Stegal67 Blog

Monday, October 27, 2008

E arrivò anche il giorno della staffetta al Parco della Pellerina. Ieri sera, dopo aver scritto il commento per il sito Fiso http://www.fiso.it/04_notizie/dettaglio.asp?id=3172 , mi sono accorto di aver esaurito le cartucce e di aver descritto la giornata in termini più “bloggosi” rispetto a quanto ho fatto in passato per altre gare. Ho cercato in tarda serata di switchare sul blog per descrivere a caldo (a tiepido) le sensazioni più personali, ma ero troppo stanco!

Questa della Pellerina è una gara che… Il solo fatto che, nei giorni precedenti la gara, io abbia pensato spesso a che cosa avrei potuto scriverne (ed io so che invece quello che scrivo viene spesso fuori di getto e senza preavviso, basta vedere il pezzo sul sito Fiso…) vuol dire già di per se che questa gara la sentivo in modo particolare. Non perché ci fosse dietro (come narra la leggenda) una sorta di sfida iniziata quando noi dell’UL abbiamo fatto insieme la squadra per i campionati italiani 2008, ma perché secondo me invece questa gara è iniziata più di un anno fa a Marcesina.

Nel giugno 2007, a Marcesina, credo di aver corso la due giorni al più alto livello che ho mai messo nelle gare di orienteering (sulla gara singola penso a Val di Nos 2008, ma sui due giorni…). Il fatto che una delle due gare fosse la staffetta regionale delle regioni del nord-est, il fatto di averla corsa con Rusky, il fatto che dopo la metà della seconda frazione ero ancora in testa appena prima del punto spettacolo… tutti fattori che ci hanno portato a dire (più a Rusky che a me) che prima o poi avremmo fatto insieme una staffetta anche in Lombardia. Due + due fa sempre quattro e così eccoci alla Pellerina a correre insieme il campionato regionale 2008.

Adesso voglio cercare di staccarmi da tutti i pensieri del pre-gara, sia dei giorni precedenti che dei momenti che hanno preceduto la staffetta. Dico una sequenza di cose che potranno essere giuste, sbagliate o equivoche:
1) Marco probabilmente è, oggi, uno degli orientisti master più “intoccabili” d’Italia; poiché non sbaglia mai una gara e poiché in questi ultimi anni ha messo su una condizione atletica invidiabile, era ovvio che lui fosse il favorito della gara. Non ho fatto i conti esatti, ma sono sicuro che alla fine avrebbe vinto la gara in coppia con chiunque degli altri compagni di squadra, ed anche con qualche “straniero” delle altre squadre (penso a Remo Ravasio che ha cambiato con me, penso a Giovanna “la Varoli”
2) credo che se solo io fossi stato in grado, oggi, di fare una gara decente, Marco sarebbe arrivato al traguardo in testa senza tanti patemi. Ma la mia gara è andata come è andata, ed il fatto di aver commesso l’unico errore (in un parco dove non era praticamente possibile farne) proprio alla lanterna 100 mi ha messo addosso parecchio scoramento. Mi sono convinto che avevo buttato via ogni speranza proprio con quell’errore… (lasciamo perdere considerazioni del tipo “dovrei allenarmi di più” o anche “dovrei riposarmi di più”).

Il percorso di Mik Caraglio, ma non poteva che essere così, è stato velocissimo: si corre in una specie di Parco Lambro… c’è anche il fiume, ci sono anche i due ponticelli, manca invece (e per fortuna!) la ripida salita del Parco Lambro. Il percorso è veramente piatto che più piatto non si può: un buon motivo, quindi, per soffrire anche le curve ausiliarie sull’equidistanza a 2,5 metri. L’incognita del Labirint-O da affrontare al punto spettacolo si dimentica subito: è il momento del via. Oscar (UL1) prende subito la testa del gruppone… infatti è l’unico che riesce a tenere il passo degli MA che hanno lo stesso percorso. Commetto una piccola indecisione sul primo punto andando dritto verso una lanterna che non è la mia (è infatti la prima del percorso di Rusky): qualche istante di sbandamento e di panico poi riprendo a corricchiare ed arrivo alla mia lanterna (la 2 di Rusky). A questo punto “sono in carta” e devo solo far andare un po’ le gambe.
Nel prato che porta alla 2 vedo davanti a me Giorgio Gatti e Andrea Battelli (UL2): limando anche i centimetri riesco a mantenermi a qualche metro da loro anche se comincio a maledire sia il fiume che i laghetti che si frappongono lungo la linea rossa tra me e la lanterna successiva. La bandana di Osca è già un miraggio in lontananza e mi vengono in mente le parole di Rusky prima della partenza: “Qui recuperare anche un solo minuto diventa quasi impossibile…”.
Sulla farfalla, mi trovo ad avere praticamente lo stesso giro di Andrea e di Gianni Faetanini; perdo di vista Giorgio, il quale non ha come pensavo in squadra Michela Titoli ma Roberto Arosio (altri avversari, quindi) e non vedo più Oscar che chissà dove è già volato. Su ogni punto Andrea e Gianni allungano di qualche metro ma io continuo a limare anche i millimetri per rimanere nel trenino: loro tendono ad andare sempre un po’ verso sinistra, in uscita dal punto, il che mi consente con scelte veramente dirette di mantenermi a contatto. Mi scopro a pensare che se la gara forse un po’ più tecnica il treno dovrebbe per forza di cose rallentare, ma qui stiamo praticamente correndo una campestre alla quale non sono pronto!
A fine farfalla, al trenino si aggancia anche Remo Ravasio: mi scopro a pensare che Rusky non avrebbe problemi a staccare l’amico GianBattista, quindi mentalmente cerco solo di tenere Ravasio a tiro, di non farmi staccare troppo anche da lui. Paradossale l’uscita dal loop e l’attacco al punto 11: Andrea e Gianni vanno molto a sinistra rispetto alla linea ideale, io da lontano vedo i due limiti di vegetazione e la lanterna, e sarei in grado di tirare una linea dritta fino al punto, ma piuttosto che farmi vedere sulla direzione giusta (vedo che davanti loro rallentano, un po’ incerti) mi metto a camminare per rimanere sulla linea ideale ma dietro la loro visuale… per rifiatare. Andrea ed io arriviamo infatti alla lanterna da due direzioni opposte.
La gara procede e, incredibilmente, il treno si ingrossa: sono i fuggitivi della prima ora Alberto Valli e Denis Shutkovsky, che corrono in MA, ad essere raggiunti. Di fatto il treno è ora di 6 concorrenti: io sono sempre il sesto vagoncino, sempre appena staccato, sempre impegnato a limare anche i decimillimetri e ad approfittare del minimo rallentamento e indecisione del gruppo quando una lanterna che non è del nostro percorso si inserisce nella corsa… Il fatto di essere con Alberto e Denis, che corrono tanto più di me, dovrebbe essere indice del fatto che le cose non stanno andando così male… invece in gara penso che Andrea e Remo R. riescono a stare sul ritmo meglio del sottoscritto, il che non è un buon segnale.
La tratta lunga 17-18 è cruciale: Remo R. punta a nord del laghetto, tutti gli altri a sud. Denis cede di schianto a metà tratta, Gianni F. non lo vedo più. Cerco di guardare davanti sperando di vedere Giorgio G. e soprattutto Oscar ma lo sguardo è già annebbiato: in realtà Giorgio è dietro due minuti, mentre Oscar sta volando lontano verso il successo. La tratta lunga mi prosciuga le energie: avrei voluto continuare a colpi di “stop and go” ma adesso devo proprio mollare il treno… un duro colpo per il morale. Alberto V. intravede la possibilità di sganciarsi e si lancia avanti a tutta velocità, Andrea B. è l’unico che riesce a resistere (bravissimo!) ed il distacco da UL2 comincia a crescere, anche perché il treno si giova ora dell’arrivo di Leonardo Curzio che avanza come un proiettile da destra. Con me resta solo Remo R.
Alla 20 è tempo di pensare alla soluzione del Labirint-O. So di aver già perso molto tempo, ma vorrei concludere la prova dignitosamente. Rallento vistosamente nell’ultimo boschetto prima del punto spettacolo (sono staccato da Remo e raggiunto da Denis) e studio ingresso, movimenti e uscita dal Labirint-O. Arrivo sul prato: entro nel labirinto di fettucce col mio piano in testa e sento la voce di Rusky: “4 minuti (cacchio!... n.d.r).. va bene! Va bene!” Un’altra voce: “Insomma, mica tanto… un bel distacco…” Ancora Rusky “No no, va bene così!”.
Mi sento un po’ rinfrancato dalle parole di Rusky: il Labirint-O vola alle mie spalle e quella sosta nel boschetto mi ha ridato energie. Punto dritto alla zona della 22 e raggiungo, e poi sorpasso di gran carriera, Remo R. Addirittura riesco a prendere qualche metro di vantaggio su di lui alla 23, poi la 24 anticipando una scelta fatta andando alla 23. Poi la 25, forse un minimo insidiosa ma davanti a me c’è Julia Shutkovskaya (che lascio sempre punzonare per prima). La 26 è a pochi metri, la 27 mi porta verso il traguardo… So che sono andato molto bene nell’ultimo giro e devo solo raggiungere il traguardo: magari Oscar ha sbagliato qualcosa, magari anche Andrea ha dovuto rallentare, magari Giorgio non è tanto avanti… Buio! Nebbia! La linea rosso chiaro, quasi rosa, che porta dalla 27 alla 28 (codice 100) si interseca con altre linee. Vedo un cerchietto proprio davanti a me e, accanto, il numero 28. Possibile che sia già l’arrivo? Non vedo gente vicino, non vedo la struttura del Labirint-O… controllo ancora la mappa. Cerchietto e “28” sono lì. Non mi resta che andare a quella che credo essere la mia 100… leggo il codice 51. Non capisco più niente. Mi sembra di essere in uno di quei video nei quali la telecamera comincia a girare su se stessa impazzita: vedo i recinti, la mega-piazzola di cemento, il bosco. Credo di essere al centro del cerchietto “100” ma leggo solo un codice 51, e non vedo le fettucce dell’arrivo, non vedo proprio l’arrivo. E sono fermo.
Ma l’arrivo non è lì. Mi convinco che deve essere più avanti, anche se non ci capisco più nulla, ed automaticamente ricomincio a correre. Poi una voce alle mie spalle: “Quella l’abbiamo già fatta prima! E’ quella… $%&£%*& della 51!!!”. Capisco l’equivoco ma mi crolla il mondo attorno. Quanto tempo avrò perso? Possibile che dopo aver tenuto, o quasi, per tutta la gara ho ceduto proprio a pochi passi dal traguardo? Quei 30 secondi (di tanto si è trattato) detteranno la sconfitta della mia staffetta, e sarà solo colpa mia!
Cerco di accelerare ancora. Ecco la 100, sento gli incitamenti, affronto le fettucce e trovo in prima fila il volto di GianBattista Ravasio che aspetta il cambio da Remo che mi è rientrato a pochi metri. Mi aspetto di vedere Marco e non lo vedo, percorro tutta la fila e Marco non c’è… Due pensieri in un microsecondo: Marco ha preso il cambio da qualcun altro, oppure si è stufato di aspettarmi e se ne è andato. Stringo la cartina di Marco tra le mani, quasi appallottolandola… Invece Marco arriva di gran carriera (era andato a concordare il passaggio della borraccia a metà gara), gli passo quella palla di carta e non ho nemmeno la forza di dargli qualche indicazione.

Prendo fiato, e ancora una volta sulla stazione di finish vengo superato in extremis da Remo R. (come all’Arge Alp con Giorgio Gatti). Vedo al ristoro Oscar già riposato, non oso chiedergli quanto distacco mi ha dato. Andrea B. è un po’ più sfatto, non deve essere arrivato da molto… ma non sono riuscito a stare dietro al suo passo e questo abbatte ancora di più il mio morale.
Quello che però più mi rattrista è il tempo perso proprio all’arrivo. La sceneggiatura della gara è già scritta: Marco è sicuramente il numero 1 in gara, ma sarà dura per lui limare il distacco da Sandro Serra e l’abisso da Remo Madella. Addirittura tra di noi primi frazionisti ci diciamo che ora i favori del pronostico sono divisi equamente tra Remo M. e Sandro S.: Marco potrebbe raggiungerne uno, due molto probabilmente no.
Penso che potrei andarmene dritto in stazione per tornare a casa. Prendo la mia borsa e vado a farmi una doccia negli spogliatoi: doccia gelata (mi merito altro…?) e poi mi distendo sulla panca degli spogliatoi a rilassare un po’ la testa e mi appisolo appoggiato al borsone.

Quando decido di uscire, alla chetichella, la prima persona che vedo è Mary che mi chiede: “Allora, sei pronto per la premiazione?” “Mah… non so… non è andata molto bene, sono veramente deluso della mia gara e di aver danneggiato Marco… magari non mi fermo…” “Ma scusa, avete vinto il campionato regionale e tu non ti fermi nemmeno per la premiazione?”

Ho sempre detto che l’orienteering italiano non è pronto (ancora) per “Stegal campione italiano” (non ci sono rischi…). Ma penso che l’orienteering lombardo non sia altrettanto pronto per “Stegal campione regionale”. Solo che adesso è successo.
Sono contento di quella foto, di quel podio tutto Unione Lombarda in M35. Sono contento dei miei compagni di squadra, ieri solo per alcuni secondi avversari.
Tutto merito di Rusky “Marco” Giovannini.

Tuesday, October 21, 2008

Arge Alp – seconda puntata

Dopo la serata di sabato trascorsa nella cena di gemellaggio tra tutti i partecipanti (gemellaggio, invero, riuscito più nelle code per la pappatoria che nelle tavolate visto che queste ultime erano riservate per cantone o regione), eccoci domenica mattina nei pressi di Appenzell per la prova individuale. Qualche patema per trovare la strada giusta attorno a San Gallo, ma poi dietro una curva sbuca un furgone “I-HUSKY 01” austriaco: si tratta del famoso gruppo del Laufern Kompass Innsbruck che viaggia per il mondo orientistico portandosi al seguito dei bellissimi cani Husky. Ci accodiamo e finiamo per arrivare al ritrovo per la via più diretta.

Ritrovo… Rusky mi porta via la parola che volevo usare. “Sacrificato” è dire poco: le macchine sono parcheggiate lungo la cantonale, a ridosso delle rotaie del trenino che porta a San Gallo (sembra di lasciare la macchina a Mollaro a ridotto delle traversine della “vacca nonesa”). La zona ritrovo sembra una specie di piccolo mercatino rionale, con i gazebo del materiale orientistico, un cambia valute improvvisato, un paio di bar… incrociamo il gruppo lombardo che si sta spostando in massa verso un prato che non ci azzecca nulla con la zona di arrivo; il tempo di arrivare al finish e capiamo perché: la zona di arrivo, semplicemente, non esiste essendo rappresentata dal retro di una casetta che sta a sua volta qualche metro più in basso rispetto alla superficie stradale.
Attorno al prato dove ci installiamo, paludi e campi concimati; la voce che si sparge (e che potrebbe essere vera) è che i proprietari dei campi non abbiano dato il permesso per far piazzare arrivo e spettatori. Sembrano cose da altro mondo: possibile che in Svizzera … ? Si, sembra possibile. Peccato per gli organizzatori e peccato per gli atleti \ spettatori.
Intanto Mario Ammann con il microfono si prodiga nel descrivere la straordinarietà della carta di gara, una carta “scoperta” 4 anni fa e poi (con grande delusione degli atleti locali) lasciata riposare per tanto tempo per riservarla all’Arge Alp. Vedremo…

Partenza molto vicina (quindi molto poco svizzera, in verità). Al mio minuto di partenza osservo la conformazione del terreno: è una costa solcata da un numero innumerevole di canalette bagnate e fossi. Decido la tattica lì per lì, conoscendo la durezza degli avvallamenti ticinesi: Piuttosto che scavalllarne una cinquantina, fare dislivello anche inutile e cercare uno dei radi sentieri. Così penso e così è: prendo la mia carta, la prima tratta è assai superiore al chilometro e prevede l’attraversamento di tutta la costa da ovest a est. La previsione dei 50 avvallamenti sembra già rosea… ci sono due alternative: restare bassissimi nei prati, ma non mi piace molto, oppure salite subito quasi 80 metri di dislivello per la massima pendenza, prendere il sentiero più grande che c’è in carta, farmi più di un chilometro su sentiero piatto ed attaccare il punto dall’alto perdendo 20 metri di dislivello. Scelgo quest’ultima soluzione e lemme lemme arranco i miei 80 metri di salita. Giunto in cima, piccola scenetta: c’è una concorrente in difficoltà che chiede conferma della propria posizione, ma alle sue spalle c’è un MElite (anzi “molto M Elite”…) altrettanto in difficoltà. Mi accingo a spiegare la posizione alla ragazza, e nel frattempo vedo l’Elitone e 5 metri che fisicamente allunga l’orecchio a cogliere le informazioni. Appena dico “siamo qui nel giallino dove finisce questa traccia” lui abbassa lo sguardo sulla carta e riparte a bomba!

In pratica, la gara è tutta nella tattica per arrivare alla 1 (i miei tempi di tratta, visto che sono lento ed inchiodato al suolo e mi sono pure fermato per una sosta tecnica, sono sostenibili rispetto ai più forti che hanno crossato in mezzo agli avvallamenti). Uso la stessa tattica per la 2 e la 3. La 4 è in costa nel bosco sporco e la 5 è solo una salita lungo la massima pendenza (65 metri di dislivello). Con la 6 si ritorna a crossare quasi tutta la costa da est ad ovest: guadagno qualche curva di livello per utilizzare delle tracce di sentiero e raggiungere la lanterna dall’alto. Con la 7 ritorno proprio nella zona dove avevo incrociato i due concorrenti sopra descritti, ma nel frattempo devo fare i conti con un fattore che condizionerà il mio finale di gara: mi si è letteralmente aperta una scarpa! La suola è per 3\4 staccata dalla parte superiore, il che mi fa ciabattare di brutto mentre cammino (sempre cammino io…) in piano, mentre in discesa ed in costa la suola ed il resto della scarpa vanno per conto loro facendomi ruzzolare al suolo più volte.
Riesco ancora a raggiungere bene la 9, ma sulla discesa verso la 10 penso più alle mie scarpe che alla direzione giusta: finisco così per deviare a destra in un punto molto facile per il quale dovrei impiegare non più di 2 minuti e così ce ne metto 5. Un errore che mi costa senz’altro la sconfitta contro Peter Heim (che mi batte per la seconda volta di fila di pochi secondi) e forse anche quella con Giorgio dei “4cats”, con il quale praticamente ho fatto gara parallela su tutte le tratte, tutte sul filo dei secondi, pur avendo fatto scelte drasticamente diverse (non oso pensare al distacco che mi avrebbe dato se avesse fatto le mie scelte, che per le sue caratteristiche mi sembrano migliori). Finale spericolato nei valloni ad issarci e spingerci a vicenda con un bavarese, fino all’arrivo “molto sacrificato”.

Un giudizio sulla carta: non mi è affatto dispiaciuta, ma se questa è una delle più belle carte svizzere… Tesserete allora cosa è?!?

Un giudizio anche su un episodio del dopo gara:
Io: Hi Daniel! I wrote something about your course setter's work of yesterday... what do you think I wrote?
Lui: ... ... ... ... ... maybe the courses were too difficult for a relay, am I correct?
Io: Don't worry Daniel: it has been challenging for all of us. I don't know how many orienteers could say "I run the world champion's course", so everything is OK!

E tutto finisce a sorrisi e strette di mano. Penso a come si sarebbero comportati altri numeri 1 di altri sport... (forse mai si sarebbero mescolati alla comune plebaglia e mai avrebbero risposto ad una simile domanda)

Purtroppo non possiamo fermarci al lungo in zona: incombe infatti una nuova partenza per il Lussemburgo per il sottoscritto, e le valigie non si fanno da sole! Troverò comunque il tempo, in aeroporto, per scrivere due righe per il sito Fiso: le due righe con meno risultati nella storia del sito federale!

Monday, October 20, 2008

Arge Alp 2008 – il ritorno (parte 1 – staffetta)

L’anno scorso, di questo periodo, nel piccolo laghetto che è la Lombardia non si faceva altro che parlare di Arge Alp. Quella 2007 fu una edizione veramente sfortunata dal punto di vista politico, con il rifiuto alla partecipazione e la presenza alla fine di pochi atleti considerati a seconda dei punti di vista “dissidenti” o soltanto interessati a fare una trasferta oltre confine in barba a qualunque scelta ufficiale (da taluni definita “diktat”). Come andò lo posso trovare nel mio stesso blog: due giornate molto belle di sport, su belle cartine e con una meteorologia favorevole per il periodo dell’anno.
L’anno scorso abbiamo preso nota del fatto che la gara si sarebbe disputata nel 2008 nel cantone di fronte, in San Gallo, e ci siamo segnati (intendo noi GOK) l’appuntamento ben sapendo che avremmo dovuto fare i conti sia con le condizioni di politica sportiva sia con gli sbarramenti legati al fatto che in Svizzera è dura partecipare all’Arge Alp fuori selezione. Avevamo di fatto già prenotato le nostre belle camere ad Arnegg quando è saltato fuori, con nostra grande gioia, che “cavalo pazzo” al secolo Bibi era stata convocata per la selezione regionale (quanto a Rusky era una certezza, ma lo sapevamo). A quel punto è cominciato un vero e proprio lavoro diplomatico per fare in modo che anche Atty, PLab ed il sottoscritto potessero avere la certezza di prendere parte alla prova, anche solo in Open o come “visitors”; alla fine, grazie all’aiuto dell’organizzazione lombarda, anche noi siamo stati tirati dentro nella squadra.

Raggiungiamo San Gallo dopo un viaggio di circa 4 ore e mezza, la prima ora e mezzo passata sotto la pioggia e nel nebbione… un tempo da farti venire voglia di girare i tacchi e tornare sotto le coperte. Per fortuna una volta scollinato il Passo San Bernardino il cielo di apre in larghi squarci fino a apparirci all’altezza di Chur del tutto sgombro da nubi. Le montagne della Svizzera interna sono davvero belle con i loro colori autunnali, e la strada fino a Flawil scorre via tranquilla senza fatica. Il GOK si compatta all’altezza di Gossau e le due auto arrivano insieme all’appuntamento con la gara a staffetta.

Sabato. Nella staffetta il GOK (o “Lombardia3”) è schierato con Stegal al lancio, PLab in 2° e Atty in 3° frazione. Il regolamento dell’Arge Alp prevede che le staffette si chiudano entro le ore 17.00 (primo lancio ore 14.00) ma non siamo per nulla rassicurati dal fatto che il tracciatore è un certo Daniel Hubmann e che il percorso è di 8,6 kmsf: come potremo mai farcela in 3 ore, tra tutti? E non siamo nemmeno gli unici ad avere questo nefasto pensiero! Per me, che non faccio “lanci di staffetta” dai tempi … forse non li ho mai fatti (!!!), è la seconda prova in 15 giorni dopo Dismoni; la terza tra 7 giorni alla Pellerina. Rispetto a Dismoni, le condizioni fisiche sono leggermente migliori e quindi provo a scaldarmi un po’ sul bellissimo prato antistante l’arrivo, incrociando più volte le tracce con quelle di Lorenzo “Fritz” Frizzera… una cosa che si ripeterà spesso in gara ma ancora né io né lui lo sappiamo. Schieramento compattissimo davanti alle lanterne, di fianco a me Giorgio dei “4cats” con il quale ci facciamo largo per avere almeno una possibilità di raccogliere la cartina prima di essere asfaltati dalle D14 e D18 che stanno nella fila dietro. Pronti, partenza, via! Gran fugone nel prato ed alla svedese a bordo bosco sono già nelle ultime posizioni. Vedo che la prima tratta è lunga e posso andare in discesa nel bianco a prendere un sentiero, una cui curva a gomito mi da direzione e primo punto di attaccooooopppspss! Due metri dopo la svedese sono già con i piedi nel fango e in bilico sul primo vallone! Mi butto giù nel fango e vedo che con me passano proprio Giorgio e Peter Heim, baffuto e simpaticissimo bavarese cui ormai dovremmo riservare un posto nel GOK visto che sarà la ventesima gara che corriamo insieme. Scendo verso il sentiero e mi sfila di fianco la tuta turchese di Tom Hiltebrand: o ohibò! Che ci fa ancora qui con i ciccioni? Sul sentiero Peter allunga di una decina di metri, ma al primo punto (facile, termine canaletta bagnata) Giorgio, Peter ed io siamo insieme. Ancora insieme alla seconda, mentre per la terza scelgo di percorrere una terrazza terrosa da cui dovrei scendere per una via impervia e ripida ma praticabile. Errore!!! Mi trovo a guardare 30 metri verso il basso in un autentico baratro di terra… impensabile solo provare a scendere da lì, non ci riuscirebbe nemmenol’uomo ragno e non ci riuscirà, di fatto, nemmeno Roberto “spiderman” Tettamanti. Corro lungo la terrazza e, giunto al termine, vedo una protuberanza (naso) appena meno pendente e pericoloso; lo trova anche Giorgio e, facendoci coraggio a vicenda, riusciamo ad arrivare in fondo senza danni e senza rotoloni.
I punti successivi sono tutti in mezzo ai valloni, non difficili (forse solo il punto 7) ma risulta veramente improbo cercare di correre in un sottobosco “infesciato”, in mezzo al fango ed all’argilla che nei valloni vuol dire fare due passi avanti ed uno e mezzo indietro.
Mi sembra di vedere davanti a me la sagoma di Christine Kirchlechner e vedo invece sicuramente qualche metro avanti Giorgio e Peter, sempre a tiro. Ed improvvisamente al mio fianco si materializza anche Fritz, che probabilmente ha sbagliato qualcosa di troppo nei primi punti e sta tentando la rimonta. Scelta su sentiero per il lungo punto 8, ma il sentiero che scelgo io è migliore di quello scelto da Giorgio e Fritz, cosicché alla 8 ed alla 9 torno davanti, seguendo poi il ritmo di Fritz fino al punto spettacolo.
Al punto spettacolo sento l’incitamento degli amici che mi spinge a proseguire ben determinato. Davanti a me la ripida risalita in quota verso la metà nord della mappa, curve di livello che sento tantissimo nelle gambe (ci si muove del resto a fatica avviluppati in un duro fogliame del sottobosco) e nella testa quando devo fare la mia scelta per l’ultima tratta lunga, quella verso la 12: arrivare dalla zona 11 al pratone sopra il corridoio di arrivo diventa faticosissimo (e sono solo 200 metri di bosco) ma quando taglio il prato nella parte alta di questo palcoscenico naturale sento ancora le urla al mio indirizzo. Sotto di me Roberto Biella, che ha sbagliato quota, sta lottando per riprendere gli altri M45.
Sulla 12 la fatica comincia veramente a farsi sentire e non sono ancora arrivato a 2\3 di gara. Arrivo insieme a Giorgio, che mi ha mangiato il minutino scarso di ritardo, ed insieme arriviamo alla 13 davvero insidiosa. Per la 14 facciamo due scelte diverse: lui scende lungo il sentiero preparandosi a fare un giro largo ma sicuro. Io decido di darmi alle scalate: raggiungere subito per la via diretta la quota giusta ed usare il sentiero anche esso sicuro ma più corto. Grave errore! La parete risulta infatti per nulla scalabile: rocce (segnate) in carta e dislivello si uniscono alle erbacce ed ai rovi per rendere l’impresa impossibile. Perdo due minuti per ritrovarmi al punto di partenza, ed a questo punto decido anche io di utilizzare i sentieri come ha fatto Giorgio… con due minuti sul groppone però.
Cerco si accelerare per quanto posso, ma sono conscio del fatto che ormai Lombardia2 è andata avanti. Alla 16 riesco però ad intravedere tra i rami ancora una tuta lombarda: ancora Giorgio. L’avvicinamento e l’aggancio dura ancora due lanterne in salita lungo la massima pendenza, ed alla 19 ci dividiamo in due per andare a beccare un cocuzzolo microscopico nel verde. La mia scelta a destra è più fortunata: Giorgio è a 30 metri e sente il mio richiamo ma impiega 20 secondi ad attraversare quel verde. Io mi getto “a vita persa” nel verde che porta verso la zona di arrivo: non fatico a trovare la mia penultima lanterna perché ci ero passato accanto o quasi nella tratta 11-12, e riesco a correre la prima parte del rettilineo da solo. Al tornante stretto (sembra l’arrivo dello stadio di sci di fondo dell’Holmenkollen!) butto un occhio verso l’alto e vedo che anche Giorgio sta concludendo la sua prova. Ancora un tornante e arrivo alla zona delle cartine: acchiappo quella di PLab e gliela porgo; alcune volte durante la prova ho pensato a quali suggerimenti dargli… ma un generico “stai attento a tutto!” mi sembrava troppo laconico. Mi limito a dirgli due cose sui valloni ed il fango. Arriva anche Giorgio ed insieme andiamo alla lanterna del finish camminando, così (visto che punzona prima lui) mi trovo “battuto” nel computo finale per un solo secondo.

Le prestazioni-GOK di giornata saranno comunque quelle di Bibi (1h03m sul percorso W35 “troppo corto e troppo facile” secondo lei… 1h03 è il tempo sulla stampa dello split, non capisco perché in classifica sia con 1h09! Forse è una delle poche ad aver apprezzato davvero i percorsi di Daniel Hubmann...), Marco che parte per l’ultima frazione con il grandissimo Maddalena, Piero ed Attilio che in condizioni fisiche non perfette concludono comunque la prova ed Atty dice anche convinto “raramente mi sono divertito così in vita mia!”. Ma forse allude al fatto che, avendo fatto da auto-scopa nel bosco, ha raccolto tutti i bimbi ed i veciotti ancora dispersi concedendosi per un’ora e mezzo la possibilità di parlare un po’ in tutti i dialetti dal bavarese al luganese!

Monday, October 13, 2008

Tornare a Jenesien dopo due anni è come essere assaliti da una ondata di ricordi vivi ed indelebili. Il sabato in un bosco dettagliatissimo, a fare una H35 al meglio delle mie possibilità. La domenica con una staffetta che mi ha visto terzo frazionista e partente già “fuori gara” (causa PM precedente, ma il Piemmista di Jenesien si è abbondantemente rifatto quest’anno con gli interessi), a vedere la "rissa" per il quarto posto tra Montello, AAA Genova, Sesto 76 e non mi ricordo chi altro, in compagnia di Anna Piola che corse allora la sua prima staffetta Elite e che si divertiva come me a vedere i veciotti sparire nelle direzioni più improbabili per poi compattarsi nuovamente in zona punto.
Oggi ricordo con ancora maggiore consapevolezza il ritorno a casa da Jenesien, con tappa a Villazzano per vincere la “Sagra della grotta” organizzata con la consueta passione dalla famiglia Fasani; l’immagine di una cara amica sul gradino più alto del podio della staffetta femminile Elite; la “scomparsa” della seconda frazionista della Forestale e l’arrivo di Nicole Scalet dalla salita, con Roberto Pradel che le sta accanto per 50 metri di strada asfaltata e le urla “Stai calma... stai calma...!” (e lui sembrava un matto...).
E infine una mappa bellissima, incastonata come un diamante in una cornice di pietre preziosissime: il corno del Renon, lo Sciliar, il Sasso Piatto, il Catinaccio: una giornata di sole che mi aveva concesso di mettere Jenesien ai primi posti della classifica “mappe sulle quali tornare appena possibile”.
Ieri ho potuto tornarci, in una giornata di sole ancora (se possibile) più acceso, con i prati (sempre se possibile) ancora più color verde smeraldo, con le montagne attorno a fare da spettatrici silenziose e severe. Non c’era, è vero, la stessa tensione della gara per il Campionato Italiano, ma se c’è una gara che più vi si avvicina allora questa è proprio la finale di Coppa Italia. E credo che il T.O.L. sia una società che si merita in pieno tutti gli ingredienti (montagne, sole, livello dei concorrenti) che fanno grande una domenica di orienteering.

Purtroppo per me, la giornata di Jenesien ha coinciso con una nuova puntata della saga “arriva dal Lussemburgo – torna in Lussemburgo” (ma come faceva a resistere l’anno scorso Plab a questi ritmi?), ma soprattutto con una nuova puntata della telenovela “Medicina 33” (condotta da Luciano Onder) dal titolo “Come gareggiare in M40 se ti trascini da 3 settimane la bronchite in giro per gli aeroporti...”. Speravo che l’aria pura e azzurra dell’Alto Adige avrebbe costituito un toccasana per i miei polmoni che passano dai 5 gradi del Lussemburgo ai 22 gradi del Lussemburgo (come oggi): e forse è andata proprio così, perchè sto decisamente meglio di ieri... ma ieri la carta di Jenesien da Paradiso si è trasformata per me in un inferno, un inferno dal quale ad un certo momento ho persino dubitato di avere la forza per uscirne!

Domenica mattina. Il mio orario di partenza è attorno all’ora e 10 minuti. Accompagno Bibi in partenza e sul bellissimo prato antistante il minuto “meno 3” (mi chiedo: ma perchè mettono la moquette nei boschi?) scopro di essere già sudato fradicio, di quel sudore freddo ed appiccicaticcio e malsano che sa tanto di febbriciattola. Alla partenza, il mio momento migliore è ancora una volta quando sulla carta demo identifico con bello stile il primo punto, e quindi la strada da fare per arrivarci: mi scopro a pensare che già in due occasioni quest’anno ho fatto la stessa bella pensata ed in entrambe le occasioni la gara non è andata tanto bene...
Primo punto quindi facile per precedente identificazione e valutazione (e perchè è in discesa!) e secondo punto che sembra essere ancora più facile: un albero isolato in mezzo ad un pascolo pulito. I recinti (penso che ne scavalcherò 50, alla fine della mia prova) mi danno con precisione l’indicazione della direzione, praticamente ogni tanto sembra quasi di correre in centro storico... sulle ultime curve di livello prima di scollinare incrocio il Doff con il quale prima della partenza avevo scoperto di avere in comune proprio una bella bronchite: non ha una bella faccia e gli chiedo se vada tutto bene. Doff mi rassicura, sta facendo una faticaccia come me ma pensa di arrivare fino in fondo.
Secondo punto quindi bello facile nel prato, così come il terzo punto sempre a scavalcare i recinti, le mucche o i cavalli, a basarsi sui vari casottini che fanno da riparo per gli armenti o da legnaie.... fino al quarto punto. Sulla strada per il quarto punto mi sbuca davanti la capigliatura di Lorenzo Vivian che è evidentemente intenzionato a portarsi velocemente a fondo carta per un giro in senso orario che vedrà il percorso M40 accomunato alla Melite. L’istinto è quello di provare ad accelerare per seguirlo... ed è la fine: i polmoni improvvisamente rifiutano di accettare aria, vogliono soltanto svuotarsi di tutto il marciume che si stanno portando dietro. E non solo loro, evidentemente! Perchè vengo colto da un attacco di tosse violentissima che mi costringe a fermarmi piegato dietro ad un albero, ed anche lo stomaco vuole dare il suo contributo perchè improvvisi partono dei conati di vomito che mi fanno rivedere colazione pranzo e cena di una settimana fa! Svuotato, muovo ancora qualche passo ma appena dietro ad un dosso ricomincio a vomitare con violenza. Caccio dei rantoli primordiali e, nuovamente svuotato, arrivo in cima a quel dosso: dietro transita Massimo Sartori (chissà se mi ha sentito...) e stanno due ignari gitanti. Loro si che mi hanno sentito! Hanno gli occhi sgranati nella mia direzione, come se si aspettassero di veder comparire chissà quale bestia del paleolitico (e più o meno ci hanno azzeccato).
Ecco, se io dovessi candidarmi a Presidente Fiso metterei nel mio programma “E’ vietata la partenza a tutti coloro che con il loro aspetto, andatura, ecc. nuociono al buon nome della disciplina. Stegal per primo!”.
In questo momento sono praticamente disidratato. Sto sudando come una fontana rotta (più per lo sforzo di vomitare che per la corsa) e passo accanto ai due semre più esterrefatti turisti togliendo la fascia frontale rossa e strizzandone il contenuto sul terreno (una bella pozza...). Sento che dovrei fermarmi, ma non voglio rinunciare così alla carta di Jenesien (così come l’anno scorso non avevo abbandonato a Bedolpian). Mi trascino quindi sui punti 4, 5 e 6, incrociando atleti che poi al traguardo mi diranno “ti ho visto qua e poi là...”, ma io non ricordo di aver visto loro.
Ma il primo colpo di grazia arriva sulla lunga tratta per il punto 7. Cerco di mantenermi vicino alla linea rossa, passando per il minor numero di curve di livello possibile ed attraversando una parte di prato dove nemmeno più si parla di moquette ma di vera e proprio tappeto di erba all’inglese, ma la disidratazione mi colpisce con violenza. Non riesco a mantenere la direzione e ad un certo punto devio bruscamente a destra (come mi vedrà fare Roberto Pradel): ci sono delle case in fondo e io ho bisogno assolutamente di bere o di rinfrescarmi. Per mia fortuna, fuori da una di quelle casette c’è un gruppo di persone (e un bambino sul triciclo che chissà cosa avrà pensato): chiedo dell’acqua e mi allungano una bottiglietta, chiedo se hanno del sale e una signora si fruga nello zaino e mi porge .. dello zucchero! Ma va bene ugualmente.
Basta poco per tornare, improvvisamente, a mettere a fuoco la cartina ed i punti. Il punto 7, in effetti, non è lontano da me nonostante la deviazione per il ristoro non previsto. Arrivo infatti, camminando, proprio dritto sul punto, in tempo per incrociare un Davide Miori che senz’altro non è in difficoltà atletica e che mi mormora “queste buche sembrano tutte uguali”. Sono di nuovo in grado di fare le mie scelte e mi dirigo verso la 8 con rinnovata fiducia sulle mie possibilità di arrivare al traguardo... grave errore! La salita sotto il sole per il punto 8 mi prosciuga nuovamente. Non sbaglio il punto perchè è, veramente, non sbagliabile (un albero in mezzo ad un prato), ma la salita mi prosciuga le poche forze rientrate in circolo.
Ancora una volta scollino con le forze residue per ritrovarmi ad un enorme bivio di sentieri. La carta è davanti agli occhi un oggetto indistinto che non riesco nemmeno a mettere a fuoco. Ci sono delle persone lontane che camminano ma non riesco nemmeno a capire se sono orientisti o turisti. Non so nemmeno dove sono ed ho voglia di sedermi all’ombra a riposare per qualche ora finché avrò la forza di tornare verso la partenza. Ed è a quel punto che arriva il mio salvatore... non sono io che vado verso il ristoro: è il ristoro che viene verso di me!!! Oh T.O.L., chi c’era al quel ristoro? Gli pago una groooooossa birra! “... Ristoro?...” e arriva verso di me, sfatto come Clint Eastwood dopo la traversata del deserto, con un bicchiere d’acqua in mano. Gli vado incontro, pochi passi, come se non fossi un orientista in gara ma solo un turista. E lì comincia un dialogo quasi surreale ma che la dice molto di come sono gli orientisti:
Io (dopo tutti i vari ringraziamenti): “Sono sfinito. Finisco di bere e vado dritto al traguardo...”
Lui: “E perchè? Non ti piace questo posto? Finisci la gara.. anche camminando... anche se hai sbagliato. Sapessi io quante volte sono rimasto in giro tanto per via degli errori...”
Io: “Non è che ho sbagliato molto. Forse ho sbagliato a partire. Sto male e sono disidratato”
Lui: “Qui c’è tutta l’acqua che vuoi. Riposati e quando sei pronto riparti. Ma cerca di finire la gara. Anche camminando: è bella”.

Un bicchiere d’acqua dopo l’altro, tornano le forze e torna la lucidità. E mi basta poco per capire che:
1) la lanterna 9 sta a pochi passi da me, facilissima (un altro albero in mezzo al prato)
2) la lanterna 10 sta in fondo ad una discesa, attaccabilissima da un bivio sentieri
3) tutte le altre lanterne non prevedono salita e in fondo hanno dei punti di attacco veramente inconfondibili... fino al traguardo, che adesso non è più un miraggio!
Rinfrancato, saluto l’amico del T.O.L. e con una stretta di mano gli dico: “Adesso so che posso arrivare fino al traguardo”. E riparto. Poco importa che sulla 9 veda la sagoma di Carbone che mi sfila da destra. Poco importa che sulla 11 mi appoggi ad Helga Bertoldi e alla 13 a Jessica Orler per l’attacco al punto. Importa poco perchè non sto facendo una gara contro nessuno ed in fondo nemmeno contro me stesso: il solo fatto che io sia ancora in giro per finire questa M40 eterna mi riempie di orgoglio e soprattutto mi riempie gli occhi di un bosco meraviglioso e di colori che a Milano (o in Lussemburgo) potrò solo ricordare con immagini più sbiadite della realtà.

Quindi sono orgoglioso di poter affermare che il mio ultimissimo posto in M40 è in realtà una mia personale vittoria (magari esagero... diciamo una gara che ricorderò positivamente). Perchè sono arrivato in fondo quando le mie condizioni fisiche non me lo permettevano, perchè tanti orientisti incontrati lungo il percorso mi hanno incitato a non mollare, perchè in fondo mi sono goduto il bosco di Jenesien in ogni momento nel quale sono stato lucido. Non è la solit “consolazione del perdente”: è la pura e semplice verità. E così come spero di tornare presto a correre a Bedolpian (devo ancora vendicare la gara dell’anno scorso), allo stesso modo mi piacerà tornare quanto prima a correre a Jenesien: un campionato dell’Alto Adige il prossimo 1° maggio?

Wednesday, October 08, 2008

Mi ero promesso di scrivere qualcosa sul blog relativamente alle gare del fine settimana in Primiero solo DOPO aver scritto il pezzo per il sito Fiso. Questo per tenere fede fino in fondo all’impegno assunto quattro anni fa con la Fiso e dedicare comunque la prima attenzione al compito istituzionale. Ahimé… non lo posso fare, perché ho scoperto solo stasera che le classifiche della gara di ValPiana (un nome un programma… come del resto la stessa tipologia di carta in Val di Sole) mi sono arrivate in formato a me incomprensibile: Access!

Spazio al blog, allora, e da domani andrò in caccia dei podi del Campionato Trentino Long. Il primo commento che mi viene in mente è: “CHE PALE!”.
Laddove si intendono due cose: 1) che lo spettacolo sia sabato che domenica delle Pale di San Martino e del Sass Maor in occasione di uno dei cieli più tersi che abbia mai visto da quelle parti valeva da solo il viaggio San Marino – toccata e fuga da Milano – Primiero – Lussemburgo (al pomeriggio di domenica ero già alla Malpensa). Già le montagne del Primiero da sole sembrano l’ottava meraviglia del mondo, ma le due giornate da “su di noi nemmeno una nuvola” hanno portato i dintorni ben più in alto nella classifica dei “places to visit before die”!
2) comincio ad essere un po’ stufo di fare avanti e indietro per queste banche che ogni due per tre ti lasciano per strada… in fondo in Lussemburgo si sta lavorando a ritmi da 14 ore al giorno (quelli che riescono a tornare in albergo a mezzanotte… gli altri finiscono alle 4 e rientrano svegliando il portiere di notte). E’ solo grazie alla ENORME GOK-pazienza che sono riuscito a trovare la forza di venire in Primiero (sempre una delle mete più irraggiungibili del nord-Italia) per la staffetta a Dismoni del sabato, mentre domenica tutti salvo Bibi-cavallopazzo (i cui tempi sono ormai competitivi sempre) ci siamo appoggiati ad una categoria di contorno per poter partire appena possibile e consentirmi di arrivare in tempo per il check-in all’aeroporto.

Dismoni. Il GOK scoprì questo angolo di Paradiso il venerdì antecedente il campionato middle distance del Piereni… quello con la neve per intenderci. Il model event fu proprio a Dismoni: presenti io, Bibi, Adele e “il Bellini”. Una carta minuscolissima, un francobollo con tantissimi dettagli. Un posto irraggiungibile per il grande pubblico dell’orienteering (bisognerebbe organizzare le navette da San Martino di Castrozza… ooooppsss, forse ho appena dato una bella idea!), ma adatto per una delle solite promozionali trentine che se valessero per i punti in lista base ci sarebbe la soglia a 100 punti! Staffetta a tre componenti, solo categorie A e K, ed io in settimana compio il secondo “gran rifiuto” di questo periodo dell’anno: poiché non ho compagni, rischio di essere abbinato ai ragazzi della nazionale juniores che cercano un terzo frazionista… per fortuna stoppo subito ogni possibile equivoco visto che le condizioni di salute (influenza portata in giro per mezza Svizzera) non sono veramente un granché.
Finisco così per correre la prima frazione, quella sprint: tra un colpo di tosse e l’altro la partenza in massa vede i “moschini” e le “moschine” (i ragazzi e le ragazze non juniores, ma proprio delle categorie giovanili e giovanissimi) schizzare avanti ad una velocità esagerata! Poco male, penso, li riprenderò più avanti… peccato che la gara sia proprio sprint e quindi non c’è molto tempo per recuperare terreno: il treno avanza a velocità sempre sostenuta e solo a metà prova, quando si girano i tacchi per tornare all’arrivo, riesco a raggiungere qualcuno (sia master che bimbi e bimbe) ed a non essere lasciato proprio in fondo.
La seconda metà di gara mi vede impegnato con un bimbetto del Pavione che scappa via veloce ad ogni lanterna ed una bimbetta del Gronlait che credo risponda al nome di Sara. E’ proprio con lei che faccio le ultime 3 lanterne, io grande e grosso e lei piccola e minuta… sono davanti io di un paio di metri ma faccio veramente fatica, il sangue nei polmoni e la tosse che mi esplode in gola. Sento al punto spettacolo gli incitamenti “forza Sara!” e mi chiedo che figura farò a farmi superare proprio nell’ultimo tratto sul prato e in zona cambio. Per questo, solo per questo motivo di orgoglio, riesco a sprintare (ossignur.. ad aumentare la velocità da lumaca…) verso il cambio con Beniamino Brazzoli, mentre dietro la bimba incitata a gran voce mi incalza fino all’ultimo. La foto al cambio è impietosa: sono molto più di là che di qua! (intendo rispetto alla linea di demarcazione tra la vita e la morte) Alle mie spalle, coperta, la tuta azzurra di Sara che tra 1 anno credo nemmeno si prenderà la briga di fare fatica per superarmi.

Domenica si sale invece in Val Piana, rifugio Fonteghi. La strada “mi dice” qualcosa, ma è solo quando compare la diga alla ma sinistra che mi accorgo che in quella carta io (accompagnando per l’occasione Sandro Serra ed Andrea Battelli) ci corsi i miei primi campionati italiani middle, in un fine settimana elettorale.
Val Piana evoca con la mente i tremendi ricordi dei percorsi della Val di Sole, le promozionali di Ferragosto da 400 e rotti metri di dislivello… in realtà la carta è molto bella e solo nella prima parte un po’ scoscesa. Probabilmente gli atleti delle categorie a lunga gittata non saranno troppo d’accordo: in fondo io mi appoggio ad una HB tranquilla, nella quale non fare troppa fatica (leggasi anche “non vomitare i polmoni che fanno sempre le bizze”) anche perché domenica sera devo essere in banca in Lussemburgo! E’ un percorso non difficile, sia tecnicamente che fisicamente, nel quale pianto un errore da 1 minuto e mezzo per pura distrazione in un punto “bivio di sentieri”… forse perché è da tanto tempo che non faccio una “B” (l’ultima, credo, a Trivigno in Coppa Italia ma ero apripista-speaker e dovevo arrivare in tempo al traguardo).
Partenza tranquilla, qualche spostamento su sentiero e qualcuno sulla linea di massima pendenza (in salita o discesa) giusto per dimostrare a me stesso che sono ancora capace di orientarmi (insomma…). Alle mie spalle arriva a poco più di metà gara una tuta del Crea Rossa che, credo, vincerà la gara ma che non riesce a completare l’aggancio ed il sorpasso rimanendo sempre 30 secondi alle mie spalle fino al traguardo.
Un passaggio vicino ad un’area privata con quattro locali (3 signori ed una signora) che sembrano lì apposta a controllare che nessuno gli calpesti il prato davanti a casa e invece “var’a che te podi pasar da questa!!!”: infatti la zona è aperta al passaggio degli atleti e così posso evitare di rasentare a destra il recinto in zona, peraltro, molto infame e molto pendente.
Insomma: il tempo di farmi le mie salite e discese sempre guidato da qualche traccia di sentiero e da qualche abbastanza evidente linea conduttrice, e in poco più di 40 minuti sono in zona traguardo; il mio commento è “queste saranno le gare che farò da veciotto” (riferimento al fatto che spesso le categorie super-master vengono associate, come domenica, alla M14 o M16 che hanno un grado di difficoltà tecnico inferiore alle MA o M35 di recente memoria): Attilio, giunto al traguardo un minuto prima di me, mi gela subito “tu sei già veciotto… e infatti stai facendo proprio queste gare!”.

E questa frase di Attilio costituisce il commiato alle gare del Primiero. Ma perché prendersela? In fondo sopra di me, bellissime e impossibili da descrivere compiutamente, stavano le Pale di San Martino più belle che io ricordi…

Friday, October 03, 2008

Esilio forzato.

Sarà per il fatto che negli ultimi… negli ultimi… dunque, dicevo, negli ultimi… dunque! Sarà per il fatto che non faccio più di due settimane consecutive di ferie dal secolo scorso. Quindi le mie assenze dalla rete sono state veramente pochissime

Sarà per il fatto che il meraviglioso strumento (una pen drive) affidatami dal datore di lavoro dopo 5 mesi di attesa “per via del fatto che quando sarò via per il progetto del Lussemburgo vorrete senz’altro che io presidi la casella di posta…” lavora a 38 diconsi 38 kb al secondo!

Sarà per via del fatto che il “progetto Lussemburgo” mi ha portato nelle ultime 3 settimane a: Lussemburgo, Slovenia varia, Lugano più volte, Losanna, Berna, Ginevra, Nyon, Chamonix, Empoli, San Marino, Rimini ed il giro non è ancora finito…

Sarà per via del fatto che in questi giorni i fatti di cronaca finanziaria hanno avuto riflessi mooooolto spinti sul mio lavoro e sulle mie giornate; alle volte mi sembrava di stare in compagnia dell’angelo sterminatore dalle parti di Sodomia e Gomorra… del tipo “che banca facciamo fallire oggi?”, oppure “telefona agli amici e digli di fare la spesa grossa al market, che da domani si tira la cinghia!”. Umore sotto i tacchi :-(

Sarà per il fatto che nelle ultime settimane sono stato a casa giusto il tempo di dire: smonto una valigia, ne faccio un’altra e intanto preparo anche la borsa per la c.o. e quella per la corsa!!!

Sarà per il fatto che ormai il mondo del web ci vede sempre collegati-linkati-internettati ecc.ecc. e quindi “sul pezzo”, ma io in queste condizioni non posso nemmeno provare ad avvicinarmi ad un computer… insomma, mai da tanti anni a questa parte come in questo periodo mi sento tale quale se io fossi in ESILIO FORZATO.

Per fortuna stasera approfitto del fatto che ancora una volta (la terza in pochi giorni) la poderosa agenzia di viaggio cui si appoggia il datore di lavoro mi ha sturato la prenotazione alberghiera. Dopo aver rischiato di dormire sotto il ponte, l’albergatore impietosito ha fatto una telefonata e mi ha fatto portare le chiavi di un appartamento libero… abitato probabilmente da una sua amica. Rifornito di sciampi, bagnoschiuma, accappatoi e asciugamani, ho avuto via libera anche al pc e ora posso dettare alcune note.

Non è il massimo della vita, ma questa situazione (intendo il distacco dalla rete) ha i suoi vantaggi e svantaggi. Lo svantaggio che potrebbe però essere anche considerato un vantaggio, dal punto di vista orientistico, è che sono praticamente tagliato fuori da ogni commento live ad elezioni, programmi, cordate, propositi, candidature… Ho dato una occhiata rapida alla mail e ho visto che mi sono già arrivati parecchi commenti. Poiché per lo più sono da persone che non sanno della mia assenza da casa, posso pensare che i miei corrispondenti stiano pensando “Guarda un po’ questo che nemmeno mi risponde… si vede che non è della mia idea!”.
Non esprimerò qui (né ora né in futuro) altri commenti sulle candidature alla presidenza Fiso e sui programmi. Leggo spesso, però, non solo a livello nazionale ma anche regionale… della mia regione intendo, commenti e parole sulla “comunicazione” e su come rinnovarla, e penso che se una cosa va rinnovata vuol dire che non funziona. E se non funziona una cosa cui ho dedicato del tempo negli ultimi anni vuol dire che il tipo di lavoro che ho impostato o che ho svolto non ha funzionato. Quindi traggo le mie conseguenze.

Un paio di sms lamentano l’assenza di notizie sul campionato italiano di mountain bike e sulla due giorni valtellinese. Purtroppo (per me) non ero sui campi di gara e quindi non posso fornire notizie di prima mano, ma sono pronto a fornire a chiunque voglia prendersi carico di un commento (anche a qualche giorno di distanza dalle gare) l’appoggio per poter inserire qualche notizia sul sito Fiso, affinché i due eventi (soprattutto quello della mtb-o) non cada nell’oblio.
Questa è in fondo una delle lacune del lavoro impostato: il “paracadute” in caso di assenza o di altri impegni dei riferimenti principali delle news non ha funzionato. E traggo ancora le mie conseguenze.

Quel che spero è che, magari, anche la prossima gestione delle comunicazioni sul sito Fiso si affidi a persone-orientiste collaudate e che al tempo dedicano al giornalismo attivo una parte cospicua del proprio tempo: quest’anno hanno mostrato (a mio modo di vedere) di lavorare anche in condizioni difficili con professionalità, competenza e passione; un valore aggiunto potrebbe essere dato da alcuni giovani (in passati ne avevo indicati alcuni) che potrebbero nell’ufficio stampa della Federazione vedere un mezzo per intraprendere una carriera giornalistica: ci troveremmo così in pochi anni ad avere coltivato in casa quei giornalisti (professionisti)-orientisti che sicuramente non sono l’impiegato panzottello che ha realizzato questo blog.

La collaborazione, da parte di tutti e quindi anche da parte mia, sicuramente non mancherà: si tratterà di comprendere bene quali saranno le nuove “regole della casa”, adattarsi di conseguenza e cercare ognuno di offrire il meglio all’interno dei propri limiti di tempo e di possibilità.

I miei prossimi impegni con la Fiso? Sabato e domenica mi paracaduterò direttamente nelle valli del nord-est in una missione di ampio respiro, con un occhio all’estate 2009. Da lì riprenderò direttamente l’aereo per il nord Europa per tornare (spero ancora sano e salvo e con un lavoro) per la finale di Coppa Italia (a proposito, ho già scritto il solito pistolotto pre-ultima prova… ma Luciano Bertocchi lo scriveva davvero meglio!), poi forse ancora aerei all’orizzonte e calata a sud per il Sankt Gallen con la staffetta del GOK a sfidare i selezionati lombardi e trentini. Più in là, con la memoria, non arrivo… anzi forse si: mi pare di avere un impegno il 25 ottobre per completare un ciclo di gare che mi dovrebbero finalmente aprire le porte delle classifiche ticinesi, e poi il 26 se il “due volte campione italiano” vorrà ancora fare la staffetta con l’impiegato rotolante, potrei essere della partita al Parco della Mandria.

Più in là, veramente, non arrivo. Vado a preparare la valigia che domani si riparte…