Ci sono le gare che non vedi l’ora che finiscano, per potertene tornare a casa e lasciarti alle spalle ciò che non ti è piaciuto.
Ci sono le cartine che non ti danno nessuna sensazione positiva, che sembra quasi di poter chiedere ad ogni passo “ma chi ha mai pensato di venire a cartografare qui?”
Ci sono i tracciati nei quali stacchi mentalmente su quasi ogni tratta, tanto la lanterna la trovi comunque basta che ci vai vicino.
Ci sono gli errori che puoi solo commiserarti e dirti che sei andato dalla parte opposta per pura distrazione, perchè la mente vaga sulla canzoncina, sul viaggio di ritorno, sul lavoro che ti aspetta...
Poi ci sono le gare come la finale del Campionato Italiano Middle 2009.
Quelle gare che non vorresti mai che finissero perchè ti godi ogni minuto che tu sia in salita o in discesa, in zona punto o sul trasferimento...
Quelle cartine che ti chiedi come mai non ci si corre ogni anno, che vorresti avere a portata di mano ogni fine settimana e che ti fanno rimpiangere che vivi a Milano in mezzo alla piana...
Quei tracciati che ti impegnano realmente al 101% delle tue possibilità, che tu sia un ex-Elite o un impiegato panzottello: solo la velocità di trasferimento è diversa, non l’impegno o la concentrazione sulla carta di gara...
Quegli errori che ti fanno pensare “Ho fatto tutto per bene e non posso essere lontano. Fiducia nel mio orienteering, dove mi trovo? Lì c’è il cocuzzolo... lì la collina... il punto è qui dietro!”
Un sogno? Si, un sogno durato poco meno di 57 minuti e mezzo.
Un sogno iniziato con la fugace apparizione nella mia testa di Simone Grassi... Perchè proprio Simone Grassi? Perchè c’è un aneddoto di tanti anni fa, che PLab credo ricordi ancora.
Tradate. Campionati lombardi a corta distanza. La prima volta che la carta del Parco Pineta di Tradate compariva sulla scena orientistica, coi suoi diecimilamilioni di avvallamentini. Io e PLab a gestire le partenze e a sentire i commenti dei finalisti al minuto meno uno, quando finalmente la carta si palesa in tutta la sua originalità. Per ultimo, Simone Grassi (era forse il campione italiano in carica quell’anno?). Prende la carta e si sente solo “Beeeellllllaaaaaa.... oggi mi diverto!”.
Ecco. Al minuto meno uno della gara di domenica ho visto davanti a me (in bianco e nero! Chissà perchè? Vi capita mai di sognare in bianco e nero?) Simone e la sua espressione. Forse perchè avevo sperato anche io, come scritto nel blog dopo la gara di sabato, di “fare tutta la gara nella zona delle buche”; forse perchè ho sentito fortissima la sensazione che quella carta mi sarebbe stata amica. Forse perchè... non lo so!
Quello che so per certo è che la visione di Simone, sovrapposta all’immagine del milioneemezzo di buche della carta dell’Argentario, è stato l’ultimo istante di distrazione. Poi un’ora di concentrazione e dedizione totale alla cartina ed all’orienteering. Da quel BIIIIP che mi ha dato il via è cominciato il mio sogno ad occhi aperti. Un sogno bellissimo dal quale mi sono risvegliato solo un’ora dopo, ed avrei voluto piangere; chi mi ha visto alla fine della gara 2008 in Val di Nos sa che ne sono capace! Non mi vergogno delle lacrime, sono maggiorenne e di quello che faccio rispondo a me stesso: le lacrime non danno vergogna. Erano le lacrime di chi avrebbe voluto tornare nel bosco a giocare...
Nel mio sogno ho visto la tratta per il primo punto, ho sentito per una volta in questa stagione le gambe che rispondevano al mio desiderio di muovermi più veloce del solito. Ho percorso i sentieri e le tracce e all’ultimo mi sono girato di 90° a sinistra e ho detto: collina cocuzzolo depressione lanterna.
E ho fatto: collina cocuzzolo depressione... e la lanterna era lì, ad aspettare me. Perchè io so quando le lanterne mi stanno aspettando, le vedo che mi sorridono e posso quasi sentire il loro pensiero. Quel pensiero non diceva “Stegal, sei un campione del mondo!”. Non diceva “Stegal, quanto sei figo!”.
Il messaggio che mi perveniva forte e chiaro diceva “Hai fatto proprio le cose per bene. Adesso puoi proseguire al prossimo punto”. Le lanterne parlano... sapete? Ma bisogna saperle ascoltare.
Al secondo punto mi sono spostato impercettibilmente a destra, 10 o 15 metri. Sufficienti per non “cadere” dritto sul telo. Solo un attimo di perplessità poi il sogno si anima: lì c’è la collina, lì c’è l’avvallamento... lì c’è il cocuzzolo con il punto. Che ci vuole? La lanterna è lì a 15 metri, che mi aspetta. Mi sono spostato di 15 metri verso sud e la lanterna era lì. Ed anche lei ha approvato...
Non posso descrivere tutte le sensazioni positive che ho provato nel mio sogno. Ci metterei ben più di 57 minuti, quanto è durata la mia gara. Ricordo di essere stato sorpassato da Daniele D., partito come una fionda; poi ricordo che attraverso scelte che ogni volta mi hanno spinto a dare il massimo ma soprattutto a stare concentrato al 101% delle mie possibilità ho finito per raggiungere Oscar, partito 4 minuti davanti. Poi Alberto Albarello, poi altre tute ancora.
E quando, alla fine, di tutto il gruppetto è rimasto vicino a me solo Alberto (chissà perchè mi capita di dare il massimo nelle occasioni in cui vicino a me ci sono le tute verdi... una volta Mirko, una volta Dario, una volta Simone) è arrivato il momento di lasciare il Paradiso e di tornare sulla terra. Non prima di aver domato l’ultima lanterna, quella alla base della torretta; sono arrivato da solo al mio penultimo punto ed ho lanciato un gridolino di gioia; poi non è restato altro che buttarsi in discesa verso il traguardo, con le gambe che giravano ancora abbastanza per tenere dietro sul lungo rettilineo uno degli junior della Besanese.
Chi leggesse questa descrizione penserebbe che sono diventato Campione Italiano 2009, e si meraviglierebbe si vedermi al 26esimo posto in classifica finale. Il fatto è che, come sempre, gli atleti che lottano veramente per le medaglie sono proprio pochi; gli altri, me compreso, lottano non contro i vari Oscar, Daniele, Alberto e tutti gli altri amici che come me hanno avuto la fortuna di essere in quella finale.
Lottano contro se stessi, contro i propri limiti tecnici e fisici.
Ognuno di noi ha un’ombra che va nel bosco nello stesso istante, allo stesso BIIIIP. E molto spesso capita (a me capita spesso!) che quell’ombra riesca a gestire meglio la cartina, o a correre più fluida sui sentieri, o ad orientarsi finemente in zona punto.
La mia ombra mi ha staccato di brutto al Parco delle Cascine di Firenze, ed anche in quel caso era un Campionato Italiano. Il mio 56° posto di Firenze non mi “ruga” perchè è una posizione da fondo classifica; mi “ruga” perchè quel giorno la mia ombra viaggiava avanti, sempre più lontano, ed ogni tanto si voltava indietro a guardare ed irridere me, che correvo col fiatone, distratto da mille cose.
Se oggi vi capita di passare dal Bosco dell’Argentario, potreste sentire un fruscio e un calpestio di foglie alle vostre spalle. Vi volterete e vedrete solo una fugace apparizione indistinta. Non preoccupatevi. E’ la mia ombra. L’ho staccata di netto già al primo punto e non ho nemmeno perso tempo a voltarmi e guardare se riusciva a starmi dietro.
Non è ancora stata capace di trovarle tutte quelle lanterne. E’ ancora lì che gira attorno ai cocuzzoli e alle collinette, perchè forse è capace di correre più veloce di me ma il suo grado di concentrazione raggiunge solo il 90% del massimo. Ed il 90% non è sufficiente per uscire dal Bosco dell’Argentario.
Questa è la mia medaglia d’oro, questa è la mia vittoria schiacciante.
(copio dal blog di Rusky la cartina col suo percorso. Il mio è indicato con i pallini blu scuro dove non si sovrappone al suo, e poi con i pallini azzurri dove rischia di sovrapporsi alle mie prime lanterne)