Stegal67 Blog

Monday, August 22, 2011

Pare che per me non ci sia modo di scrivere (magari un po’ per interposta persona) sui Campionati Mondiali senza scatenare l’ennesimo vespaio... Allora adesso provo a riannodare il filo del diario, così il protagonista della storia tornerà ad essere un impiegato panzottello senza macchia, senza paura e senza soprattutto senza vergogna. WOC 2011 e Festival ERDF di contorno, come li ho vissuti, sudati, imprecati, maledetti e rimpianti!

Domenica 14 agosto – prima tappa del festival

Insomma pare proprio che anche stavolta sono andato a mettere il sederone sulla pedata; tutti coloro che incontriamo sul Massif des Bauges tra Chambery e Aix-les-Bains hanno un solo pensiero in testa: quanto sono dure, toste e terribili le carte del Mondiale 2011, e di conseguenza anche quelle della 6 giorni di Francia, visto che i 4000 impiegati panzottelli ivi convenuti ci corrono il giorno dopo che i campionissimi “hanno aperto le tracce”. Il primo impatto con la gara long di Saint Francois de Sales conferma le premesse: trattasi di autentico merdaio! Sassi affioranti ovunque che sembra di essere a Kaberlaba, disboschi ovunque con rami piccoli medi e grossi per terra che sembra di essere in Scozia, pendenze sensibili che sembra di essere in Ticino... solo che stavolta è tutto quanto INSIEME! Sassi, disboschi e salite! Così la prima tappa a Les Goulles diventa una specie di piccolo calvario che affronto con Attilio, partito solo qualche minuto davanti a me e che raggiungo nella tratta verso il secondo punto (e già il saldo tra quanti mi hanno chiesto lumi sulla loro posizione e le indicazioni che ho chiesto io hanno assunto proporzioni da Italia-Germania.... quella del ’70!). In un mezzo inferno di cadute sui legni bagnati o sulle rocce, Atty ed io raggiungiamo la zona del punto 6 dove rimaniamo clamorosamente alti rispetto al punto. Ognuno convinto del fatto suo ci separiamo in due direzioni diverse... entrambe altrettanto clamorosamente sbagliate! E quando riusciamo, ognuno per conto proprio, a raccapezzarci (ma è passato un quarto d’ora) finiamo per arrivare al punto 6 insieme e da due direzioni opposte; non ci resta quindi che continuare a collaborare fino al traguardo, siamo in fondo alla prima puntata di “Survivors”, in una tappa che ha le ultime 8 lanterne in un fazzoletto di 3 x 4 centimetri, così che la cosa difficile è capire quale cerchietto color magenta segua il precedente nella sequenza corretta!

Poiché la fatica è stata tanta, ci asteniamo dall’assistere alla qualificazione middle (nel frattempo si mette anche a piovere e fa davvero freddo), d’altra parte non avevamo visto nemmeno le qualificazioni long del giorno prima... le qualificazioni sono roba per poppanti!

Lunedì 15 agosto – seconda tappa del festival

Se c’è un modo assurdo di passare il ferragosto, l’ho scoperto: il mio orario di partenza della seconda tappa è molto vicino alle 9.00 a.m., fa freddo (tanto) e piove a dirotto. E sono di nuovo a Saint Francois de Sales per gareggiare su una carta che stavolta si chiama “La Grande Teppe”... dove “Teppe” probabilmente è una parola occitana che significa... merdaio al quadrato! La carta di gara è divisa da un grosso sentiero in due parti: a sud, dove ci sono i punti da 1 a 6 e da 11 a 15, un disbosco sassoso e rognoso peggio di quello del giorno prima. A nord... pascoli aperti con difficoltà orientistica pari a zero! Stavolta parto io 10 minuti prima di Attilio, ma sbaglio qualcosina al punto 1 (dove trovo una signora spagnola in lacrime che cerca il suo punto 2 da 45 minuti) e sbaglio di bestia il punto 2, da dove finalmente esco sulle code di Atty che nel frattempo con una andatura più controllata ma più giudiziosa tecnicamente mi ha raggiunto. Facciamo una scelta diversa per la 3 e perdo di vista Attilio: penso che sia rimasto indietro e invece lui mi ha già staccato.

Il bosco è un vero inferno, gli impiegati panzottelli come me viaggiano attorno ai 18-19 al kmsf... trovo la 4 perchè alla fine ci girano attorno 20 persone, la 5 perchè attorno al punto ronziamo in 30 mosconi, uno più perso dell’altro. Alla 6 vorrei ritirarmi ma entro nel punto mentre ne esce Attilio. Da lì in poi, fino alla 11, diventa una corsa sui pascoli o sulla costa di una montagna di argilla: fangosa e viscida e impregnata di acqua come se stessimo correndo sul sapone! Il punto 9 su tutti: si vede da lontano ma bisogna affrontare la discesa sull’argilla; la mia scelta è a destra di un boschetto ma lì comanda l’argilla... che fa precipitare me e altri due verso sinistra. Poco male, perchè io riesco ad accorgermi appena in tempo che un metro prima della lanterna c’è un filo spinato non segnalato; ma i due dietro di me lo centrano in pieno! L’uscita da quel punto, in risalita sul fondo di argilla, è la cosa più faticosa e penosa che ho fatto quest’anno... Pascoli significa però anche fili elettrificati. Non segnati. Due “stringhe” una dietro all’altra che mi fanno tirare giù i santi del Paradiso! Nel finale riesco quasi a rimettermi sulle code di Attilio, ma in distacco da lui rimane attorno agli 11 minuti ed io comincio a pensare (e non sono il solo) che se va avanti così la Francia non mi vedrà più nemmeno dipinto.

Per i Campioni è giorno di riposo. Meglio così (per loro) perchè all’arrivo la voglia di andare a vedere le gare del Mondiale è pari a zero...

Martedì 16 agosto – quella piazza di Chambery

Stavolta è giorno di riposo per noi, e mai fu così sospirato e meritato. Il programma dei Mondiali prevederebbe le qualificazioni sprint a Aix-les-Bains al mattino e la finale a Chambery al pomeriggio, ma anche il Day1 del Mondiale di trail-O al mattino. Poiché le qualificazioni “sono per i poppanti” PLab ed io decidiamo ai andare a vedere il trail-O, così almeno potrò fare qualcosa per giustificare il mio press-pass (in my humble opinion lo giustificherò molto di più nel finale di settimana... ma non voglio sollevare altri casini!).

Tralascio di raccontare le mie peripezie con i vari marshall che gestiscono la presenza di stampa e fotografi sul percorso di trail-O; dico solo che riesco ad “emanciparmi” (e far capire che qualcosa ci mastico pure io quindi non è il caso che mi spieghino ogni volta quale lanterna è A, B, ecc...) quando arriva il Gran Mogol Uwe Fredholm che si ricorda del mio bronzo a Cavalese.

Rientro alla base GOK di La Feclaz e rapida discesa verso Chambery dove finalmente è scoppiato il caldone e la piazza di anima per una finale sprint emozionantissima, con partenza in piazza, primo punto spettacolo su un terrazzino del castello a picco sulla piazza, secondo punto spettacolo ai piedi del suddetto castello in mezzo agli spettatori e corridoio finale tra due ali di folla urlante. Il tutto con commento di Per Forsberg e maxischermo a mostrare impietoso il missing point di Jerker Lysell lanciato verso la medaglia d’argento.

Mercoledì 17 agosto - al peggio non c’è mai fine, dicono...

Col caldone ormai consolidato sul Massif des Bauges, la terza tappa a Le Pleurachat si propone nei racconti dei Campioni che ci hanno già corso come peggiore delle precedenti.

Sarà... però è middle e non più long distance, e poi un paio di punti del percorso H40 sfuggono alla sado-commissione dei tracciatori riuniti, perchè quei due punti (3 e 4) sono raggiungibili passando per una serie di aperi e semi-aperti che sembra finalmente di essere tornati in un bosco umano! Qualche patema a metà gara prima dell’increscioso “episodio della 55”: tale lanterna sembra essere cercata, quando arrivo in zona (per cercare la 79 cui seguirà la suddetta 55), da una trentina di pazzi che si urlano di tutto da una parte all’altra del bosco. Quando qualcuno finalmente trova il punto, o lo intravede, o c’è qualcun altro che gli dice dove si trova, parte una serie di richiami come nemmeno una scolaresca di liceali assatanati che scoprono che nell’hotel di fronte alloggia un collegio di ragazze svedesi! Il casino è tale, in tutte le lingue, che qualcuno urla “Silence!” nel bosco...

Il mio aplomb si rifiuta di arrivare con questi matti alla 55, fare il punto, trovare la 79 e ritornare alfine alla 55; e pagherò caramente questo snobismo, girando per qualche minuto senza testa in un bosco assurdo... Trovo infine un (ennesimo) punto che non è mio, e commetto la buona azione di giornata indicandolo ad una delle sorelle Brandi che in totale completo arancione-lanterna gira a vuoto da più tempo di me. La buona azione viene subito ricompensata con la comparsa in scena di Simone Gambini, che mi arruola nelle truppe Er-Team dicendo “Dai Stegal! Facciamo un po’ di cool-orienteering!” o forse voleva dire “cul”... comunque l’una o l’altra che sia riusciamo a trovare il punto 79, e da lì la 55 è cosa fatta.

Finale lento in un altro pezzetto di bosco impestato, col pensiero alla volata in discesa.... errore! La volata è, sì, in discesa negli ultimi metri, ma per arrivarci dovremo sorbirci una specie di Muro di Grammont sconnesso sul quale gli incitamenti degli amici italiani mi impediscono di fare quello che le mie gambe vorrebbero (camminare fino in cima... invece tocca correre!).

Pomeriggio dedicato alla finale long, nella quale assistiamo alla prima vittoria del Roi Gueorgiou; Gonon commette un errore al quarto punto e viene ripreso dal compagno di nazionale, ed a questo punto non c’è più nulla da fare per un incredibile Pasi Ikonen che esce da quel bosco senza bussola (già solo per questo è un mito al cubo!) ma con l’argento al collo. Tra gli errori da paura che il maxischermo propone impietoso grazie ai GPS messi sulle spalle degli atleti, il più incredibile è la “kauppata” di Minna che esce dalla traccia giusta con mezzo chilometro di anticipo, gira o ricartografa una vasta area della mappa per 15 minuti circa e poi prende la strada di casa, lasciando la medaglia d’oro senza nemmeno aver trovato un solo punto di controllo... e su quella carta ci dobbiamo correre noi l’indomani!

Giovedì 18 agosto - ... e quelli che pensano al peggio spesso sbagliano

Un caldo assurdo, una gara long che mi attende, una carta sulla quale molti Elite non hanno trovato la strada di casa se non dopo molte difficoltà. Ma oggi non è una giornata come le altre. La carta di gara non si chiama “La Croix de Nivolet” come quella della finale long, ma è come se lo fosse: perchè noi partiamo dai pascoli bassi vicini a La Feclaz ma i percorsi arrivano veramente in cima alla montagna, alla Croix che sta a picco sulla valle con Chambery ed il lago di Aix-les-Bains!!! Certo, il fatto che devo scalare la montagna fino in cima mi diventa palese alla 6, quando dispiego la carta e mi accorgo fin dove arriva il tratto magenta che porta al cerchietto numero 7... ma se “impresa” deve essere, che impresa allora sia! Dalla lanterna 2 alla 6 in pratica è una ascesa continua per quasi 200 metri di dislivello, ma le difficoltà tecniche sono invece tutte nelle tratte in discesa. La mia laurea orientistica arriva alla 11, dove stacco il gruppone di ispanici, lusitani e francesi leggendo come punto di attacco una collinetta grossa come mezza cacca di mosca... una gara che finisce per me dopo 2 ore e 26 minuti di fatica (mentre taglio il traguardo gli infermieri stanno rianimando un concorrente letteralmente vitreo) ma che mi lascia abbastanza adrenalina per andare subito dopo con PLab a gareggiare nella prova Open dimostrativa di Temp-O (con risultati perlomeno da rimanere perplessi...).

Venerdì 19 agosto – Chi non ha testa abbia gambe... tutte e due le cose no, eh?!?

Se pensavo di aver lasciato tutte le energie alla Croix de Nivolet, la quinta tappa mi smentisce positivamente, nel senso che questa volta sulla middle di Creux de la Cavale le gambe girano bene e, soprattutto nel finale, mi scoprirò capace di affrontare in corsa disinvolta persino la salita. Il problema di oggi è che la testa latita... A parte il fatto che, per equivoco generalizzato, pensavo di correre con la 1:7.500. Non ho controllato in partenza e sono rimasto clamorosamente corto su tutti i primi punti, fino al sesto punto quando ho cominciato a maneggiare la carta preso da un dubbio amletico, ho letto “1:10.000” e immediatamente ho mandato un accidenti ad Attilio... La carta di gara, dopo i deliri dei primi due giorni, è fattibile a livello di terreno-dove-poggi-i-piedi, ed in fondo non vado neppure male o malissimo visto che Simone Gambini mi prende al primo punto ma poi al 7 e al 10 lo trovo ancora dietro; ma gli errori al punto 8 (8 minuti per fare un punto di 80 metri) e 10 (dove vago a casaccio in una zona che non c’entra niente) mi portano ben oltre l’ora di gara quando invece avrei potuto stare per la prima volta sotto l’ora. Pecà...

In questa giornata nella quale Gueorgiou ottiene il settimo titolo mondiale middle in carriera, gareggiando a velocità ed abilità che saranno irreali per molte molte generazioni ancora di orientisti, vorrei parlare del cigno ma anche del brutto anatroccolo. Tante cose restano di una finale mondiale middle, la disciplina più tecnica e temuta dell’intero lotto; l’errore iniziale di Minna e la sua rimonta rimasta lontana dal bronzo per un cedimento finale rispetto alla più fresca Wyder (ma Minna l’ha presa con moooolta filosofia, assai più di quanto ha sintetizzato Illarietti nel suo pezzo); la felicità di Helena Jansson e la sua risposta bruciante “Come è possibile che dopo aver raggiunto le tre alte partite prima di te, tu ti sia fatta staccare?” “Perchè preferisco correre da sola!”.

In campo maschile, l’urlo di gioia del gruppo lituano quando l’impronosticabile Vildas-nonsochi arriva un secondo prima di Gonon, gelando per un istante i tifosi francesi che rivolgono sguardi carichi di odio ai pochi lituani presenti in gruppetto. E poi un ricordo di Miskolc 2009: dopo il punto spettacolo, Gueorgiou ha 25 secondi di vantaggio su Hubmann e le telecamere lo inquadrano fermo nel bosco che si guarda in giro; Lidia, al mio fianco, dice che Hubmann potrebbe vincere... poi Per Forsberg annuncia “Il vantaggio sale a 42 secondi”. Da fermo! Se TG vince il mondiale middle da fermo come poteva sfuggirgli nel giorno in cui Matthias Mueller, campione mondiale sprint 2009, riporta “Mi ha preso e ho cercato di seguirlo, mettendo via la carta. Non riuscivo nemmeno così a stargli dietro...”. Oberg terrorizza in francesi per 7 minuti, passando al primo punto televisivo in 7’08” contro i 7’09” di Tero, poi Forsberg attacca: 19 secondi per Tero, poi 25.... 42... 1e12... 1e45... 2 minuti. Ogni annuncio è un affondo al resto del mondo; Oberg resta il primo degli umani, sostenuto da un tifo a squarciagola di Jansson (qualcuno sa se c’è un motivo diverso dalla semplice connazionalità? Giusto per sapere...).

E allora se il cigno è Gueorgiou, chi è il brutto anatroccolo? E’ Gonon, cui il pubblico riserva alle premiazioni l’applauso più scrosciante, più lungo di quello riservato sul podio a TG (che aveva già raccolto le ovazioni da stadio lungo il percorso). Perchè di TG ce n’è uno solo per generazioni, perchè uno così è addirittura irreale nel suo incedere nel bosco iper-tecnico di Lachat con quella sicurezza. Contro uno così, non ci puoi fare veramente niente. Ma forse in un caldissimo pomeriggio francese sono stati proprio gli orientisti transalpini a capire che è Gonon che rappresenta l’esempio di come con il duro lavoro e con l’applicazione quotidiana si può essere sempre lì a lottare con i primi. TG, per inciso, non sembra nemmeno aver sudato... Gonon, disfatto, rappresenta l’umanità di quelli che non sono superuomini dei boschi ma che ogni tanto osano pensarlo.

Sabato 20 agosto – per chi pensava solo alla sesta tappa.

L’ultima tappa del Festival sulla montagna Lachat è una specie di kermesse che Attilio ed io affrontiamo insieme; perchè al primo punto io spaglio e faccio rientrare Atty che mi parte 4 minuti dietro, perchè la carta è veramente tecnica e (stanchi come siamo) in zona punto 4 occhi vedono meglio di due, perchè siamo stanchi e dobbiamo pensare anche al viaggio di ritorno e poco importa che tra l’arrivo al traguardo e l’arrivo a casa ci siano due staffette mondiali da vedere: che cosa vuoi che possa dire una staffetta mondiale?

Beh! Quel che vedremo nella staffetta mondiale femminile sarà irreale, fosse anche solo per lo svolgimento dell’ultima frazione nella quale 7 nazioni si alternano al comando e 7 nazioni finiscono per fare degli svarioni (immortalati dal solito maxischermo) che fanno pensare che nessuna atleta sia in gara con la bussola o che tutte ad un certo momento abbiano girato la mappa di gara dalla parte opposta. Fino al finale con la volata Kauppi-Brozkova-Billstam che viene risolta da Minna anche grazie ad un trucco riguardo il quale i forumisti del sito AttackPoint stanno ampiamente dibattendo... ah! Se chiedessero al sedicente giornalista (anzi, fotografo) italiano che la domanda giusta a Minnona nostra l’ha veramente fatta ottenendo anche la risposta.

E dopo una staffetta così, come ci si può ancora emozionare nella gara maschile? Boh?!? Sarà che forse “qualcosa” è successo in quella staffetta maschile... ma a questo ho dedicato il post precedente, e per la mia capacità di reggere ulteriori vespai quel post basta e avanza!


Saturday, August 20, 2011

Dalla curva dello stadio dell'orienteering di La Feclaz (Francia)

Ben difficilmente i tifosi italiani presenti quest'oggi alla gara valida per l'assegnazione del titolo mondiale a staffetta dimenticheranno le emozioni vissute nelle tre ore di gara piu' intense, drammatiche e talvolta persino esilaranti dell'orienteering degli ultimi anni.
Partiamo da due nomi: Klaus e Alessio. il primo e' Schgaguler ed il secondo e' Tenani. Sono i primi due frazionisti della staffetta azzurra ed avranno il compito di lanciare in terza frazione Mikhail Mamleev. Quanto siano considerati nei pronostici e' presto detto con un piccolo particolare: l'Italia non viene dotata di GPS per il rilevamento elettronico della posizione che viene spesso proposta sul maxischermo presente nell'arena... Una sottovalutazione cui gli addetti dell'organizzazione dei WOC 2011 non sanno di dover porre rimedio molto presto! Alla partenza Klaus appare tranquillo, la prima parte di gara lo vede ben inserito nel gruppo di testa ed al primo passaggio televisivo la dodicesima posizione a stretto contatto coi primi mette un po' di verve alle ugole dei tifosi italiani, ignari di quello che sta per succedere. Al primo forking, Ucraina, Svezia, Svizzera e Russia vanno da una parte; Francia, Norvegia e Italia dall'altra. Il primo gruppo di nazioni citate sembra prendere il largo, ma l'immagine di Klaus che resta nel sandwich dei favoriti senza sforzo apparente consente di ben sperare: Klaus non sta navigando da solo nel mare tempestoso e labirintico della montagna Lachat che ha gia' trascinato sull'orlo della disperazione tante atlete di primo piano della gara femminile. Ed il primo miracolo arriva al secondo punto televisivo: il gruppo di testa improvvisamente si trasforma in uno sciame di api che vanno in tutte le direzioni; al comando passa la Norvegia seguita a ruota dalla Francia, e subito dietro da una maglia con i colori indiscutibilmente azzurri: e'ancora Klaus, assolutamente in controllo della situazione. Per Forsberg, lo speaker internazionale, entra nel panico: ha una nazione in testa, davanti alla sua amata Svezia, e l'atleta in gara non e' dotato di GPS e non puo' essere seguito durante la cronaca. Forse Forsberg spera in un fuoco di paglia, forse lo pensano tutti i tifosi francesi che nel corso degli anni hanno visto svanire l'oro a staffetta per colpa delle api, di un salvataggio ad un atleta infortunato, di un errore da principiante di Roi Gueorgiou... Non avevano pensato agli italiani, ma e' vero che la gara e' ancora lunga!

Al primo passaggio nell'arena, il campione del mondo 2010 a media distanza Kaas cerca la fuga, il francese Adamski gli e' incollato dietro ma Klaus non perde un metro: la sua corsa e' appena meno aggraziata ma radente e redditizia; nel loop finale su un terreno se possibile ancora piu' terribile del precedente non cambia la storia: se tre nazioni sono al comando, tra esse c'è saldamente anche l'Italia, e Klaus si prende addirittura il lusso nel finale di saltare Adamski e di essere l'unico in grado di leggere molto bene sulla linea del finish la scritta "NORGE" sulle spalle di Kaas.

Tocca ad Alessio ora. Che se la deve vedere con Anders Nordberg e con Francois Gonon, sostenuto dal tifo infernale dei francesi, e con Olle Bostrom che per la Svezia e' l'unico in grado di saltare dal treno degli inseguitori al gruppo di testa. 4 nazioni, 3 medaglie. Gli incomodi sono forse gli azzurri? Se la risposta deve essere "si", occorre prima mettersi d'accordo con Alessio. Che ad ogni punto televisivo e' sempre li' coi migliori al mondo, che non perde un passo, una battuta, un solo secondo. Se ne accorgono i tifosi francesi, se ne accorge anche Per Forsberg che continua a non avere il GPS dell'Italia e che deve essersi appuntato un post-it sul computer per ricordarsi di citare gli azzurri come facenti parte del gruppo di testa. "Alessio' Tenani'" diventa un ritornello della cronaca live, prima quasi con tono di fatto di costume... Come una piacevole e fugace intromissione nelle faccende delle nazioni forti, ci vuole sempre in ogni racconto il Cinderella-team in rappresentanza di tutti gli esclusi dai podi internazionali, no?.... poi qualcuno comincia a rendersi conto che Alessio non ha nessuna intenzione di togliersi di torno, di lasciare campo libero alle altrui ambizioni: Alessio compare sempre nel gruppo di testa ma mai come ultimo vagoncino passivo: potrebbe accontentarsi di farsi portare al traguardo cosi' e sarebbe gia' un trionfo. Ma non oggi. Oggi Alessio prende la testa nel loop finale, guida lui la fila delle medaglie mondiali e a questo punto persino lo speaker deve alzare bandiera bianca e raccontare che il gruppo e' composto da "Alessio' Tenani' and the others".
Sul traguardo, i francesi urlano il nome di Gonon ma 200 italiani sono in grado di fare una quantita' di rumore considerevole che fa girare le teste anche ai vicini bulgari e spagnoli. Klaus prima e Alessio poi ci hanno fatto sgolare e noi non saremmo ancora stanchi di pensare che forse i sogni non muoiono con la sera di La Feclaz.

Come andranno poi a finire le cose lo si leggera' nel pezzo di Pietro Illarietti, pezzo che raccontera' quello che i libri di storia orientisica riporteranno in futuro. Chi e' stato presente oggi a La Feclaz, con un cuore italiano dietro ad una maglietta o una bandiera tricolore, adesso sa che sognare si puo', che nulla e' proibito e che nulla e' vietato anche ai colori azzurri. Ci vorra' un anno di tempo per metabolizzare quello che e' successo oggi a La Feclaz ma sono convinto che quando l'anno prossimo Per Forsberg sara' dietro al microfono dei mondiali di Losanna... Una occhiata alle spalle degli italiani Forsberg la dara'... Per essere sicuro che almeno questa volta mettano loro sulle spalle un GPS!!!

Tuesday, August 09, 2011

O-Marathon 2011

“Verrà il giorno in cui non sarò più in grado di concludere la OMarathon degli Altipiani nella categoria Elite... ma quel giorno NON E' OGGI !!!”

Più che un grido di battaglia è la sintesi di un fine settimana perfetto, che ha racchiuso timori e speranze, passione e dolore e sudore, momenti di autentica follia e momenti di euforia, che ha alternato pensieri di fallimento alla gioia di aver portato a termine ancora una volta quella gara che ogni anno alza l’asticella delle mie possibilità. Quella gara che da 4 anni di chiama O-Marathon degli Altipiani.

Intendiamoci. Almeno metà dei tesserati FISO sarebbero in grado di fare quello che ho fatto io, ed in un tempo inferiore. Tra questi, ci metto anche la maggior parte di coloro che hanno gareggiato nelle altre categorie su percorsi più brevi di quello MElite: ci vuole tanta follia per imbarcarsi in una avventura come la O-Marathon, ed ognuno ha il diritto e dovere di intraprendere una avventura che deve rappresentare qualcosa di appagante e di gratificante... il massacro masochistico non fa parte delle nostre tendenze orientistiche, e non sono le quasi 5 ore di gara fatte domenica sull’Altopiano a fare del sottoscritto un eroe moderno.

Il risultato finale, se quella deve essere la summa di una gara tramandata ai posteri, mi vede all’ultimo posto e... e... e... E ALLORA??? La dico tutta: non esiste un solo motivo per il quale mi verrebbe facile pensare che una gara come la MElite della O-Marathon è nelle mie possibilità; 99 su 100 sono i modi possibili per non arrivare al traguardo o per mollare a metà strada. Ed ogni anno che passa, ogni anno in cui divento più vecchio, ed ogni chilo in più sul groppone (e quest’anno erano davvero tanti) non fa altro che diminuire quell’unica possibilità di arrivare fino alla fine.

Una possibilità che si concretizza in un unico pensiero, che nell’edizione 2011 ho avuto ben chiaro in uno specifico tratto della gara dal punto 14 al punto 15, quando il percorso color magenta riportava nuovamente lontano dal Forte Cherle (un allontanarsi che diventa spietato anche dal punto di vista mentale) e la lancetta delle energie cominciava ad immergersi nell’area rosso=pericolo; un pensiero che mi ha accompagnato anche negli anni scorsi e che nel mio immaginario fa parte della gara come la meravigliosa frase di Luigi Girardi “non una gara più lunga ma un avventura lunga un giorno”.

Il mio pensiero è “Non ci si può ritirare, e non si può nemmeno pensare che ci si può ritirare”.

Prima, durante e dopo, fino al traguardo e fino al grido di battaglia finale, c’è stato di tutto. Perchè per rimanere agganciato al quell’unica possibilità sono stato disposto a scendere a patti con la carta tecnica regionale in bianco e nero, ad orientarmi con il rumore delle macchine in lontananza, a cantarmi per 5 ore “Hide in your shell” dei SuperTramp “Well let me show you the nearest signpost \ To get your heart back and on the road” (tanto che ce l’ho nella testa ancora adesso, e non va via!)... e a parlare alle mucche! Si, se Robert Redford era l’uomo che sussurrava ai cavalli, Stegal da domenica è “l’uomo che parlava alle mucche”! Nella O-Marathon MElite succede anche questo...

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With a little help from a friend... riesco anche a pubblicare le carte di gara: quella del girone dantesco di Forte Cherle, il retro con la discesa su carta tecnica verso Carbonare, la farfalla di Nosellari, la risalita oltre Virti verso i comuni di Lavarone e l’arrivo.

Quello che non riesco a far vedere sono invece le immagini della partenza: come se la gara non fosse impegnativa, come se non avessi addosso tutti i timori e tutte le ansie del giorno della O-Marathon, ci si mettono anche le nuvole basse a rendere “dantesca” la zona di partenza, con una visibilità che al momento della chiamata non è superiore ai 10\15 metri (sento distintamente la voce di Marco Bezzi a pochi metri da me, ma non riesco nemmeno a vederlo...). Luigi Girardi, Mr. O-Marathon ora et semper, dà il primo colpo di grazia alludendo ad una lanterna svedese “distante 600 metri”... tutti aggratis ovviamente rispetto alla già impegnativa distanza riportata in carta!

Al via, la processione dei “tori” si scatena sul bordo strada; vedo distintamente il “Truffa” ed un paio di tute dell’Erebus che prendono già il comando della situazione, mentre io resto in coda al gruppo con “Bro” Guasina ed Alice cercando di correre almeno fino alla svedese (visto che è previsto un attraversamento strada presidiato è meglio stare adesi al gruppo per non indispettire troppo gli automobilisti), finché questi ultimi si stufano di sentire uno che già sbanfa ad inizio gara e prima “Bro” e poi Alis allungano lasciandomi da solo nei primi metri del pascolo (e sicuramente pensano a come diavolo questo panzone può pensare di finire la gara...).

C’è un segreto per avere qualche chance di finire la O-Marathon: non bisogna perdere tempo in errori tecnici, pena troppe energie spese per guadagnare pochissimi metri lungo la linea immaginaria che porta al traguardo. Quel segreto non lo faccio mio sicuramente alla prima lanterna (peraltro in mezzo alle ortiche!) che trovo risalendo lentamente la lunga fila dei compagni di avventura che già attaccano il secondo punto. Se prima ero in fondo al gruppo, ora sono proprio ultimissimo! Arrivo bene o male al centro della prima farfalla e distinguo ancora le sagome di Daniele Guardini, di Kristian, di Eugenio impegnati nel pascolo... il “segreto” continua a rimanere tale, visto che per fare la sequenza 4-10 (dove 4, 7 e 10 sono lo stesso “punto K” al centro della farfalla) riuscirò nella seguente impresa: 4 – 5 (indicata da Kristian) – cerco la 6 e non la trovo – torno al punto K – 6 – 7 – 8 – cerco la 9 e non la trovo (e si che mi sto orientando con il rumore delle macchine sulla strada) – torno al punto K...

Questo ritorno al punto K coincide con il primo attacco di pura follia. Nel pascolo non c’è più nessuno salvo due mucche, una grigia ed una pezzata tipo “mucca Carolina”. Ed ecco che Stegal, tanto non lo vede nessuno, si ferma e comincia ad apostrofare le due quadrupedi: “Dunque... visto che sta arrivando il nebbione ed il telo tra un po’ non lo vedo più, voi due restate vicino alla lanterna che vi trovo di sicuro più facilmente! Ok?!?”.

Giuro che è vero...

Rassicurato per aver messo questo punto fermo sulla mappa, arrivo alfine a trovare la 9 e torno per l’ultima volta al punto K (10), dove uno dei due quadrupedi si è spostato di un paio di metri mentre l’altro sta mangiando il telo della lanterna... ma almeno non si sono spostati!

Nella lunga tratta verso la 11 comincio a guardare l’orologio: sono passati quasi 100 minuti per un tragito che non è nemmeno un terzo del percorso totale, sono già stanco e demoralizzato, ed il peggio deve ancora arrivare. Al ristoro, Rosella mi accoglie in piena fase di sbaraccamento, ma con qualche zucchero in più nelle gambe riesco a venire a capo della 11 e del lungo trasferimento alla 12. Le scelte, visti gli svarioni precedenti, cominciano a diventare “alla Bobby Fischer”: non importa fare la scelta migliore ma importa trovare una scelta appena decente ma sicura. Mentre il tempo passa inesorabile e le gambe si trascinano, arrivo alla 13 percorrendo l’equivalente di chilometri su sentiero.

La 14 è un nuovo incubo. Cerco per almeno 5 minuti tra le rocce sbagliate, pensando che forse sono già passati a ritirare i punti, e quando infine mi sposto nella zona giusta e scorgo il telo gli mando una serie di maledizioni che dovrebbero essere rivolte più alla mia imperizia che al povero prisma bicolore. E’ qui che arriva il pensiero del ritiro (sono in gara da 2 ore e 20 minuti) ed è qui che scatta la molla che quel pensiero non deve nemmeno essere preso on considerazione.

Mentre annaspo verso la 15, rapido cambio di scena: “Truffa” Dalla Valle, Diego Baù e Michele Franco arrivano al traguardo; poco dopo tanti altri completano la loro fatica. Non è nemmeno serio da parte mia paragonare i loro sforzi con i miei, pensando a dove mi trovo in quel momento. Complimenti a tutti i ragazzi della MElite! Complimenti davvero e non mettetevi nemmeno a leggere queste pagine... voi ed io facciamo proprio due sport diversi!

Dalla 15 in poi il percorso torna a puntare decisamente verso Forte Cherle, il che è un toccasana anche per il morale. I punti non sono difficili ma è solo allo scoccare delle 3 ore di gara che arrivo a lambire le lanterne 19 e 20 del Forte. Qui, mi aspetto di trovare il solo PLab (l’ammiraglio PLab, ovvero il dirigente accompagnatore che da 4 anni fa la spola sull’Altopiano per soccorrere i GOK-maratoneti), magari con un paio di bicchieri di the e chissà se c’è ancora la sicard con la quale dovrò affrontare la seconda parte del percorso... Errore! C’è PLab e c’è ancora l’organizzazione del Gronlait! Mi aspettano e in fondo in fondo non sembrano nemmeno così impazienti o scocciati. Cambio sicard, ristoro con calma e comincia la discesa verso Carbonare.

Interludio “carta tecnica”. Già alla partenza Girardi aveva detto “occhio che sulla carta bianca dovete interpretare bene il percorso”... la mia interpretazione è distinta in due parti. Prima parte: mi muovo “in carta” cercando di leggere i pochi dettaglio della carta, ritrovandomi così del tutto spostato ad est in corrispondenza del laghetto (e non sarò l’unico). Seconda parte: metto via la carta, metto la bussola a nord e dico “Vai!”. Non leggo più niente, non penso più a niente. E dopo attraversamenti vari di ortiche, discese in avvallamenti fangosi ed un bel chissenefrega se ci sono dei sentieri, sbuco dritto sul ponte che valica il torrente Astico a strapiombo! Non male... Accade così che dopo 20 minuti dall’abbandono di Forte Cherle arrivo al ristoro di Carbonare. Dove vedo ancora PLab...

Il morale. Il morale è quasi tutto in una O-Marathon condotta da un impiegato-panzottello. Ed ogni tanto bisogna dare fuoco alla miccia che accende il morale. Ed il piromane è PLab...

SG: “La tua faccia non mi è nuova...” (alludendo alla sua presenza in cima al Cherle)

PL: “Nemmeno la tua... ma dove sono le facce di tutti quelli che hai superato lungo la discesa?”

Eggiàggià... “Bussola a nord” unito ad una buona dose di fondoschiena (usato peraltro per scendere da un paio di valloni) aveva funzionato, ed improvvisamente mi accorgo di una serie di cose che fino a quel momento erano nascoste dietro un sipario di dolori muscolari e pensieri funesti: 1) che non sono più l’ultimo derelitto nel bosco; 2) che la gara praticamente si chiude al punto 24 che è l’ultimo veramente ostico fisicamente; 3) che se mi ci metto di impegno non chiuderò in 6 ore ma forse non arriverò nemmeno alle 5 ore!!!

Adesso però devo rimetterci del mio. Punto 24 in salita; ok, si soffre ma con un obiettivo ben preciso in mente: quelle 5 ore di gara che sarebbe stato quasi ridicolo pensare all’inizio e addirittura blasfemo ipotizzare al 14esimo punto. Farfalla 25-31: via per i sentieri Stegal! Scelte “alla Bobby Fischer”, non importa se si passa e ripassa per 4 volte dalla stessa collinetta. Ora via lungo la salita di Nosellari... le energie sono di nuovo al lumicino ma non importa più, non serve a niente tenere energie... per cosa? Per lo sprint finale? “Guarda Stegal! Il punto 32 è dove c’era un punto alla 5 giorni dei Forti” dice l’omino del cervello. Il punto 33 è banale. Il punto 34... nessun problema, si arriva fino a Chiesa di Lavarone e poco importa se in una gara normale sarei passato in mezzo al bosco. Sentieri, sentieri e ancora sentieri. La salita finisce e comincia la discesa, quella che porta a casa di Davide a Carbonare. Quella che porta verso l’arrivo. L’ultima trappola al 35esimo punto con il prato che invita a prendere il sentiero sbagliato, ma dopo quasi 5 ore di gara il cervello riesce persino a vedere la carta in 3 dimensioni!

Sono quasi 5 ore di gara. “Quasi 5 ore” perchè la discesa mostra subito le fettucce dell’organizzazione, l’imbuto verso il finish. Un ultima balza del terreno e vedo l’arrivo e vedo i ragazzi dell’arrivo e loro vedono me e sento che (incredibile!) stanno dando il via alle premiazioni ed io sono lì! Chiuso la gara e bacio la stazione del finish davanti a Carlo Cristellon. L’ultimo patema è il controllo della sicard, ma l’”OK” è il suggello della O-Marathon. E mentre le premiazioni di tutti coloro che la O-Marathon l’hanno vissuta da protagonisti vanno avanti, improvvisamente mi rendo conto di una cosa che solo la sera prima, o in occasione del risveglio, o alla partenza mi sembrava quasi irrealizzabile:

“Verrà il giorno in cui non sarò più in grado di concludere la OMarathon degli Altipiani nella categoria Elite... ma quel giorno NON E' OGGI !!!”.

Ho capito solo in quel momento che ero veramente arrivato al traguardo!!! :-)

Friday, August 05, 2011

Che cose che si scoprono...
... uno apre il sito Fiso per vedere se ci sono notizie sulla O-Marathon, ed in alto a destra, in posizione defilata, fa capolino una Notizia Federale: "aree embargate WOC e WTOC".

Ci clicco sopra, compare un link ad un sito:
http://www.woc-wtoc2014.com/

Ma allora ESISTE! ESISTE!!! E-SI-STE!

Eh si Ste! ... esiste anche un sito ufficiale. Una data: dal 5 al 14 luglio (allons énfant de la patrie...). Ci sono anche delle località ufficiali (insomma, Venezia non mi pare proprio "dietro l'angolo", ma forse è una soluzione studiata per gli scandinavi o i nordamericani o gli australiani che fin da bambini devono sciropparsi più di 100 km alla volta fosse anche solo per andare a scuola).

Vedo i banner dell'Altopiano dei 7 Comuni, della Valsugana e dell'Altopiano di Lavarone, tutte località (non le uniche) che hanno fatto bene ed hanno fatto il bene dell'orienteering da quando e per come lo conosco io.

Mi piacerebbe capire se è già noto dove si terrà il WOC Tour per i tapascioni (insomma la 5 giorni), se è una cosa abbastanza "stanziale" o se seguirà il WOC Tour nei suoi spostamenti per il Trentino ed il Veneto... purtroppo non è indicato un Comitato Organizzatore o un contatto e-mail, ma confido nel fatto che dopo la prima comparsa di questo sito (o almeno, dopo il suo primo apparire negli orizzonti miei e penso di tanti altri orientisti) le novità ci saranno ed avremo tutti quanti una idea sempre più chiara.

Nel frattempo: benvenuto WOC e benvenuto WTOC! Mi salvo il link tra i "Preferiti", nella speranza che questo serva a mantenere me un orientista anche quando festeggeremo il 1° di gennaio dell'anno di Grazia 2014.

Tuesday, August 02, 2011

"Forse sono troppo vecchio per correre la O-Marathon, ma non oggi!"

E forse c’è almeno un orientista in grado di riconoscere chi è il vero autore di questa frase, che non è nata sotto il segno dell’orienteering ma del rugby: Finn Calder, il “duro più duro” della mia Scozia anni ’80.

E’ la settimana che precede la O-Marathon. Le paure montano insieme alla attesa di qualcosa di grande; l’anno scorso ero riuscito a quasi-disintegrarmi un tendine alla Fra.G.Ori ticinese, e quindi posso esorcizzare quanto accaduto nel 2010 andando a rimembrare come ho messo a repentaglio le caviglie nell’ultimo week-end orientistico (non è tanto vero... ho fatto il tape e sono stato bene attento a dove mettevo i piedi!).

Cantù centro storico (con il tape...). Gara “promozionale europea”, che sembra un po’ un controsenso ma il titolo è giustificato dalla presenza di un gran numero di ragazzi esordienti provenienti da tanto paesi europei, a Cantù per un camp di partnership extra-nazionale. E percorso lungo che più lungo difficilmente si può: 8 chilometri secondo la misurazione di Luigi Penati che ho scaricato dal sito dell’Orienteering Como, ma soprattutto una caldazza afosa micidiale in grado di rendere ancora più bolsa la mia impiegatesca e panzollettesca corsa. Poiché ho già messo in conto di prenderle dai primi 5 della classifica, che dopo la partenza mass start si allontanano in fila indiana sulle salite canturine, me la prendo abbastanza comoda cercando di studiare il miglior percorso score possibile già una volta giunto al primo punto. Vengo però “battuto” sia dal tracciatore che dalla mia ombra.

Mi spiego: il tragitto previsto dal tracciatore è quello riportato in rosa sulla carta (ho segnato in blu scuro e blu chiaro i punti di controllo). Mi sembra un buon percorso, ma forse è ancora migliorabile come ha fatto il vincitore Angelo Bozzola, che ha affrontato subito la coppia più a sud di punti segnati in azzurro. E forse (non ho fatto alcun calcolo) potrebbe essere ancora più migliorabile se addirittura tutti i punti segnati in azzurro fossero affrontati come 4, 5, 6 e 7 della sequenza, in senso orario a partire da quello a sud-ovest.

Se io fossi riuscito a fare almeno la sequenza del tracciatore o quella alternativa proposta qui sopra, sarei uscito contento dalla gara di Cantù (e senz’altro nella stessa identica posizione in classifica). Quello che ho combinato invece è stato un giro senza capo né coda, andando prima al terzo punto indicato nella sequenza e poi tornando indietro a prendere il secondo, e combinandone poi abbastanza di cotte e di crude (soprattutto di cotte vista la caldazza) quando sono sbucato nella metà nord della cartina ed ho affrontato il ritorno verso l’arrivo tra i vari su e giù delle curve di livello.

Ma sono riuscito a salvare le caviglie (visto che ormai le metto a repentaglio pure sotto la doccia) e per questo motivo mi presenterò al via della O.Marathon in MElite al meglio (inteso come meno peggio possibile) della mia condizione. Impiegato panzottello allo sbaraglio! Se tarderò molto, confido che almeno Matteo Sandri mi verrà incontro...

Per finire un po’ di ricordi di un bel mese di luglio orientistico: la foto dell’ingresso all’Einsatz Kommando Kobra di Wiener Neustadt che ha scatenato tante fantasie negli amici che hanno solo letto il racconto, poi il sottoscritto in versione “un po’ meno Kommando” ed infine una foto scattata a Nova Gorica dopo la seconda tappa della OOCup, con un tipo che Rusky potrebbe conoscere come tutti coloro che hanno dimestichezza con il canale di PokerItalia24...