Stegal67 Blog

Sunday, May 29, 2011


“Quando vedo delle equazioni, vedo le lettere a colori. Mentre parlo, vedo immagini delle funzioni di Bessel tratte dal libro di Emde, la j biondo dorato, la n con una punta di blu. E mi chiedo come le vedano gli studenti”.

Richard Feynman – “What do you care what the other people think?”

"Sulla prima lanterna (prima gara in Svizzera, 1997 – n.d.r.) portavo con me tutto il fardello dei racconti ticinesi che avevo ascoltato; presi un sentiero e lo lasciai per dirigermi a destra, raggiunsi un altro sentiero, lo percorsi un po’ e poi mi buttai ancora a destra, oltre una collina in una zona di canalette, dove avrei dovuto trovare il mio primo punto... sempre che fossi stato in grado di trovarlo! Rallentai sotto la pioggia e cominciai ad orientarmi in mezzo alle felci, vidi un altro sentiero grosso a destra e vidi una canaletta con acqua... e una lanterna. Mi avvicinai con circospezione e controllai il codice: era la mia! Per un istante la mia mente si fermò: non era più piccola del normale, non era invisibile, non era nascosta sottoterra; era una pura e semplice lanterna.”

Stefano Galletti – “Si fa presto a dire Svizzera”

“In una sola altra occasione ho rivissuto le stesse sensazioni e gli stessi timori di quella prima lanterna svizzera: nel 2003, a Molndal, in un bosco pazzesco: era la prima lanterna della prima tappa della mia prima O-Ringen in H35. Un punto di controllo con un grado di difficoltà di tanti ordini di grandezza superiore a quella lanterna del 1997. Anche in quel giorno svedese, e ancora una volta solo per una frazione di secondo, ho pensato che la lanterna che avevo appena trovato non era più piccola del normale, non era invisibile, non era nascosta sottoterra. Era lì, aspettava me”

Stefano Galletti – “Si fa presto a dire Svizzera”


Quando parlo con qualche orientista di quelli forti, del livello di un Feynman premio Nobel per la fisica, ho come l’impressione che molti di loro abbiano per forza di cose dovuto perdere quella ingenuità, o incredulità, o gioia che provano gli scarsoni come me nel venire a capo di un punto particolarmente difficile. Un po’ come trovare la soluzione del punto 9 al “montarozzo” di Carona... per me, categoria H.I.P., un numero di una certa classe da ricordare; ma per uno forte... che cosa ci voleva??? “La mappa è precisa, ci sono le curve di livello, ci sono i semiaperti e le zone rocciose...” insomma che cosa ci vuole?

Mi ricordo la prima volta che riuscii a ricomporre UNA FACCIA del cubo di Rubik... mi sentivo un fenomeno, almeno rispetto ai compagni di classe che non riuscivano a fare nemmeno quello. Quando comprai un libretto che spiegava in dettaglio la soluzione, la cosa divenne meccanica (sono anche oggi in grado di ricomporre il cubo in un tempo decente) ma sentivo di aver perso un po’ della meraviglia e della sorpresa che accompagnava ogni piccolo progresso.

Un giorno ebbi modo di parlare con il mago Andrea Rinaldi, forse in occasione di un allenamento al Monte Tablat con un punto particolarmente perfido. De-briefing post allenamento e il sottoscritto se ne esce con una frase di auto-elogio per aver trovato quel punto, con difficoltà ma anche con perizia mettendo insieme i pezzi della mappa-puzzle in modo non del tutto coordinato e cosciente; Andrea, commentando la carta, mi mostrò come fosse bastata una sua rapida occhiata per mostrare il modo più corretto per venire a capo di quel punto che ai suoi occhi tutto poteva essere fuorché sfidante. Una lezione che ho sempre tenuto a mente!

E’ vero che oggi, dopo 18 anni di orienteering a basso livello, per mettermi alla prova devo andare a cercare i percorsi HAL ticinesi o il WRE di Asiago... ma non è proprio possibile ritrovare, fosse solo per un istante, quel misto di meraviglia e stupore e sorpresa ed euforia che accompagnava i primi punti trovati nei boschi?

Questo è il mio primo pensiero quando mi capita di tracciare le gare della “Milano nei Parchi”, che sono organizzate soprattutto per i neofiti e gli esordienti. Provo a ripulire la lavagna dalle informazioni note, delle conoscenze e delle esperienze. Mi chiedo quale tipo di difficoltà potrebbe stimolare un esordiente totale, mi dico e mi ripeto “Se io fossi un esordiente e partissi da questo punto, cosa vedrei immediatamente in modo banale e di quale indizio nascosto mi accorgerei se esaminassi la scena più attentamente?” e ancora “Quale punto successivo mi darebbe la soddisfazione di trovarlo con un piccolo sforzo, e quale scelta invece potrebbe essere così criptica da non essere nemmeno capita?”.

Penso a tutto questo perchè credo che l’orienteering sia uno sport bellissimo se affrontato “at-the-money”, ovvero su un percorso che è proprio sul confine delle proprie abilità, mentre sia addirittura uno sport repulsivo se affrontato “in-the-money” (cioè su un percorso talmente banale da non sollevare nemmeno una emozione... sprint al Parco delle Cascine docet) o “out-of-the-money” come capita a quei poco più che esordienti che devono andare a fare punti per la loro regione... a Kaberlaba?... e se arrivano al traguardo non sanno nemmeno loro come e perchè!

Credo di aver raggiunto questo obiettivo giovedì scorso al Parco Talon di Casalecchio di Reno, quando ho organizzato un piccolo team building per i miei colleghi di Intesa San Paolo degli uffici di Bologna, grazie alla collaborazione indispensabile di Alessio Tenani e della locale Polisportiva Masi. Il percorso potrà sembrare, anzi no diciamo che lo è proprio!, un po’ “orienteering for dummies”... ma la fatica e le preoccupazioni sono state ripagate dagli sguardi di 28 esordienti totali cui è stato offerto, credo, pane per i loro denti proprio del tipo “in-the-money”. Ho l’ardire di pensare che qualcuno di costoro, che magari aveva sentito parlare dell’orienteering dal figlio per averlo praticato a scuola, e che a fine racconto lo aveva archiviato sotto un file di nome “noia.doc”, si cimenterà in futuro in prima persona o vorrà accompagnare il figlio o la figlia a qualche evento promozionale avendo scoperto in prima persona quanto può essere divertente andare a caccia di lanterne.

Se questo solo può essere il mio contributo per il futuro di uno sport che, purtroppo, annovera poco più di 50 partenti ad una manifestazione nazionale con sponsor e premi in denaro, allora mi sento di aver impiegato molto bene il tempo trascorso a Bologna (cfr. la foto di apertura!) per una iniziativa puramente promozionale. Il che mi porta immediatamente a pensare alla bella gara promozionale di questa mattina, a Cernusco Lombardone per il TCSL... Trofeo Centri Storici Lombardi? No! Trofeo Carcassa Scarrozzata Lentamente... ed è una gare che commenterò non appena avrò a disposizione la carta di gara (perchè adesso mi sono abituato bene a colorare i miei commenti, e non intendo rinunciarvi!).

Sunday, May 22, 2011

(Il "montarozzo" di Carona - tratte 7-8-9-10 - visibile su RouteGadget all'indirizzo
http://www.asti-ticino.ch/co/routeGadget/cgi-bin/reitti.cgi?act=map&id=55&kieli=

Se prima della partenza della gara di Carona qualcuno mi avesse detto che, in un lotto di 27 partenti, avrei trovato a fine gara accanto al mio nome il numero di rango 19... Beh! Aspettate a tirare fuori le bandiere, o voi sostenitori e seguaci dell’Impiegato Panzottello per antonomasia (cominciano già a girare per la rete i primi volgari imitatori!).

Non c’è infatti un solo motivo serio grazie al quale in sottoscritto potrebbe lasciarsi alle spalle 8-dico-8 concorrenti in una gara HAL ticinese, nemmeno in HAM o HAK o HB o qualunque altra diavoleria partorita dal sacchetto dello Scarabeo...

Oddio. Un motivo ci sarebbe... per esempio una improvvisa “moria delle vacche” di biblico riferimento... ed è esattamente quello che è successo, visto che 8-dico-8 concorrenti sono riusciti a non completare correttamente in percorso. 27 – 8 = 19 e l’equazione diventa perfetta. D’altra parte alcuni dei 477 – e sottolineo il numero magico quattrocentosettantasette - partenti di oggi gareggiavano davvero in una categoria a parte (tanto ce ne sono di combinazioni nel famoso sacchetto dello Scarabeo, la mia personale è HIP): Stefano Maddalena per esempio ha gareggiato in HII: Herren Immarcescibili Irreali... 50 minuti di gara per lui. Quando gli ho chiesto come avesse fatto, il Madda ha tirato fuori una faccia modesta per dire che insomma “Dro” Santini non era ancora arrivato (ma neppure il buon Alessandro può ancora camminare sulle acque), che a Carona il vincitore non era mai stato sopra i 5 al chilometro (forse perchè ha sempre vinto lui) e che ... attenzione! attenzione! ... “Hubmann su un percorso come questo ci avrebbe messo 46 minuti”.

Vorrei dire una cosa a S.M.S.M. (Sua Maestà Stefano Maddalena), tanto non legge il blog: Hubmann ha 15 anni di meno, è N volte campione del mondo ed è un professionista da ennemila vittorie in Coppa del Mondo... ma così vanno le cose quando il metro di paragone è quello che usano questi fenomeni.

50 minuti? 46 minuti? Nemmeno con una moto da cross e sapendo dove erano i punti!!! Io in quel tempo forse stavo cercando di venire a capo del terrificante giro del montarozzo sassoso che sta nella parte sud-ovest della carta di Carona (magari un giorno ne avrò il .jpg da mostrare... ma intanto si può andare sul sito ASTi a vedere il routegadget della mappa garzie alla mia compagna di squadra AGET Lugano Ina Tsicovitch): un montarozzo rognoso sassoso e terrificante in giusta misura, che un tempo nella categoria HIP avrebbe significato solo “lì in basso c’è un sentierone bello grosso che attraversa tutta la carta... vediamo dove porta.... mmmhhh! Dritto al traguardo!” e conseguente ritiro.

Ma non nell’anno di grazia (e di dolore) 2011. Oggi mi accontento di vedermi sfilare accanto Kristian, di sentir passare sulle orecchie (proprio sulle orecchie!!!) Teo Crippa, di veder arrivare dalla cresta di colline il suddetto “Madda” al punto 4, di vedere al punto 9 (in pieno inferno montarozziano) Tommy Civera e Luigi Giuliani che mi portano sul punto. In merito alla salita al Golgota del punto 10 vorrei dire due paroline al neo campione italiano M20 Sebastian Inderst, controllore oggi... quella salita tra le rocce è una punizione corporale che non è considerata legale dal codice penale di parecchi paesi occidentali! Lì lascio le ultime riserve di energia, da lì in poi le reazioni orientistiche saranno soprattutto “istintive” e spesso e volentieri nemmeno tanto corrette, su una carta che anche a dire dei mammasantissima non lascia spazio all’errore perchè riposizionarsi è un dramma. Mi sfila Oscar, anche lui una faccia un programma, ed alla 12 arriva anche Fabio Cattaneo sulla strada del ritiro ma che mi fa compagnia per 4 punti, e poi il Kaiser e Stefano Gottardi che sembrano entrambi al lumicino delle forze

L’ultimo che vedo passare, proprio in vista della 99 finale (un casino da trovare pure la lanterna che dà inizio al corridoio finale!) è Michele Ren, che è sempre sorridente da che lo conosco e che mi chiede dopo il traguardo come sia andata la mia gara. Ed io, altrettanto sorridente ma solo perchè sto tenendo la vita con i denti, rispondo “Due ore e un quarto di gara ma sono contento...” perchè in altri tempi e con altre motivazioni non avrei mai finito questa gara! A salvarmi da una situazione che rischia di diventare imbarazzante arriva l’amico Paolo Beltraminelli, Asco Lugano, uno che sarebbe anche stato eletto nel Consiglio di Stato del Canton Ticino!!!, il cui unico commento a fine gara è “Bosco maschio!”. Che non so perchè ma mi fa ridere ancora adesso, forse ripensando alla gag di Gigi Proietti in “Febbre da cavallo”. Ma se ci sono due parole sole per definire a gara di oggi, 21 punti ficcati a viva forza tra pungitopo ed agrifoglie, talvolta addirittura in piccole aree bianche circondate da due centimetri di verde due... allora le parole di Paolo sono più giuste delle mie (d'altronde siamo al "Consiglio di Stato against riunione di condominio milanese").

Nonostante un rientro con apocalittico ingorgo di macchine nel piccolo borgo di Carona, tra gitanti a pranzo ai vari crotti, orientisti (477!) che scendono e rallysti che salgono, una gara da segnare sul calendario non fosse altro per una nomination a gara più dura dell’anno. Ma era la prima gara valida sia per il Trofeo Lombardia che per il TMO ticinese (quindi ho fatto 2 gare! Quindi sono stato in giro 4 ore e mezza!!!) e consegnavamo un Nuovo Lanternino speciale con tanti pezzi e 16 pagine, per questo volevo esserci anche io e sono stato contento di aver valicato ancora il confine di Brogeda per una 19esima e ultima (perchè tale è stata) posizione in classifica

Monday, May 16, 2011

(credit for photo: Giorgio "4cats" Gatti)

Stravolto. Ferito. Ultimo. Ma in Paradiso.

Non è masochismo o qualche strana forma di auto-flagellazione. Sono gli Highlands Open 2011. Nei quali per 89 minuti ho gareggiato in uno stato di trance tra “Et in arcadia ego” (primi 9 minuti della gara di qualificazione) e l’emotional speech di Al Pacino in “Any Given Sunday” (gli 80 minuti della gara valida per il WRE).

Sabato mi sono sentito per 9 minuti in Paradiso. I primi 9 minuti di gara, forse addirittura per la cronaca 9 minuti e 2 secondi. Il tempo di trovare 5 lanterne in stile “sono dove sono so cosa faccio so che la lanterna è lì sento che persino le gambe stanno viaggiando”. 5 lanterne... per l’esattezza 4 lanterne e nove decimi. Il tempo di scorgere tra le fronde di un boschetto la quinta lanterna in una buca, di chinare la testa e girare il viso a destra per proteggere gli occhiali in un passaggio nel verde buio

SBEEEEEEEEEEMMMMMMMMMMMMMMMMMMM...

“Trauma cranico commotivo” dice quello all’arrivo.

“Anche qualcosa di meno” rispondo io dopo aver declinato generalità varie, aver invertito sequenze di numeri (“oh! sono un orientista io”...), aver risposto alla classica domanda “sai che giorno è oggi” cannando brutalmente la risposta... ma me la sono cavata dicendo che per me, orientista, il calendario non è diviso in 365 giorni ma in “giorni di fatica” (al lavoro) e “giorni di pacchia” (nei boschi).

Tra la tremenda pacca presa in testa e l’interrogatorio di ... Carlo?... dell’ambulanza passano 80 minuti circa. I primissimi dei quali, forse solo pochi secondi, li passo a terra, probabilmente nel mondo dei sogni. Ho una vaga immagine di me che cado a terra all’indietro... e già il fatto che uno non può vedersi “cadere a terra” me la dice lunga sul fatto che l’impatto con quel maledetto ramo e la mia tempia sinistra deve aver interrotto subito il magico collegamento tra me ed il terreno di Hinterbeck.

Ritrovo un po’ di lucidità al minuto 16 del mio orologio, e sono passati 7 minuti. Solo che per mettere a fuoco l’orologio devo (e per un po’ funzionerà) stringere forte l’attaccatura del naso in mezzo agli occhi. Esco dal punto ancora traballante in direzione della 6 e mi accorgo poco dopo che sto andando a 90° dalla direzione giusta; giro la testa per guardare il termine della canaletta verso il quale dovrei dirigermi, e gli occhi ci mettono qualche secondo a ricomporre le immagini del bosco. Tra una strizzata all’attaccatura del naso, qualche sosta vicino al punto, una occhiata in giro per vedere se incrocio qualche posatore o controllore, arrivo alla 9 dove mi devo fermare un paio di minuti a capire se è il caso di proseguire o rinunciare.

Decido di proseguire ma me ne pentirò quando, dopo la 14, le immagini si fanno sempre più tremolanti e comincio a vedere due cerchietti vicini tra loro in mappa anche quando il punto è in realtà uno solo. Alla 18 sono abbastanza nel panico, e per qualche strana associazione mentale mi sovviene il racconto di Gueorgiou alle prese con la puntura di vespa in Repubblica Ceca. Per fortuna il traguardo è vicino e riesco ad arrivarci con le mie sole forze, seppur in uno stato sul confusionale andante.

Eliminerei a questo punto ogni riferimento alle ore successive... spero di non aver detto troppe stramberie al microfono ma, questa volta, sono giustificato! (il che farebbe pensare, mi dicono, che di pacche sulla testa ne prendo probabilmente ad ogni gara, almeno a giudicare dai miei commenti microfonici).

Passiamo alla domenica mattina, che è meglio, con un breve inciso. Tutti conoscono il nome di Oscar Wilde (no... non è un orientista del South London Orienteering West!): è stato tra l’altro un celebre chiosatore di quelle frasi celebri e massime che troviamo nei giochini della Settimana Enigmistica. Ma era anche un gran copione, e quando un giorno esclamò “Come vorrei aver detto questa frase” i presenti risposero “La dirai, Oscar. La dirai...”.

Anche io copio e incollo. Un pensiero di Federico Bacci che ho trovato su Facebook: "Restare nel corridoio d'arrivo a pensare aile scelte sbagliate e ai minuti persi subito dopo un'ora corsa al vento, al gelo e sotto la pioggia...questo è il nostro sport, ed è difficile farne a meno". Il pensiero di Federico è poesia allo stato puro, è il condensato giusto di emozioni e di sensazioni, il momento nel quale (per dirla alla Giacomo Seidenari) le parole valgono più di mille immagini. Oh Federico! Grazie per quelle parole.

Domenica mattina. Ore 8.20. Mi muovo dal ritrovo verso l’ignoto, armato di una maglietta ed una divisa da ori-turista al di sotto della quale guizzano non muscoli ma chili di ciccetta, mentre al di fuori della quale infuria la tempesta di pioggia ghiacciata, la temperatura è di circa 2 o 3 gradi. E davanti a me si profila una gara in MElite valida non solo come finale del Campionato Italiano Middle ma anche come WRE. Ce ne sarebbe di che mollare lì il colpo e rintanarsi al coperto, ma è da tanto troppo tempo che sento parlare di questa carta, del fatto che in questo luogo dallo strano nome l’impiegato panzottello troverà l’ori-Paradiso in terra. E’ da troppo tempo che desidero ardentemente affrontare questo percorso, e non saranno certo 4 gradi Celsius e 4 elevato alla 1000 gocce di pioggia a fermarmi. La motivazione finale me la da la mia testa, che comincia a declinare qualcosa che sa tanto di “Siamo all’inferno adesso, e possiamo rimanerci. Farci prendere a schiaffi o aprirci la strada lottando verso la luce. Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta”. Non so se la citazione è esatta, ma un punto dopo l’altro è esattamente quello che ho intenzione di fare.

Partenza. A destra di sbieco nel bosco. Movimenti del terreno... il punto deve essere lì dietro. Deve. DEVE. E c’è. Punto 2. In costa. Guarda i movimenti del terreno, questo è l’avvallamento. A 100 metri il punto, ora a 50 metri, ora dietro questo piccolo movimento. E c’è! E via avanti così, con calma, con sicurezza. Cosa aveva detto Cosimo? “Quando avrai la carta in mano, dimenticherai il freddo e la pioggia”. Freddo e pioggia? E chi li ha sentiti? Si, ok, non tutte le ciambelle riescono con il buco: la lanterna 6 mi costa un piccolo giro in zona per ricollocarmi; ma per quanto io sia alle prese con un percorso nel quale devo dare il 100% delle mie possibilità ad ogni metro, il successivo episodio della voce “ricollocamento” arriva alla 14 e nel frattempo ho completato il primo loop, ho affrontato per due volte il fondovalle nel verde, sono “caduto” per un numero imprecisato di volte direttamente sul punto (le urla si sprecano, mentre Pacino continua a declamare che posso scalare questa carta un punto alla volta). Per la 15, buchetta infermale nel verde 1 visibile solo da 1 metro di distanza, ripasso dalla svedese e poi due curve sotto i gazebi di partenza.

Tiro qualche accidente solo ala 16, quando mi accorgo che le tratte per la 17 e 18 non mi offrono una sola scelta sicura di navigazione... ma se mai ho pensato che il bosco di Hinterbeck è perfetto per un “Follow me Tero”, allora posso anche io (come insegnano Sgiursgiù e Pedrottì con l’accento sulla “i”) salire sulla collina e vedere attorno a me il punto che “mi apparirà grosso e immediato”: e così accade, quel maledetto benedetto sasso della 18 era addirittura brillante visto dalla cima della collinetta. Alla 20, prima di lasciarmi andare verso la 21 e verso un arrivo in totale solitaria sotto il diluvio ed in mezzo alle pozzanghere, ne ho avuto la certezza: avevo scalato le pareti del mio inferno un punto alla volta.

Solo che non era l’inferno. Era il Paradiso.

Milano, 16 maggio 2011

Ps: questi pensieri sparsi sono dedicati all’Erebus Vicenza, a Federico Bacci, ad Attilio, a Kristian e Metka, a tutti coloro che hanno trovato lo stimolo per entrare nel bosco domenica mattina e a tutti coloro che per altrettanto validi motivi ci hanno rinunciato. E a Klaus Schgaguler, nuovo Campione Italiano Middle 2011, che ha corso la stessa gara in un irreale mezz’ora e che mi ha detto “Si, ma tu la gara l’hai fatta da solo e sotto il diluvio”. Thanks Klaus!

Monday, May 09, 2011

"Sapessi come è strano...” trovare Josefin Aronsson in azione nelle news del sito Fiso http://www.fiso.it/04_notizie/dettaglio.asp?id=4670

“Ancora tu?!? Ma non dovevamo vederci più?"Perchè c’è anche Josefin Aronsson in azione nel Blog di Stegal http://stegal67.blogspot.com/2011/03/its-my-life-its-now-or-never-i-aint.html

La foto, comunque, sarebbe di Cosimo Guasina... :-) Andalusian Orienteering Meeting 2011: gara di beach-orienteering, in effetti...

E per fortuna che è stata scelta QUELLA foto... e non altre, vero Cosmo? :-)))

Back to ‘90s...

Sono solito chiosare le mie prime stagioni da orientista lombardo con le molto meno che immortali parole “erano tempi in cui si facevano 10 gare all’anno... di solito 4 erano al Parco di Monza e due in centro a Monza!”. Negli ultimi 8 giorni ho potuto verificare che neppure tre O-Ringen, un WMOC, innumerevoli multi-days in giro per l’Europa e tanto altro ancora hanno cancellato la voglia di frequentare queste gare che hanno molto di casalingo e di spontaneo, nelle quali non ti aspetti un ritrovo organizzato al 100% e percorsi sopraffini (finendo spessissimo per trovare sia l’uno che gli altri!!!); e soprattutto questi sono diventati appuntamenti ai quali recarsi sapendo che tutti quanti in fondo hanno lasciato a casa il coltello (che di solito si porta, ben affilato, tra i denti) ed il clima tra tutti i partecipanti pochi istanti prima della partenza e financo durante la gara è di estrema amicizia e di grande sportività.

Sabato scorso, 30 aprile, al Parco di Nichelino è andata in scena una prova di Coppa Italia di Trail-O. E’ stata soprattutto una buona occasione per fare un viaggetto in compagnia di Mary e Marco (mio ex compagno di squadra e staffetta, pure nel trail-O!). Atmosfera tranquilla, nessuna pressione, il percorso disegnato da Marina Beltramo è stato descritto con puntualità ed efficacia nel blog di Marco. La mia gara non è da ricordare tanto per il 12° posto su 19 partecipanti (prestazione che, a posteriori, giudico lusinghiera e persino un po’ fortunata...) quanto perchè riesco ancora una volta nell’impresa di ritrovarmi a corto di tempo (credo unico tra tutti) persino quando il tempo a disposizione è di 125 minuti per 18 punti!

Il fatto è che mi accorgo, in tanta (de)concentrazione di aver lasciato indietro un punto (il numero 13) proprio mentre sto andando a consegnare il cartellino e mancano BEN 7 minuti allo scoccare del tempo limite. Il punto 13 è quello più lontano di tutti, e quindi per qualche secondo maledico la mia dabbenaggine... poi, pur essendo vestito con camicia, pile, antivento, marsupio davanti e borraccia dietro, non so per quale strano motivo mi trovo a correre a perdifiato attraverso il parco! Uno sguardo all’orologio con i secondi che corrono (corrono ben più di me), un pensiero di mollare su una panchina antivento, pile e camicia per essere più leggero... arrivo sulla scena del punto 13 a 2 ore e quasi 1 minuto, osservo per non più di 3 secondi le lanterne, battezzo una C lì per lì e mi lancio all’indietro. Risultato? Consegna del cartellino con 10 secondi di anticipo sull’ora limite, in condizioni PIETOSE (le due persone al gazebo credo mi abbiano guardato come si guardano i pazzi): fradicio di sudore, letteralmente a pezzi, in preda al vomito più totale. Si può finire una gara di trail-O così? Se si sta parlando di me, dal 30 aprile 2011 si può!!!

Mi ci vogliono almeno 30 minuti solo per riprendermi... e così perdo l’appuntamento con il treno che avrebbe dovuto riportarmi a Milano. Rientrerò con Marco ed ho così modo di partecipare anche alla seconda tenzone della giornata: la Ori-Niclin gestita dall’organizzazione di Renato Martinetto, ed ho capito solo oggi che “Niclin” sta per “Nichelino” (che ospita il parco...). Trattasi di mass start con one-main-relay, ed i percorsi non sono né corti né banali; è vero che il parco è tutto un intersecarsi di sentierini e piccole tracce che tagliano il verdone (nel quale il solo pensiero di buttarsi è follia), ma talvolta anche questi sentierini si rivelano delle trappole ben congegnate perchè basta mancare un bivio per ritrovarsi a navigare in mezzo alla vegetazione opprimente. Mi iscrivo sul posto in MA e, indossando un paio di pantaloni ASCO Lugano prestati dal Brambilla (pantaloni che, vista la vegetazione, hanno rischiato grosso), affronto una gara di stampo martinettiano nella quale nonostante una andatura a dir poco impiegatizia e grassottella credo di essere rimasto in testa fino alla lanterna 8.

Da lì in poi la mia insipienza atletica ed un grosso errore alla 16 durante il secondo giro (in quel caso ho veramente vagato a caso per lunghi minuti nel verdone senza raccapezzarmi) hanno fatto la differenza, lasciandomi solo a caracollare per il parco e per la salita che portava al traguardo.

Nel fine settimana appena trascorso è toccato alla Lombardia invece riconciliarsi con i centri storici. Sabato pomeriggio, a Paullo, gara sotto la caldazza micidiale ben tracciata da Fabio Cattaneo: ad una prima parte un po’ noiosa fatta di grosse e semplici tirate, per ammazzare ben bene il fiato di chi (come me) non ne ha, ha fatto seguito una seconda parte – con cambio carta – a sequenza libera nella quale il “giro giusto” non era poi così immediato, e credo che parecchi abbiano allungato di molto il percorso ideale.

Resto sempre della mia idea. Per rivalutare i centri storici lombardi (che non siano Bergamo o San Donato o Dervio e pochi altri) basterebbe usare il vecchio metodo dei tracciatori cinesi: prendi 20 chicchi di riso, li lasci cadere a caso sulla carta e, dove si ferma il chicco, lì ci piazzi la lanterna! Non importa se non c’è il “giro giusto”: non ci deve nemmeno essere!!! Butta giù 20 lanterne a caso e lascia che siano gli orientisti ad andarle a cercare e ad impazzire!

In ogni caso sono rimasto contento della proposta di Fabio C., che ha cancellato dalla mia mente la precedente esperienza a Paullo (di qualche anno addietro) dove in una giornata torrida non avevo fatto altro che correre avanti e indietro lungo le strade principali in una gara che di orientistico quella volta aveva avuto proprio poco.

Parlando di tracciati, vedo già su Facebook i primi commenti positivi ai percorsi di oggi a San Donato realizzati da Andrea Gianotti. Trattandosi di gara organizzata dalla mia società, lascio i commenti agli altri. Ho passato qualche istante di follia all’arrivo (arrivo posizionato all’interno del Centro Sportivo nel quale era in corso una autentica sagra di tutti gli sport... con le conseguenze – casino, passanti, esplosione di rumori e colori – che lascio immaginare), ma spero che i partecipanti si siano divertiti. C’è qualche risultato inatteso, dovuto però – credo – alle vere insidie del percorso che ad un percorso-bingo. In ogni caso ho visto alcuni concorrenti andarsi a complimentare con Andrea, che tra pochissimo sarà neo-bi-papà, e questo è più che sufficiente per dare un senso positivo alla giornata.

E intanto, in serata, il Moggi dell’orienteering è tornato a colpire... chi ha orecchie per intendere, intenderà! :-)