Stegal67 Blog

Sunday, August 23, 2009

Alcune settimane or sono, nella piazza centrale di Fiera di Primiero, un supposto (ed anche un po’ supponente...) personaggio presentato via via come “talent scout”, “speaker dei JWOC”, “membro della squadra italiana ai Mondiali 2008 in Portogallo” aveva espresso nella diretta RAI Sport tutto il suo rammarico per il fatto che troppe volte, all’orienteering italiano, fosse “mancata la lira per fare il milione”.
Ovviamente nessuno poteva sapere che quella lira sarebbe stata trovata in una oscura zona del confine ungaro-slovacco da un atleta russo-altoatesino che parla 5 lingue.

Ormai la maggior parte degli orientisti, anche quelli che sono in giro per il mondo, dovrebbero essere venuti a conoscenza del fatto che Misha ha conquistato la medaglia di bronzo nella finale sulla lunga distanza; man mano che i giorni andranno avanti, si moltiplicheranno anche le voci ed i “si dice” sulla gara, e si parlerà dello strampalato ricorso della squadra finlandese: su questo argomento rischiamo di essere sommersi, nei prossimi mesi, da una valanga di proposte e di contro-proposte aventi probabilmente scopi diversi da quello di dare equità a tutti i concorrenti che prendono parte ad una competizione sulla lunga distanza.
Non è stato così anche dopo i mondiali di Aichi? Alzare il distacco tra i concorrenti, “forcare” i percorsi, “farfallare” la sequenza di punti, evitare le prime tratte troppo lunghe o troppo corte... e alla fine siamo ancora allo stesso punto di partenza.

Che la squadra bianco-azzurra torni a casa con poche medaglie in saccoccia se ne sono accorti anche i sassi di Miskolc. E’ palese che la Finlandia potrebbe presentare almeno 15 atleti e 10 atlete di livello mondiale ad una rassegna iridata. E pensando a squadre anche europee o asiatiche... ci sono almeno 500 orientisti finlandesi più forti del miglior rappresentante di alcune squadre venute veramente ai WOC a fare numero ed esperienza.
E con questo?
I mondiali si corrono in 3. E nessuno mi toglie dalla testa che su un terreno mittel-europeo come quello 2009 la Finlandia abbia solo Mats Haldin in grado di fare bene su qualunque tipo di terreno. Che Huovila abbia ormai dato il meglio di se fuori dai terreni scandinavi. Che il buon Pasi Ikonen continui da un paio di anni a ripetere di essere in forma, di avere ottime sensazioni, di sentire il motore che gira a mille e poi...
Che Topi Anjala e Tuomas Tervo sia pronti per il grande passo ma... non basta più essere finlandesi in questo sport (o svedesi, o norvegesi, o russi) per assicurarsi un posto nella top ten: oggi bisogna sgomitare con ucraini, romeni, neozelandesi!, addirittura con gli italiani... (horribile dictu)
Che in campo femminile la stessa Minna non abbia troppo digerito questo terreni e si sia trovata a fare a sportellate con atlete che ormai hanno il suo stesso livello, e quando si è in 5 o 6 a lottare su fattori imponderabili per una medaglia poi non è detto che quella medaglia arrivi.

Un po’ come Anders Nordberg. Il mio “eterno piazzato” (magari l’anno prossimo a Trondhein fa poker!). Ho parlato con Petter Thoresen, gli ho chiesto qualcosa di questo “enigma” che alterna prove pazzesche come quella alla Tiomila di qualche anno fa che lo ha reso “mister-GOK” per eccellenza con altre incolori o con poco spessore. E Thoresen, uno che ci capisce un milione di volte più di me, mi ha detto che ogni volta che lo vede allenarsi lo vede al massimo, lo vede ad un livello inimmaginabile di concentrazione e forma atletica, e poi...

E allora ecco che le gare maschili sono andati ai 3 più forti, disciplina per disciplina (lascio perdere la staffetta che è storia a parte); e Svezia e Norvegia sono rimaste a secco.
Perchè a volte la differenza in classifica la fa proprio quella lira che qualcuno, dai e ridai, è in grado di andare a scovare persino in una macchia di verde 3 a Szogliget. Questa volta l’ha trovata Mamleev, e gli scandinavi sono rimasti con un palmo di naso.

Sono contento per Misha, che era uscito davvero male da quella volata nella staffetta che non avrebbe potuto vincere nemmeno nei giorni migliori: troppo veloce il polacco, veloce forse per chiunque altro in volata. Mi è spiaciuto vederlo così abbacchiato al punto di dire (subito circondato dall’affetto di tutte le maglie azzurre) “forse ormai sono diventato troppo vecchio”. A 28 anni. E’ stato in grado di trovare quella lira. Adesso, come ha scritto Francesco Isella sul sito Fiso (credo sia lui... nell’emozione non si è firmato) “la storia è Mamleev”.

Con buona pace di Janne Salmi. Che è un stato un grande campione ma che questa volta ha perso una buona occasione per confermarlo una volta di più.

Saturday, August 22, 2009

L’Hungaria Kupa è anche il posto, ormai universalmente noto, nel quale fioriscono le cosiddette “Minkiat-O”... ormai quasi più celebri della 6 giorni istituzionale giunta oltre la soglia del trentennale.
Il GOK si presenta sempre al via con grandi velleità di divertimento e di apprendimento, visto che in qualche occasione abbiamo approfittato per proporre noi stessi queste novità come contorno a qualche gara più istituzionale.

Ecco così che mentre a Bankut si consumavano i drammi di Luder e Kauppi, noi scendiamo a Miskolc-terrace per il Mobile-O. Siamo iscritti in duplice veste: gareggiamo per il mobile-O ma anche per il titolo di “squadra con il nome più simpatico”... vedremo poi come sono andate a finire le cose.
Mobile-O è semplice: uno parte senza carta e l’altro resta al palo con la carta; si comunica tramite radioline (di cui siamo forniti) o cellulari (di cui siamo forniti) e bisogna far andare le gambe ed il cervello ma soprattutto restare in sintonia col socio; pena situazioni tipo “sono nel cortile!” “ok, vai all’albero isolato” “non c’è nessun albero...”. A quel punto, dove è finito il corridore? E come farà il conduttore a riportarlo sulla retta via?
Partiamo tra i primi. Io davanti per il team “Beam me up, Scotty!” e Roberta a 90 secondi per il team “I-m-Mobile”. Canniamo il secondo punto (un portone talvolta aperto, talvolta no) e canniamo anche il terzo punto non intendendomi con il conduttore Attilio. Roby a questo punto ha recuperato il gap ed è avanti di 2 minuti; io corro come un matto facendo scappare la gente dai marciapiedi di Miskolc e recupero il distacco a causa di un suo errore alla 6. Penso che avrò vita facile? Nemmeno per sogno perchè Roby non solo non vuole saperne di farsi staccare da me, ma rilancia ogni volta l’andatura. Corriamo talmente vicini che io sento anche le indicazioni di PLab a Roby, PLab sente i “vaffa...” che Roby mi lancia e sente le mie risposte ad Attilio... :-)
Solo alla fine riesco a prendere un vantaggio minimissimo per dare il cambio ad Attilio davanti. Per il mio “secondo”, il tempo di capire il modo in cui ci scambiamo le informazioni e le sue gambe cominciano a volare. Recupera il distacco parziale su PLab ed arriva con altri 80 secondi di vantaggio; al finish, prorompe il una specie di grido primordiale che fa tanto Highlander...

La cosa bella sarà poi per tutto il tardo pomeriggio, quando Miskolc-terrace vedrà decine e decine di coppie impegnate nella gara: chi seduto ai tavolini del bar con la birra in una mano ed il cellulare nell’altra, chi seduto sulla panchina o sui gradini e chi stravaccato (sdraiato) in mezzo alla strada! Tutti serissimi, compitissimi, concentratissimi e spassosissimi, in tutte le lingue del globo o quasi. Uno spettacolo di cui spero di vedere le foto su internet.

Sabato mattina si riparte per Bankut per la seconda temutissima gara long, quella da 13,5 kmsf. L’incubo di una nuova mega farfalla e dei mega trasferimenti svanisce con la descrizione punti: sono 22 e saranno tutti in zone diverse. Una bellissima gara long in un bosco talvolta veramente impervio e ricco di ostacoli (e si capisce come ha fatto il povero Martin J. a massacrarsi in quel modo). Attilio parte due minuti dietro a me ma io riesco a partire forte e soprattutto molto concentrato: vedo le tratte e sento (oltre al dolore alla schiena) i piedi che reagiscono ai comandi. Arrivo al traguardo abbastanza sfatto in 1h48’ (un ottimo tempo per me) ed Attilio è poco dietro in 1h54’.
A quel punto aspettiamo l’arrivo di Roby. Appena tagliato il traguardo la carichiamo in macchina per andare a Miskolc-csanyk per la gara Open di Trail-O. Decidiamo di farla in modalità “sprint” (tempo limite auto-imposto:75 minuti) perchè poi ci aspetta la qualificazione del Mobile-O. Non è ovviamente una gara facile, sarebbe quella del Mondiale WTOC, quindi le risposte ad alcuni punti sono più “a pelle” che “a ratio”. Si vede che la mia pelle oggi va bene perchè imbrocco una buona filiera di risposte appoggiandomi pochissimo alle “zeta” (saranno questi i miei errori alla fine): 3 errori sulle prime 10 lanterne ed altri 3 sulle ultime 7 fatte veramente di corsa e talvolta lanciando appena uno sguardo alla zona delle lanterne.
Bellissimo il passaggio tra le gabbie dello zoo: i lemuri, le papere, la pantera, i cammelli ed i ciuchini, i ghepardi e le 3 regali tigri del Bengala ovvero il mio felino preferito!

Ancora una volta, consegna dei risultati, recupero delle soluzioni ed Attilio mette il turbo per portarci a Miskolc-Tapolca per la gara Mikrosprint.
Subito uno shock: al entry point ci sono non meno di 100 concorrenti. Secondo shock: è presete nazionale inglese maschile e femminile al completo, i polacchi, gli austriaci... Vroni Koenig Salmi!... Kvall Osterbo!!... FABIAN HERTNER!!! Tutti quelli che non hanno molto a che fare con la finale long di domani sono venuti a giocarsi le chance di qualificazione alla finale Mikrosprint! Fare la gara in un parchetto di 40 metri per 150 con tutti questi fenomeni è pazzesco, ma riesco ad isolarmi quanto basta per fare il garone. Il radar funziona da Dio, la bussola è un laser, le gambe girano abbastanza e la concentrazione è a mille. Chiudo in 3 minuti e mezzo, Hertner mi da un solo minuto ma soprattutto in classifica generale sono subito davanti ad un nazionale danese e ad uno austriaco! E sono fuori dalla finale proprio di poco... immaginate che scena: Stegal che corre la finale Mikrosprint con i mammasantissima della World Ranking List :-)))
Ho scoperto il mio sport!!! Subito ad omologare il Mikrosprint come disciplina olimpica, please! I quasi 300 (ripeto, trecento!) concorrenti di oggi a Miskolc-Tapolca gradirebbero assai.

Nel frattempo arriva anche la notizia bomba: nello speciale concorso per il nome più buffo delle squadre di Mobile-O il team “Beam me up, Scotty!” (Stegal & Atty) ha vinto il primo premio, il bello è che il nome lo aveva proposto PLab...!

Che dire... se non che il GOK non viene MAI in queste lande per passare inosservato. Perchè noi non sappiamo ancora per che cosa sta la “G” del nome della squadra ma sappiamo bene come cavarcela quando si tratta di “Minkiat-O”!!! :-)

Friday, August 21, 2009

Oggi ho parlato con un eroe. Un eroe piccolo piccolo. Non uno di quelli grandi i cui nomi vengono consegnati direttamente nelle pagine dei libri di storia. Di storia orientistica, si intende.

Quelli oggi li abbiamo avuti a profusione: ben tre. E nessuno vuole togliere nulla a costoro. Nessuno può togliere un solo brivido ed un solo sospiro a quel momento nel quale Anders Nordberg, Thierry Gueorgiou e Michael Smola sono comparsi al punto spettacolo insieme, Tero a torso nudo dopo aver usato la divisa per tamponare la ferita di Martin Johansson. Nessuno potrà togliere un solo battito di mani a quel lungo applauso che ha accolto il loro arrivo, all’abbraccio con il Presidente della Federazione Svedese, al nuovo rinnovato applauso quando insieme sono ricomparsi in fondo al rettilineo. Al silenzio assoluto, di pietra che ha accompagnato le loro interviste nelle quali hanno spiegato cosa era accaduto, la paura, lo shock, con il cuore che pompa a mille per lo sforzo e la tensione e la consapevolezza di dover fare qualcosa, lì e subito, per l’avversario.
Nessuno potrà dare loro tre medaglie d’oro, e solo quelle migliaia di persone che praticano l’orienteering sapranno, con ricordi sempre più affievoliti negli anni, cosa è successo in quell’ultimo giro del maledetto mondiale a staffetta 2009.

Grandi eroi, appunto.
Ma io ne ho incontrato un altro. Era seduto lontano, dietro una grande catasta di legna nel parcheggio riservato ai Media. Piangeva, inconsolabile. E da quel poco che potevo capire si stava autoflagellando per qualcosa che non era riuscito a fare, per qualcosa che poteva rimanere avvinghiato tra le dita ed era scappato di mano all’ultimo momento. Un risultato insperato che sarebbe stato il coronamento di una lotta al limite delle possibilità, di una sfida lanciata ad avversari più forti, di una gara dettata solo da un coraggio che rasenta la follia più che dalle strategie razionale e dalle tattiche.
Piangeva, inconsolabile anche per i suoi “officials”. Hanno preso me che ero l’unico nei paraggi, pronto a tornare a Miskolc, con il mio cartellino “Media”; mi hanno chiesto se potevo fargli una piccola intervista sui due piedi, in inglese per costringerlo a ragionare, per obbligarlo a tornare ad una realtà che in quel momento forse stava rifiutando.
Ho ascoltato il racconto di un ragazzo che forse di nome conoscono 10 tesserati italiani. Mi ha parlato di sedute atletiche trascorse pensando a questo e quell’altro atleta, di speranze troppe volte finite in una bolla di sapone per pensare che potesse arrivare “quel risultato” che magari di cambia la vita, ti apre qualche porta importante, ti fa vedere una luce in fondo al tunnel della fatica e della soglia del dolore.
Mi ha fatto dei paragoni con Misha Mamleev, che oggi ha corso una gara all’attacco che solo per la “lira che manca al milione” non ha portato l’Italia al sesto posto. Mi ha parlato di Alessio Tenani e della stima che ha per il nostro Teno.
Mi ha parlato dei compagni di squadra che non aveva potuto condurre a quel risultato, della delusione nei loro occhi, della sensazione di fallimento. Ed i compagni di squadra erano invece attorno a lui, a cercare di rincuorarlo.
Mi ha parlato della possibilità che un ragazzetto smagrito che era lì anche lui un po’ defilato possa diventare un giorno il nuovo fenomeno dell’orienteering mondiale... come Andrea Seppi, no?... e di come un risultato importante avrebbe potuto aprire anche alle giovani leve la strada più facile.

E mentre mi raccontava tutto questo, pian piano si è calmato. Ed i suoi officials hanno potuto dirgli quanto importante era stata la sua prova, quanto lui aveva ripagato la fiducia riposta in una frazione così importante a staffetta.
Ed i suoi compagni di squadra sono riusciti a stringerlo in un abbraccio comune che per poco non ha tirato dentro anche me. La sensazione più bella è stata quella di vederlo finalmente in piedi, oltre quella catasta di legna, pronto a rientrare in azione.

Lo sport è una cosa troppo importante per lasciarla in mano ai dirigenti. Perchè loro non hanno mai bisogno di eroi, mentre lo sport e chi lo pratica con passione ne hanno davvero bisogno. Datevi degli eroi, affinché noi si possa prenderli ad esempio e portarli nei ricordi collettivi per anni ed anni ed anni.
Oggi tutti noi abbiamo conosciuti tre eroi. Onore a loro, perchè quell’onore se lo meritano tutto.

Io sono fortunato. Ho avuto il mio eroe personale. Piccolo piccolo, debole ed indifeso per alcuni momenti. Ma in grado di rialzarsi. Farò il tifo per lui anche se non so nemmeno se è riuscito a qualificarsi per la finale long! Se lo merita.

E tutto questo è orienteering: se non vi piace, non so cosa ci state a fare in giro...

Thursday, August 20, 2009

Cominciamo dalla fine.

Stegal: “Helena! There are other races..”Jansson: “Yes!!! You told me yesterday!!!”Stegal: “Helena! YOU told me...”
Jansson: “......... yessss... I told you!”

Seguono sorrisi.

Giornata sprintosa oggi. Al mattino qualificazioni sprint nella zona dello zoo di Miskolc. Una qualificazione sprint in un bosco che... in un bosco??? Come sarebbe a dire in un bosco! Ma le sprint non dovrebbero essere tutte “Parco delle Cascine style”? Invece no: si corre in un vero e proprio bosco cittadino, nemmeno un parco ma proprio un bosco con le curve di livello, i verdini ed i verdi, gli avvallamenti e le zone dettagliate... vai a capire te, se questi della IOF ci capiscono più o meno di noi!
Sta di fatto che la gara è più o meno in una zona tipo bosco di Coredo. Si qualifica molto bene Klaus, mentre Teno è sfortunatissimo rimanendo fuori di 5 secondi e Jack purtroppo rimane fuori essendo andato direttamente dalla quartultima alla penultima nello strettissimo finale a vista spettatori, ed avendo perso tempo per recuperare.
Tra le ragazze non ce la fa Michela in una batteria Kauppi-Luder che vede anche l’uscita anzitempo di Allston, non ce la fa Carlotta che lotta bene ma chiude con una strana PM (10 nella sua batteria fanno PM!) e ce la fa invece Nicole.

A mezzogiorno è il turno della gara sprint dell’Hungaria Kupa in centro a Miskolc. Ed è una BELLA sprint. Sotto la caldazza (colpo di calore per Roberta!), ma è veramente una bella sprint. Con centro cittadino letteralmente colonizzato di orientisti che poi faranno il bagno nelle fontane, con un percorso nervosissimo tutto dentro e fuori dai mille sottopassaggi e piccoli portici; tanto che ad un certo momento mi sembra di essere tornato a Venezia: anziché contare le calli bisogna contare le porticine che conducono dentro i cortili chiusi! Bello, veramente bello. Sarà probabilmente la mia miglior tappa alla Hungaria Kupa visto che chiude in 23’44 con il primo oltre i 17 minuti. Un piccolo errore al primo punto quando non avevo ancora ben identificato i portici aperti e chiusi e poi 20 lanterne pulite: mi piace!

Per il pomeriggio ci si riporta alla finale sprint, che si disputa per metà nel suddetto bosco (ma non eravamo più orientati sulle zone tipo Bosco delle Cascine...?) e per metà nella zona dello zoo tra le gabbie ed i recinti chiusi.
Khramov dimostra subito di non voler cedere lo scettro: è una freccia fin dal primo intermedio e solo gli svizzeri Hertner e Hubmann gli prendono la targa pure perdendo inesorabilmente terreno. Tra argento e bronzo potrebbe forse inserirsi Lundanes, ma un errore all’inizio lo penalizza al quarto posto.
La gara delle donne, un po’ più snobbata, riserva le maggiori sorprese con Jansson che vola fin dal’inizio, Linnea Gustavsson che fa la gara che non ti aspetti e la solita Luder a completare il podio. Al punto spettacolo Jansson si ferma all’albero prima, ci fa tutto il giro attorno e poi si gira verso gli allenatori a dire “ma me l’hanno portata via?”. Questi urlano di andare 10 metri avanti e lei, da ferma, si picchia una manata sulla fronte, allarga e braccia e dice qualcosa tipo “ah già, che sbadata!”.
Chi invece non si da pace è Minna Kauppi: una gara sotto le attese, un tredicesimo posto che rode ed infine dopo l’arrivo solo Pasi Ikonen riesce ad avvicinarla; ci provano i reporter della tv finnica e Minnona nostra li manda letteralmente affanc...! e va a fare defaticamento da sola invano inseguita dalla stampa finlandese.

Per il sottoscritto, oltre al siparietto con Jansson, un paio di chiaccherate belle lunghe con un certo Petter Thoresen (un malato di mente troppo simpatico!” e con un certo Per Forsberg che mi dice “Eri tu allora la voce italiana dai JWOC? Avresti successo in Svezia”. E non escludo che in futuro... :-)

Voti finali. Polonia: 10 e lode. Ungheria: 10. Estonia: 10 meno. Segue il resto del gruppo. Come ho scritto in un sms, ad un certo punto non capivo più se eravamo al Maracanà (quando passavano insieme il polacco e l’ungherese) o nella villa di Hugh Hefner!

Wednesday, August 19, 2009

Dana-1 : “Non ti ho detto una bugia! Non era una bugia! Davvero...”. Il sorriso va da qui a laggiù in fondo... “Ok, Dana, ti credo... ma adesso dimmi come ci si sente con la seconda medaglia d’oro in due anni”

Francois : appena finita l’intervista (molto banale: come ti senti, come è andata, come era la gara....) “Francois, rappèlle: trois hommes ét un but! Three men on a mission: stay focused!”. Francois si gira e sorride, e fa segno “1” con pollice. L’intervistatrice torna da Gonon e chiede: “Cosa volevate dire con quella frase?”. Francois scuote la testa, gira i tacchi, mi saluta e se ne va.

Helena : “Oggi non ho fatto la gara che volevo, le gambe non andavano come volevo, la testa non era concentrata come volevo. Non importa. Ci saranno altre gare!”. Il sorriso non si spegne mai. Oh, Helena, fossero tutte come te!

Dana-2 : durante l’intervista “Come ho detto ieri al giornalista italiano...”.

Finale middle: Gueorgiou e Brozkova. Un favorito ed una sorpresa.
Tero sembra veramente ancora una spanna sopra tutti: Merz ed Hubmann sono lì ad un tiro di sputo eppure sembrano sempre accumulare, lentissimamente, il ritardo finale in classifica. Tero l’unico al punto spettacolo a fare la scelta bassa, unico tra tutti quanti i concorrenti e le concorrenti. Tero che nelle immagini non sembra andare così forte, sembra farsi tirare da Zinca, sembra che ogni tanto non corra come un fulmine. Ma vince sempre lui.
Avevo scritto in anticipo il pezzo per il sito Fiso: se avesse vinto Gueorgiou, era impostato sul gioco di parole del passaggio tra penta-campione ed esa-gerato. Il pezzo lo ha scritto Isella, così non vi siete sorbiti l’inutile vaneggiamento del sottoscritto... :-)
Dana... chi se lo aspettava? Lei no! Eppure è andata così, a chi ha sbagliato meno o per ultima, a chi ne ha avuto di più nella prima parte di gara; così la rincorsa di bambolina-Andersen si è fermata a 9 secondi dall’oro. Dana che parla del treno con Helena e dice “L’ho vista stanca”. Helena che parla del treno con Dana e dice “L’ho vista stanca”. Chi se lo aspettava? Chissà, forse è solo l’inizio di un mondiale con sorprese.

Un pensiero finale per Simone Luder, ovvero “The best reason to miss a season” (copyright by Stegal): tranquillissima, serena, contenta mentre aspetta con la caviglia fasciata di poter andare all’antidoping; una vera giovanissima signora delle medaglie d’oro che mi racconta come sia bello conquistare una medaglia di bronzo così.

L’Hungaria Kupa? La frase migliore di oggi è quella di Lorenzo Frizzera: “Una sky race per esordienti”. Una gara veramente semplice, nel bosco bianco. Peccato che per fare la tratta 0-1 si scende di 28 (ventotto!) curve di livello. Peccato che le carte non siano allo start ma 150 metri dopo in un pertugio erboso dove il primo che si infila blocca poi tutti gli altri. Peccato che la H40 preveda due distinte batterie che poi confluiscono in una unica classifica, e per fare questo gli organizzatori hanno studiato un meccanismo di partenze sfalsate di un minuto (tra le due batterie) con i primi punti in comune, poi due farfalle da fare in ordine inverso e poi finale in comune. Quindi tutta la gara si svolge attorno al centro della farfalla in un bosco molto bello, ok, però giriamo sempre attorno agli stessi alberi!
Schiena (quasi) a pezzi. Stanchezza elevata. Attilio mi precede di 1 solo secondo dopo oltre 53 minuti di gara.

Tra parentesi: ho davanti la cartina del mondiale middle. 9,3 kmsf in 37 minuti. A parte la difficoltà tecnica (elevata, e molto). Irreale. Completamente irreale!

Tuesday, August 18, 2009

25 centimetri di dimensione ... orientistica! In sintesi, questa la seconda tappa dell’Hungaria Kupa 2009 nella categoria H40. Ma l’H40 era così dura l’ultima volta che ho fatto l’Hungaria Kupa? No! Ed era persino una H35(short)... Ma quest’anno sulle colline attorno a Miskolc le cose vanno così, ed ecco che la seconda tappa prevede una long distance con un bell’8000 + 400 circa che rendono la (caldissima) giornata molto, ma molto, ma molto lunga e faticosa.
Per me che convivo con un bel problema alla schiena, un poco allietato dai rimedi del trainer Attilio, il primo shock è alla partenza: 13 punti di controllo in 12 kmsf... proprio quel che piace (poco) a me.

La prepartenza da un lato della strada, la partenza dall’altro lato, con la polizia a fermare le auto; ecco che la cartina si materializza nelle mie mani e... secondo shock: partenza tranquilla (in salita) poi breve trasferimento a scendere e per il terzo punto ecco la prima mega-ultra tratta di trasferimento da 20 centimetri netti a scavalcare tutta la montagna.

Nonostante i suggerimenti dei nazionali che prevedevano situazioni del genere, opto per una scelta bassa prudenziale che allunga del 150% la tratta ma mi consente di fare non più di 40\50 metri di salita in tutto. I punti 3, 4 e 5 sono in una porzione di bosco bellissimo e molto dettagliato (quello che ho attraversato nel trasferimento è solo bellissimo... e basta, nel senso che per alcuni chilometri se volessero metterci un punto dovrebbero scavare una buca o fare apposta un monticello!).

Dal punto 5 si riparte per i suddetti 25 centimetri. Potrei fare ancora la scelta bassa, ripassando dagli stessi sentieri, ma io sono Stegal! Mica scienza, solo fantascienza! Ed ecco che allora la scelta che mi si materializza prevede:
1) uscire di cartina a nord (scelta alta)
2) spostarmi ad est a catturare la strada asfaltata che mi riporta...
3) ... dopo circa 1 km ad attraversare la partenza! E infine...
4) ... uscire di nuovo di cartina per andare a riprendere più avanti la strada asfaltata fino a circa 600 metri dal punto. 600 metri tutti su sentiero, peraltro.
Tutto bene, tutto bello. Solo qualche perplessità negli occhi dei poliziotti che governano la strada quando al posto delle auto si vedono arrivare un orientista sbanfante.

Il finale (seconda parte di gara da 43 minuti, per me) è un po’ più tecnico e mi vede molto ma molto provato sulle brevi salite e sui trasferimenti: ce n’è ancora uno da 13 centimetri che mi abbassa di 75 metri tra la 8 e la 9, quando poi per la 10 devo fare un angolo acutissimo e riguadagnare tutti i 75 metri in una botta sola!!! (la lanterna vince il premio di “punto bastardo dell’anno” ed il tracciatore il premio di “bastardo\mentecatto dell’anno”).

Un’ora e 43 minuti di gara e tanta ma tanta ma tanta fatica sotto il solleone. Fatica di cui risentono anche gli altri GOK-members che arrivano poi man mano al traguardo provati ma contenti.

Nel pomeriggio, PLab ed io siamo tra i protagonisti della sfilata inaugurale delle squadre... tra i protagonisti nel senso che sono più quelli che sfilano che quelli che applaudono (PLab ed io siamo tra questi ultimi): alla sfilata non prendono parte Gueorgiou, Kauppi, Huovila, Ikonen, Nordberg.... ma c’è, e sembra anche emozionata per gli applausi, Simone Luder. Nella main hall dell’università, discorsi del rettore in perfetto stile Comitato Centrale del PCUS, del sindaco che si sbatte un po' di più per fare il simpatico ed il coinvolgete, concerto di campanelli (aprezzabili) che suonano l'Inno alla Gioia ed il CanCan, balli di 5 ragazzotti e 5 ragazzotte che vanno veramente ognuno per i cavoli suoi e poi, finalmente, il Presidente IOF dichiara aperti i WOC.

Passa sotto silenzio il primo incidente internazionale dei WOC 2009: la Serbia, paese tradizionalmente vicino ed amicone (...) degli ungheresi, non sfila in quanto la bandiera presentata dal comitato organizzatore per la sfilata non è quella ufficiale del paese ospitato (ma non si sa bene in cosa differisca).
Nulla di nuovo sotto il sole: nel 1991, al Meeting internazionale di decathlon all’Arena di Milano, era toccato a me arrampicarmi sul pennone per ritagliare dalla bandiera romena il simbolo di Ceausescu che era stato appena deposto.

Monday, August 17, 2009

Nel giorno meno 1 dei Mondiali, perchè qui continuano le gare di qualificazione ed oggi è stato l turno della qualificazione long, inizia anche l’avventura della Hungaria Kupa 2009 che vede il la formazione “GOK-the-Originals” al via (ed ormai anche nel parterre tutti sono abituati a vederci come GOK e a chiamarci GOK... anche se nessuno sa bene per cosa sta “GOK”, e se per quello nemmeno noi!).
Si torna a Bukk-qualcosa-che-forse-finisce-con-szerent e questa volta bisogna tirare un po’ le orecchie agli organizzatori che per i VIP-Media-organizzatori hanno riservato un parcheggio grande come un monolocale... il gruppo GOK arriva che l’ultimo posto se ne è appena andato, e dietro di noi c’è la coda di auto chiusa da un furgoncino. Il risultato è che restiamo piantati in mezzo alla strada perchè non ci si può girare e non si può andare avanti. Ci sono almeno 20 maglie arancioni dell’organizzazione ma nessuno parla inglese, in compenso si vede lontano un miglio che stanno litigando tra di loro perchè, ovviamente, o dovevano studiare meglio i parcheggi o dovevano fermare prima le auto.
Ci chiedono di tornare alle 10.30 per sistemare la questione, io torno alle 10.25 puntuale ed in effetti mi trovano un bellissimo posto. Il tizio austriaco dietro a me invece non torna puntuale, e penso che alla fine gli abbiano fatto brillare la macchina (nel frattempo infatti è arrivata anche la polizia, perchè stiamo proprio bloccando la strada).

I Mondiali long terminano nella stessa arena del giorno prima, anche se gli Elite gareggiano sul bosco dal lato opposto della strada. Il punto spettacolo consente di vedere i treni che si formano e che scoppiano, il ritmo dei migliori e quello delle nazioni un po’ sotto soglia... ad esempio il giapponese che arriva al punto spettacolo in stato confusionale ed imbocca le fettucce della “zona-coach” inseguito dagli uomini-rana in arancione.
Alla fine tutto come previsto: i migliori volano, Gueorgiou passeggia (e vince), Mamleev arriva quarto e mi dice di aver fatto almeno 4 minuti di errore; dietro a lui Klaus e Jack mi fanno segno “cala... cala...” e del resto sto dicendo io stesso a Misha che senza quei 4 minuti avrebbe vinto la batteria in carrozza, quindi forse quei 4 minuti sono un po' sovrastimati! Ma Misha non mi crede...
Un altro che vola è Gristwood, che rilascia una intervista che sprizza gioia da tutti i pori, ma anche Zinca si piazza per la seconda volta nei primi 5 di batteria e potrebbe essere la sorpresa delle finali.
Klaus arriva con una qualificazione sicura in tasca ma poco convinto per avere perso un minuto “da principiante” in uno degli ultimi punti (in una zona peraltro infestata da bestia.. ma se lo dice Klaus...!). Alessio invece non ce la fa: a suo svantaggio il fatto di aver aperto le piste nell’erba alta (è partito per primo di batteria) e di non aver trovato alcun aiuto in Omeltchenko, che oggi era in evidente difficoltà sia tecnica che atletica.

Tra le donne, subito dopo Alessio arriva Maria Novella ed ha un sorriso che va da qua a là: Miss Semplicità dice subito che questo è il suo terreno, ricorda tanto Subiaco e la parte più pendente dei Fndi di Jenne, e “vorrei anche vedere che non riesco ad andare dritta sui punti su questo terreno”. Sempre con grande franchezza dice “Ho visto la russa che partiva al mio stesso minuto... ovviamente non avevamo lo stesso percorso ma mi ha aiutato a fare il ritmo nelle prime (lunghissime n.d.b.) tratte iniziali”. Una grande tranquillità che le da un bel “due su due” nelle gare di qualificazione.
Nicole rimane esclusa, è sicuramente una delle più giovani del lotto e mi permetto anche di ipotizzare che dopo una stagione così intensa sia per la vita fuori dai boschi che per quella dentro i boschi, forse Nicole è arrivata a questi meritati Mondiali un po’ “bollita”. Sono ovviamente convinto che potrei essere in errore nella mia valutazione e che si riprenderà presto avendo tutta una carriera davanti.
Michela invece esce a causa di un infortunio patito in prepartenza: ci sono due giorni prima della sprint e speriamo tutti che si riprenda al meglio.

Tutte queste voci dovrebbero essere arrivate via fono anche sul sito Fiso. Quel che non è arrivato e che tengo per il mio blog è:
- ad un certo momento giro per il parterre e qualcuno mi chiama e mi saluta in italiano: è Francois Gonon! Diciamo che gli devo aver rotto le palle parecchio alla Dolomiti Five Days perchè si ricordi così bene di me (e, si, sto camminando a 3 metri da terra...).
- un’altra che si ricorda di me è Dana Brozkova! (i metri da terra salgono a 6...). Io le dico che la aspettiamo ancora in Italia e lei dice che sarebbe felice di venire a gareggiare ancora nelle zone che l’hanno vista vincitrice in una “atmosfera splendida” (capito Er-Team?). La notizia che tengo per me è che Dana si sta riprendendo solo ora da un infortunio, perciò quando le chiedo quali siano le sue chances di mantenere il titolo, mi dice che ha già abdicato con tranquillità: nonostante il terzo posto in batteria non ha possibilità di mantenere il ritmo delle prime. Che in qualificazione di chiamano Luder (spettacolare la ori-tutina della figlia di un anno, affidata alla nonna), Kauppi e Andersen...

Finisce la gara WOC e comincia l’Hungaria Kupa. E sotto il solleone afoso della collina di Bukk-qualcosa il GOK, o almeno il sottoscritto, esplode in volo per il caldo. Un caldo se possibile ancora più opprimente della Slovenia, d’altronde oggi si corre alle 13.00.
Io ci metto del mio, prendendo un colpo alla schiena in un passaggio nemmeno rischioso per andare alla prima lanterna; adesso sono qua sul letto che non so se mi fa più male la schiena o la parte addominale.

Per la 2, per sovrappiù, metto assieme un errore di 11 minuti netti almeno, altro del “principiante” di Klaus: arrivo al mio punto, che in carta ha un simbolo “ferro di cavallo” che dovrebbe essere nelle spiegazioni della vigilia una specie di carbonaia; in realtà io vedo una buca, ed anche se c’è una lanterna dentro io penso che sia la buca avanti 80 metri... e torno indietro. Seguono equivoci vari sull'interpretazione delle zonette rocciose, e quando alla fine ritorno in linea di galleggiamento e ritorno al punto 2... torno proprio a quella buca! Ci entro e scopro che quelle carbonaie a ferro di cavallo sono in realtà vere e proprie buche poco profonde, o piazzole piatte con un muretto di terra intorno (= buca, per me).

Il resto della gara è senza infamia ma anche senza lode, con il caldo a piegare la mia volontà di muovere i piedi, e due punti lungo la salita di massima pendenza a maledire il tracciatore. Nel finale porto a spasso due indigeni che, dopo essere stati portati sul punto da me dopo una tratta chilometrica, mi dicono “grazie, bravo” e partono a manetta; alla fine entro in un trenone di concorrenti di varie categorie che affrontano gli ultimi punti praticamente uguali per tutti (sono state posate un numero esiguo di lanterne, oggi, quindi i trenoni erano all’ordine del giorno): una specie di tapasciata in allegria che mi porta al traguardo, sfinito, in 64 minuti.

Tra tutti, nel GOK, abbiamo fatto la nostra bella fatica: il Tesco di Miskolc-Tapolca ha accolto un quartetto di atleti che si sono fiondati sulle “porcate” più appetibili (ginger-ale, latte al cioccolato, mirtilli, patatine...) per riprendersi nel morale se non nel fisico.

Vedremo domani se queste cure rigeneranti avranno sortito miracoli! :-)

Sunday, August 16, 2009

L’automobile procede lenta sul vialetto che separa alcune minuscole villette del minuscolo villaggio di Bukk-qualcosa-ferenczet.
Il sole di mezzogiorno, a picco sui tetti delle auto, sembra far brillare ancora di più la station wagon con targa ungherese: impossibile distinguere chi siano gli occupanti.
Ora l’automobile è alla nostra altezza, si muove ancora più lenta, i riflessi degli alberi circostanti sul cristallo anteriore.
Ecco. Da dentro l’abitacolo, dal lato del passeggero, si scorge un movimento, una mano che indica al conducente di fermarsi.
L’auto si ferma, il cristallo laterale dal lato del passeggero scende.
Una testa bionda esce dall’auto, i capelli corti, gli occhi penetranti, il viso semplice di un uomo che è ancora bambino e dello stesso uomo che ha già visto ogni angolo del mondo.

“Stefano! Mi piacerebbe fare una bella chiaccherata con te nei prossimi giorni! Abbiamo tanto tempo, vieni a trovarci!”.

Un saluto accennato, due brevi parole di circostanza.
La macchina riparte.
Pasi Ikonen.

Se fosse stato il Papa sulla papamobile, avrebbe fatto meno effetto. Immaginate la scena: ali di folla lungo i marciapiedi, servizio d’ordine dappertutto, la sagoma bianca che saluta senza vedere... e poi un gesto ed un cristallo che si abbassa e la voce che dice: “Sctefàno! Noi ziamo come api operaie nella vig-na del Sig-nore...”... sto delirando.
In ogni caso, questo è stato l’approccio al Mondiale 2009. non male, isn’t it?

Bukk-qualcosa-ferenczet. A 28 km e 45 minuti di strada dal centro gare.
Oggi.
Domani prevedo apocalissi stradali. Almeno sui due semafori che mandano il flusso di auto a senso unico alternato. Una strada che... come dire... Ecco! Qualcuno dopo il commento di ieri mi ha chiesto di spendere due parole su Miskolc.
Come dire.
La risposta è proprio questa: “Come dire...”. Due parole, no?
Meglio non creare incidenti internazionali :-)

Dal centro gare a Bukk-qualcosa-ferenczet ci sono due strade. La prima si inerpica su una collina, tutta curve ed asfalto sgangherato. La seconda prevede un viale a 6 corsie fino all’incrocio principale di Miskolc, poi si gira a sinistra e si prosegue su una strada a due carreggiate finché si esce dalla città.
I due semiperimetri di un rettangolo.
Gli WOC-chini fanno la collina. I GOK-kini (al ritorno) fanno i vialoni e ci mettono la metà del tempo.

I Mondiali.
Cominciano dopodomani, secondo le magliette degli organizzatori. Oggi gara di qualificazione middle distance.
Le prime impressioni a raffica, a bullets.
Uomini. DennyPa esce per 40 secondi in una batteria C con Gueorgiou, Ikonen, Wingstedt, Hubmann e Novikov. Qualche errorino di troppo, peccato perchè ce la poteva fare. La platea si scalda quando arriva Alaforte (Wingstedt!) con incollato l’All Black neozelandese. Sembra la sfida tra Davide e Golia perchè si vede da lontano che il povero Chris è incollato alla maglia gialla e sta rendendo l’anima al suo Dio... poi si guarda la griglia e, surprise!, è l’uomo degli antipodi che ha preso il buon Emil e non se lo lascia scappare perchè SA che quello è il treno giusto.

Treno e Antipodi.
Treno come quello del lituano che si fa prendere da Merz, si fa portare al traguardo e supera lo svizzero sulla salita a 20 metri dal finish beccandosi una di quelle occhiatacce in grado di incenerire una foresta.
Antipodi come Hanny Allston... che qualcuno dovrebbe dirle che ha dei capelli gialli da far spavento! Le danno 10 anni di più e la imbruttiscono in modo plateale.

Dietro a me e Carlotta Scalet, i serbi fanno un fracasso pazzesco e vincono platealmente la battaglia del rumore. D’altronde sono 5 o 6 ragazzotti piazzatissimi con fisico da scaricatore. Peccato che anche i loro atleti siano molto più muscolari del resto del gruppo, ma se il buongiorno si vede dal mattino prima o poi anche in SRB faranno buone cose in campo mondiale.

Rumore e sorrisi.
Helena Jansson comincia a salutare gli amici ed i parenti appena compare nell’arena d’arrivo. D’altronde è staccata di soli 90 secondi da Simone Luder che ha appena finito di staccare il resto del pianeta... se Helena Jansson va a podio sappiate che io sarò là a ricordarle che sul piazzale della Termotecnica di San Martino di Castrozza glielo avevo pronosticato. Ma sarà battaglia con Simone, Minna Kauppi, Marianne Andersen ed il resto della compagnia.
Tero invece non sorride e non saluta. E’ l’unica cosa che fa di diverso rispetto a Jansson. Ha cominciato a frenare a due punti dalla fine... gli altri sembrano sempre lì pronti a scalzarlo dal trono, io ho già scritto il pezzo se vince ancora il francese! Che se la dovrà vedere con Hubmann.

Gli azzurri.
Marco Seppi grintoso, capace di arrivare nel dopo gara e chiedere chi era la terza voce italiana che sentiva distintamente fare il tifo per lui durante il lungo rettilineo di arrivo in salita, quel rettilineo nel quale ha preceduto di un secondo una raffica di contendenti.
Misha Mamleev tranquillo. Ne ha viste di cotte e di crude per sconvolgersi per una qualificazione middle su un terreno oggettivamente non impossibile.
Michela Guizzardi lotta e si qualifica, come Maria Novella Sbaraglia che non è mai contenta ma si è tenuta dietro qualche pezzo da novanta.

Domani qualificazioni long. Se scampiamo all’apocalisse stradale, alla caldazza, alle discese in Bob dalla collina di Miskolc-Tapolca, a Pasi e Minna... ci sarà da divertirsi!

PS: oggi nessun resoconto sulle gare del Mondiale, visto che non posso farlo prima che passino almeno 5 o 6 ore dallo svolgimento della gara stessa. Il resoconto che si trova sul sito Fiso è quello che ho passato per telefono, cercando di sintetizzare rislutati e voci degli azzurri, nonché quello che avevo visto di persona.

PSPS: in effetti devo dire che Miskolc non è poi così "come dire...". Almeno per quanto riguarda il "centro centralissimo", la zona della piramide per intenderci, di Miskolc Terrace dove faremo il Mobile-O, la zona dove passa (in centro) il tram 1. Un 200 m x 500 m degno di nota. Per il resto, "come dire"...

Saturday, August 15, 2009

Mondiale? Sarà...
Ma il ricordo del Primiero oggi sabato 15 agosto a Miskolc sembra molto stridente.
In città non abbiamo visto un solo annuncio dei WOC 2009, e sì che la metropoli non è proprio una mega-città. Il libretto che viene dato agli ospiti nei vari info-point "Miskolc 2009" alla voce "agosto" non riporta nemmeno l'evento in programma.
E sì che, insomma, non siamoa New York dove qualcosa succede ogni giorno. In compenso è riportata la data e la collocazione della "sagra della carne in gelatina". Si vede che riempie lo stomaco più di un mondiale di orienteering (non ci sono dubbi riguardo a questo).

Il GOK-team ci mette del suo: per la seconda volta in queste trasferte all'est ci affidiamo al navigatore di PLab... la prima volta c'erano anche Marco e Mary; il risultato è ancora peggiore, se fosse stato possibile. Dopo aver camminato per due chilometri in un posto che al confronto lo scalo di Greco-Pirelli è un paradiso in terra, sbarchiamo in una oscura stazioncina di periferia dove stazionano solo alcuni taxi, alcuni borsaioli e tre diconsi tre bionde ungheresi che farebbero venire il torcicollo a mezza Milano se solo passassero per Corso Vittorio Emanuele.

Anyway, il quartiere dove c'è il centro gare sta a 5 chilometri da lì, in direzione opposta. Infatti il mondiale, almeno oggi, sembra una questione riservata al quartiere di Miskolc-Tapolca (dove alla fine arriviamo in auto...) ovvero il quartiere universitario.
Peccato che non ci sia un dico un solo cartello che indica dove andare. Ovvero: tu arrivi nel quartiere e a quel punto cominci a girare sperando di non intralciare il traffico. Per fortuna ad un certo momento intercettiamo l'auto con Jack e Klaus che ci viene incontro e capiamo la direzione giusta.
Ci aiutano anche gli onnipresenti nipponici che compaiono in gruppo all'improvviso fotografando tutto e tutti... e a quel punto siamo arrivati. Centro Squadre, Centro gare dell'Hungaria Kupa e Centro Stampa stanno in realtà in aree abbastanza lontane tra loro (altri chilometri nelle scarpe) ma alla fine usciamo con i nostri pettorali e le nostre informazioni. Intanto, nel prato antistante l'hotel dove alloggiano le squadre, si provano i chip da portare ai piedi, le procedure di partenza con i vari cancelli, le stazioni... il tutto un po' nell'indifferenza totale.
Fabian Hertner parte per una sessione di allenamento di corsa, Marianne Andersen va veloce persino quando cammina!

Sono le uniche impressioni, per oggi
Domani si comincia con la gara di qualificazione middle distance: l'atmosfera, a vedere da fuori, è quella che precede la promozionale del sabato di una qualsiasi gara nazionale. Speriamo in bene!

Monday, August 03, 2009



L’ultima farfalla

28 chilometri sforzo e 43 punti di controllo sono alle spalle. 4 ore e passa di fatica.

La sensazione è che il tempo si sia dilatato a dismisura... avanzo, un piede avanti all’altro, sul sentiero che porta verso l’ultimo ristoro ed ho vaghi flash di ricordi annebbiati dalle tossine: l’immagine dello schieramento alla partenza di Millegrobbe davanti ad una cartina grande come mai ne ho vista una, la lunga fila degli Elite che si allontana davanti a me già lungo la tratta per la prima lanterna, la “farfalla” iniziale con il fotogramma di Marco Bezzi a terra infortunato.



Il trasferimento sulla carta del Vezzena e la seconda rognosa farfalla, con quel punto 88 che non vuole farsi trovare; l’ultimo cambio si-card a Monterovere ottenebrato dalla fatica: le immagini non sono più vecchie di un paio di ore eppure diventano sempre meno nitide, mentre con la coda dell’occhio curo Rusky qualche decina di metri davanti a me ed i muretti attorno a me che delimitano il sentiero.

Arriva il ricordo del momento nel quale ho finalmente dispiegato tutta la carta davanti e, dopo oltre 3 ore di gara, ho compreso come una mazzata che la vera gara era ancora davanti a me: una sequenza 34-42 di 9 lanterne tutte nel bosco, con le tratte che talvolta tendono ad allontanarsi dalla zona del traguardo.
9 lanterne da lavorare e da trovare, sulle quali l’unico obiettivo è quello di non mandare in cortocircuito la testa.
9 lanterne sulle quali pensare una strategia con la poca lucidità rimasta, sulle quali sperare di riconoscere un punto d’attacco, con la perenne indecisione tra una linea più lunga e più sicura che le gambe non si possono più permettere ed una linea più diretta che non può però contemplare alcun errore in zona punto.


E l’uscita dal 41esimo punto di controllo. In salita. In mezzo al disbosco. In totale debito di ossigeno. Con lo stomaco che si vuole rovesciare ed i piedi che ricevono sempre più di malavoglia l’ordine di muoversi, di andare avanti.
Mi viene in mente la barzelletta dei matti: quelli che dovevano scavalcare 100 muri per fuggire dal manicomio ed al 99esimo, stanchi, decidevano di mollare e tornare indietro. La O-Marathon è tutta qui: non bisogna mollare e non bisogna mai pensare che si può mollare.

Vedo Rusky che piega a sinistra. Scavalchiamo un muretto ed entriamo nel prato in fondo al quale c’è l’ultimo ristoro.
E’ il momento di separarsi: le nostre farfalle hanno sempre un ordine diverso.


La mia prima ala è la più breve. Miro a nord, oltre una collina che non mi sogno nemmeno di aggirare, per incrociare un muretto di pietre. Il punto 44 è la curva del muretto. Devo solo stare attento a non mancare quel muretto... eccolo in lontananza: se fossi stato bravo, sarei sbarcato proprio in faccia alla lanterna. Invece niente. Lo percorro con lo sguardo da una parte all’altra: la lanterna non si vede. Lo scavalco. Niente nemmeno dall’altro lato. Controllo in carta: è l’unico muretto della zona, non ci sono dubbi. Istintivamente prendo a sinistra e dopo qualche metro la lanterna compare all’orizzonte. E una!

La seconda lanterna è una radura sulla collina di fronte. Se fossi stato più in forze ci sarei passato vicino scendendo verso la 43. Inutile pensarci adesso. Vado via in bussola cercando di leggere i giallini... come se ne fossi capace dopo 4 ore di fatica. La testa ripete una litania: via in bussola... Via in bussola... Davanti a me si aprono delle piccole radure... un albero a terra che fa da ostacolo. I piedi dicono di girare a sinistra ed evitare la tortura, la bussola dice al cervello di proseguire dritto e chiede ancora uno sforzo (ormai siamo all’implorazione) per scavalcare quell’ostacolo.


La testa non sa più cosa fare: si abbandona a qualcosa che potrebbe sembrare quasi blasfemo “Chiunque tu sia, dovunque tu sia, fammi trovare quella lanterna... potrei persino pensare di diventare buono, di diventare una persona migliore... ma ti prego fammi trovare quella lanterna!”. Supero l’albero: la lanterna appare come d’incanto davanti a me. In un microsecondo un ringraziamento alla bussola, ai piedi, a “chiunque tu sia”...

Si torna indietro. Al ristoro. Sovrappongo ai miei occhi l’immagine del sentiero che ho visto prima: quando il fotogramma collima con l’immagine sfocata davanti agli occhi, mi ributto a sinistra. Ecco il prato, il centro della farfalla, Luigi Girardi, il ristoro. Incrocio Rusky: ha finito la sua ala (la più lunga) e mi da qualche dritta sulle prossime lanterne “segui la trincea, poi occhio al filo spinato...”. L’ultimo avvertimento è solo una dissolvenza.


Sono nel bosco e vedo in mappa la canaletta che mi porta dritta al punto 47.

Ne manca una. Il 48esimo punto di controllo. Scendo nell’area gialla e guardando verso sinistra scorgo un evanescente filo spinato. La carta dice che potrei seguirlo per portarmi in zona punto... ma quel filo si perde in alcune macchie molto verdi.


Resta la mia carta. Il mio orienteering. Seguo una lunga fila di aree aperte. Una dopo l’altra. Il cervello manda segnali ad intermittenza: leggi la carta, segui la bussola, tieni d’occhio la distanza... controlla l’altezza. Ma non ce la posso fare. Sono troppo stanco per eseguire quello che farei normalmente: alzarmi di una curva di livello e controllare dall’alto. Devo raggiungere il punto al primo tentativo: se lo manco, potrei non avere la lucidità necessaria per riattaccare il punto.

Qualche secondo dopo.
Un piccolo movimento del terreno. Una specie di avvallamento che si apre davanti a me ad angolo retto. Una semicurva appena accennata sulla carta. E’ forse l’ultimo barlume o l’ultima fiammella orientistica che si agita... ma è tutto ciò di cui ho bisogno, è l’unica cosa di cui ho bisogno: la lanterna potrebbe essere... no! DEVE essere una curva sopra la mia testa!
Mi arrampico, i piedi si ribellano. Gli occhi guardano avanti, ed improvvisamente vedo il pennacchio della lanterna, vedo il telo. Vedo la fine.

Punto 48. Non l’ultimo della O-Marathon ma l’ultimo della mia personale sfida. Da lì in poi è una passeggiata.
Fatto. Centrato.
Al primo tentativo.
Adesso posso tornare al ristoro.
Per la via più breve, leggendo la carta. Come un orientista.