Stegal67 Blog

Tuesday, April 28, 2009

Ci sono le gare che non vedi l’ora che finiscano, per potertene tornare a casa e lasciarti alle spalle ciò che non ti è piaciuto.
Ci sono le cartine che non ti danno nessuna sensazione positiva, che sembra quasi di poter chiedere ad ogni passo “ma chi ha mai pensato di venire a cartografare qui?”
Ci sono i tracciati nei quali stacchi mentalmente su quasi ogni tratta, tanto la lanterna la trovi comunque basta che ci vai vicino.
Ci sono gli errori che puoi solo commiserarti e dirti che sei andato dalla parte opposta per pura distrazione, perchè la mente vaga sulla canzoncina, sul viaggio di ritorno, sul lavoro che ti aspetta...

Poi ci sono le gare come la finale del Campionato Italiano Middle 2009.

Quelle gare che non vorresti mai che finissero perchè ti godi ogni minuto che tu sia in salita o in discesa, in zona punto o sul trasferimento...
Quelle cartine che ti chiedi come mai non ci si corre ogni anno, che vorresti avere a portata di mano ogni fine settimana e che ti fanno rimpiangere che vivi a Milano in mezzo alla piana...
Quei tracciati che ti impegnano realmente al 101% delle tue possibilità, che tu sia un ex-Elite o un impiegato panzottello: solo la velocità di trasferimento è diversa, non l’impegno o la concentrazione sulla carta di gara...
Quegli errori che ti fanno pensare “Ho fatto tutto per bene e non posso essere lontano. Fiducia nel mio orienteering, dove mi trovo? Lì c’è il cocuzzolo... lì la collina... il punto è qui dietro!”

Un sogno? Si, un sogno durato poco meno di 57 minuti e mezzo.
Un sogno iniziato con la fugace apparizione nella mia testa di Simone Grassi... Perchè proprio Simone Grassi? Perchè c’è un aneddoto di tanti anni fa, che PLab credo ricordi ancora.
Tradate. Campionati lombardi a corta distanza. La prima volta che la carta del Parco Pineta di Tradate compariva sulla scena orientistica, coi suoi diecimilamilioni di avvallamentini. Io e PLab a gestire le partenze e a sentire i commenti dei finalisti al minuto meno uno, quando finalmente la carta si palesa in tutta la sua originalità. Per ultimo, Simone Grassi (era forse il campione italiano in carica quell’anno?). Prende la carta e si sente solo “Beeeellllllaaaaaa.... oggi mi diverto!”.

Ecco. Al minuto meno uno della gara di domenica ho visto davanti a me (in bianco e nero! Chissà perchè? Vi capita mai di sognare in bianco e nero?) Simone e la sua espressione. Forse perchè avevo sperato anche io, come scritto nel blog dopo la gara di sabato, di “fare tutta la gara nella zona delle buche”; forse perchè ho sentito fortissima la sensazione che quella carta mi sarebbe stata amica. Forse perchè... non lo so!

Quello che so per certo è che la visione di Simone, sovrapposta all’immagine del milioneemezzo di buche della carta dell’Argentario, è stato l’ultimo istante di distrazione. Poi un’ora di concentrazione e dedizione totale alla cartina ed all’orienteering. Da quel BIIIIP che mi ha dato il via è cominciato il mio sogno ad occhi aperti. Un sogno bellissimo dal quale mi sono risvegliato solo un’ora dopo, ed avrei voluto piangere; chi mi ha visto alla fine della gara 2008 in Val di Nos sa che ne sono capace! Non mi vergogno delle lacrime, sono maggiorenne e di quello che faccio rispondo a me stesso: le lacrime non danno vergogna. Erano le lacrime di chi avrebbe voluto tornare nel bosco a giocare...

Nel mio sogno ho visto la tratta per il primo punto, ho sentito per una volta in questa stagione le gambe che rispondevano al mio desiderio di muovermi più veloce del solito. Ho percorso i sentieri e le tracce e all’ultimo mi sono girato di 90° a sinistra e ho detto: collina cocuzzolo depressione lanterna.
E ho fatto: collina cocuzzolo depressione... e la lanterna era lì, ad aspettare me. Perchè io so quando le lanterne mi stanno aspettando, le vedo che mi sorridono e posso quasi sentire il loro pensiero. Quel pensiero non diceva “Stegal, sei un campione del mondo!”. Non diceva “Stegal, quanto sei figo!”.
Il messaggio che mi perveniva forte e chiaro diceva “Hai fatto proprio le cose per bene. Adesso puoi proseguire al prossimo punto”. Le lanterne parlano... sapete? Ma bisogna saperle ascoltare.

Al secondo punto mi sono spostato impercettibilmente a destra, 10 o 15 metri. Sufficienti per non “cadere” dritto sul telo. Solo un attimo di perplessità poi il sogno si anima: lì c’è la collina, lì c’è l’avvallamento... lì c’è il cocuzzolo con il punto. Che ci vuole? La lanterna è lì a 15 metri, che mi aspetta. Mi sono spostato di 15 metri verso sud e la lanterna era lì. Ed anche lei ha approvato...

Non posso descrivere tutte le sensazioni positive che ho provato nel mio sogno. Ci metterei ben più di 57 minuti, quanto è durata la mia gara. Ricordo di essere stato sorpassato da Daniele D., partito come una fionda; poi ricordo che attraverso scelte che ogni volta mi hanno spinto a dare il massimo ma soprattutto a stare concentrato al 101% delle mie possibilità ho finito per raggiungere Oscar, partito 4 minuti davanti. Poi Alberto Albarello, poi altre tute ancora.

E quando, alla fine, di tutto il gruppetto è rimasto vicino a me solo Alberto (chissà perchè mi capita di dare il massimo nelle occasioni in cui vicino a me ci sono le tute verdi... una volta Mirko, una volta Dario, una volta Simone) è arrivato il momento di lasciare il Paradiso e di tornare sulla terra. Non prima di aver domato l’ultima lanterna, quella alla base della torretta; sono arrivato da solo al mio penultimo punto ed ho lanciato un gridolino di gioia; poi non è restato altro che buttarsi in discesa verso il traguardo, con le gambe che giravano ancora abbastanza per tenere dietro sul lungo rettilineo uno degli junior della Besanese.

Chi leggesse questa descrizione penserebbe che sono diventato Campione Italiano 2009, e si meraviglierebbe si vedermi al 26esimo posto in classifica finale. Il fatto è che, come sempre, gli atleti che lottano veramente per le medaglie sono proprio pochi; gli altri, me compreso, lottano non contro i vari Oscar, Daniele, Alberto e tutti gli altri amici che come me hanno avuto la fortuna di essere in quella finale.
Lottano contro se stessi, contro i propri limiti tecnici e fisici.
Ognuno di noi ha un’ombra che va nel bosco nello stesso istante, allo stesso BIIIIP. E molto spesso capita (a me capita spesso!) che quell’ombra riesca a gestire meglio la cartina, o a correre più fluida sui sentieri, o ad orientarsi finemente in zona punto.

La mia ombra mi ha staccato di brutto al Parco delle Cascine di Firenze, ed anche in quel caso era un Campionato Italiano. Il mio 56° posto di Firenze non mi “ruga” perchè è una posizione da fondo classifica; mi “ruga” perchè quel giorno la mia ombra viaggiava avanti, sempre più lontano, ed ogni tanto si voltava indietro a guardare ed irridere me, che correvo col fiatone, distratto da mille cose.

Se oggi vi capita di passare dal Bosco dell’Argentario, potreste sentire un fruscio e un calpestio di foglie alle vostre spalle. Vi volterete e vedrete solo una fugace apparizione indistinta. Non preoccupatevi. E’ la mia ombra. L’ho staccata di netto già al primo punto e non ho nemmeno perso tempo a voltarmi e guardare se riusciva a starmi dietro.
Non è ancora stata capace di trovarle tutte quelle lanterne. E’ ancora lì che gira attorno ai cocuzzoli e alle collinette, perchè forse è capace di correre più veloce di me ma il suo grado di concentrazione raggiunge solo il 90% del massimo. Ed il 90% non è sufficiente per uscire dal Bosco dell’Argentario.

Questa è la mia medaglia d’oro, questa è la mia vittoria schiacciante.


(copio dal blog di Rusky la cartina col suo percorso. Il mio è indicato con i pallini blu scuro dove non si sovrappone al suo, e poi con i pallini azzurri dove rischia di sovrapporsi alle mie prime lanterne)

Saturday, April 25, 2009

Una (altra) giornata fortunata

Seconda di fila. Dopo Loco di Rovegno. Dato che la sorte pareggia sempre le sorti, mi devo preparare a qualche rovescio prima o poi...
Ma per il momento sono veramente contento di un risultato che, per certi versi, non è degno di alcuna nota mentre per altri lo è davvero: dopo 11 tentativi, per la prima volta, mi sono qualificato per la finale A dei Campionati Italiani Middle a Bosco di Civezzano.
M35, certo... 19° posto di batteria su 20 qualificati, certo... 20 minuti quasi di ritardo da Enrico Casagrande che sul rettilineo del traguardo avrebbe anche il tempo di mettersi a risolvere un sudoku, certo...

Però con il passaggio in H35 (perchè si chiamava così!) per 3 anni sono stato il primo o il secondo degli esclusi, e l’11° posto di Lama Mocogno con Oleg “Volga express” Anuchkin tenuto buono per i 10 posti in finale mi ha sempre bruciato un po’. Il mio livello è quello dei ragazzi che sono arrivati vicino a me oggi: gli amici Andrea Battelli, Giorgio Gatti (buon compleanno!), Atty (buon compleanno!), Paolo Bocchiola.
Talvolta nella nostra fascia basta una lanterna fatta bene per guadagnare 5 posizioni ed una fatta male per perderne 10. Oggi è andata bene a me.

In una giornata fortunata.
Perchè ho corso su tracciati curati da Andrea Rinaldi.
Perchè le gare del Trent-O hanno sempre uno standard di cura molto elevato.
Perchè il territorio ed il bosco di Santa Colomba è sempre il territorio ed il bosco di Santa Colomba.
Perchè il panorama attorno al prato di arrivo valeva da solo il prezzo del biglietto.
Perchè il meteo trentino non sbaglia mai!
Perchè oggi ho ancora una volta “giocato all’orientista”: ho trovato i punti dove li volevo trovare, e quando non li ho trovati al primo colpo mi sono fermato, mi sono ricollocato perchè avevo intorno gli elementi per farlo, e sono andato dritto al punto.
Perchè ho capito che oggi poteva essere la mia giornata quando la mia scelta per il primo punto mi ha fatto cadere sulla lanterna (difficile) dopo 1 minuto e 38 secondi.
Perchè sono partito allo stesso minuto di Fabio Hueller e fino al punto 10 me lo sono sempre trovato intorno... e quindi sapevo di non poter essere messo così male!

Poi alla 11esima lanterna ho cominciato a pagare la fatica, proprio sull’ultima tratta lunghissima che portava sotto al traguardo. Ho dovuto veramente stringere i denti per arrivare alla 12, e da lì la micidiale risalita all’ultimo punto senza quasi energie. Nella mia mente ho visto passare distintamente le ombre di concorrenti senza nome e senza volto che mi superavano non solo nel bosco ma anche in classifica. E quando finalmente sono arrivato al traguardo non mi è restato che pensare che il mio obiettivo, la qualificazione, si sarebbe giocata sul filo dei secondi con gli altri amici; una qualificazione magari in mano fino a due punti dalla fine e poi chissà...

Ma è un periodo fortunato, e questa volta è toccato a me comparire un paio di righe sopra al “taglio” della classifica.
L’obiettivo di domani sarà quello di non arrivare ultimo, ma in fondo un ultimo in classifica ci deve essere e se toccherà a me... pazienza!
Il mio desiderio, però, sarebbe quello di poter fare tutta la gara all’interno della zona delle buche :-)

Un salutone a Lidia, che è a casa a preparare la gara di Giubiasco e deve badare anche a Tom e Nina influenzati!

Monday, April 20, 2009


Una giornata fortunata! (la foto non ci azzecca nulla... ma la cartina di Rovegno l'aveva già pubblicata Rusky)

Visto che PLab mi cede il prestito la battuta, le cose sono andate così:
* iscrizione alla gara di Coppa Italia di trail-O... 5 euro con Mastercard!
* autostrada per Busalla... 6 euro con Mastercard!
* la faccia di alcuni concorrenti all’arrivo del team-GOK al ritrovo... non ha prezzo!
Insomma, tra me e PLab abbiamo contato almeno 4 battute del tipo “Ma anche voi siete venuti qua?”, “Ma non dovevate andare in Valsugana?”, “Ma non c’era la gara di Santa Maria Maggiore?”. Evidentemente, anche se tra gli Uellini di Milano non siamo proprio aficionados del trail-O come Remox e non abbiamo nemmeno il suo spessore tecnico, le nostre ultime incursioni nel novero degli “orientisti da fermo” non sono passate poi inosservate. Il ricordo di Tarzo, poi (quinto Rusky, sesto PLab, settimo Stegal) era abbastanza fresco.

C’è una piacevole nota comune che accompagna le ultime gare di trail-O a cui ho partecipato. Sia nell’immediato post-gara (con la pubblicazione dei disegni con le soluzioni lanterna per lanterna), sia nel post-gara inteso come arco temporale più ampio (con i blog o le pagine web appositamente realizzate dagli organizzatori), ho avuto la possibilità di verificare le mie risposte e le mie lacune “a caldo” con ancora le immagini della gara in mente.
Sembra passato un secolo rispetto a quando, nemmeno molto tempo fa, l’apprendimento delle tecniche del trail-O che passa soprattutto (almeno per me) dall’analisi degli errori era affidato alla memoria orale di “qualcuno che in rete aveva captato che forse quella lanterna avrebbe dovuto essere interpretata come Z perchè...” ecc.ecc.
D’altronde, come diceva Cimabue (quello della pubblicità, non il pittore), sbagliando si impara... ed io in passato ho sbagliato molto! Ma adesso c’è chi mi sta dando la possibilità di imparare dai miei errori, ed almeno a giudicare dalla gara di Loco di Rovegno i risultati ogni tanto si vedono.

Innanzitutto. Era previsto che il gruppo GOK si presentasse ai nastri di partenza di Loco di Rovegno? Assolutamente no! Infatti dopo aver scoperto che Rovegno (teatro di gara della gara di trail-O) non ci azzeccava niente con Roncegno (trittico della Valsugana), le opzioni per il fine settimana del 18 e 19 aprile erano diventate:
- stare a casa a riposare dopo le fatiche dell’Alsazia
- andare in Valsugana
- se proprio proprio... ma proprio... andare a correre una open a Santa Maria Maggiore

In bassa frequenza, il solo PLab inzigava con una proposta “trail-O andata e ritorno in giornata” sulla quale radio-Stegal all’inizio non prendeva proprio la sintonia. Poi però ci si è messo l’amor proprio (“insomma... visto che la gara di Tarzo non è andata così male...”), lo spirito di gruppo (“dobbiamo cercare di difendere il titolo 2008 a squadre!”), il consumismo sfrenato (“e se facessimo prima una scappata all’outlet di Serravalle?”) e la gola (“e se ci scappa una focaccia in Riviera?”) e la decisione è stata presa: avremmo pagato la nostra option call, ovvero la quota di iscrizione alla gara di Rovegno, e se poi avessero prevalso il sole, il mare e lo shopping pazienza! Ci avremmo rimesso solo il prezzo della option. Se invece il trail-O si fosse rivelata l’opzione giusta, ci saremmo presentati al via con una iscrizione in tasca.
Ed è stato così che siamo arrivati in Val Trebbia: PLab lo scatenato, Bibi la criticona (ma era solo arrabbiata per non aver trovato le scarpe della sua misura all’outlet) e Stegal “faccia da Mastercard”...

In un fresco sabato pomeriggio la gara parte, ed al minuto zero viene chiamato Stegal... ma che è??? Devo fare lo speaker pure oggi???
Per la descrizione, magistrale nella sua completezza e nella grafica, della gara vi lascio al blog del bi-campione italiano M35 Marco Giovannini http://mary-marco.blogspot.com/2009/04/loco-di-rovegno.html
Io mi limito a descrivere, per chi volessi farsi quattro risate, le mie paturnie (definiteli pure “giochi mentali” o qualcosa-altro-mentali...).

Primo punto a tempo: mi giro verso la zona delle lanterne (5) e ne scarto subito tre, ma con gli occhiali nuovi le due sullo sfondo appaiono quasi indistinte... chiedo se mi posso alzare per avere una maggiore visuale, nessuna risposta... lo chiedo di nuovo, nessuna risposta... poi l’ottimo papà Michelotti mi dice “Scusa, stavo pensando. No, è meglio se non ti alzi”. “Ok, allora B” (e che il cielo me la mandi buona...). 23 secondi.

Secondo punto a tempo: 4 delle 5 lanterne sono ancora le stesse. Mi girano la mappa e... NON CAPISCO PIU’ NIENTE!!! Cosa sono quelle croci? Il parco-giochi dei bimbi? Davanti a me ce ne sono una infinità... sulla carta vedo 4 croci... cerco un riferimento nell’angolo del recinto, nel bordo della casa sullo sfondo... niente! La curva del sentiero.. niente! Provo a contare ancora i giochi e le croci ma non mi torna nulla... Paolo Bianchi scandisce i pochi secondi che mancano al tempo limite... “B!” dico, e poi un pensiero “Che cavolata! Era B anche quella di prima”.

Perchè poi non avrebbero potuto essere tutte e due B le risposte? Chi lo sa? Ma chi mi conosce o mi ha già letto http://stegal67.blogspot.com/2008_12_01_archive.html sa che quando nelle gare di trail-O c’è da andare dritto in loop del tipo “io penso che tu pensi che io penso... allora tu pensi che io penso...” ecc.ecc.ad libitum, lì non mi batte nessuno!
Vado al terzo punto e rispondo con quello che mi sembra quello più ovvio (dal momento che nei punti a tempo manca la risposta Z): “B!”. Terza B. Come la classe con la quale ci azzuffavamo al liceo...
Il pensiero con cui mi accingo a raggiungere Stefano G.(alano) per recuperare la mappa di gara é: “3 B... impossibile! Che fardello di errori mi porto già sul groppone?” che supera di una incollatura “3 B... impossibile! Ma almeno una sarà stata giusta, no?”
Insomma. Un po’ sbalestrato ed un po’ perplesso risalgo la strada verso il paese ed inizio, capofila, la caccia alle 16 risposte “normali”.

Primo punto. Già nel panico. Scaletta termine est. Mi affaccio dal punto di osservazione e di scalette ne vedo almeno 3. Sulla carta: una sola! Strabuzzo gli occhi e cerco di convincermi che non è un sogno... niente! A questo punto mi appoggio al muro di cinta della chiesetta e cerco di distrarmi, penso che se il secondo a partire arrivasse ora e mi trovasse così... ne avrebbe ben donde a pensare che sono mezzo matto!!!
Per fortuna ho la possibilità di rimanere un paio di minuti buoni per conto mio. Mi estranio dalla competizione quanto basta per ritrovare la concentrazione e trovo la risposta corretta.
Sui punti successivi nessun patema particolare, alcuni li azzeccherò ed altri no. Un bel quesito il punto 5 che si doveva osservare praticamente dalla stessa zona del punto 2 (chi avesse fotografato la scena avrebbe visto Susy DePieri, Renato Bettin, Roberta B. ed altri guardare fissi verso est ed il sottoscritto in mezzo a loro intento a guardare da tutta un’altra parte...).
Un bel punto 8, già descritto nel blog di Rusky come “le Z come piacciono a me” (a lui... ed anche a me!), e secondo me anche un bel punto 9: per fortuna ho guardato solo la distanza della lanterna e non le curve di livello sulle quali forse c’era qualcosa che non andava. Un altro bel punto 10 con decisione da prendere da distanza siderale, e poi via con le ultime lanterne da fare tutte d’un fiato. Tutte molto apprezzabili, secondo il mio parere, anche se quella 15 sbagliata da tutti i concorrenti forse tanto sbagliata alla fine della fiera non doveva essere.

Nell’immediato dopo gara scambi di opinioni... “Come è andata?” mi chiede la Campionessa del Mondo? “Mah! Sono partito tutto sbalestrato... devo aver cannato una se non due lanterne a tempo...”. “Ma dai, non erano difficili...” e così Roberta, gentilissima come sempre, comincia a spiegarmi il perchè ed il percome dell’analisi del secondo punto a tempo.

R: “Insomma: alla fine era chiaro che la risposta giusta fosse B!”
S: “Come B?!? Era una B?!?...”R: “Certo!”
S: “Ma se anche la terza lanterna a tempo era una B!”
R: “Certo che era B!”
S: “Vabbé, allora la prima doveva essere una A...”R: “No, era una B anche quella! Erano 3 B!”
S: “Ma allora le lanterne a tempo le ho fatte tutte giuste!!!”
R: “...E ti lamenti?”

Insomma. A quel punto il pensierino che non tutto fosse andato storto nel sabato pomeriggio della Val Trebbia, e che “faccia da Mastercard” ne avesse combinata una delle sue, ha cominciato ad affacciarsi. Anche perchè da un esame delle risposte di Rusky c’erano solo tre punzonature diverse tra noi, una delle quali proprio sul secondo punto a tempo (quindi a me favorevole), perciò non restava che attendere la classifica... con Marco che già sosteneva che io avessi messo a segno un en-plein.

Invece no. O meglio... alla fine dell’esame dei cartellini mi son trovato caricato di 3 errori. Ma anche il vincitore di giornata, al secolo Guido Michelotti (per sapere la stima che ho io di Guido si vada a leggere il pezzo sul blog del 26 settembre 2007) ne ha fatti 3 pur avendo fatto una gara quasi perfetta.
Ed anche Roberta F. (terza) e Rusky (quarto).
Con la differenza che il terzo ed il quarto posto hanno sbagliato un punto a tempo trovandosi così caricati di 60 pesanti secondi nel computo del tempo impiegato. Mentre io, pur con le mie evidentissime difficoltà nei punti a tempo (per i quali impiego una eternità), ho mantenuto uno spicciolo di secondi di vantaggio che mi consentiranno di salire sul podio finale di Coppa Italia Elite, indicato come “un atleta ormai emergente”... (che mi sembra un po’ una contraddizione in termini, ma vabbé).

Tutto sommato, ritengo che sia stata ancora una giornata fortunata. Finché alcune mie risposte arriveranno “de panza” non potrò sempre competere con le vecchie volpi (anche se ormai qualcuna me la lascio dietro spesso e volentieri, ed in fondo è il terzo podio in Coppa Italia dopo Roncegno 2008 e Folgaria 2008). Adesso non resta che Asiago a metà maggio per portare punti alla causa della società, poi in agosto andremo a provare il trail-O nelle gare Open in Ungheria e vedremo se in autunno riporterò in Italia qualche cognizione di causa in più e qualche paturnia mentale in meno.

Fino a quel momento “faccia da mastercard” ritornerà a vestire i panni (sporchi) del ci-o-ista. E chissà perchè sono convinto che qualcuno tirerà un sospiro di sollievo :-)

Wednesday, April 15, 2009




Si nota qualche rassomiglianza???




(cercherò nei prossimi giorni di avere un paio di .jpg della trasferta, per dare un po’ di colore al diario)

Dopo aver avuto un giorno e mezzo per pensare quale filo abbia disegnato la trama della mia “3 giorni di Alsazia”, ho identificato un momento particolare: la tratta 3-4 della prima tappa disputata venerdì.
Una tratta particolare? Una di quelle, come dice Cristian, che fanno a gara per il titolo di “tratta dell’anno”? O di quelle, come dice Rusky, che valgono una carriera orientistica come un miglior tempo in un mondiale?
Niente di tutto questo. Semplicemente: una tratta sbagliata. Ma che è stata il sassolino che ha creato una piccola valanga...

Alsazia-trois-jours. Chissà chi, nel GOK, ha pensato per primo o per prima a questa soluzione per le vacanze pasquali. Io non lo sono stato di certo... troppo vive certe descrizioni delle pendenze, dei muretti e degli attraversamenti delle vigne da parte di chi aveva partecipato ad una delle prime due edizioni. Edizioni con 600 e 1000 partecipanti circa, cosicché credo che gli organizzatori (peraltro encomiabili) siano stati un tantinello spiazzati dai 1500 iscritti del 2009. Cittadina di Kaysersberg (un vero gioiello) letteralmente invasa dagli orientisti che hanno trovato il modo di parcheggiare le auto in ogni possibile angolo di strada... qualcuno anche davanti al passo carraio dei pompieri locali, ed è un miracolo che se la sia cavata con un mega adesivo di sosta vietata sul parabrezza: ha rischiato di vedersi brillata la macchina!
In ogni caso, ad un certo punto qualcuno o qualcuna ha puntato il dito sull’atlante, ha detto “Alsazia!” ed Alsazia è stata.

Giorno 1: dopo una faticosissima uscita da Colmar, ci rechiamo a Kaysersberg in un caldissimo pomeriggio di sabato: il termometro dice 27 gradi che picchiano sulle teste degli orientisti che aspettano l’orario di partenza. L’attesa per la partenza è carica di tensione: i tre maschietti schierati in H35K (Piero, Atty ed io) hanno scoperto qualche ora prima che le D35 gareggiano sullo stesso percorso... insomma non è mica scontato che riusciamo a battere Roberta!

La mia partenza è quasi a fondo griglia: tra il fatto che ci sono già stati tanti passaggi nel bosco, ed il fatto che il terreno è un misto terra rossastra + sassi, è facile trovare le tracce dei concorrenti sulle prime tratte che si inerpicano sulla collina lungo la linea più dura. Il tracciatore per 3 giorni seguirà un filo logico costante: costa in partenza, poi salita lungo la linea di massima pendenza, poi si gioca un po’ in costa, poi ancora salita o discesa ad incrociare le curve di livello ad angolo retto. Un continuo sforzo sia in salita che in discesa (dove gli alberi ed i rami caduti costringono a stare all’erta per evitare scavigliamenti) che fa si che in costa non si riesca (io non riesco) a ripartire subito di corsa.

La tratta 3-4 della prima tappa è appunto la prima costa della 3 giorni, dopo una salitazza micidiale di non so quante curve di livello. E’ una costa “sporca” di verde 1 e verde 2 sulla quale non bisognerebbe né perdere né guadagnare quota. Ma la paura di andare lunghi è troppa, le gambe continuano a pedalare in salita e così mi trovo all’improvviso almeno una trentina di metri più in alto di quanto dovrei... mi devo ricollocare, capire come attaccare il punto e circa 3 minuti se ne sono andati. A quel parziale, Atty mi è davanti e Roberta è molto vicina, ma il vaccatone della 3 giorni è alle spalle...

Senza quell’errore, alcune cose non sarebbero successe.
Ad esempio. Non mi sarebbe capitato di essere quasi “adottato” da una famiglia svizzera sul finire della prima tappa; a due terzi di gara mi trovo infatti circondato: dietro di pochi metri sul sentiero la “mamma di...” che corre come una dannata e mi costringe a faticare non poco per stare davanti ad una vecchiarda elvetica, sul fianco sinistro la “sorella di...” che corre veramente forte anche se rispetto ai bei tempi ha qualche chilo di più addosso, sul fianco destro il “fidanzato della sorella di...” che corre moooolto più forte di me. A questo punto non vi resta che scoprire chi è “...”!!!

La gara la chiudo in 53’. Un tempo discreto per me, se non fosse che c’è il solito svizzero ammazza classifica che corre in 40’. E, in pratica, chiude per me il discorso “partenza a caccia del terzo giorno”, giacché partono a caccia quelli che hanno un ritardo massimo di 20’ dal leader, quindi io sono già tagliato fuori.
Tagliato fuori e quindi tranquillo. Infatti il secondo giorno scorre via che è un piacere. Si corre ai Trois-Epis, ed il posto man mano che ci si avvicina al centro gare assomiglia ai miei paesaggi preferiti: pini ed abeti. Partenza come piace a me (a 10 m. dal ritrovo, dove “m.” non sta per minuti ma per metri) e gli organizzatori riescono nell’impresa di far terrorizzare (prima) i concorrenti e (poi) far tirare loro un sospiro di sollievo. La partenza è infatti lungo la linea di massima pendenza di una collina, ma la salita si affronta tutta sui 4 cancelli prima della partenza!

Bella gara. Prendo man mano confidenza con le curve di livello, che non sempre mi tornano e non sono il solo a provare talvolta del disagio, e le gambe girano meglio del giorno prima... il che ad un certo punto e solo per qualche metro mi consente di correre dietro ad uno dei Cavara che corre in H35. La tappa è poco più lunga e un po’ più ripida del giorno 1, ma il bosco è più scorrevole (in alcuni pezzi mi sembra di essere ai Boschi di Cesuna!). Scavallo la metà gara in 26’ e chiudo la prova in 52’ dopo aver “trenato” con un paio di D35 d’assalto e averle staccate sull’ultimo punto tecnico perchè loro scendono troppo in una specie di gola verde 2.

Il penultimo punto è da ricordare: radice. Scendo nella gola verde 2, scavallo la canaletta, arrivo al bivio di canalette, al muretto di sassi; alla curva del muretto attacco in direzione “prigione” (ho sempre lo schema del Monopoli in testa) e trovo la mega-radice. Niente lanterna: sarà sull’altro lato... giro intorno. Niente lanterna... sarà nascosta nella parte finale del giro? Proseguo. Niente lanterna... Sarà nascosta tra il terriccio e i rami nodosi? Secondo giro! ... la lanterna proprio non c’è. Eppure ho fatto tutto per benino... dove mi sono perso? Il muretto è là, sono sceso di qua, sono arrivato fin qui... Alzo lo sguardo e vedo un’altra radice più in alto. Infatti sulla carta c’è un’altra croce verde fuori dal cerchietto. Decido di salire e fare il punto da lì... e trovo la mia lanterna!!! Posata decisamente fuori cerchio magenta. Segue nel post-gara il siparietto nel quale esce tutta la mia faccia di bronzo...
Stefano-io: “Allora Stefano, hai vinto anche oggi?”
Stefano-altro: “Non so... non ci sono fuori i tempi... e poi ho sbagliato un punto qua sotto!”
Stefano-io: “Come qua sotto... una radice?”
Stefano-altro: “Si, avevi anche tu la 59?”
Stefano-io: “Certo. Ma non ti sei accorto subito che era posata male? Io l’ho visto in un attimo...”
Stefano-altro: “Posata male??? Ma... vuoi dire che era posata su quest’altra radice? E te ne sei accorto subito? Beh complimenti! Hai un bel sangue freddo...”
Adesso spero che “Stefano-altro” non vada in giro a descrivermi come un mago della tecnica, sennò come gli spiego che ho fatto due giri attorno al punto prima di decidermi che... che avevo sbagliato io?

52’ di gara. Un tempo che, clamorosamente ed a mia insaputa, mi terrebbe tranquillamente dentro la caccia del terzo giorno. Anche perchè il turbo-elvetico della tappa 1 chiude con una PM riequilibrando i giochi; invece si mette in mezzo il turbo-finnico di giornata, che chiude in 40’ e nel computo finale dei tempi mi ritrovo a poco più di 20’ dal leader (sempre il turbo-finnico). Fuori per pochi secondi. Fuori per quella tratta 3-4, penso... peccato, ma non importa. Andiamo a scoprire come sarà la terza tappa...

Tappa a caccia. Organizzata così.
Prima, alle 9.00, partono i PM ed i PE fuori classifica. In realtà non faranno partire nessuno...
Poscia, alle 9.20, parte la “caccia dei peones” con distacchi secchi di 1 minuto tra i concorrenti. E chi è il primo dei peones? Ma l’amichevolmente vostro Stegal, no? Che quindi parte per primo ai 9h20m20s in pieno “orario-speaker”. Alle 11.20 parte la caccia vera per la vittoria, ma quella non mi riguarda.

Piccolo problema.
Quante sono le categorie in gara? Quasi 40.
Quanti concorrenti vogliono far partire all’interno del minuto 9h20m? Quasi 40...
Alla chiamata del minuto 9.20, è una autentica mandria di bisonti (i leader della “caccia dei peones”) che attraversa la fettuccia calpestando tutti gli inseguitori del minuto 9.21, 9.22 ecc ecc. che ovviamente, come facciamo tutti quando manca un minuto alla nostra chiamata, si affolla attorno alla stessa fettuccia.
All’interno del minuto 9.20, partono in una ventina al secondo 0, poi c’è un mini-lancio al secondo 5, un altro al secondo 10, un altro al secondo 15, un altro al secondo 20...
Già che siamo lì con le descrizioni punto, la D40 dietro di me chiede “Ci sono abbastanza primi punti per tutti?”.
Gli organizzatori della partenza cominciano probabilmente a maledire chi ha studiato questo meccanismo. Impiegano infatti circa 9 minuti a metterci in fila (si sa che il minuto zero delle partenze è sempre quello più incasinato), devono occuparsi dei nostri lanci che avverranno nel giro di pochi secondi ed hanno appena cominciato a gestire la mandria del minuto 9.21... insomma nel gruppo dei capofila ci scambiamo qualche sguardo d’intesa: qui non andrà tutto liscio! Cominciano le chiamate sui vari cancelli vicino alla partenza, ma allo scoccare del secondo zero l’ennesima spunta dei concorrenti non è ancora finita.

Biiiiip. La prima mandria parte! :-)
E mentre gli organizzatori dell’ultimo cancello, quasi travolti, cercano di raccapezzarsi... è già il “secondo 5”, ma quel gruppo è ancora un cancello indietro!
Con concitazione crescente, il gruppo “secondo 5” viene invitato a partire ma il cronometro dice già “12”...
Io mi accordo con la D40 e con un altro ... H45?... dietro di me: al secondo 20 gambe in spalla e si parte!
Infatti partiamo praticamente con il gruppo del secondo 10 e del 15... ed abbiamo tutti lo stesso primo punto!
Via che si va!!! Attacco in salita ed al primo punto distante due minuti scarsi siamo in 6 insieme. Poi secondo punto: rimaniamo in 4. Ma intanto ho fatto la scelta per il terzo punto...

E la mia scelta (devo assolutamente mettere il .jpg della mappa) prevede di ripassare dall’area della chiamata degli atleti!!! Non ci sono croci sulla carta che vietano il passaggio, la scelta alternativa prevederebbe di fare un dislivello assurdo nel verdone... ed io potrei anche non sapere che proprio lì sta avvenendo la chiamata, no?
Mi butto in discesa e sbuco su un sentiero. In fondo alla discesa una fettuccia, ma è rivolta verso i concorrenti in attesa e serve a dire “zona gara”... non sanno ancora cosa li aspetta! Sto correndo come un folle (perchè io non corro quasi mai... ma quando lo faccio lo faccio bene e 100 chili in discesa vengono già che è un piacere!) ed ho solo una fugace apparizione: una schiena, una bandana, una tuta bianca e rossa, una scritta in verticale ... che dice “besanese”... AleManzoni!

Un urlo: “VIADILIIIIIIIC%$£&OOOOOO...”. Gente presa alla sprovvista che salta da tutte le parti... colgo alcuni sguardi perplessi dei concorrenti mentre pieghiamo a destra e scavalchiamo un’altra fettuccia che ci ributta sul sentiero che porta proprio in zona punto...
Quello che non faccio in tempo a vedere è se gli organizzatori si stanno accorgendo di quanto accadrà a breve: che praticamente mezza gara passerà di lì! Secondo me quella scelta non l’ha vista nemmeno il tracciatore...

Il resto della gara è tutto sommato una simpatica parentesi... ci sono ancora le salite ripidissime a picco, ad ammazzare i muscoli delle gambe, le tratte in quota e le tratte in ripida discesa. Non vedo arrivare da dietro i miei avversari, ma scoprirò poi dai racconti di Attilio (che partiva a 4 minuti da me) e Roberta (ad 8 minuti) che la situazione in partenza si era fatta sempre più rovente con ritardi accumulati ed una stazione di check comparsa ad un certo punto per definire l’orario di partenza reale dei concorrenti.
Nel finale di gara, finalmente e dopo 49 punti di controllo, gli unici 2 punti nelle vigne! Quelli temuti... in realtà molto semplici visto che per evitare ogni problema sono visibili da lontano un miglio e quindi basta solo costeggiare i sentieri tenendo d’occhio la lanterna per trovare il filare giusto nel quale infilarsi.

Ma arriva il finale di gara: nelle vigne sono insieme al primo degli H21B e sappiamo entrambi che si prospetta un bello sprint, ma al penultimo punto quello riesce ad allungare di una decina di metri e vedo che comincia a curarmi. La strada per la 100 è unica, è un lungo semicerchio su asfalto a risalire e poi a scendere sul punto di controllo... devo inventarmi qualcosa!
E così faccio. In uscita dalla vigna, non visto, sono forse l’unico a non prendere la strada asfaltata ma a buttarsi in un altro piccolo campo, che finisce in un sentierino invisibile alle spalle di una casa... è una linea più corta, che non sale e non scende, è veramente invisibile ed è a bordo carta.
E, ovviamente, prima della 100, mi porta a passare dal traguardo!

Così si ripete la scena: nel piazzale del traguardo c’è gente che mi da le spalle e che aspetta i concorrenti. Io arrivo come il solito folle dal sentierino e... “VIADILIIIIIIIC%$£&OOOOOO...”! Vedo ancora gente che salta via da tutte le parti, chi è ‘sto pazzo che arriva dal nulla? Ma io penso solo che devo raggiungere la 100 prima del mio avversario... risalgo pochi metri e lo vedo comparire dalla curva... di nuovo girato! A cercare me (mi dirà)! Ma adesso sono io il più vicino alla 100, e quando i suoi occhi trovano il punto io sono già lì con una decina di metri di vantaggio! Ed un sorriso che va da qui a là! I metri di vantaggio poi si ridurranno a due o tre sulla linea del traguardo, ma mi bastano per continuare a sorridere felice come un bambino...

Seguono pacche sulle spalle, il commento del mio avversario (che non è nemmeno nella mia categoria!) scoprirò essere qualcosa tipo “unglaublich!”. Poi perderò la si-card, la ritroverò, vedrò il mio tempo di 57’ e vedrò sulle classifiche finali che il turbo-finnico che mi ha cacciato fuori dalla vera caccia ha sturato di brutto la terza tappa, ha perso la gara ed in classifica generale finisce appena appena davanti a me (ben gli sta!).

Insomma nella terza tappa ne ho combinate proprio di tutti i colori, tanto da chiedermi se la scelta dell’ultimo punto posso averla visto solo io tra tutti (infatti il tempo di tratta è veramente competitivo anche in mezzo a gente che corre assai più di me).
E se devo proprio dire quale sassolino ha provocato la valanga di tutti gli accadimento dell’ultimo giorno... forse è stata proprio quella tratta 3-4 del primo giorno, quella sbagliata, quella che mi ha tenuto fuori dalla caccia e quella che ha fatto si che io potessi passare 3 giorni divertenti, in tranquillità e, in fondo, ancora da protagonista!

Sunday, April 05, 2009

Orienteering per Stegal è:
1) identificare il modo più congegnale per spostarsi da un posto all’altro (uscita dal punto + tragitto) senza che questo si riduca ad una pura corsa.
2) ricercare un punto preciso non astruso ma raggiungibile con più o meno difficoltà ma sempre con un certo impegno mentale e fisico.
3) se non si riesco ad identificare il punto esatto, “ricollocarsi” sulla cartina partendo dagli elementi noti (tragitto percorso + esame dell’ambiente circostante) e raggiungere il punto

Ed è esattamente quanto la stagione orientistica mi sta proponendo dal 5° punto della gara di Coppa Italia di Tarzo-Resera. Ed è esattamente quello che ho fatto per due giorni a Nove sul Brenta ed a Lago di Velo d’Astico. Ed è infine per questo che sono molto MOLTO soddisfatto della due giorni trascorsa in Veneto.

La carta di Nove sul Brenta è stata veramente una lieta sorpresa per me. Se non fosse un po’ troppo complessa per gli standard di una sprint, direi che è la carta perfetta per un campionato sprint. Magari un campionato riservato a quelli come me che non apprezzano tanto correre in un parco piatto a meno di 6 al chilometro... Certo, magari la carta andrebbe un po’ aggiornata soprattutto nella vegetazione. Certo, sarebbe una gara sprint soggetta alle bizze del fiume Brenta. Certo, tutto quello che si vuole.

Ma a me, che cosa me ne importa? In 37 minuti mi sono orientato, talvolta con semplicità e talvolta con difficoltà. Ho dovuto fare le mie scelte anche per affrontare i microdettagli della carta. Ho trovato alcune lanterne che non erano del mio percorso ed erano magari a 15 metri dal mio punto di controllo, e anziché correre in giro come una gallina senza testa sperando di cadere sulla mia lanterna l’unica cosa che ho potuto fare è stata fermarmi... (in questo sono moooolto bravo), capire su quale microdettaglio ero finito (se c’è una lanterna, sarà su un punto cartografato!), far aderire la mia percezione della carta con la verifica dell’area attorno a me... ed andare dritto al punto.

21 punti di controllo: scartiamo l’ultimo ed arriviamo a 20. Scartiamo un paio di unti a bordo fiume e siamo a 18. Ebbene questi 18 punti sono stati una piacevole e bella ricerca, con la soddisfazione talvolta di aver azzeccato la scelta ed il punto al primo colpo proprio come voleva la mia tattica di gara: superato da Gianluca Salvioni al punto 3, sono riuscito a tenergli la coda fino al punto 7, fino ad arrivare praticamente addosso ad un altro Stefano G. (ottardi...) che partiva due minuti davanti a me. Poi un cedimento mentale dopo la 7 (sono andato dritto alla 9 e sono dovuto tornare indietro appoggiandomi a PLab per trovare la 8, che pensavo ad un albero isolato ed invece era una canaletta) ed i punti successivi fino alla 16 a rimbalzare da una parte all’altra dell’unico sentiero, dentro e fuori minidepressioni, buchette ghiaiose, avvallamenti nascosti... mi fa venire in mente un altra gara ed un altro rimbalzo da una parte all’altra di un sentiero, ma è inutile che vado avanti a fare paragoni, no?

Problemi un po’ più impegnativi sono arrivati tra la 16 e la 17, e poi per le ultime due lanterne. Ma lì è entrato in azione il terzo punto del mio “orienteering secondo Stegal”, quello che mi fa pensare che talvolta nel nostro sport quando non si lotta per il vertice è quasi bello perdersi (ma poco poco...) per la soddisfazione di uscire dai guai con le proprie forze e la propria immaginazione. Infatti... si identifica la buca taaaaac!... nella buca c’è la lanterna taaaaac!... controllo del codice taaaaacchecca$%£odicodiceènonèmicailmiocalma!... non devo star qui a girare, il mio punto è qui attorno! Controllo della carta, ricollocamento, spostamento di 15 passi. Punto, controllo, pigiamento del punzone e via verso altre mirabolanti avventure!!! (se poi lì attorno ci sono anche altri concorrenti che stanno girando in tondo senza saper cosa fare, schizzare via verso il punto successivo da uno di quei piaceri che oserei quasi avvicinare a certi altri tipi di piacere che... ma non è questo il blog adatto! Astenersi commenti prego!!!)

Dopo aver assistito alla premiazione di Paola V. ed aver constatato che Davide V.è ormai un avversario da temere ad ogni gara (due minuti sul groppone da lui a Nove), il Gok si ricompatta ad Arsiero davanti ad un piatto di gnocchi: è arrivato infatti anche Mr.Rusky in persona e la birretta di fine serata con le solite quattro-ciacere-orientistiche è quello che ci vuole per finire la giornata.

Giorno 2. Velo d’Astico. Un’altra new-entry nei miei faldoni raccogli-cartine. Alle 8 in punto la macchina organizzativa del Viorteam (complimenti!!!) passa a prendermi. Alle 8.30 sono in zona partenza. Maglia di lana, maglia termica, ben corazzato e pronto a partire anche se le gambe a quell’ora stentano a prendere confidenza con la fatica.

Appena entro nel bosco mi rendo conto che sarà un’altra di quelle giornate in cui fare orienteering. Il percorso M35 è tecnico (per il mio livello) e non mi riesce per nulla facile venire a capo dei dettagli del bosco, soprattutto in zona punto. 4 minuti circa a punto, rallentando il giusto in zona lanterna per evitare di finire lungo o storto, e dopo 34 minuti circa sono in cima al monte a girare i tacchi e cominciare il tragitto di ritorno verso l’arrivo (quanto ci ha messo Rigoni a finire tutto il percorso? 33 minuti...)

Apro parentesi. Il motivo per il quale corro alle 8.30 è noto. Sinceramente questo è l’orienteering che tutti dovrebbero o vorrebbero poter fare: a quell’ora in giro non c’è nessuno, non c’è uno straccio di traccia che porta dentro il punto, o in zona punto, o fuori dal punto! Quanto questo incide sul mio tempo finale (o se incide) non mi interessa nulla. Tuttavia, credetemi, spero che tutti abbiano almeno una volta la possibilità di avere un percorso tutto per se! E’ una cosa quasi irreale rispetto a certi bailamme che capitano talvolta nel bosco, ed i trucchi del tipo “mi fermo ed ascolto se sento un bip” non servono assolutamente a nulla.

Il che consente a me di arrivare alla 10 (un sasso in mezzo ad altri 42 sassi identici), avere un attimo di panico, tirare giù uno sbraitone “QUALE CACCHIO E’ IL SASSO GIUSTO!!!” tanto non mi sente nessuno... respiro profondo... ok, il sasso è quello, e la lanterna sta la dietro. Andato e punzonato e via per la 11. Lunica cosa che mi mette pressione, in queste mie strane gare, è che devo arrivare al traguardo in tempo per svolgere il mio compito semi-istituzionale... ed è per questo che ultimamente finisco per sbagliare sempre la terz’ultima lanterna.

Anche a Velo d’Astico. Arrivo a 3 punti dalla fine, l’ultima è la 100 e “la penultima dai che si trova!”... ed improvvisamente ecco che dalla zona arrivo si sente la voce di Francesco Isella “Mentre aspettiamo il nostro speaker, ricordo agli atleti della nazionale ecc.ecc.ecc.”. Ed i neuroni del cervello partono in tute le direzione tranne in quello della lanterna 16:
- Ma mi sentiranno così anche gli atleti in gara?- Oddio quanto manca alla prima partenza?
- Oddio ma mi staranno vedendo? (sono timidooooooooooo!!!!!!)
- Oddio ma adesso quanto ci metto a trovare questa lanterna?
- Riuscirò a dire qualcosa di sensato?
- Mi si intrecceranno le parole all’arrivo di Mamleev\Seppi\Tenani\Guizzardi\Kirchlechner?
........

Così mi sono ritrovato due o tre curve sopra al punto e venti o trenta curve sopra al traguardo. Sempre con ‘sti atleti della nazionale chiamati a fare le foto. Finché i neuroni hanno finito di andare per conto loro, sono tornati indietro, si sono raggomitolati insieme ed hanno fatto cerume nelle orecchie, ed è calato il silenzio. Ed il cervello ha detto: “sono alto di un paio di curve... là c’è un sasso.. poi un altro... poi la parete rocciosa col punto!”. Andato e punzonato. Queste sono soddisfazioni!!! Lascerei perdere invece l’increscioso episodio all’ultimo punto: sono andato a punzonare la lanterna falsa delle foto di Luigi Girardi con mezza nazionale che mi urlava “Non è quella giusta!”. Finché ad un certo punto nel marasma mentale più totale mi sono girato verso Luigi che si sganasciava dal ridere e ho urlato “E allora dove ‘sta la 100?”. E tutta la nazionale: “Là in fondo!!!”.

Insomma, in due giorni di gare l’unico punto che non ho trovato da solo è stata la 100 del secondo giorno! Ma almeno posso dire che tutta la nazionale italiana si è dovuta impegnare per farmela trovare.
Queste sono soddisfazioni! :-)

Friday, April 03, 2009

Stegal comeback to Vhrnika – un altro pezzo d’annata per quello che (speriamo!) verrà...

MAGNUS CUP 2001

Il caldo, la Slovenia, il mese di agosto.
Per la maggior parte di noi questa terna rappresenta la Cerkno Cup, le montagne dell'entroterra sloveno, l'hotel con piscina, le docce all'aperto dopo la gara$, la carta di Lome (brrrrrrrrrivido lungo la schiena...).
Nel 2001 la Cerkno Cup è stata sotituita da un altro International Event, la Magnus Cup: stesso periodo, stessa formula di gara, posti diversi attorno alla capitale Lubiana. Potevamo scegliere di andare al Monte Penna, invece siamo tornati in Slovenia per poter visitare una zona ancora poco nota (almeno a noi).

E poi l'occasione era delle migliori: ritrovo in cartina il 13 agosto a Coredo, partecipazione il 14 e il 15 alla 2 giorni della Val di Sole. Sono sopravvissuto al tracciato di Marco Bezzi (la solita gara promozionale con un percorso da paura, in HB c'era gente da 50 e più punti in lista base... ed ovviamente io ignaro mi ero iscritto in HA!).
Il 16 partenza per la Slovenia, destinazione Vrhnika (non ho dimenticato le vocali), ridente località a 10 chilometri da Lubiana. Così Roberta, Attilio, Piero ed io attraversiamo ancora una volta il confine di Gorizia (e ancora una volta toppiamo l'approccio con le guardie, cosicché veniamo fermati e subiamo ramanzina...).

Indicazioni sulla gara? Nessuna su internet, salvo il fatto che avevamo prenotato un appartamentino nell'albergo indicato dall'organizzazione.
Pensavamo di essere in pieno clima Cerkno Cup: griglie appese alla reception, pienone di orientisti, e invece niente.
Al nostro arrivo, nel parcheggio dell’hotel il terzetto Balboni-Cavara-Liparesi faceva mostra di facce perplesse: nessuno sapeva nulla della gara.

Solo verso sera riusciamo a contattare via e-mail l'organizzazione, che ci da appuntamento presso una birreria non lontana, l'indomani pomeriggio per la
prima tappa. Mattinata libera, giusto il tempo per visitare Lubiana by day su e giù per il “Za Pesce” (zona pedonale) e incrociare il terzetto Balboni-Cavara-Liparesi in gita con rigorosa guida verde del Touring come di prammatica, poi
tutti in birreria (pardon, alla prima tappa) a Raskovec: tappa breve, praticamente sprint sotto un sole cocente (sbucare sui gialli equivale ad andare immediatamente in ebollizione).
Attilio paga un po' il gran caldo, Roberta si disimpegna bene ma sbaglia nel finale, io viaggio bene per due terzi attorno al terzo posto in classifica, poi perdo gli occhiali nel verde sloveno e devo aspettare che in mio soccorso giunga Piero: occhiali ritrovati ma prestazione rovinata (per entrambi).

Il sabato, seconda tappa a distanza classica, sempre a Raskovec, e succede “il fattaccio”!!! Partenza su sentiero, che ha una direzione da est verso ovest. I primi concorrenti spariscono alla nostra vista e tornano poco dopo mugugnando in ostrogoto o friulano (capivamo di più l'ostrogoto). Dopo qualche minuto i concorrenti non spariscono neanche dietro l'angolo di verde fitto: prendono la cartina e tornano indietro. Poi parto io e ci metto poco a capire: la prima lanterna sta alle mie spalle, rispetto alla direzione di partenza; ho quindi tre possibilità: uscire subito dal sentiero e tagliare a sinistra per la zona riscaldamento atleti ma facendo dislivello inutile, uscire subito dal sentiero e tagliare a destra attraverso un verde 3 (ma anche 3 super e 3 oltremisura), oppure girare i tacchi di volata ed imboccare a ritroso il comodo sentiero di partenza che, oltretutto, mi porta dritto in zona punto!
Gli unici a dover andare diritti perchè avevano i primi punti da quella parte erano gli HA... qualche atleta transita a sinistra e intanto fa vedere la carta ai compagni di squadra, Attilio rimane ligio al regolamento e taglia a destra per il verde selvaggio, ma finisce lungo e disteso tra le liane rimettendoci quasi un ginocchio (e il buonumore). Per fortuna poco dopo arriva il capoccia dell'organizzazione e dopo un cazziatone siderale rimette le cose a posto (il corridoio di partenza nella direzione giusta nord-sud), ma la frittata ormai è fatta. I maschietti rimangono in una zona interlocutoria della classifica HB mentre Roberta in DB guadagna posizioni su posizioni.

Resta il tempo per visitare le grotte di Postumia (abbiamo invitato anche Zanetello, ricevendo occhiate perplesse e quasi di commiserazione...). La domenica gran finale a caccia nel Parco Tivoli di Lubiana. Tipo Parco Nord? No, tipo Brughiera Sud, e in sovrappiù con dislivelli notevoli e lanterne piazzate da qualche scienziato nucleare (tipo "albero isolato" nel verde 2 in mezzo a decinaia di altri alberi identici tutto attorno...).

Comunque manteniamo più o meno le nostre posizioni, evitando figuracce e soprattutto evitando di vestirci da donna (come un concorrente italiano ha fatto, mentre un altro ha corso in giacca e cravatta...). Roberta quasi completa la rimonta piazzandosi al quarto posto finale, mentre io, Attilio e Piero occupiamo le posizioni che ci competono...

Poi ritorno a casa con la prospettiva delle code apocalittiche a Mestre e a Milano; invece niente, neanche un intoppo. Attilio questa voltaE infrange i regolamenti quanto basta per trasferire la macchina di 150 km in 45 minuti (il tempo per me di fare un sonnellino), ma questo non lo racconteremo né alla Polizia Stradale né alle guardie di confine!