue solite arrembate!!!). Mi aspettavo anche qualche boutade sul nome della vincitrice del mondiale giovanile femminile, Svetlana Poverina, solo per poter ribattere che si pronuncia "Paviérina"...

***** spazio cronaca 2° giorno *****

Sarebbe bello sapere come diavolo era il percorso della gara sprint di ieri. Possibili problemi tecnici al mezzo meccanico a parte, è buffo trovare in cima (quasi) alla classifica il buon Tobias che ieri aveva fatto segnare lo stesso tempo di Luca Dallavalle. Anche oggi per lui un ex-aequo, ma gli vale la medaglia d’argento in una middle i cui distacchi sembrano meno dilatati rispetto alla sprint.
Vince uno dei mille bikers danesi, Knudsen, davanti a Lasse Brun Pedersen; Gristan sesto, Tervala nono... la vecchia guardia finlandese perde un po’ i colpi davanti all’offensiva che arriva dallo Jutland. Stefano Batticci è il migliore degli azzurri, unico a scendere di poco sotto l’ora, poi Origgi e Ruggiero a circondare in classifica Margus Hallik (in altre edizioni stare davanti all’estone voleva dire stare con la medaglia al collo... ma il tempo passa per tutti).

Tra le ragazze avevo visto Milena Cip e Lausa Ska in griglia separate da una sola partente (in realtà 4 minuti). Chissà se fanno gara parallela, comunque alla fine compaiono improvvisamente in classifica al 9° e 11° posto ma mancano ancora tante atlete forti. Guardando la griglia stimo un 26 posto finale per Milena ma va leggermente meglio: lei è 24° e Laura 26° staccate tra loro di soli 8 secondi. Così in termini assoluti il miglior piazzamento va ancora a Marco Guizzardi nei JWOC M20 (22°); al terzo posto vedo un norvegese, Kvale, che mi sembra non vada malissimo nemmeno quando si tratta di fare sci-o... mentre nei primi 15 ci sono due più che discreti figli d’arte, segno che anche in altri paesi il movimento talvolta avanza come l’albero genealogico...

***** fine spazio cronaca *****

Monday, June 22, 2009



(tratte 11-15: in rosso Rusky, in blu io...
ovvero "come continuare una gara da soli anche quando si arriva insieme ai punti")

Credo di aver appena scritto uno dei pezzi più pazzi della storia del sito Fiso (se\quando verrà pubblicato)... Diciamo che vado avanti sulla falsariga di come ho chiuso il pezzo sulla Due giorni della Valsugana, nel quale avevo scritto qualcosa del tipo:
“I malefici vecchiacci si presentano sempre in forze sui terreni trentini, ad intrecciare sfide eterne che si protraggono con alterne vicende nel corso degli anni (o almeno fino al primo cambio di categoria, con i meno anziani che restano a battagliare con i nuovi entranti e i meno giovani che li attendono una categoria master più in là). Ma la grandezza atletica di ecc.ecc. va al di là delle battute del cappello introduttivo alle categorie master; le loro vittorie davanti ad avversari ed avversarie di pari valore e lignaggio orientistico sono un segno della bravura di atleti che hanno già dato il meglio di sé nelle categorie Elite. Il segno che lasciano questi nomi nella classifica della Due giorni della Valsugana rappresenta un ulteriore fotogramma di una storia che si dipanerà ancora per tanti anni a venire nelle gare regionali e nelle gare nazionali”.

Giuro: ho scritto e non ho avuto il coraggio di rileggere. Ma insomma, visto che non è mio compito dare i risultati alle tre del pomeriggio della domenica, tanto vale che torni a dedicarmi alle mie facezie! In questo senso il pezzo sul JTT minaccia di essere una pietra miliare, a cominciare dalla auto-presa in giro del cronista che aveva già speso la vittoria di Huovila fino alle considerazioni sul terzo gradino del podio della M35...

Dal punto di vista agonistico, il JTT rappresenta l’ottava trasferta consecutiva in questi meravigliosi paraggi nelle ultime nove settimane (senza mezzo). Se le Autostrade del Brennero S.p.A. volessero invitarmi alla prossima assemblea societaria per un applauso corale da parte degli azionisti non mi farebbe mica schifo!
Si tratta questa volta di tornare a Millegrobbe, su un terreno che mi piace parecchio soprattutto se ci si tiene lontani dai bordi della carta di gara, davvero scoscesi. E per me si tratta di una occasione davvero unica per rimettere un po’ in sesto il morale dopo le ultime prove per nulla esaltanti. Intendiamoci, non è questione di vincere o di conquistare i punti Elite, ma nelle ultime settimane ho dovuto fare i conti col fatto che non faccio un allenamento (né decente né indecente) da prima della trasferta di Pasqua in Alsazia, che sto consumando tutte le energie nervose in ufficio... Volevo ritrovare un po’ di mordente ed un po’ di voglia di battermi con il bosco, insomma!

La premessa a tutto questo è stata però decisamente raccapricciante: nell’ultima corsetta di sabato sera con Davide nei sentieri attorno ai boschi del Lago di Lavarone sono stato: a) staccato in salita, b) staccato in pianura, c) staccato in discesa. 40 minuti di corsa sono bastati per farmi diventare una larva umana senza fiato e senza energie! Non c’è che dire: un buon viatico per la gara di domenica mattina.
Giornata che comincia sotto nuvoloni neri e con il sottoscritto che ancora una volta apre il fuoco delle partenze al minuto 1. Dietro a me, ad intervalli di 4 minuti, il 4 volte world champion Corradini, il due volte campione italiano Rusky, il N volte campione italiano “the Cip”. Ah ah ah che griglia che mi trovo alle spalle! Punto e a capo.

Nella partenza in salita, almeno fino alla lanterna svedese, cerco di non farmi passare sulle orecchie da Marta Fornasier che avrebbe un terzo dei miei anni; poi con la mia esperienza lascio solo andare il peso in discesa verso il primo punto: le prime due lanterne sfruttano infatti la forza di gravità (grazie Aaron!) e mi permettono di accendere il cervello prima di una lunga sequenza quasi in costa ad attraversare mezza carta. Il primo punto è appena all’ingresso nel bosco, un sasso posizionato giusto dietro ad una canaletta in-mancabile, e quindi mi sento felicemente “in carta”... nemmeno il tempo di esserne confortato che ne esco subito!
Secondo punto, a circa 120 metri dal primo, una buca proprio dietro ad un avvallamento. Si tratterebbe di seguire, da un cerchietto all’altro, la linea di oggetti che stanno a non più di 20 o 30 metri l’uno dall’altro; il fatto è che subito dopo l’avvallamento la mia attenzione comincia ad essere sviata da una serie di buchette di piccole dimensioni... tipo mezzo metro di profondità per due\tre metri di diametro: nessuna di queste è segnata in carta, capirò più tardi che a Millegrobbe le buche indicate sulla mappa hanno dimensioni e soprattutto profondità più ragguardevoli. In definitiva: 3 minuti e mezzo per un punto di 120 metri. Non male davvero.

Tornano alla mente foschi pensieri mentre inizio la lunga strada in costa che mi porterà fino alla 6... ed ecco che cloppete cloppete da dietro arriva Corradini. Cacchio! Ma è già qua? Ma quanto corre questo!?!?! Piuttosto che subire l’onta (ma quale onta e onta! Avevo già fatto i miei piani...) di farmi superare sulla traccia che scende un po’ rispetto a quella che ritenevo la linea ideale, resto in costa uscendo dal sentierino: preferisco provare a raggiungere il punto 3 leggendo il bosco, le curve e soprattutto i “giallini” che mi dovrebbero portare al punto.

Il bello è che, contro ogni mia più nera previsione, quei giallini al punto mi ci portano proprio! Il terzo punto che sarà fatalissimo a Davide diventa per me quasi banale, come se avessi scoperto la combinazione chiave di quel problema. Non perdo nemmeno tempo a capire se Corradini è ancora in zona: è ovvio che sia già sparito, ed io posso proseguire come se fossi ancora tutto solo nel bosco.
Seguo nuovamente i giallini e raggiungo il quarto punto; poi imbocco un’altra traccia, supero una prima zona di canalette ed arrivo alle buche dove c’è il mio quinto punto. Bene! Seppur lentamente mi sembra di più essere a mio agio rispetto alle ultime uscite! Per il sesto punto sono le rocce a fare da linea conduttrice, ed in zona lanterna il mio radar personale capta i segnali giusti per farmi capire dall’alto che la roccetta che cerco è qualche metro sotto di me.

A questo punto la gara è finita. Nel senso che ne comincia un’altra al quale si approccia un Stegal che: 1) ha “rotto il fiato” e subisce meno le curve di livello (che peraltro sono mooooolto ben distribuite lungo tutto il percorso) 2) ha ritrovato la voglia di dare il meglio contro il bosco ma soprattutto 3) ha finito con le tratte lunghe in costa perchè dalla 6 alla 25 saranno solo tratte brevi o medio-brevi come piacciono a me, salvo i due trasferimenti che non contano perchè sono solo da correre!

E allora ecco che in queste condizioni si può ancora fare del buon orienteering, con una buona motivazione e lo sguardo giusto. Poco importa che in zona 9 arrivino alle spalle sia The Cip (prima) che Rusky (subito dopo): la gara si fa da soli ed il mio unico obiettivo ora è quello di fare bene i miei punti cercando di disturbare il meno possibile, facendo le mie scelte come se non ci fosse nemmeno una possibile scia da seguire. In effetti nel bosco continua a non sentirsi volare una mosca: per tutto il primo loop 9-13, io e Rusky siamo praticamente insieme ma usciamo dai punti spesso in direzioni diverse per le nostre scelte personali; anzi proprio per non disturbarlo sono io che a volte schizzo via dal punto appena punzonato (in questo forse sono abbastanza vicino al suo livello, intendo come velocità di uscita dal punto).

Il fatto è che in queste condizioni Rusky ed io (lui non so, io di sicuro) ci mettiamo ad elucubrare mentalmente... ed il risultato si risolverà in un equivoco dai risvolti comici:
- Rusky mi vede concentrato e capisce che voglio far la gara da solo cercandomi i punti con le mie sole forze, il che contribuirà ad accendere la miccia di un certo fatto...
- io credo di capire che Rusky vuole fare la sua gara solitaria, ma mi convinco che lo sto disturbando con la mia presenza intorno alla sua area di gara

Al punto 14 quindi si consuma il mio personale equivoco: esco dal punto, faccio la mia scelta (le buche sulla destra) e non vedo o sento più Rusky in giro. Il primo pensiero è che si sia proprio stufato di avermi tra i piedi e che per poter fare la sua gara tranquillo abbia puntato direttamente al punto 16! (passati Corradini e Cipriani, è ovvio che si piazzerà al terzo posto; ma un piazzamento, anche sul podio, al JTT non cambia la vita di Marco che ha già corso i campionati italiani Elite e ha al collo due titoli italiani M35...). Mi tranquillizzerò solo qualche minuto dopo, in zona 16, quando sul punto arrivo prima io e qualche secondo dopo lui attacca il punto dalla mia direzione di uscita!

Alla 17 il suddetto “fatto”: io esco dalla 16 verso l’alto della collina, lui verso il basso e ci perdiamo subito di vista. Entrambi convergiamo sul punto più o meno nello stesso momento, ma lui è sotto la roccia (d’altronde la descrizione dice “qualcosa al piede”... e quindi era ovvio che si dovesse stare sulla parte bassa della costa, l’Elite è lui!) e io sono sopra. Quindi io perdo tempo per scendere da uno strapiombo di rocce e intanto lui si allontana.

E sento una voce:“Caverna?”
“No...” risponde Rusky

Il “No” di Rusky per me è chiarissimo come il sole, e ne troverà conferma dal siretto interessato all’arrivo:
- non ha idea della descrizione punto (lui corre senza bussola e senza guardare le descrizioni) quindi non ha senso chiedergli della “caverna” (a me è sembrata solo una “parete rocciosa al piede”)
- non vuole darmi un appoggio non richiesto, perchè io non ho visto lui ma lui ha visto me a 5 metri da quel punto e sa che me lo voglio trovare da solo, senza la sua voce a darmi una traccia
- i punti difficili, quelli che fanno la classifica, bisognerebbe cercarseli da soli... soprattutto quando si ha una esperienza ventennale di gare e si va già in giro in “trenino”

Intanto arrivo anche io al punto che è una specie di roccia al piede... e mentre esco arriva anche un trenino di master che punta alla lanterna, e la voce della locomotiva dice:
“Ma se il punto è qui!" (e ci può anche stare... la tensione, la fatica, la trance agonistica...). Quel che secondo me NON ci può stare sono i successivi epiteti all'indirizzo del mio compagno di staffetta, quegli epiteti che nel linguaggio giornalistico si dice che "prendono di mira la reputazione delle nostre mamme" :-(

Io mi starei anche allontanando dal punto, ma istintivamente giro verso la voce per chiedere un minimo di contegno... e subito in regalo mi piglio in pieno un ramo in testa (d'altronde sto scendendo in un bel verde1)! Una botta tremenda. Continuo a scendere verso il basso più per forza di gravità che per scelta orientistica, ma vedo solo le stelle e gli uccellini che girano attorno alla mia testa. Arrivo nell’aperto a fondo discesa e passo una mano tra i capelli: rosso dappertutto! Mi sembra di rivedere la scena di Dervio (solo che quella volta era un ombrello)...

Intanto arriva verso di me anche un ragazzino esordiente (a me sembra tale: d’altronde indossa maglietta e calzoncini da passeggiata domenicale verso l’edicola).
“Mi dice dov’è la 71?”
“... non lo so...“
Ma quello insiste e mi sembra veramente un po' perso, allora lo faccio avvicinare e prendo la sua cartina con la mano pulita:
“... sei qui nella zona aperta...”
Intanto vedo anche il cerchietto che sta cercando, e mi accorgo che ce l’ho anche io: è la mia 19. Il che mi permette di dirgli
“Guarda che sei abbastanza lontano: devi andare di là e aggirare tutto il vallone...”
“Ma se ero là e uno mi ha detto di venire qua!”
“Senti” rispondo “... Io arrivo da un punto lassopra e penso proprio di essere dove ti ho detto che siamo; se vuoi un consiglio, la tua lanterna è là in fondo... poi però ti devi regolare tu con la tua mappa!"

A quel punto dichiaro chiuso il mio ruolo di buon samaritano.
Prendo la strada per la mia 18, che nonostante sia stordito dalla botta ed ancora parecchio sottosopra trovo facilmente perchè è proprio un punto facile; poi la 19 (la famosa 71) ancora più facile ed infine prendo la strada della 20 che chiude il loop. Il trasferimento sui pratoni che mi porta verso l’arrivo diventa una autentica gioia per gli occhi visto che si corre sulle malghe alte della carta di Millegrobbe con tutto attorno la cintura di montagne.

Nell’ultimo loop in zona arrivo, praticamente “a vista delle telecamere” (dello speaker Aaron Gaio, ri-bravo) sono lì con le ragazzine del team nazionale juniores... e devo dire che nonostante loro abbiano una esperienza assai inferiore a quella di tanti vecchiardi come me, i punti se li cercano da soli anche se hanno in zona l’impiegato panzottello che guida con il radar!

All’arrivo scoprirò di essere terzo in classifica, dietro a Cipriani e Corradini (che foto quella del podio!). La domanda sorgerebbe spontanea: e Marco dove è finito?
Beh! Se davvero, come ho detto, la domanda vi è sorta spontanea, vuol dire che non lo conoscete abbastanza o che non lo conoscete affatto!
Comunque, dopo aver dato una piccola descrizione di quanto accaduto nel bosco, a futura memoria riscrivo e sottoscrivo quello che ho già inserito sul blog dopo la gara di trail-O di Asiago: “Se io dovessi indicare un orientista che incarna in tutto e per tutto il significato di sportività, nel senso più pieno e disinvolto della parola, farei il nome di Marco Giovannini".

Tuesday, June 09, 2009

Faccio un giochino: quali sono le 3 carte di cui ho più terrore? Non timore... non paura... proprio un maledetto TERRORE!
La mia risposta è, senza nessun ordine preferenziale: Capriasca in Canton Ticino, Pozze di San’Osvaldo in Valsugana, Sant’Orsola in Val dei Mocheni.
Dovrei magari anche spiegare cosa intendo con “terrore”: è un mix di sensazione che mi porta a pensare alla partenza che non me la caverò, che uscirò a pezzi dal bosco, che non sarò in grado nemmeno di divertirmi, che “chi me lo ha fatto fare!”. Io ODIO le carte ripidissime, con i valloni, nelle quali le scelte sono in costa (costa ripidissima, dove il mio dolce peso frana a valle ad ogni passo) o lungo la linea di massima pendenza in salita (dove tutto quello che posso fare è, semplicemente, morire guardando la punta dei miei piedi) o in discesa (dove la mia altezza fa la differenza... nel senso che dai miei occhi al prossimo punto dove metto i piedi ci sono 3 metri, come saltare dal primo piano di una casa ad ogni passo.

Capriasca ed i poteri latenti dell’uomo ragno, aggrappato alle rocce a strapiombo senza più forze per andare avanti o tornare indietro. Le “Pozze” ed il mio ritiro in un campionato trentino di tanti anni fa, dopo centinaia e centinaia di metri di dislivello, o il criterium CSI dell’anno scorso “ancora un passo... ancora un passo... ancora un passo...” per cercare di arrivare al traguardo dopo una ascesa da paura.

Sant’Orsola ed il “raspberry contest” di tanti anni fa. Ero un pischello qualunque quando sono andato per la prima volta a gareggiare a Sant’Orsola. Era una Coppa Italia? Boh... in ogni caso io ero in uno di quei momenti orientistici nei quali senza sapere come o perchè non me ne andava mai dritta una... Se dovevo salire scendevo (o salivo troppo), se dovevo scendere salivo. Se dovevo andare dritto andavo storto. Se dovevo cercare un punto ci giravo attorno 5 minuti.
In classifica le prendevo da tutti, da chiunque proprio.

In particolare dal mio amico Paolo Consoli che invece quell’anno muoveva i primi decisi passi nella categoria HB (sempre i migliori!). Non ricordo bene come andò... dopo una serie di figuracce in Lombardia il non-ancora-gruppo-GOK si presentò compatto ai nastri di partenza della gara di Sant’Orsola.
Sapendo di correre in Trentino, sapevo di correre in casa e quindi ero fiducioso del fatto che “questa volta” avrei lasciato indietro tutti quanti nei MIEI boschi.

Davide e Paola, per sovrapprezzo, avevano vinto da poco un premio speciale ad una gara: un bottiglione di sciroppo di lampone! Di cui io vado matto (in particolare, piccolo stacco pubblicitario, consiglio quello di Menz&Gasser) al punto da fare rifornimento con la bottiglia da 2 litri o la tanichetta da 5 litri ogni volta che passo da una famiglia cooperativa (a Milano si trova solo uno sciroppo di lampone insulso e privo di nerbo...).

Quindi, per scatenare ancora di più i cavalli-motore dello Stegal depresso, decisero di mettere su al volo il suddetto “raspberry contest”: il migliore del gruppo in HB si sarebbe aggiudicato il bottiglione.

Bene. Quel bottiglione mi è rimasto sul gozzo. Per sempre. Ne avessi azzeccata una, in quella gara... Credo di aver fatto il doppio o il triplo del massimo dislivello che avrei potuto affrontare se solo avessi fatto delle scelte umane! Ricordo un paio di lanterne sul pendio che al confronto la buca del penultimo punto di Tanabek (quella immortalata da Cosimo su youtube) è un attacco diretto al punto che nemmeno Gueorgiou...

Al traguardo, sfatto, sfinito, distrutto, depresso, arrabbiato, scontento, irascibile e aggiungete voi altro ancora, potevo solo sperare che Paolo non fosse ancora arrivato. Ma forse Paolo era già lì, bello cambiato e ripulito (e forse mi partiva davanti di pochi minuti) e forse è arrivato subito dietro a me (e forse mi partiva dietro di tanti minuti).
Potevo solo sperare che lo sciroppo di lampone gli fosse indigesto, e che lasciasse così il premio al sottoscritto... ma mannaggia! Piaceva anche a lui!

Quella sconfitta non mi è costata solo un fugace assaggio di sciroppo, ma mi ha scratchato in profondità il disco fisso della memoria orientistica. Ancora oggi, quando devo pensare ad una gara che mi è andata veramente male, penso a quella “Coppa qualcosa” disputata a Sant’Orsola; e mi sembra quasi di sentire immediatamente un bel beverone di sciroppo di lampone che scende nel gargarozzo... solo che il risveglio è immediato con il palato che non sente nulla. Come non sentì nulla quella volta di tanti anni fa, quando rimasi con un pugno di mosche in mano!

Terrore. Ci sono state altre gare a Sant’Orsola in questi anni? Penso di si. Non ne ho MAI più voluto sapere. Non sono più tornato in Val dei Mocheni, sono fuggito di fronte a quella carta di gara come un gatto di fronte all’acqua gelata.

Fino a sabato scorso, quando l’invito a festeggiare con l’Orienteering Pergine il 30° compleanno (vedi post sotto) mi ha spinto a superare il complesso di Sant’Orsola e di riprovare. Vabbé, la gara non era proprio nel bosco ma in paese, ed era una “spriddle” come ha detto Renzo Bernabé.
Quindi, nonostante i miei fieri e al tempo steso timorosi propositi, non ho potuto prendermi una bella rivincita sul bosco di Sant’Orsola. Rimane in vantaggio lui per 1 a 0...

E avrebbe potuto essere anche un 2 a 0 secco, se dopo una scellerata scelta 6-7 che mi è costata almeno 3 minuti secchi e tanta fatica non avessi trovato un palo della luce sul quale arrampicarmi per superare in perfetto stile “salita alla pertica” gli ultimi 3 metri di dislivello per arrivare alla strada asfaltata.

Forse qualcuno mi ha visto in azione aggrappato al palo.
Se è un passante, ok... non si preoccupi... l’ambulanza e la camicia di forza non erano lontane ed adesso il matto è stato ricondotto a più miti consigli e non girerà più per tanto tempo a Sant’Orsola.
Se è un orientista, ok... una scelta di percorso come un’altra, no?

In ogni caso, mi sarebbe tanto piaciuto trovare in cima a quel palo un bel bicchierone di sciroppo di lampone ghiacciato in memoria di una gara dei vecchi tempi.
Me lo sogno ancora, quel maledetto “raspberry contest”!

************

(addendum sul post-gara di Sant'Orsola)



(pre-scriptum: la dimensione delle bottiglie da litro in alto a sinistra da l'idea delle dimensioni della torta)


Prima di parlare della gara di Sant’Orsola (e poi anche di quella di Miola di Piné) volevo dedicare un piccolo pensiero alle persone che ho incontrato sabato pomeriggio al campo sportivo della località di Valle dei Mocheni.

“Gli orientisti: sono le persone più fortunate del mondo perchè hanno fermato il tempo!”
(Guido Lorenzi)

“Abbiamo visto uno sport che ha una valenza culturale, di sfida prima di tutto con se stessi e poi con gli avversari, che sta a contatto con la natura e vi si immerge come nessun altra disciplina sportiva. Come potevamo starne lontani?”
(Bruno Bosin)

... ma la più bella per me è questa ...

“Sono arrivato alla gara e ho subito incontrato due concorrenti. Parlavano del tracciato, del tracciatore e di un punto che secondo loro non era posato benissimo.
E ho pensato: ma in 30 anni non è cambiato niente ?!?!?”
(Carlo Alberto Valer)

Poi sono arrivati gli applausi per Alfredo Sartori.
Anzi, per Il Maestro Alfredo Sartori.
Cronometrati da me.
72 secondi di applausi.
Provate a stare 72 secondi senza respirare e capirete.

Prima di riportare la frase di Alfredo Sartori che porto a casa da Sant’Orsola, ne voglio ricordare un’altra che mi disse nel parterre dei Campionati Italiani di Jenesien. Una che mi disse quando mi avvicinai a lui con tutta la deferenza possibile che potevo rivolgere ad una figura che avrà visto passare davanti agli occhi migliaia e migliaia di orientisti

SG: “Buongiorno Maestro. Forse non si ricorderà di me, ma la volevo salutare a nome dei ragazzi lombardi che parteciparono al gemellaggio di Lavarone sotto la neve...”
AS: “Stefano! Non eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo dati del tu???”
(2 a 0 per lui, palla al centro.)

Questa è la frase che mi piace citare spesso. Quella che porto a casa da Sant’Orsola è costituita da una sola parola, da quella che ha detto alla fine del suo intervento.

“Arrivederci”

Arrivederci Maestro. Arrivederci pionieri... e Arrivederci Orienteering Pergine.

Thursday, June 04, 2009

Non tutte le ciambelle riescono col buco. E non può mica capitare tutti i fine settimana di ottenere un risultato da prima pagina della Gazzetta dello sport!
Come le missioni Apollo, così anche io ho compiuto il mio bel splash-down nel fine settimana del Trofeo delle Regioni.

L’antefatto dell’ultimo fine settimana di gare è stato forse il più positivo (come mero risultato finale) e si è consumato in Canton Ticino, dove ho cominciato a spendere un po’ di energia dopo una settimana nella quale ad un certo momento il fixing della borsa è precipitato verso una diagnosi “Mah... potrebbe anche essere polmonite...”. Test importante per vedere se tutto era a posto e se ero in grado di scendere in campo come esterno alle gare del Trofeo delle Regioni è stata la prima tappa ticinese di “Fragori” disputata a Lamone-Cadempino; qui ho avuto la conferma da una parte che il cantone nasconde dei paeselli di tutto rispetto per una gara sprint di livello internazionale (mica solo Lugano e Bellinzona e Mendrisio), e dall’altra che i miei compagni di squadra dell’AGET Lugano sono dei veri maghi nel tracciare i percorsi sprint.

A Giubiasco, il 2 maggio, “la capitana” Lidia ci aveva sballottato da una parte all’altra con grande soddisfazione dei 410 partecipanti (oh yes! Quattrocentodieci per una sgambata del sabato pomeriggio...), alcuni dei quali intenzionalmente invitati a tagliare lungo il corso di un fiumiciattolo nemmeno tanto secco per guadagnare una manciata di secondi sui pavidi che hanno preferito fare il giro largo (o che non hanno visto la scelta); a Lamone per la gara sprint del venerdì sera mi aspettavo di rimanere ben adeso e a contatto con l’asfalto e invece mi sono ritrovato fin dalle prime tracce a cercare avvallamenti e buche nel verde 1; le “tirate” in paese nella prima parte della gara hanno poi reso molto più difficili, almeno per me che stavo già sputando i polmoni, gli ultimi punti che erano tutti nel labirinto di un vecchio paesino: una serie di incroci non facili da comprendere (sono ripassato almeno 4 o 5 volte davanti alla stessa fontana) ed infatti ad un certo momento in piena trance sono andato dalla 13 alla 15 saltando la 14! (e ci ero già passato davanti per andare alla 11)
Un piccolo errore che mi è costato 30 secondi e forse un paio di posizioni: Stefano Bettelini prende la rivincita dopo la gara di Giubiasco mentre alle mie spalle si piazza un acerrimo amico che spero di ritrovare anche nelle prossime gare del “Fragori” (intanto... 2 a 0 per me e palla al centro!).

Poche ore di sonno ed è già il momento di affrontare l’apocalisse autostradale... destinazione la splendida zona di Cavalese per un Trofeo delle Regioni dal quale mi aspettavo molto dal punto di vista paesaggistico, boschivo ed orientistico, e solo qualcosina dal punto di vista dei risultati.
A conclusione del fine settimana ho potuto constatare che i primi due aspetti sono da 10 e lode in pagella: indescrivibile lo spettacolo della valle quando si supera il Passo di San Lugano, bellissimo il bosco nel quale ho marcato un paio di punti da “seppellitemi qui quando me ne andrò al creatore” (nella tratta 2-3 della staffetta e sulla 5-6 dell’individuale... ma non dal lato del sentiero!).

Splendido il riverbero del verde smeraldo del campo di calcio alla partenza della staffetta, una gara che mi vede inopinatamente schierato in coppia col due volte campione italiano Marco G.
Dico “inopinatamente” perchè il livello della squadra è sbilanciatissimo e per un altro motivo che non dico sennò Rusky si arrabbia ma... la domanda di parecchi amici extra-regione era sempre quella nella due giorni di gare!
In considerazione dello stato fisico non proprio al top, non posso che sperare in una gara lenta e difficile che livelli le differenze atletiche. Purtroppo lenta non lo sarà affatto... il sottobosco è una specie di moquette sulla quale leggere le curve di livello come se fossero disegnate col gesso; inoltre le prime 10 lanterne almeno della staffetta M35 sono veramente veloci, e solo chi va veramente a tutta “sopra soglia” rischia di sbagliare più del lecito.

Marco mi da il cambio a poca distanza dai migliori (ma da quel che ho capito ho persino rischiato di partire davanti) in un terzetto con Dario “bulldozer” Beltramba, che sarebbe uno dei miei miti di quando ero giovane, e Michele Candotti che al Cimirlo mi ha già dato dei distacchi che si misurano col campanile della chiesa...
Non mi aspetto certo di poter resistere al loro treno, e mi accorgo subito invece che le gambe fanno fatica a macinare sui pratoni e nel bosco di Varena. Al punto 8 mi piomba addosso Andrea Foschian (Friuli) ovvero una delle staffette sulle quali stavamo “facendo la gara”: il fatto che mi abbia già preso e che sia subito in grado di ripartire in leggera ascesa mi fa capire che non ho una sola possibilità di resistere. Solo il punto 10 (una buca in cima ad una collina) mi consente un parziale riavvicinamento, ma in uscita Fox vola e si porta dietro anche l’altra staffetta Lombardia2.

Questo mi demoralizza non poco. Da lì in poi cercherò solo di sbagliare il meno possibile per non aggiungere danno (lentezza) a danno (pochezza orientistica); in questo sono avvantaggiato da un altro punto che merita 10 e lode: il rilievo al laser della carta che mi consente di leggere facilmente anche le minime variazioni della costa sulla quale sono piazzati i punti 11 e 12. Un rilievo che per e passa abbondantemente l’esame dei fatti, come mi testimonieranno in pratica tutti i membri del GOK.
Al punto spettacolo Rusky è sempre lì ad incitarmi, a segnalarmi che i nostri obiettivi sono a non più di 3 minuti... ma vorrei subito rispondergli che le gambe non girano, e nell’ultima parte di gara mi devo accontentare di sbagliare poco e di arrivare al traguardo sicuramente battuto, con un tempo rivedibile ed una condizione atletica approssimativa a livello dei ridicolo. Mi spiace per Marco che si sarebbe meritato un secondo frazionista più in forma... e non avrebbe dovuto essere nemmeno uno del GOK!!! (a buon intenditor...)

La gara individuale si preannuncia quindi con un lato positivo e due negativi: il positivo è senza dubbio il fatto che si torna a gareggiare in un bosco veramente bello, quelli negativi
- che non bastano ovviamente 15 ore per ridarmi energie
- che le previsioni del tempo volgono decisamente al brutto (MeteoTrentino... dove sei?)
In effetti la mia previsione “acqua alle 9.45” annunciata a Walter Peraro si rivelerà sbagliata solo di 10 minuti, ma sarà anche la performance migliore della giornata... tratta 6-9 a parte!

La mia prova è a tutti gli effetti “incolore” (dicono così i giornalisti sportivi?).
Ricordo una difficile (per me) seconda lanterna attorno alla quale al mio arrivo stava fiorendo un autentico bazar “compro e vendo informazioni” del tipo “se tu dici una lanterna a me, io poi dico cosa ho trovato a te...”.
Per andare al punto 6 decido, forse unico al mondo, di non fare la scelta a nord su sentiero (che sale e scende parecchio) ma di aggirare il montagnozzo a sud per non perdere dislivello. Mentre inizio la mia scelta incrocio il grande Andrea Casa(grande) che mi dice qualcosa tipo “te ghai proprio intenzion de fan nanca un metro de salida...”, d’altronde mica ho le sue gambe! Questa scelta mi aiuterà nell’arrivare alla 6 proprio mentre dall’alto scende una confusa tuta di Marco G. un po’ deconcentrato.
A questo punto mi sento un po’ ringalluzzito, penso che finché avrò le forze riuscirò a lavorare un po’ con lui... infatti tiriamo parecchio la 7, poi la 8 e poi ancora la 9 (passo da un 23esimo parziale ad un 6° parziale di tratta... e che ci crediate o no non ero solo al gancio del mio forte compagno di squadra). Il fatto è che arrivo alla 9 decisamente “sopra soglia” e dopo aver punzonato vado in oca!
Mi “dimentico” della scelta alta che avevo visto per il lungo trasferimento alla 10 e opto per la scelta bassa un po’ inseguito dagli incitamenti di Rusky che invece va l’altra scelta e mi saluta definitivamente...

Quando capisco l’errore, mi prende la depressione e vado ancora più in bambola... prendo dal sito di Cosim-O il pezzo di cartina incriminato e traduco il mio pessimo “paint”:
- la scelta nera è quella che avevo pensato di fare (e che alla fine ha fatto Rusky... mi fermo ad un certo punto perchè poi è banale e basta scrivere “ecc.ecc.” come avevo cominciato a fare)
- la scelta rossa (e che alla fine ha fatto Cosim-O) è quella che avevo in mente di fare dopo aver mancato la prima soluzione
- la scelta blu, indicata almeno fino al sentierino, è la mia! (si... sono completamente deficiente... immaginatevi a stare su quella costa a strapiombo sotto le rocce... però garantisco che la carta è molto fedele anche lì dove non dovrebbe passare mai nessuno!!!)

Energie a piombo, morale a terra. La pioggia ricomincia forte e la mia lentezza la pago anche con una leggera crisi di ipotermia che, dopo l’arrivo, mi renderà sempre più irascibile e mi costringerà a scendere al campo base senza poter salutare nessuno.
Peccato. In condizioni diverse forse avrei potuto fare una gara migliore, ma forse questi sono i miei reali livelli “drogati” da un periodo di splendore agonistico non indifferente (il mio filotto di belle gare durava in pratica da Pasqua, dall’Alsazia).

Riprendendo un concetto già evidenziato dopo gli Highlands Open, stavolta non ho onorato al meglio il bosco e le carte di gara. Per questo mi piacerebbe tornarci presto, magari per una Coppa Italia o un Campionato Italiano (credo che le carte e l’organizzazione lo meritino).